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Atelier di tesi “Architetture per i Paesi in via di sviluppo”

Atelier di tesi “Architetture per i Paesi in via di sviluppo”. Edilizia scolastica: nuovo impianto. STEFANIA CRAPANZANO_ ERICA DI DIO_ VINCENZO IUZZOLINI. Gli otto obiettivi del Millennio.

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Atelier di tesi “Architetture per i Paesi in via di sviluppo”

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Presentation Transcript


  1. Atelier di tesi “Architetture per i Paesi in via di sviluppo” Edilizia scolastica: nuovo impianto STEFANIA CRAPANZANO_ERICA DI DIO_ VINCENZO IUZZOLINI

  2. Gli otto obiettivi del Millennio Nel settembre 2000 è stata approvata all’unanimità la “Dichiarazione del Millennio”, con la quale 191 Capi di Stato dei Paesi dell’ONU hanno sottoscritto un patto globale di impegno congiunto tra i Paesi ricchi e i Paesi poveri. Frutto dell’assemblea sono otto importanti Obiettivi, da raggiungere entro il 2015. Gli “Obiettivi del Millennio” hanno lo scopo di costruire un mondo più sicuro, più prospero e più equo per tutti. Il secondo Obiettivo recita così: “Rendere universale l’istruzione primaria”. Assicurare che ovunque,i bambini, sia maschi che femmine, possano portare a termine un ciclo completo di istruzione primaria Ma attualmente risulta che almeno 115 milioni di bambini sono ancora esclusi dalla scuola e di questi più di 65 milioni sono bambine!

  3. Istruzione e Alfabetizzazione in Tanzania Fin dalla propria indipendenza, nel 1961, la Tanzania ha creduto nell’importanza dell’istruzione per il proprio sviluppo economico e sociale. Già dal 1954 infatti, il TANU (TanganyikaAfrican National Union) chiede al governo coloniale di fondare istituti tecnici professionali e di avviare misure per assicurare l’istruzione di tutti i ragazzi in età scolare. La stessa dichiarazione di Arusha, nel 1967, mette un forte accento sull’importanza dell’alfabetizzazione come strumento per promuovere lo sviluppo economico e sociale. La Tanzania ha avuto uno dei tassi di alfabetizzazione più alti dell’Africa, dall’80% all’85%, tanto da ricevere il premio delle Nazioni Unite per la lotta contro l’analfabetismo. Ultimamente però la situazione va peggiorando, con tendenza del tasso di alfabetizzazione a scendere ulteriormente.

  4. Il Sistema Scolastico Il sistema scolastico tanzaniano è liberamente modellato su quello inglese e prevede 7 anni di scuola primaria o elementare obbligatoria e sei di scuola secondaria per poter accedere all’università. Sono previste strutture statali e internazionali, entrambe a pagamento. Per legge la suola primaria inizia a 7 anni e finisce a 14 e al termine di essa gli studenti devono sostenere un esame di ammissione alla scuola secondaria di livello ordinario o scuola media inferiore, che dura 4 anni. Anche per frequentare la scuola secondaria di livello avanzato o scuola media superiore, che dura 2 anni, gli studenti devono sostenere un esame di ammissione. L’ultima fase del sistema scolastico tanzaniano è l’università, a cui gli studenti possono accedere solo dopo aver superato un esame.

  5. Il Sistema Scolastico Istituzionalmente lo Stato non riconosce la scuola materna o asilo d’infanzia; conseguentemente non esistono strutture di questo tipo costruite e gestite dallo Stato. Nelle città ci sono scuole materne gestite da istituzioni ed ordini religiosi o da privati, mentre nei villaggi è molto difficile trovare questo tipo di strutture. Per i bambini “di strada” (senza genitori e senza casa), per tutti quei bambini che hanno superato l'età di 10 anni senza mai frequentare la scuola primaria e per tutti i bambini che per qualche motivo non possono essere inseriti nell'ambito della scuola ordinaria, il Governo ha varato un progetto per creare delle scuole “parallele”, chiamate MEMKWA, equiparate alla scuola primaria ordinaria . Lo scopo del progetto è di abbassare il tasso di analfabetismo e dare a tutti i ragazzi la possibilità di ricevere un’istruzione di base. Esistono inoltre scuole secondarie professionali VETA della durata di 3 anni in cui viene impartita una formazione professionale (meccanica, falegnameria, sartoria).

  6. Caso Studio: Wanging’ombe Tanzania

  7. Centro di aggregazione “Bethzatha” Ignazio Caruso Il centro è nato perché non ci sono servizi per i bambini disabili della zona di Wanging’ombe. La costruzione del centro è terminata in tempo per la sua inaugurazione, avvenuta il 24 aprile 2009. Ha dei pilastri che si avvitano verso l’alto, pareti arancione dipinte con animali e un frontone che riproduce il cielo nato grazie all’impegno di alcuni volontari del servizio civile nazionale.

  8. Centro di aggregazione “Bethzatha” Ignazio Caruso Per le attività con i bambini si rendeva necessaria la presenza di una sala di dimensioni adeguate con servizi igienici maschili e femminili, uno spazio per il gioco e un ufficio. La forma si è perciò ispirata alle abitazioni locali, case di fango costituite da tre ambienti: una stanza centrale d’ingresso, spesso con un piccolo portico e con la copertura a capanna, e due stanze laterali, simmetricamente coperte da una singola falda di tetto. Il centro ha ripreso metà della forma di queste case: l’ingresso non avviene più sul lato lungo ma sul lato corto, un vasto porticato rende più graduale il passaggio all’interno e l’aula ha un’alta copertura a una falda sola. I servizi igienici sono stati realizzati all’ingresso, in modo da avere un accesso dall’esterno e uno dall’interno, mentre l’ufficio è una stanza più piccola e posta simmetricamente ai bagni.

  9. Centro di aggregazione “Bethzatha” Ignazio Caruso Non è infrequente che di alcuni prodotti come il cemento e le lamiere del tetto si debba fare a meno per diversi giorni; I laterizi sono invece un prodotto di più facile approvvigionamento, perché vengono realizzati sul posto; si usano inoltre muri portanti, affinché lo spessore possa reggere il peso della copertura creando al contempo una naturale escursione termica tra interno ed esterno. Per sostenere muri portanti anche la fondazione dell’edificio viene creata continua: nel centro di aggregazione di Wanging’ombe la si è realizzata usando blocchi di una locale pietra granitica, posti sopra un letto di sabbia e legati con una malta bastarda.

  10. Centro di aggregazione “Bethzatha” Ignazio Caruso L’aula centrale è illuminata e areata da quattro finestre e da una serie di aperture di blocchi di cemento. È coperta da un’unica falda, ha il pavimento in cemento a vista – coperto da appositi materassini, stuoie e tappeti, a seconda delle esigenze del centro – e le sue pareti sono tutt’ora oggetto di una decorazione che riproduce animali africani nello stile vivace dei tingatinga.

  11. http://www.archisocial.com/forum/guida/introduzione/introduzione.htmhttp://www.archisocial.com/forum/guida/introduzione/introduzione.htm Centro di aggregazione “Bethzatha” Ignazio Caruso

  12. Caso Studio: Sierra Leone

  13. Prototipo per l’autocostruzione di scuole Elena Fontana, Luca Rubertelli Dopo un'esperienza di volontariato in Sierra Leone, due studenti dell’università di Parma hanno deciso di progettare un prototipo per l’autocostruzione di scuole in Sierra Leone. I principi guida seguiti sono stati: la progettazione bioclimatica per un miglioramento del comfort interno la scelta di tecnologie e materiali autoctoni l’impiego di conoscenze manodopera locali in un’ottica di autocostruzione guidata

  14. Prototipo per l’autocostruzione di scuole Elena Fontana, Luca Rubertelli L’escursione termica è sempre molto bassa, pertanto lo sfasamento dell’onda termica dato da una muratura in blocchi di terra compressi non raggiungerebbe valori apprezzabili. Sono state adottate quindi soluzioni tecnologiche in grado di consentire l’alta traspirabilità delle pareti e una adeguata ventilazione, per contrastare l’umidità. Le murature della scuola saranno erette tramite il sistema costruttivo tradizionale locale che consiste nel far aderire un impasto di terra e paglia ad una struttura di sostegno in legno. La necessità di garantire un’intensa ventilazione incrociata ha portato alla progettazione di aperture di grandi dimensioni, opportunamente schermate dall’effetto fastidioso del sole da brise soleil in bambù.

  15. Prototipo per l’autocostruzione di scuole Elena Fontana, Luca Rubertelli Accorgimenti adottati per costruire il prototipo: l’orientamento degli edifici secondo la direzione perpendicolare ai venti principali la copertura rialzata per favorire la ventilazione naturale l’isolamento termoacusticodella copertura tramite fibra vegetale intrecciata, realizzata a mano dalle donne del villaggio Nelle zone soggette a forte vento sono stati previsti infissi regolabili in vetro e, in corrispondenza degli spazi coperti, barriere artificiali smontabili in stuoia di bambù.

  16. Prototipo per l’autocostruzione di scuole Elena Fontana, Luca Rubertelli La composizione di corpi in linea prevede la ripetizione di più unità aula. Particolare importanza è stata data alla progettazione di spazi coperti all’aperto che vanno a costituire luoghi di socializzazione e di riunione. Questi vengono utilizzati tradizionalmente in occasione della preghiera del mattino in cui tutti gli studenti si riuniscono in uno spazio comune.

  17. Prototipo per l’autocostruzione di scuole Elena Fontana, Luca Rubertelli Il coinvolgimento della comunità in un’ottica di autocostruzione, vuol dire non solo ingresso dell’utenza nei processi costruttivi, ma anche appropriazione delle conoscenze tecnologiche necessarie, applicabili poi in situazioni future. http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/nel-mondo/costruire-sud-mondo-prototipi-autocostruzione-scuole-569.html

  18. Caso Studio: Siongiroi (Rift Valley) Kenya

  19. Progetto di una scuola in autocostruzione a Siongiroi (Rift Valley) Giorgia Cattaneo • Il progetto presentato ha come oggetto la progettazione di spazi educativi • nell’ambito del villaggio rurale di Siongiroi, in Kenya, e più in particolare nella • scuola ‘Holy Family Siongiroi’. • Si è svolto in tre fasi e intende dare il proprio contributo riguardo: • l’utilizzo e l’organizzazione dello spazio; • l’utilizzo di tecnologie costruttive tradizionali e di risorse locali; • l’introduzione di tecnologie passive, di tecniche di costruzione migliorate, favorendo la partecipazione.

  20. Progetto di una scuola in autocostruzione a Siongiroi (Rift Valley) Giorgia Cattaneo L’opportunità di vivere a stretto contatto con la realtà del posto ha portato all’osservazione attenta delle percezioni dello spazio e del contesto. Le informazioni reperite riguardano l’organizzazione della scuola nel Kenya, i materiali da costruzione utilizzati, i metodi e le tecniche costruttive tradizionali e contemporanee del posto, i costi dei materiali e della manodopera, e le risorse del luogo.

  21. Progetto di una scuola in autocostruzione a Siongiroi (Rift Valley) Giorgia Cattaneo Il progetto: sono state effettuate dapprima una serie di considerazioni progettuali a livello planimetrico e di fasi di realizzazione. Di conseguenza la progettazione degli spazi educativi è avvenuta con particolare attenzione ai temi della sostenibilità ambientale, sociale, funzionale-spaziale ed economica di sviluppo. A tal proposito si sono condotti studi sui materiali locali reperibili sul posto e sulle tecniche costruttive a basso costo, adattabili al contesto. In particolare la ricerca ha portato alla scelta della terra cruda (blocco mattone) e del bambù.

  22. Progetto di una scuola in autocostruzione a Siongiroi (Rift Valley) Giorgia Cattaneo Il progetto finale presentato quindi, riguardante spazi educativi in un PVS, è un progetto di sviluppo della comunità locale, e pone l’attenzione oltre che sui reali “bisogni” degli utenti, soprattutto sulla necessità di architetture che si confrontino con carenze di risorse economiche e tecnologiche. Un progetto che non impone dall’alto modelli organizzativi estranei alla cultura locale, ma che allo stesso tempo individui soluzioni innovative rispetto all’esistente. http://iwannastaythere.tumblr.com/post/75034030065/architettura-low-cost-in-kenya

  23. Caso Studio: Penisola di Bicol Filippine

  24. Disaster-design a basso costo: una scuola in bambù EleenaJamil Le catastrofi naturali che si sono verificate negli ultimi anni hanno portato diverse associazioni e strutture a porsi il problema di come, soprattutto in un contesto come quello dei paesi in via di sviluppo, sia possibile coniugare architetture a basso costo e in autocostruzione con le calamità cui alcune regioni geografiche sono particolarmente soggette. Questo ha portato ad un concorso per la progettazione di una struttura scolastica in grado non soltanto di ospitare le attività didattiche ma di garantire un rifugio sicuro ai residenti della zona in caso di cicloni, uragani e trombe d’aria.

  25. Disaster-design a basso costo: una scuola in bambù EleenaJamil Il tema da affrontare è stato quindi quello del disaster-design a basso costo da applicare in un contesto in cui generalmente gli edifici scolastici sono realizzati in cemento, legno e metallo e risultano quindi scuri e, a causa delle condizioni climatiche, eccessivamente caldi. Il progetto doveva rispondere ad alcuni particolari requisiti: oltre ad un budget economico limitato, l’utilizzo di materiali sostenibili e locali, la possibilità di essere realizzato con mano d’opera locale e non necessariamente specializzata, un basso impatto ambientale dal punto di vista dei rifiuti, lo sfruttamento di luce e ventilazione naturali e l’utilizzo di un sistema costruttivo replicabile anche in altre zone geografiche senza eccessive modifiche.

  26. Disaster-design a basso costo: una scuola in bambù EleenaJamil L’IMPIANTO DELLA SCUOLAL’architetto malese è partita dall’osservazione delle tipologie tradizionali della zona in cui elementi ricorrenti sono il grande tetto spiovente e la veranda coperta che offrono la possibilità di sostare in uno spazio protetto dai raggi solari ma raffrescato dalle correnti d’aria. La tipologia utilizzata è quella tipica dell’edificio scolastico in questa regione: un blocco lineare contenente due aule poste una di fronte all’altra e separate dai servizi realizzato a partire da una struttura in cemento in cui si alternano parti tamponate a altre lasciate aperte in modo da consentire la ventilazione naturale. Davanti a questo, l’aggetto della copertura, costituita da due falde sfalsate fra loro per lasciare una distanza che funzioni da camino d’aria, costruisce uno spazio dove si svolgono attività didattiche o ludiche all’aperto ma al riparo dai caldi raggi del sole.

  27. Disaster-design a basso costo: una scuola in bambù EleenaJamil TECNOLOGIAIl materiale prevalente scelto per il progetto è il bambù, perché molto abbondante in quest’area, perché ha ottime elasticità e resistenza ed è quindi ideale in caso di forti raffiche di vento, e perché ha una rigenerazione molto più rapida del legno (può essere raccolto ogni tre anni contro i dieci del legno). E’ stato utilizzato sia per formare i telai che costituiscono la copertura aggettante, sia per realizzare gli elementi di parziale schermatura delle aule collocati dove la struttura non è tamponata. La tecnologia scelta ha richiesto la realizzazione di un basamento di 55cm sul quale collocare l’edificio, sia per mantenere asciutto il pavimento durante la stagione umida, sia per proteggere i culmi del bambù che, in caso si bagnino, sono soggetti a marcescenza e all’attacco di insetti. http://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/nel-mondo/disaster-design-basso-costo-scuola-bambu-tifoni-654.html

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