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HEGEL. La fenomenologia dello spirito Ossia la storia romanzata della coscienza che,attraverso erramenti, contrasti, scissioni e quindi infelicità e dolore, esce dalla sua individualità, raggiunge l’universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione.

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Presentation Transcript


  1. HEGEL La fenomenologia dello spirito Ossia la storia romanzata della coscienza che,attraverso erramenti, contrasti, scissioni e quindi infelicità e dolore, esce dalla sua individualità, raggiunge l’universalità e si riconosce come ragione che è realtà e realtà che è ragione

  2. Le tappe e le figure della Fenomenologia • Lo spirito si finitizza immediatamente nella coscienza umana concreta. Questa è lo spirito in quanto appare e si determina diventando membro della coppia soggetto-oggetto (la coscienza umana in quanto ha esperienza di un oggetto, ossia della realtà). La fenomenologia intende descrivere le tappe attraverso cui questa iniziale contrapposizione viene tolta e superata e lo spirito riprende se stesso nella sua piena compiutezza. In questo processo la coscienza umana si riappropria via via del mondo diventando lo spirito che è realtà e la realtà che è spirito

  3. Dalla coscienza al sapere assoluto La fenomenologia è la via che la coscienza finita percorre per giungere all’assoluto infinito, la quale coincide con la via che l’assoluto percorre per giungere a sé medesimo, cioè per rientrare in sé dall’essere altro. religione spirito SPIRITO Sapere assoluto ragione coscienza autocoscienza Ogni tappa trapassa nell’altra. In ognuna vi sono differenti figure la cui unilateralità è via via risolta nelle successive

  4. Il passaggio La molla che determina il progressivo superamento delle figure è il dislivello fra soggetto e oggetto è lo slancio verso il suo superamento. Il tentativo della coscienza che ha di fronte a sé un oggetto esterno è infatti quello di superare questa estraneità e fare proprio compiutamente l’oggetto, fino a sapere che lo spirito – soggetto è tutta la realtà

  5. Il momento della coscienza passa attraverso le seguenti tappe La certezza sensibile – sensazione in cui l’oggetto esterno nella sua particolarità appare come verità. Ma questa verità non appena viene detta ha bisogno di un termine universale cioè dell’intervento dell’io che coglie l’oggetto come un “questo” in generale a prescindere dalle sue particolarità. La percezione – un oggetto non può essere percepito come uno, nella molteplicità delle sue qualità (p.es. bianco, cubico, sapido) se l’io non riconosce che l’unità dell’oggetto è da lui stesso stabilita. L’intelletto – l’oggetto è visto come il prodotto di forze e di leggi, che sono appunto opera dell’intelletto: l’oggetto dunque dipende da qualcos’altro, e questo è l’io. L’oggetto si risolve nel soggetto e la coscienza dell’oggetto diventa coscienza di sé, cioè pienamente autocoscienza. La COSCIENZA

  6. L’autocoscienza dipendente e indipendente Al momento teoretico della coscienza segue il momento pratico dell’autocoscienza. L’autocoscienza si vuole affermare contro l’oggetto esterno, vuole toglierne l’alterità e farlo interamente proprio a partire da ciò che essa decide. In tale contesto essa si coglie come appetito e desiderio che vuol far dipendere tutto da sé. Ma esso è condannato nella sua forma animale a rimanere insoddisfatto e a produrre dipendenza dall’oggetto desiderato. Tale fase viene superata quando l’autocoscienza, uscendo dall’isolamento, incontra un’altra autocoscienza da cui deve essere riconosciuta. L’autocoscienza è tale solo quando è per un altro. Ma tale incontro assume inizialmente la forma del conflitto e della lotta per la vita. Di qui la dialettica servo-padrone.

  7. L’autocoscienza dipendente e indipendente (2). La dialettica servo-padrone • Nella lotta vince chi ha messo in gioco la propria vita (e diventa padrone), perde chi non ha voluto rischiarla (e diventa servo) • Il servo diventa una “cosa” nelle mani del padrone e il padrone gode delle cose che il servo fa per lui • Ma così il padrone disimpara a fare le cose mentre il servo impara. Il servo inoltre impara a non essere schiavo del desiderio animale delle cose (che a lui non sono concesse), mentre il padrone diventa via via schiavo delle cose che gli fornisce il servo. • Inoltre il padrone non può riconoscersi nel servo (in quanto cosa) mentre il servo si riconosce nel padrone (riconoscendolo come potenza estranea da superare) • Dunque nel lavoro la coscienza servile ritrova se stessa, mentre quella padronale nel non-lavoro perde se stess. • Ciò dà luogo ad un progressivo rapporto di rovesciamento delle parti e di liberazione dell’autocoscienza servile

  8. L’autocoscienza SI LIBERA • Il processo di liberazione avviene attraverso il pensiero nelle tre seguenti fasi: 1) Stoicismo (indipendenza dal mondo) – la coscienza si riconosce come pensiero al di sopra di signoria e servitù. Lo stoico è libero sia come signore (Marco Aurelio) sia come schiavo (Epitteto). Ma tale sua libertà è conseguita tramite la rinuncia alle passioni. L’uomo a-patico è isolato dalla vita e la sua libertà è astratta, giacché le inclinazioni naturali, pur considerate indifferenti, permangono nella loro cogenza.

  9. L’autocoscienza si libera (2) • Scetticismo (negazione del mondo) – la libertà astratta degli stoici, da distacco dal mondo, diventa negazione del mondo: l’alterità che gli stoici non sono riusciti a superare, viene recisamente negata. Di conseguenza si dice nulla è vero e nulla è conoscibile. Ciò genera una scissione della coscienza perché essa nega ciò che è implicitamente costretta a fare: nega la validità della percezione e percepisce, nega la validità della conoscenza e conosce, nega la validità del pensiero e pensa.

  10. L’autocoscienza si libera (3) 3) Coscienza infelice (negazione radicale del mondo in funzione di un altro mondo con il quale la coscienza alla fine si identifica) - La scissione implicita nello scetticismo diventa esplicita quando la coscienza mette in contrasto il proprio aspetto immutabile, collocandolo in un aldilà irraggiungibile, con quello mutevole, attribuendolo all’uomo carnale e sensibile. Così essa nega quest’ultimo ancor più chiaramente e lo fa in funzione di ciò che ritiene essere una verità esterna alla coscienza stessa. Ciò accade soprattutto nel medioevo e si risolve solo quando la coscienza scopre che la vera realtà non sta sopra di lei ma dentro di lei. Solo così essa pacifica se stessa nella consapevolezza di essere soggetto e ragione assoluta e infinita.

  11. La Ragione E’ l’autocoscienza che acquisisce la certezza di essere ogni realtà, cioè unità di pensiero ed essere. Ciò avviene secondo tre tappe che ripetono ad un livello più alto quelle dell’autocoscienza

  12. Ragione 1 • La ragione che osserva la natura – nelle scienza naturali, la ragione cerca il suo altro sapendo che nell’altro non troverà che se stessa. Ma, dopo avere frugato nelle viscere delle cose, aspettandosi di veder sgorgare se stessa, essa non attingerà tale fortuna, perché prima deve essere portata a compimento in se stessa e tale compimento non può limitarsi al lato osservativo ma svilupparsi in ogni ambito (pratico e concettuale)

  13. Ragione 2 2) La ragione che agisce, passando dall’individualità all’universalità -singola autocoscienza (piacere) -singola autocoscienza che riconosce l’indipendenza delle altre autocoscienze (legge del cuore) - singola autocoscienza che riconosce la necessità della propria unità con le altre autocoscienze, ma non la raggiunge ancora (virtù contro mondo)

  14. Ragione 2 -abc • l’uomo ricerca la felicità nel piacere e nel godimento, ma il piacere mondano e l’affermazione di sé sono destinate al fallimento perché in fondo al piacere non si trova nulla- momento della singolarità astratta • L’uomo segue la legge del cuore individuale: al proprio piacere sostituisce il benessere dell’umanità. Così la singolarità vuole essere immediatamente universale, ma si scontra con le medesime intenzioni di altre singolarità – momento dell’universalità astratta • L’uomo segue la legge della virtù che è universalità concreta e autentica moralità, e tuttavia risulta essere ancora un bene astrattamente vagheggiato dall’individuo e non ancora radicato nella realtà collettiva concreta. Così l’uomo in tale fase vuole riformare un mondo ancora refrattario alla virtù e in ciò sperimenta il proprio fallimento (Don Chisciotte)

  15. Ragione 2 C • “ll corso del mondo ottiene vittoria su ciò che, in contrapposizione ad esso, costituisce la virtù; ma esso non trionfa di alcunché di reale; trionfa del pomposo discorrere di sacrificio per il bene e di abuso delle doti. L’individuo che dà ad intendere di agire per tali nobili scopi e ha sulla bocca tali frasi eccellenti, vale di fronte a sé come un’eccellente essenza, ma è invece una gonfiatura che fa grossa la testa propria e quella degli altri, la fa grossa di vento”

  16. Ragione 3 • La ragione che acquisisce coscienza di essere spirito. È ragione autocosciente che supera la sua opposizione rispetto agli altri e al corso del mondo, trovando in questi il proprio contenuto

  17. Ragione 3 abc • l’uomo votato interamente all’opera che compie e vi si perde (operare puro che niente opera). Il suo positivo fare-assieme-agli-altri, avendo tutti i contenuti, non ha un contenuto assoluto. • La ragione legislatrice fornisce all’operare imperativi assoluti, ma questi sono dati da ciò che la sana ragione sa essere immediatamente giusto e buono (p. es. dire sempre la verità) senza ulteriori specificazioni, laddove ogni specificazione contraddice all’universalità del comando (p.es. devo dire la verità che so, ma che io sappia o non sappia qualcosa è assolutamente accidentale e contraddice l’universalità del precetto). Ciò conduce ad ammettere un’universalità solo formale e priva di contenuto. • La ragione critica kantiana fornisce imperativi formali che dovrebbero fornire il criterio per esaminare tutti i contenuti, ma nella loro estrema formalità risultano essere compatibili anche per contenuti contrarii fra loro. Dunque tale formalismo risulta ancora troppo astratto.

  18. L’ethos del popolo e dello Stato Il contenuto universale non è dato dal formalismo etico kantiano, ma dall’ethos della società, del popolo e delle concrete istituzioni statuali in cui si vive. Questo è l’autentico universale concreto.

  19. Lo SPIRITO Lo spirito è unità dell’autocoscienza che ha superato la sua scissione con il mondo e con gli altri, trovando nell’ethos del suo popolo quel contesto concreto in cui diventare un Noi universale. Da questo punto le figure dello spirito si identificano con la storia del mondo, che ci mostrano il processo di alienazione e riconquista di sé che lo spirito ha subìto nel tempo

  20. Lo spirito in sé come eticità • La bella vita etica del popolo greco che realizza immediatamente il legame etico tra individuo e Stato: il singolo non è se non nella polis, che costituisce la totalità immediata del suo orizzonte. Ciò viene meno quando sorgono i primi conflitti, come quello tra legge divina e legge umana, raccontato nell’Antigone. Questi conflitti spezzano l’unità e fanno emergere l’individuo come singolo che viene valorizzato dal diritto romano con l’idea della persona giuridica.

  21. Lo spirito che si aliena da sé 2) L’individuo si rivolge al potere e alle ricchezze. La sua cultura passa dal momento della critica vuota e fatua contro ogni fede, a quello del ritorno di un coscienza infelice presa nella fede in un altro mondo, a quello illuministico della riaffermazione dei diritti della ragione. Ma la ragione illuministica presa dalla furia del dileguare fa tabula rasa di tutti i precedenti valori, lasciando in vita da un lato solo l’utile, dall’altro un atteggiamento violento che culmina nel Terrore il quale si rivolge alla fine anche contro gli stessi protagonisti della rivoluzione illuministica per eccellenza (quella francese).

  22. Lo spirito che riacquista la certezza di sé Lo spirito ritorna in sé nella moralità. • Moralità kantiana: il dovere senza contenuto • Coscienziosità come coscienza effettuale concreta del dovere che degenera nell’anima bella romantica che giudica gli altri senza mai agire di persona • Questo conflitto tra un io giudicante e un io giudicato trova la sua sintesi nel perdono e nella conciliazione in cui i due io dimettono il loro opposto esserci, per confluire in un superiore esserci che è il Dio che appare in mezzo a loro che si sanno come puro sapere.

  23. La religione • Essa è l’autocoscienza dell’Assoluto, ma non ancora perfetta, cioè ancora nella forma della rappresentazione e non del concetto. Le tappe del suo sviluppo sono le seguenti • A) religione naturale-orientale:rappresenta l’Assoluto attraverso elementi della natura • B) religione dei Greci: rappresenta l’Assoluto attraverso la forma umana • C) religione cristiana i cui dogmi come Trinità, Incarnazione e Regno dello Spirito rappresentano la vita stessa dello Spirito che si aliena per ripossedersi

  24. Il sapere assoluto • Con esso si supera la forma rappresentativa dell’Assoluto per attingerne il puro concetto e dar vita a quel sistema del sapere che Hegel esporrà nei suoi tre momenti fondamentali della LOGICA, della FILOSOFIA DELLA NATURA e della FILOSOFIA DELLO SPIRITO

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