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HEGEL. IL SISTEMA DEL SAPERE ASSOLUTO:la filosofia dello spirito. La filosofia dello spirito .

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Presentation Transcript


  1. HEGEL IL SISTEMA DEL SAPERE ASSOLUTO:la filosofia dello spirito

  2. La filosofia dello spirito • Dopo essersi alienata nella natura, l’idea torna in sé e diventa SPIRITO. Lo spirito è il corrispettivo filosofico di ciò che nella religione cristiana è DIO, dunque il punto più alto nella sfera dell’essere e la meta più alta dal punto di vista sia conoscitivo sia morale. Differenziandosi dalla tradizione cristiana, si tratta però di un Dio che si fa, che si autorealizza e si autoconosce dinamicamente secondo i momenti dialettici dello SPIRITO SOGGETTIVO, dello SPIRITO OGGETTIVO e dello SPIRITO ASSOLUTO.

  3. Lo spirito soggettivo E’ lo spirito in quanto attraversato ancora da un momento finito e individuale. In questo frangente Hegel tratta dall’uomo in quanto singolo, cioè dello spirito che si manifesta soggettivamente, nelle più alte facoltà umane, quelle che appunto potremmo chiamare “spirituali”, escludendo dal proprio orizzonte l’intersoggettività. I tre momento dello spirito soggettivo sono: antropologia, fenomenologia, psicologia.

  4. antropologia Antropologia: studia lo sviluppo dell’anima, dai suoi inizi legati alla gestione dei bisogni biologici primari fino al completo dominio sul corpo e la trasformazione del corpo in elemento attraverso cui si manifesta una vita interiore. Il corpo diventa segno dell’anima. Questa è però ancora un fase aurorale della coscienza vera e propria che si svilupperà nel momento fenomenologico

  5. Ripercorre le tappe dell’anima come coscienza finita che progressivamente si riappropria della realtà diventando autocoscienza e ragione, cioè pensiero che sa di essere coincidente con la realtà e che ha la piena certezza di sé. La fenomenologia

  6. Le tappe e le figure della Fenomenologia Vengono trattate nella Fenomenologia dello spirito (1807) e riprese nell’ Enciclopedia delle scienze filosofiche (1817). Qui si affronteranno solo le prime: coscienza autocoscienza e ragione, essendo quelle finali, spirito, religione e sapere assoluto, già parte della filosofia dello spirito oggettivo e assoluto. Il punto di partenza è l’umana coscienza. Questa è lo spirito in quanto appare e si determina diventando membro della coppia soggetto-oggetto: la prima esperienza della coscienza umana è infatti quella di trovarsi come soggetto di fronte ad un oggetto. La fenomenologia intende descrivere le tappe attraverso cui questa iniziale contrapposizione viene tolta e superata e lo spirito riprende se stesso nella sua piena compiutezza.

  7. Dalla coscienza al sapere assoluto La fenomenologia è la via che la coscienza finita percorre per giungere all’assoluto infinito, la quale coincide con la via che l’assoluto percorre per giungere a sé medesimo, cioè per rientrare in sé dall’essere altro. religione spirito SPIRITO Sapere assoluto ragione Coscienza umana autocoscienza Ogni tappa trapassa nell’altra. In ognuna vi sono differenti figure la cui unilateralità è via via risolta nelle successive

  8. Il passaggio La molla che determina il progressivo superamento delle figure è il dislivello fra soggetto e oggetto e lo slancio verso il suo superamento. Il tentativo della coscienza che ha di fronte a sé un oggetto esterno è infatti quello di superare questa estraneità e fare proprio compiutamente l’oggetto, fino a sapere che lo spirito – soggetto è tutta la realtà

  9. La COSCIENZA(momento teoretico) Il momento iniziale della coscienza si sviluppa attraverso le seguenti tappe La certezza sensibile – sensazione in cui l’oggetto esterno nella sua particolarità appare come verità. Ma l’oggetto nella sua singolarità sensibile appare inafferrabile: non appena viene indicato, esso ha bisogno di un termine universale come “questo, quello etc.” che lo definisca. Dunque, quando voglio “dire” qualcosa di singolare, devo subito usare un termine universale e passo ad un’altra fase della conoscenza. Sono immerso nel flusso del sensibile ma questo mi porta gia verso qualcosa di universale e stabile. La percezione – Cerca qualcosa di permanente al di là del variopinto mutare delle sensazioni e distingue allora la cosa che non muta dalle sue proprietà variabili e mutevoli. Qui si cerca una stabilità, una sostanza che non muti al variare degli accidenti. L’intelletto – Qui la conoscenza si eleva oltre il sensibile ma va alla ricerca dell’essenza dei fenomeni. L’oggetto è visto come il prodotto di forze e di leggi, che sono opera dell’intelletto: l’oggetto dunque dipende da qualcos’altro, e questo è l’io. L’oggetto si risolve nel soggetto e la coscienza dell’oggetto diventa coscienza di sé, cioè pienamente autocoscienza.

  10. L’autocoscienza dipendente e indipendente Al momento teoretico della coscienza segue il momento pratico dell’autocoscienza. L’autocoscienza è la coscienza che sa di sé e si vuole affermare contro l’oggetto esterno, vuole toglierne l’alterità e farlo interamente proprio a partire da ciò che essa decide. In tale contesto essa si coglie come appetito e desiderio che vuol far dipendere tutto da sé. Ma esso è condannato nella sua forma animale a rimanere insoddisfatto e a produrre dipendenza dall’oggetto desiderato. Tale fase viene superata quando l’autocoscienza, uscendo dall’isolamento, incontra un’altra autocoscienza da cui deve essere riconosciuta. L’autocoscienza è tale solo quando è per un altro. Ma tale incontro assume inizialmente la forma del conflitto e della lotta per la vita. Di qui la dialettica servo-padrone.

  11. L’autocoscienza dipendente e indipendente (2). La dialettica servo-padrone Nella lotta vince chi ha messo in gioco la propria vita (e diventa padrone), perde chi non ha voluto rischiarla (e diventa servo) Il servo diventa una “cosa” nelle mani del padrone e il padrone gode delle cose che il servo fa per lui Ma così il padrone disimpara a fare le cose mentre il servo impara attraverso il lavoro. Il servo, lavorando, conduce un’attività spirituale di riplasmazione della materia che richiede di dominare le cose non restando schiavo del desiderio animale di esse, mentre il padrone diventa via via schiavo delle cose che gli fornisce il servo. Inoltre il padrone non può riconoscersi nel servo (in quanto cosa) mentre il servo si riconosce nel padrone (riconoscendolo come potenza estranea da superare) Dunque nel lavoro la coscienza servile ritrova se stessa, mentre quella padronale nel non-lavoro perde se stessa: il servo prende coscienza che è il signore a dipendere da lui, mentre il padrone non ritrova più se stesso in quella realtà che lui non contribuisce più a costruire. Ciò dà luogo ad un progressivo rapporto di rovesciamento delle parti e di liberazione dell’autocoscienza servile

  12. L’autocoscienza SI LIBERA Il processo di liberazione avviene attraverso il pensiero nelle tre seguenti fasi: 1) Stoicismo (indipendenza dal mondo) – la coscienza si riconosce come pensiero al di sopra di signoria e servitù. Lo stoico è libero sia come signore (Marco Aurelio) sia come schiavo (Epitteto). Ma tale sua libertà è conseguita tramite la rinuncia alle passioni. L’uomo a-patico è isolato dalla vita e la sua libertà è astratta, giacché le inclinazioni naturali, pur considerate indifferenti, permangono nella loro cogenza.

  13. L’autocoscienzasi libera (2) Scetticismo (negazione del mondo) – la libertà astratta degli stoici, da distacco dal mondo, diventa negazione del mondo: l’alterità che gli stoici non sono riusciti a superare, viene recisamente negata. Di conseguenza si dice nulla è vero e nulla è conoscibile. Ciò genera una scissione della coscienza perché essa nega ciò che è implicitamente costretta a fare: nega la validità della percezione e percepisce, nega la validità della conoscenza e conosce, nega la validità del pensiero e pensa.

  14. L’autocoscienza si libera (3) 3) Coscienza infelice (negazione radicale del mondo in funzione di un altro mondo con il quale la coscienza alla fine si identifica) – La coscienza nega il mondo ancor più chiaramente e lo fa in funzione di ciò che ritiene essere una verità esterna alla coscienza stessa. Ciò accade soprattutto nel medioevo e si risolve solo quando la coscienza scopre che la vera realtà non sta sopra di lei ma dentro di lei. Solo così essa pacifica se stessa nella consapevolezza di essere soggetto e ragione assoluta e infinita.

  15. La Ragione E’ l’autocoscienza che acquisisce la certezza di essere ogni realtà, cioè unità di pensiero ed essere. Ciò avviene secondo tre tappe che ripetono ad un livello più alto quelle dell’autocoscienza

  16. Ragione 1 La ragione che osserva la natura – nelle scienza naturali, la ragione cerca il suo altro sapendo che nell’altro non troverà che se stessa. Ma, dopo avere frugato nelle viscere delle cose, aspettandosi di veder sgorgare se stessa, essa non attingerà tale fortuna, perché prima deve essere portata a compimento in se stessa e tale compimento non può limitarsi al lato osservativo ma svilupparsi in ogni ambito (pratico e concettuale)

  17. Ragione 2 2) La ragione che agisce, passando dall’individualità all’universalità e cercando di realizzare se stessa nel mondo -singola autocoscienza (piacere) -singola autocoscienza che riconosce l’indipendenza delle altre autocoscienze (legge del cuore) - singola autocoscienza che riconosce la necessità della propria unità con le altre autocoscienze, ma non la raggiunge ancora (virtù contro mondo)

  18. Ragione 2 -abc l’uomo ricerca la felicità e la realizzazione nel piacere e nel godimento, ma il piacere mondano e l’affermazione di sé sono destinate al fallimento perché in fondo al piacere non si trova nulla- momento della singolarità astratta L’uomo segue la legge del cuore individuale: al proprio piacere sostituisce il benessere dell’umanità. Così la singolarità vuole essere immediatamente universale, ma si scontra con le medesime intenzioni di altre singolarità – momento dell’universalità astratta L’uomo segue la legge della virtù che è universalità concreta e autentica moralità, e tuttavia risulta essere ancora un bene astrattamente vagheggiato dall’individuo e non ancora radicato nella realtà collettiva concreta. Così l’uomo in tale fase vuole riformare un mondo ancora refrattario alla virtù e in ciò sperimenta il proprio fallimento (Don Chisciotte)

  19. Ragione 2 C “ll corso del mondo ottiene vittoria su ciò che, in contrapposizione ad esso, costituisce la virtù; ma esso non trionfa di alcunché di reale; trionfa del pomposo discorrere di sacrificio per il bene e di abuso delle doti. L’individuo che dà ad intendere di agire per tali nobili scopi e ha sulla bocca tali frasi eccellenti, vale di fronte a sé come un’eccellente essenza, ma è invece una gonfiatura che fa grossa la testa propria e quella degli altri, la fa grossa di vento”

  20. Ragione 3 La ragione che acquisisce coscienza di essere spirito. È ragione autocosciente che supera la sua opposizione rispetto agli altri e al corso del mondo, trovando in questi il proprio contenuto

  21. Ragione 3 abc l’uomo votato interamente all’opera che compie e vi si perde (operare puro che niente opera). Il suo positivo fare-assieme-agli-altri, avendo tutti i contenuti, non ha un contenuto assoluto. La ragione legislatrice fornisce all’operare imperativi assoluti, ma questi sono dati da ciò che la sana ragione sa essere immediatamente giusto e buono (p. es. dire sempre la verità) senza ulteriori specificazioni, laddove ogni specificazione contraddice all’universalità del comando (p.es. devo dire la verità che so, ma che io sappia o non sappia qualcosa è assolutamente accidentale e contraddice l’universalità del precetto). Ciò conduce ad ammettere un’universalità solo formale e priva di contenuto. La ragione critica kantiana fornisce imperativi formali che dovrebbero fornire il criterio per esaminare tutti i contenuti, ma nella loro estrema formalità risultano essere compatibili anche per contenuti contrarii fra loro. Dunque tale formalismo risulta ancora troppo astratto.

  22. L’ethos del popolo e dello Stato Il contenuto universale non è dato dal formalismo etico kantiano, ma dall’ethos della società, del popolo e delle concrete istituzioni statuali in cui si vive. Questo è l’autentico universale concreto.

  23. psicologia Questa è la fase in cui si studia lo spirito soggettivo che si fa unità di intelligenza e volontà, che si rende conto della sua duplice dimensione pratica e teoretica e che riesce a sintetizzarle producendo liberamente rapporti giuridici e sociali.

  24. LO SPIRITO OGGETTIVO • Se lo spirito soggettivo corrispondeva all’uomo in quanto individuo, quello oggettivo riguarda una soggettività che è ormai uscita dalla propria solitudine e ha guadagnato concreti rapporti sociali, istituzionali, storici. Dunque lo spirito oggettivo è “quel quid universale che nella cultura, nei costumi, nella lingua, nelle forme di pensiero, nei pregiudizi e nelle valutazioni predominanti conosciamo come potenza superindividuale” e concretamente storica che rappresenta il luogo in cui la libertà si realizza in un ordine intersoggettivo.

  25. Lo spirito oggettivo: DIRITTO E’ il primo modo in cui una volontà libera si volge verso l’esterno e si dà un’esistenza tra gli altri. Essa assume la forma iniziale della proprietà che necessita di una regolamentazione contrattuale, la quale fa nascere il diritto privato con i suoi corollari di legge e sanzione. Questi ultimi divengono il più generale sistema di regolazione dei rapporti sociali esterni.

  26. moralità • Ma tutto ciò è ancora esterno e immediato. Quando le regole vengono interiorizzate nasce propriamente una moralità che esige l’adesione del cuore e che si esprime in una forma universale dell’agire. Ma tale moralità rimane rinchiusa nell’interno soggettivo e formale, così come avviene nella ragion pratica kantiana. Insomma se qui si è trasformata la regola puramente esteriore in imperativo universale riguardante l’intenzione, ciò comporta l’insistenza unilaterale sulla dimensione soggettiva del dovere.

  27. eticità • Quando il soggetto interiore si realizza nella società volendo fini concreti con una sostanziale fiducia del singolo nella comunità in cui è inserito e nelle sue leggi non più viste come semplici coercizioni esterne, si realizza l’eticità. Qui il singolo viene progressivamente inserito in comunità sempre più universali, in cui il egli impara via via a dare un valore universale e spirituale alla propria esistenza.

  28. Famiglia, società civile, Stato • La famiglia non è fondata su un contratto, ma sul sentimento e sul rapporto tra i sessi trasfigurato nell’amore. E’ il primo momento in cui l’individuo esce dalla sua personalità chiusa e si ritrova in una totalità etica più ampia. Ma questo momento è anche il più naturale e immediato • Nella società civile la compattezza etica della famiglia si frantuma in una miriade di interessi individuali in conflitto fra loro. L’unità della famiglia è disgregata nella più ampia dimensione sociale fatta di individui autonomi che perseguono interessi divergenti. Ciononostante qui nascono forme di solidarietà e di organizzazione sempre più cogenti che preludono ad una organizzazione dal significato etico pienamente universale cioè lo Stato. • Nello Stato l’eticità si realizza pienamente e l’io individuale diviene un noi universale. Esso non sorge da un contratto ma è un’istituzione delle istituzioni, cioè la forma più alta di organizzazione e solidarietà tra gli individui che integra in modo esaustivo le loro esistenze, facendo della loro volontà qualcosa che ha valore universale e dunque realizzando nel modo più pieno la loro libertà.

  29. STORIA Con lo Stato la razionalità fa il suo ingresso nel mondo. La dialettica del rapporto tra gli Stati non è altro che lo sviluppo della razionalità secondo le tappe che coincidono con la storia universale e specialmente europea (dal mondo orientale a quello greco-romano a quello europeo-germanico, culmine del suo sviluppo). La storia è dunque il dispiegarsi dello spirito nel tempo, uno spirito che è razionale. Dunque la storia è manifestazione della razionalità dello spirito. Quindi tutto ciò che è accaduto è accaduto secondo ragione e con la medesima necessità che hanno le dinamiche razionali. In alcuni uomini lo spirito ha manifestato se stesso in modo particolare, nel senso che tali uomini sono diventati strumenti particolarmente importanti dello sviluppo della storia e la loro volontà ha avuto un carattere radicalmente universale: sono gli individui cosmico-storici, cioè i grandi eroi in grado di cogliere il momento, cioè l’esatto significato storico-universale delle molteplici circostanze in cui sono stati inseriti, e di portare tali circostanze a compimento, costruendo nuove epoche della storia (e dunque dello spirito). Nella storia lo spirito, cioè la razionalità che gli è propria, fa in modo che dal conflitto di innumerevoli e molteplici volontà, talora di per sé irrazionali e particolari, emerga un complesso ragionevole e uno sviluppo sensato. Questo fenomeno è chiamato da Hegel astuzia della ragione.

  30. LO SPIRITO ASSOLUTO Dopo essersi realizzato nella storia lo spirito si autoconosce in modo assoluto e compie definitivamente il suo percorso, sintetizzando i un’unità superiore i suoi momenti soggettivi e oggettivi. Ma tale autoconoscenza che compie definitivamente la consapevolezza di sé, non è data da una mistica intuizione, ma avviene in tre discipline o campi fondamentali: l’arte la religione, la filosofia. Sono questi i tre regni dello spirito assoluto

  31. Lo spirito assoluto nella sua figurazione sensibile: l’arte • L’arte coglie l’assoluto nella sensibilità, è la verità presentata alla coscienza nella forma della immediatezza sensibile. Qui non si tratta dell’arte intesa come abbellimento o decorazione di qualsiasi elemento, anche estraneo, ma di un’assoluta identità del più alto contenuto con la più alta forma (per es. il divino). Ma essa, in quanto forma sensibile, al suo acme rimanda a qualcosa di ulteriore a sé, che soddisfi un’esigenza spirituale ancora più alta.

  32. La religione E’ innato nello spirito il bisogno di una soddisfazione che parta dal proprio interno. Di qui la religione come raffigurazione o rappresentazione interiorizzata dello spirito. Non c’è più un elemento sensibile in cui lo spirito si manifesta, ma esso è pensato, fatto presente, cioè rappresentato nella stessa interiorità della coscienza. La religione trasferisce l’assoluto dall’oggettività dell’arte all’interiorità del soggetto. Alla contemplazione estetica dell’assoluto qui si aggiunge la devozione interiore scaturita dall’intimità del sentimento

  33. La filosofia L’interiorità della rappresentazione non è la forma più alta dell’interiorità. Nel libero pensiero va riconosciuta la forma purissima del sapere, che razionalizza speculativamente il più alto sapere dogmatico religioso (quello relativo alla Trinità) scoprendovi una struttura concettuale che è la medesima dell’assoluto stesso. La concettualità filosofica compie sia l’oggettività dell’arte nell’assoluta oggettiva verità del concetto, sia la soggettività della religione nell’assoluta pura certezza del pensiero, in modo che nella filosofia l’assoluto conosce pienamente se stesso, è posto in grado di ripercorrere le tappe del suo sviluppo, ed è vita, creatività, sviluppo che conosce di sé l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine.

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