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Il cognome dei figli

Il cognome dei figli. Stefania Stefanelli. Cognome del figlio matrimoniale.

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Presentation Transcript


  1. Il cognome dei figli Stefania Stefanelli

  2. Cognome del figlio matrimoniale Obbligo del cognome paterno: in forza di norma consuetudinaria ovvero di una norma di sistema, desumibile e presupposta dall’art. 237, secondo comma, c.c., col porre tra gli elementi costitutivi del possesso di stato l’avere portato sempre il cognome del padre che si pretende di avere, dall’art. 262 sul cognome del figlio non matrimoniale riconosciuto contestualmente dai genitori, dall’art. 299 c.c. che attribuisce all’adottato maggiorenne il cognome del padre; dagli art. 72, primo comma, R.D. n. 1239 del 1939, e art. 34, primo comma, D.P.R. n. 396 del 2000, contenenti Regolamento dello stato civile, che vietano di imporre al figlio lo stesso nome del padre vivente allo scopo di evitare omonimie, presupponendosi che ne porti anche il cognome. Nello stesso senso, ed in considerazione della parificazione al figlio legittimo, deporrebbe l’art. 33, comma 1 del citato D.P.R., che attribuisce al figlio legittimato, salva l’ opzione esercitabile dal soggetto maggiorenne, il cognome del padre

  3. Cognome del figlio non matrimoniale L’obbligatoria imposizione del cognome paterno, che è inderogabile per i figli matrimoniali, trova invece applicazione solo allorché i genitori non coniugati provvedano al riconoscimento, atto costitutivo dello status,contemporaneamente, con dichiarazione ricevuta dall’Ufficiale di stato civile o dal direttore sanitario dell’ospedale in cui è avvenuto il parto, ma non è eccezionale che il figlio non matrimoniale porti inizialmente il solo cognome materno, per poi aggiungervi quello paterno in conseguenza del riconoscimento ritardato proprio allo scopo di consentire la cristallizzazione di tale segno identificativo e di orientare la decisione giudiziale nel senso di mantenerlo, accostato a quello paterno, nell’interesse del minore a non veder stravolta assieme al cognome la propria identità e riconoscibilità nei rapporti sociali.

  4. Cognome del figlio non matrimoniale L’intervento del d. lgs. N. 154/2013sul testo dell’art. 262 c.c., dedicato al cognome del figlio nato fuori del matrimonio, integra e chiarisce la regola della precedenza del riconoscimento attraverso l’apprezzamento del cognome quale autonomo segno dell’identità personale, quale criterio a cui ancorare la scelta circa l’aggiunta, l’anteposizione o la sostituzione del cognome paterno con quello materno originariamente attribuito, in caso di successivo accertamento della filiazione paterna.

  5. Cass. 29.5.2009, n. 12670 L’attribuzione del patronimico è incompatibile con disposizioni di ordine sopranazionale, apprezzabili nel sindacato di costituzionalità ex art. 117 Cost.: artt. 8 e 14 CEDU; art. 16, co.1, g), della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna (New York 18.12.1979); artt. 12 e 17 del Trattato CE, con riguardo alla discriminazione in base alla nazionalità realizzata dalla rettifica del cognome attribuito secondo la legge del Paese dell’Unione di cui il soggetto abbia (anche) la cittadinanza; risoluzione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa del 27 settembre 1978, n. 376; e le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa del 28 aprile 1995, n. 1271, e del 18 marzo 1998, n. 1362.

  6. Cedu, Cusane Fazzo c. Italia, 7.1.2014 (ric.77/2007) • Viola gli artt. 8 e 14 CEDU l’inderogabilità della regola del patronimico, in quanto eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne, sebbene possa rivelarsi necessaria nella pratica, ma non ove sussista la concorde richiesta dei genitori • Costante orientamento in favore della “progressiva piena eliminazione di qualsiasi discriminazione tra padre e madre nella scelta del nome da imporre ai figli”.

  7. CeduCusane Fazzo c. Italia, 7.1.2014 (ric.77/2007) A dispetto della tradizione di manifestare l’unità della famiglia attraverso l’obbligatoria trasmissione del cognome paterno, che al contrario realizza il differente trattamento di due situazioni identiche – quelle dei genitori coniugati nell’esercizio della facoltà di scelta del nome da attribuire ai propri figli – consentendo all’uno e non all’altra l’attribuzione al figlio del proprio cognome di famiglia.

  8. Bozza di d.l. (c.d.m. 10.1.2014) • Attribuire all’accordo dei genitori coniugati la scelta, in sede di dichiarazione di nascita, del cognome da attribuire ai figli, indicando tra le opzioni quello materno, paterno (o anche entrambi). In difetto di scelta prevarrebbe il patronimico • In caso di filiazione non matrimoniale si dovrà tener conto dell’autore del riconoscimento (se è solo la madre non può sussistere accordo, né patronimico (non può contenere la menzione dell’altro genitore ex art. 258 c.c.)

  9. Bozza di d.l.(C.d.M. 10.1.2014) • L’applicabilità delle disposizioni sarebbe limitata alle dichiarazioni di nascita rese o alle adozioni pronunciate con decreto emesso in data successiva all’entrata in vigore della legge • Quindi fratelli germani, figli della stessa coppia, possono portare cognomi differenti? • La Corte richiede inoltre di introdurre strumenti limitativi della discrezionalità amministrativa in sede di autorizzazione alla modifica del cognome originariamente attribuito

  10. d.d.l.S. 1230 Imposizione del doppio cognome genitoriale: si segnala la vocazione sistematica esplicitata dall’inserimento di detta previsione in un novellato art 315ter c.c., che ne evidenzierebbe l’aspirazione a realizzare, anche in tale ambito, la parificazione degli status di filiazione dettata dalle disposizioni che precedono. Al figlio non matrimoniale si applica la medesima regola in caso di riconoscimento congiunto o per conseguenza dell’accertamento successivo della filiazione, ove il giudice rilevi l’interesse ad aggiungere il cognome del secondo genitore a quello di colui che per primo lo ha riconosciuto. Manca comunque la previsione circa l’irrevocabilità, l’estensione a tutti i figli della coppia, e qualsiasi disposizione di carattere transitorio, della cui opportunità non può dubitarsi

  11. d.d.l.S. 1230 • Evita di rientrodurre, per il tramite il mancato accordo – che rimette in fin dei conti al padre la scelta di consentire all’imposizione del cognome materno – un sostanziale privilegio paterno • non esplicita tuttavia l’ordine di attribuzione dei cognomi che rileva non soltanto per la prima generazione, ma soprattutto per la trasmissione del cognome ai discendenti.

  12. d.d.l.C.1943 Intoduce facoltà di scelta genitoriale; in caso di doppio cognome si differenzia per la precedenza accordata a quello materno, in mancanza di accordo tra i genitori o di loro irreperibilità o incapacità, scelta motivata dalla Relazione esplicativa sulla base della considerazione per cui «nessuno può mettere in dubbio l’inalienabile priorità della relazione della madre con i figli, pur nella condivisione con il padre della responsabilità della loro educazione». La scelta effettuata per il primo figlio si trasmette agli altri, ed è preclusa ai genitori che abbiano altri figli viventi alla data di entrata in vigore della legge. Raggiunta la maggiore età il figlio può domandare la modifica del cognome entro gli stessi limiti

  13. d.d.l.C.1943 Introduce facoltà di scelta genitoriale; in caso di doppio cognome si differenzia per la precedenza accordata a quello materno, in mancanza di accordo tra i genitori o di loro irreperibilità o incapacità, scelta motivata dalla Relazione esplicativa sulla base della considerazione per cui «nessuno può mettere in dubbio l’inalienabile priorità della relazione della madre con i figli, pur nella condivisione con il padre della responsabilità della loro educazione». La scelta effettuata per il primo figlio si trasmette agli altri, ed è preclusa ai genitori che abbiano altri figli viventi alla data di entrata in vigore della legge. Raggiunta la maggiore età il figlio può domandare la modifica del cognome entro gli stessi limiti

  14. d.d.l.C.1943 • Palesa, in caso di disaccordo, l’opposta primazia materna difficilmente coniugabile con l’aspirazione alla parità tra i sessi. • Non contiene disposizioni di carattere transitorio che in attuazione del canone di pari trattamento aprano almeno una finestra temporale per la modifica del cognome già assegnato ai figli, derivandone anzi la preclusione della scelta per i futuri nati. • Non considera i casi di cui all’art. 30 del Reg. stato civile per i casi di «irreperibilità o incapacità» dei genitori, e segnatamente della madre, ai quali l’art. 3 del disegno di legge riconnette l’attribuzione dei «cognomi di entrambi i genitori, con l’indicazione, quale primo cognome, di quello materno». In tali circostanze, mancando la dichiarazione materna di nascita, non possono operare, ove la partoriente sia coniugata, le presunzioni di matrimonialità, e il celamento del parto impedisce il riconoscimento paterno, quindi non potrebbe applicarsi il doppio cognome.

  15. Compatibilità con l’art.30, 3 co., cost. È il risultato di un «travaglio che portò, nell’Assemblea costituente, alla sua formulazione definitiva», che ne conferma il senso di «innegabile favore per la prole naturale», da realizzarsi attraverso l’intervento del legislatore ordinario, con la revisione del diritto di famiglia e di quello delle successioni, che costituisce la proiezione post mortemdei relativi rapporti di carattere patrimoniale (Corte Cost. 28.11.2002, n. 494, escludendo che la riserva possa rilevare contro la dichiarabilità giudiziale della genitorialità incestuosa).

  16. Compatibilità con l’art.30, 3 co., cost. Riconoscimento della discrezionalità legislativanello «stabilire fino a che punto la maggiore tutela del figlio naturale sia, caso per caso, cioè nella eventuale determinazione di uno statuse delle conseguenze di esso anche in campo successorio, compatibile coi diritti dei componenti la famiglia legittima».

  17. Compatibilità con l’art.30, 3 co., cost. La riforma del 1975, quella sull’adozione di minorenni, e la legge 219/2012 segnano le tappe dell’adempimento del legislatore all’obbligo «di rendersi attento interprete della evoluzione del costume e della coscienza sociale, e, in conseguenza, di apprestare, in ordine alla esigenza, espressamente posta dal precetto costituzionale, della “compatibilità” della tutela dei figli nati fuori del matrimonio con i diritti dei membri della famiglia legittima, soluzioni anche diverse nel tempo, in armonia appunto con la cennata evoluzione» (Corte Cost. 8.6.1984, n.168)

  18. Art.30, 3 co., cost. • In sede di Assemblea Costituente non poteva dubitarsi della prevalenza, nell’equilibrio segnato nell’art. 30 Cost. , della tutela della famiglia fondata sul matrimonio, presidiata in quanto gruppo portatore di valori riassunti nella formula dell’unità familiare, cui corrispondeva la pienezza dello status dei nati in costanza di matrimonio • L’adesione alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (artt. 8 e 14), alla Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (art. 2, 2 co.) , e l’entrata in vigore della Carta di Nizza (art. 21), e la pressione dei mutamenti sociali hanno spostato il baricentro verso il precetto di eguaglianza, senza distinzione per nascita, consacrato nell’art. 3 Cost.

  19. Art.30, 3 co., cost.. L’uguaglianza di statusdisposta dal rinnovato art. 315 c.c. realizza, pienamente, il principio di responsabilità per la procreazione che ispira non solo la formula di apertura dell’art. 30, ma la stessa riserva di legge del terzo comma, nel senso dell’esaltazione dell’interesse del figlio

  20. La libertà matrimoniale sembra, anzi, ricevere rafforzamento dalla prevista unificazione di diritti e doveri dei figli, venendo a mancare ogni residuo condizionamento che poteva derivare ai conviventi dal desiderio di offrire ai figli nati dalla loro relazione la migliore tutela giuridica, prima riservata dall’istituto della legittimazione, coerentemente abrogato dall’art. 1, comma 10, della L. 219 del 2012

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