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Conti esteri, conti pubblici e spreads Raffaele Giammetti 8 maggio 2013

Conti esteri, conti pubblici e spreads Raffaele Giammetti 8 maggio 2013. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL SANNIO S.E.A. Economia del lavoro I A.A. 2012-2013. Introduzione.

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Conti esteri, conti pubblici e spreads Raffaele Giammetti 8 maggio 2013

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  1. Conti esteri, conti pubblici e spreadsRaffaele Giammetti8 maggio 2013 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DEL SANNIO S.E.A. Economia del lavoro I A.A. 2012-2013

  2. Introduzione È ormai trascorso oltre un decennio dalla nascita dell’Unione Monetaria Europea, eppure oggi come ieri si discute delle sue effettive possibilità di sopravvivenza. La crisi economica degli ultimi anni, in particolare, ha riportato d’attualità il dibattito sull’esistenza o meno di forze capaci di contenere le divergenze fra i tassi di crescita del reddito e fra le bilance commerciali dei paesi membri. La disputa, innescata agli albori dell’Unione, può essere interpretata alla luce di un confronto tra due correnti di pensiero economico: il “mainsteram” di ispirazione neoclassica, alcuni dei cui esponenti hanno in passato espresso fiducia riguardo agli effetti di una maggiore libertà e integrazione dei mercati; e le cosiddette scuole di pensiero “critico”, che manifestano profonde perplessità riguardo alla struttura istituzionale su cui è stata fondata l’Unione Monetaria Europea.

  3. In particolare, stando all’ interpretazione critica, gli squilibri commerciali tra i paesi definiti “periferici” (Grecia, Portogallo, Spagna, Italia, Irlanda) e i paesi cosiddetti “centrali”, come ad esempio la Germania, si sarebbero ampliati in seguito all’avvento dell’euro, coincidente con la pressoché totale apertura dei mercati ed il restringimento dei margini di manovra sulle principali variabili macroeconomiche1. Sul fronte opposto, alcuni esponenti della dottrina ortodossa, sostenevano invece l’idea che gli squilibri commerciali, esistenti tra paesi “periferici” e paesi “centrali”, non rappresentavano sintomi di instabilità sistemica, ma al contrario riflettevano il forte potenziale di crescita dei paesi “periferici”2. Negli anni a seguire le evidenze empiriche hanno mostrato un progressivo acuirsi degli squilibri commerciali. Pertanto, le preoccupazioni relative a tali squilibri sono state recepite anche dagli esponenti della teoria dominante. 1 Graziani[2002] 2 Blanchard e Giavazzi[2002]

  4. E’ andata quindi diffondendosi la tesi secondo cui le cause dell’attuale crisi dell’Eurozona sarebbero da attribuire non tanto all’eccessivo indebitamento pubblico, quanto piuttosto alle problematiche connesse agli squilibri commerciali tra paesi membri dell’Unione e al conseguente indebitamento estero di alcuni di essi. Ma com’è possibile determinare le connessioni tra indebitamento estero e crisi dell’Eurozona? O meglio, quale evidenza empirica può segnalare l’esistenza di una relazione tra gli squilibri commerciali e l’instabilità europea? Per cercare di rispondere a questa domanda ci soffermeremo su un’ analisi effettuata dall’economista tedesco Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies (CEPS), e successivamente ci dedicheremo ad un tentativo di sviluppo del test di Gros finalizzato a superare alcuni limiti dello stesso.

  5. Il test di Gros Nell’articolo “External versus domestic debt in the euro crisis”3Gros ha evidenziato una forte correlazione tra l’andamento medio delle partite correnti di 17 paesi dell’Eurozona nel periodo 2007-2009, e gli spreads rispetto ai tassi di interesse sui Bund tedeschi, calcolati nel febbraio 2011. 3 Gros[2011].

  6. Punti chiave nell’analisi di Gros • Sviluppo di un’analisi di regressione polinomiale: il legame statistico è espresso da una relazione non lineare ma quadratica, sulla base dell’idea che il rischio paese incorporato negli spreads possa aumentare più che proporzionalmente al crescere del deficit commerciale • Confronto tra le medie 2007-2009 delle partite correnti e gli spreads di Febbraio 2011

  7. I limiti del test di Gros • Lo sviluppo di un’analisi di regressione quadratica solleva diversi problemi rispetto alla definizione del coefficiente di determinazione e dei parametri di diagnostica inferenziale. Inoltre la tesi per cui ad un aumento del deficit commerciale debba rispondere in ogni caso un incremento più che proporzionale degli spreads non è ben supportata ed arduamente generalizzabile. * *Si noti che lasciando invariate le scelte di Gros e limitandoci ad estendere nel tempo la sua analisi, in determinati periodi la curva quadratica rappresentativa delle relazioni tra spreads e andamento delle partite correnti, risulta avere concavità negativa verso il basso. Dunque, in alcuni tratti un aumento dei deficit commerciali comporterebbe inspiegabilmente una riduzione degli spreads.

  8. La scelta di confrontare l’andamento medio delle partite correnti nel periodo 2007-2009 con gli spreads del 2011 piuttosto che del 2010, appare arbitraria. • L’utilizzo di spreads mensili, in particolare del Febbraio 2011, appare immotivato in quanto gli spreads non dovrebbero soffrire di tendenze stagionali.

  9. La limitazione dell’analisi ad un singolo arco temporale di tre anni rende difficile una generalizzazione del risultato • Infine, Gros avrebbe potuto corredare il suo lavoro con un analogo test di correlazione tra gli spreads e i saldi di bilancio pubblico e mostrare un confronto tra i due diversi risultati

  10. Un tentativo di sviluppo del test • Proviamo dunque a modificare il test di Gros. In particolare, allo scopo di approfondire l’indagine sulle possibili determinanti degli spreads, verificheremo se questi risultino maggiormente correlati agli andamenti delle bilance commerciali o dei bilanci pubblici dei paesi membri della zona euro. Alcune delle elaborazioni riportate nel presente lavoro sono state poi riprese e sviluppate in Brancaccio (2012).

  11. Il nuovo test L’analisi si differenzia dal test di Gros nei seguenti punti: • Sviluppo di un’analisi di regressione lineare • Confronto tra le medie 2008-2010 delle partite correnti e gli spreads medi annuali 2011 • Sviluppo di un analogo confronto tra andamento dei bilanci pubblici e spreads

  12. In sintesi Il nuovo test propone una duplice analisi di regressione lineare tra: • l’andamento delle partite correnti dei paesi Euro 12* nel periodo 2008-2010 e gli spreads 2011 • l’andamento dei saldi di bilancio pubblico dei paesi Euro 12 nel periodo 2008-2010 e gli spreads 2011 * Si noti che il nuovo test prende a riferimento i paesi Euro 12, infatti l’analisi completa è estesa all’arco temporale 1999-2010 e pertanto sono stati selezionati solo i paesi che fin da subito hanno aderito all’UME

  13. Istruzioni per riprodurre il test 1) Scrivi Ameco stat nella barra di ricerca di Google e clicca il primo link 2) Clicca sulla voce 10 BALANCES WITH THE REST OF THE WORLD, NATIONAL ACCOUNTS e seleziona: Balance on current transactions with the rest of the world (National accounts) (UBCA)*. * rappresentante il surplus o il deficit delle operazioni correnti con il resto del mondo, (le transazioni correnti comprendono gli scambi di beni e servizi, redditi primari e dei trasferimenti correnti)

  14. 3) Seleziona i seguenti paesi (ricorda di tenere premuto il tasto ctrl): BELGIO, GERMANIA, IRLANDA, GRECIA, SPAGNA, FRANCIA, ITALIA, LUSSEMBURGO, OLANDA, AUSTRIA, PORTOGALLO, FINLANDIA. Clicca Display the new sheet 4) Modifica l’unità di misura scegliendo valori percentuali del PIL 5) Seleziona il periodo da analizzare: 2008, 2009, 2010 e clicca Display the new sheet

  15. 6) Clicca su Save to Excel (Current view) 7) Scrivi nella casella G5 come segue: =media(C5:E5) ed estendi il calcolo a tutti i Paesi. In G4 nomina la serie scrivendo CA (Current Account).

  16. Terminato il punto 7 avremo:

  17. 8) Clicca sulla voce 16 GENERALGOVERNMENT, 16.3 Net lending e seleziona Net lending B9 (UBLG)*. Ripeti i punti 3, 4, 5, 6 e 7 9) Seleziona l’area G5:G16 corrispondente alla media dei bilanci pubblici 2008-2010, copia e torna al file Excel precedente. Clicca con il tasto destro in J5 seleziona “Incolla speciale”,“Valori” . In J4 nomina la serie scrivendo GB (Government Balance) *accreditamento/indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche.

  18. Terminato il punto 9 avremo:

  19. 10) Clicca sulla voce 13 MONETARY VARIABLES, 13.2 Interest rates e seleziona Long Term Nominal (ILN)*. Ripeti il punto 3 11) Senza modificare l’unità di misura, seleziona l’anno 2011 e clicca su Save to Excel (Current view) 12) Calcola lo spread: scrivi in E5 come segue =C5-$C$6 ed estendi il calcolo a tutti i Paesi * tassi d’interesse applicati sulle obbligazioni a lunga scadenza emesse dai governi .

  20. 13) Seleziona la serie relativa agli spreads (l’area E5:E16) , copia e torna al file Excel principale, clicca con il tasto destro in H5“Incolla speciale”, “Valori”. Fai lo stesso cliccando in K5. In H4 e in K4 nomina le serie scrivendo spread.

  21. Terminato il punto 13 avremo:

  22. Terminata la fase di raccolta ed elaborazione dei dati, possiamo effettuare le due analisi di regressione. In primo luogo confronteremo CA e spread: • Seleziona l’area G5:H5;G16:H16 • Clicca “Inserisci”, “Grafico a dispersione”, prima scelta • In alto a destra, Strumenti grafico, seleziona “Layout”, “Linea di tendenza”, “Lineare”.

  23. Ottenuta la retta di regressione, torna in “Layout”, “Linea di tendenza”, “Altre opzioni…”, seleziona “Visualizza l’equazione sul grafico”, “Visualizza il valore di R al quadrato sul grafico”. • Terminati i 4 punti avremo completato la prima analisi di regressione. Il valore del coefficiente di determinazione R2, indicatore della adeguatezza del modello lineare ai dati, esprimerà la significatività della relazione tra le variabili esaminate.

  24. Grafico CA-Spread

  25. Nell’esecuzione della seconda analisi di regressione in cui confronteremo l’andamento dei saldi dei bilanci pubblici con gli spreads, seguiremo le indicazioni precedenti cambiando ovviamente la selezione dei dati da confrontare, in tal caso ci riferiremo alle serie GB e spread (area J5:K5;J16:K16).

  26. Grafico GB-Spread

  27. Risultati a confronto • Confrontando i grafici, l’inclinazione negativa di entrambe le rette di regressione confermerebbe le tesi per cui un aumento dei deficit esteri e pubblici comporterebbe un aumento del rischio paese incorporato negli spreads. Tuttavia dal confronto tra gli R2 si rileva una maggiore correlazione tra andamento dei saldi esteri e spreads piuttosto che tra andamento dei saldi pubblici e spreads. Pertanto l’indebitamento estero sembrerebbe prevalere sull’indebitamento pubblico nella determinazione degli spreads.

  28. Conclusioni Un insieme di test più estesi e approfonditi è riportato in Brancaccio (2012). I risultati a cui siamo giunti sembrano comunque già evidenziare una maggiore attenzione degli operatori finanziari all’andamento dei conti con l’estero piuttosto che all’andamento dei conti pubblici. Come si spiega questo risultato?

  29. Una possibilità è che il disavanzo con l’estero sia visto come una spia della scarsa competitività del sistema produttivo nazionale. Oltre un certo limite, la crescita dei debiti verso l’estero potrebbe indurre le autorità del paese in questione ad abbandonare la moneta unica e ad effettuare una svalutazione per recuperare margini di competitività, con conseguente deprezzamento dei titoli nazionali emessi. I creditori sarebbero dunque disposti ad acquistare i titoli del paese in questione solo a tassi più elevati, in modo da

  30. cautelarsi contro il rischio di deprezzamento futuro della valuta nazionale4. 4 Brancaccio [2011, 2012]

  31. Ulteriori evidenze Da un’analisi dei grafici è interessante notare come l’asse delle ordinate del grafico Ca-Spread risulti un divisore tra i paesi in sistematico deficit verso l’estero (i PIIGS e la Francia) e i paesi in sistematico surplus. Tale distinzione sembrerebbe rappresentare in modo veritiero il reale gap economico esistente tra le periferie dell’UME e i paesi “Centrali” trainati dalla Germania e l’indebitamento estero sembrerebbe pertanto un valido fattore discriminante.

  32. Osservando il grafico GB-Spread contrariamente notiamo che ad eccezione del Lussemburgo, gli altri 11 paesi considerati (compreso il paese benchmark, la Germania) stazionano indistintamente nel quadrante negativo. Pertanto anche da queste banali osservazioni sembrerebbe prevalere la tesi per cui il vero tallone d'Achille dell‘UME potrebbe risiedere non tanto nella crescita dei debiti pubblici quanto piuttosto nell'accumulo di debiti verso l'estero, sia pubblici che privati, da parte di alcuni Paesi membri, e di corrispondenti crediti verso l'estero da parte di altri.

  33. Riferimenti bibliografici • Blanchard, O., Giavazzi, F. (2002), Current Account Deficits in the Euro Area: the End of the Feldstein-Horioka Puzzle?, Brookings Papers on Economic Activity, n. 2. • Brancaccio E. (2011), Crisi dell’Unità Europea e standard retributivo, Diritti Lavori Mercati 2/2011 • Brancaccio E. (2012), Current account imbalances, the eurozone crisis and a proposal for a European wage standard, International Journal of Political Economy, 41, 1. • Graziani, A. (2002), The Euro: an Italian Perspective, International Review of Applied Economics, 16, 1. • Gros, D. (2011), External versus domestic debt in the euro crisis, CEPS Policy Brief, n. 243, 25 May.

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