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IL CONTROLLO DIREZIONALE

IL CONTROLLO DIREZIONALE. Consigli bibliografici per approfondimenti della lezione del 20 ottobre. Robert S. Kaplan - David P. Norton Alignment Harvard Business School Press (HBSP) 2006 The Balanced Scorecard (HBSP) 2000 The Strategy Focused Organization (HPSP) 2000

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IL CONTROLLO DIREZIONALE

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Presentation Transcript


  1. IL CONTROLLO DIREZIONALE

  2. Consigli bibliografici per approfondimenti della lezione del 20 ottobre Robert S. Kaplan - David P. Norton Alignment Harvard Business School Press (HBSP) 2006 The Balanced Scorecard (HBSP) 2000 The Strategy Focused Organization (HPSP) 2000 Strategy Maps (HBPS) 2004

  3. PIANIFICAZIONE E CONTROLLO Pianificazione strategica Vertice Controllo direzionale Management Controllo operativo Base operativa

  4. Le funzioni del Controllo Direzionale 1. Guida e indirizzo dell’attività dei responsabili 2. Supporto per le decisioni da deliberare 3. Monitoraggio sull’andamento dell’attività 4. Coordinamento delle diverse attività dei differenti responsabili ai vari livelli 5. Valutazione delle prestazioni manageriali

  5. Il controllo direzionale • Il controllo direzionale è il subsistema di pianificazione e controllo che si rivolge al management intermedio al fine di fornire una guida (control) nella gestione condotta secondo razionalità e consapevolezza. • Anthony scrive (1965) che il controllo direzionale può essere definito come: • “L’attività mediante la quale i manager assicurano l’utilizzo efficiente ed efficace delle risorse loro assegnate, ai fini del perseguimento degli obiettivi aziendali.”. • Il processo di delega dell’attività decisionale è dunque vincolato a due criteri di scelta: • efficienza (produttiva ed economica) • efficacia (quali-quantitativa)

  6. I criteri di efficienza e di efficacia nelle decisioni manageriali DECISIONI MANAGERIALI EFFICACIA EFFICIENZA ATTIVITÀ RISULTATI RISORSE

  7. La composizione del sistema di Controllo Direzionale PROBLEM SOLVING STRUTTURA ORGANIZZATIVA SISTEMI INFORMATIVI SOLUZIONI RAZIONALI E CONGRUENTI A M B I E N T E PROBLEMI E IMPREVISTI STILE DI DIREZIONE PROCESSI DI CONTROLLO

  8. L ‘architettura dei centri di responsabilità economica: unità organizzative che si identificano con i soggetti destinatari dei processi di autonomia e responsabilizzazione Articolazione delle responsabilità economiche Centri di costo Centri di ricavo Centri di investimento 1 1 1 2 2 2 n n n EFFICIENZA EFFICACIA COMMERCIALE E PRODUTTIVA LUNGIMIRANZA Centri di spesa Centri di profitto 1 1 2 2 n n QUALITA’ IMPRENDITORIALITA’ 33

  9. La struttura organizzativa di controllo Compito fondamentale dei C.R.E. è quello di definire una appropriata struttura organizzativa per il controllo, capace di riflettere l’articolazione delle responsabilità e l’assetto di governo all’interno dell’azienda e, dunque, la coerenza nel binomio: autonomia responsabilizzazione

  10. Le grandezze economiche dei CRE Ai fini del controllo direzionale interessa la responsabilità economica, ossia il contributo che ciascun centro può dare alla produzione dei risultati economici d’impresa. Gli input sono tipicamente espressi dai costi delle risorse attribuite a ciascun centro, mentre gli output riguardano i risultati del centro, esprimibili in termini monetari e non monetari.

  11. Centri di costo I centri di costo hanno come obiettivo il controllo dei costi generati dalle attività in essi svolte. Tale costo è controllabile da parte del responsabile del centro in quanto deriva dalla sintesi di costi elementari, da rapportare ad un dato livello di efficienza interna. Le variabili controllabili dai responsabili di questi centri sono: - i volumi e i mix di input - i livelli dei prezzi-costo (Es: direzione di produzione, divisioni di produzione, reparti produttivi)

  12. Centri di spesa Sono unità organizzative caratterizzate da: - un output difficilmente misurabile in termini monetari - una relazione tra input e output difficilmente esprimibile attraverso coefficienti di impiego standard. L’obiettivo è dunque quello di non superare il livello di costo previsto, definito attraverso la negoziazione con gli organi superiori, pur assicurando un certo livello quantitativo e qualitativo di output. Il controllo su detti centri verte sull’efficacia (specie parametro qualità).

  13. Centri di spesa E’ il caso di tutte le attività di supporto alla catena del valore di un’impresa: attività amministrative, attività di ricerca e sviluppo delle tecnologie, attività di gestione del personale. La limitata attenzione al controllo dei centri di spesa deriva, storicamente, dal peso relativamente modesto delle attività di supporto rispetto a quelle produttive in senso stretto. Oggi, tuttavia, la situazione è profondamente mutata, sia nelle grandi che nelle piccole imprese più innovative.

  14. Centri di ricavo Hanno come obiettivo il ricavo conseguibile dallo svolgimento delle attività di vendita secondo dati programmi. Le variabili controllabili dal responsabile di vendita sono: - prevalentemente i volumi di vendita - in certi casi i mix delle vendite - in certi casi i prezzi di vendita (Es: direzione vendite, divisioni di vendita, agenzie di vendita).

  15. Centri di profitto Hanno come obiettivo un dato risultato economico, ottenuto come differenza tra ricavi e costi (configurati in modi differenti). Nel risultato economico trovano espressione sia gli input che gli output, per cui il controllo riguarda contemporaneamente efficienza ed efficacia del centro.

  16. I centri di profitto Nel caso dei centri di profitto, si può parlare infatti anche di centri di profitto fittizi o semi-autonomi. Se le interdipendenze con altre unità organizzative sono consistenti, ma lasciano comunque spazio significativo alla gestione del centro, si parla di centri di profitto semi-autonomi. I vincoli nei centri di profitto fittizi diventano ancora più marcati.

  17. Centri di profitto Per parlare di veri e propri centri di profitto occorre che esista: - la possibilità di approvvigionarsi e di cedere il prodotto all’esterno; - la possibilità di determinare il prezzo secondo un processo di negoziazione sul mercato dei beni.

  18. Centri di profitto semi-autonomi Nel caso delle divisioni che hanno frequenti rapporti reciproci all’interno di una struttura multidivisionale, i trasferimenti di beni sono per i centri cedenti veri e propri ricavi valutati ai prezzi interni di trasferimento. Altri ricavi sono in parte derivati da beni trasferiti o ceduti. In questo caso prevale la responsabilità di costo.

  19. Centri di profitto fittizi Si tratta di unità organizzative che lavorano per gli altri centri dell’azienda di cui fanno parte. In questi centri non esiste un ricavo reale, ma un ricavo fittizio concordato in relazione alle prestazioni cedute ai centri utenti. Manca perfino la limitata controllabilità dei centri di profitto semi-autonomi. L’obiettivo è quello di sensibilizzare il responsabile di unità all’ottica del profitto. Lo strumento tuttavia può essere demotivante.

  20. Centri di investimento E’ dall’esigenza di collegare gli obiettivi di breve con gli obiettivi di medio e lungo periodo che derivano i centri di investimento. I responsabili di detti centri, oltre al controllo sulle variabili che determinano il risultato economico, hanno anche la supervisione sulle variabili relative agli investimenti. L’obiettivo dei centri di investimento è in genere espresso dal ROI.

  21. Centri di progetto Si tratta di unità organizzative temporanee appartenenti in genere ad una struttura a matrice, il cui scopo è quello di coordinare un progetto (in genere di dimensioni significative) nella sua complessità. L’autorità del project manager è limitata in quanto i costi e i ricavi del progetto sono prese dai responsabili funzionali. Il suo ruolo prevalente è quello del coordinamento.

  22. Sistema di controllo: la struttura organizzativa C.R.E. Centri di costo Centri di ricavo Centri di investimento Centri di spesa Centri di profitto Efficienza Redditività del capitale Produttività ed efficacia commerciale Qualità Imprenditorialità

  23. La corresponsabilità Quando l’interdipendenza tra le aree organizzative è particolarmente forte, si può parlare di corresponsabilità e in questi casi il processo di controllo richiede un comportamento altamente integrato e collaborativo tra il personale, con una forte enfasi sul coordinamento.

  24. Il sistema dei parametri di controllo Nel periodo di budget i requisiti essenziali del sistema dei parametri di controllo dovrebbero essere: - coerenza con missione e variabili-chiave; - coerenza con le leve effettivamente manovrate - completezza - sintesi - accertabilità - tempestività

  25. Il sistema dei parametri di controllo La distinzione tra gli obiettivi è immediatamente tra: - obiettivi attinenti alla gestione corrente - obiettivi attinenti alla gestione strategica Pur nella consapevolezza della difficoltà di distinguere questi due momenti, interrelati tra loro.

  26. Obiettivi della gestione corrente Esprimono l’efficienza e l’efficacia di breve periodo. Possono riguardare sia responsabilità di tipo economico-finanziario, sia responsabilità riconducibili a variabili di qualità e di livello di servizio.

  27. Obiettivi della gestione strategica Esprimono i risultati da tutelare oggi per garantire all’impresa il mantenimento e i rafforzamento nel futuro del proprio vantaggio competitivo. Possono essere obiettivi di investimento, di portafoglio, di profilo dell’organico, di risultati attesi da progetti.

  28. Tipologia dei parametri di controllo Gli indicatori possono rappresentare misure di: - risultato finale (risultato economico) - output intermedi (tempestività delle consegne, reclami da clienti, fatturato) - essere l’espressione di variabili discrezionali (spese per la pubblicità, per la ricerca e lo sviluppo o la formazione)

  29. Tipologia dei parametri di controllo Gli indicatori possono essere misure dirette oppure sintomatiche del risultato atteso in una certa area. Pensiamo ad esempio di dover esprimere i risultati in termini di “immagine” dell’azienda. questionari vs. budget di spesa

  30. Tipologia dei parametri di controllo Si può far ricorso a più indici per esprimere lo stesso obiettivo. tempestività delle consegne resi scarti reclami assenteismo Per esprimere l’obiettivo del livello di servizio e della qualità aziendale.

  31. Tipologia dei parametri di controllo Gli indicatori di risultato possono variare nel tempo: gli indicatori possono cambiare nel tempo con l’affinarsi dei sistemi di rilevazione. Il numero dei reclami rappresenta un indice di qualità più significativo dell’ammontare dei resi, ma spesso si preferisce usare il secondo in quanto oggetto di rilevazione per esigenze di natura contabile.

  32. La “catena del valore” di Porter. ATTIVITA’ INFRASTRUTTURALI M A R G I N E POLITICHE DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE SVILUPPO DELLA TECNOLOGIA APPROVVIGIONAMENTO E N I G A M • Collocazione • geografica • collegamento   • con i fornitori  Apprendimento  Dimensioni della fabbrica  Politica di scelta della tecnologia di stabilimento  Temporizzazione acquisto attivo patrimoniale  Dimensione degli ordini  Interrelazioni con unità consorelle  Scala regionale  Scala nazionale (pubblicità)  Densità degli acquirenti (utilizzazione della forza di vendita)  Scala locale  Interrelazioni con unità consorelle Logistica in entrata Attività operativa Logistica in uscita Marketing e vendita Servizi R

  33. Il controllo direzionale per processi • Possono essere oggetti di riferimento: • singole transazioni, • attività, • sottoprocessi, • processi produttivi, • combinazioni di processi.

  34. fig.4.6. Struttura informativa per il controllo direzionale. Contabilità generale Bilancio d’esercizio Bilanci riclassificati ed indici Contabilità analitica Rendimenti fisico-tecnici Standard Piani e programmi Budgeting Reporting economico- finanziario Strumenti tipici Indicatori di qualità Indicatori gestionali Reporting multidimensionale

  35. L’azienda come sistema cibernetico • I sistemi aperti sono soggetti ai continui stimoli e alle perturbazioni dell’ambiente esterno, per cui si rendono necessari alcuni meccanismi di autoregolazione, che consentano all’azienda di assumere comportamenti adattivi e proattivi: • lo stimolo-risposta • Il feed-back • il feed forward • Si tratta di processi complementari che consentono di coordinare la generale attività di autoregolazione dell’azienda.

  36. Il meccanismo di funzione-risposta • Si tratta di un comportamento automatico e istantaneo che non richiede alcuna valutazione da parte del sistema. In natura, gli organismi non sono facilmente propensi a reagire automaticamente agli stimoli. È più frequente la formazione di congetture, che ne orientano l’azione verso schemi automatici. • L’impiego dell’informativa e dei sistemi di controllo operativo computerizzati hanno contribuito alla diffusione di meccanismi automatici di stimolo-risposta: • segnalazione guasti sulla linea di produzione • stampa dei solleciti per le operazioni in scadenza • rifornimento automatico dei magazzini

  37. Processo di stimolo risposta. CONGETTURE (1) STIMOLI (2,…,n) (2,…,n) (1) (2,…,n) (1) RISPOSTE VALUTAZIONE (1)

  38. Il meccanismo di retroazione Il presupposto del feed-back risiede nella definizione di un obiettivo preliminare che costituisca un chiaro riferimento nel comportamento del sistema. Il processo del feed-back inserisce nel modello l’osservazione e la misurazione a posteriori dei fenomeni regolati dall’obiettivo di partenza, per segnalare eventuali scostamenti, positivi o negativi, rispetto agli standard predefiniti. Il feed-back per l’azienda costituisce, di fatto, un meccanismo organizzativo fondato su flussi di informazioni che mettono in comunicazione diversi soggetti e diverse strutture produttive.

  39. Meccanismo di autoregolazione«ex post» (feed-back) REGOLA O STANDARD CONFRONTO REGOLA-STANDARD CON IL RISULTATO ATTIVITÀ REGOLATA CORREZIONE (FEED - BACK) OSSERVAZIONE

  40. Meccanismo di feed-back in un sistema organico: riadatta lo schema precedente ad un contesto in cui l’uomo assume decisioni sulla base dei propri valori. IPOTESI E OBIETTIVI VERIFICA DI IPOTESI/OBIETTIVI ATTIVITA’ CONGETTURATA CORREZIONE RAGIONATA valutazione (FEED - BACK) ANALISI ATTIVITA’/RISULTATI

  41. Il meccanismo di controllo anticipato Il processo di feed-forward si colloca all’interno di un contesto fortemente dinamico. L’osservazione dell’avanzamento dell’attività da svolgere consente, dunque, di confrontare anticipatamente l’obiettivo iniziale con quello tendenziale. Il feed-forward consiste nella correzione anticipata della frazione di attività ancora da sviluppare al fine di prevenire possibili errori ed anomalie. Così come nel caso precedente, si propone uno schema in cui risulta rilevante l’intervento del soggetto umano valutatore.

  42. Processo di controllo predittivo o feed-forward. OB: obiettivi da raggiungere A : attività svolte REGOLE IN SEQUENZA OB1 OB2 OB3 OB4 OB5 OBn VERIFICA DEGLI OBIETTIVI A FINIRE ATTIVITA’ CONGETTURATA IN AVANZAMENTO CONTROLLO ANTICIPATO (FEED - FORWARD) A1 A2 OB3 OB4 OB5 OBn AGGIORNAMENTO DELLE REGOLE A FINIRE OSSERVAZIONE MISURAZIONE AVANZAMENTI A1 A2 OB3 OB4 OB5 OBn A1 A2 OB3 OB4 OB5 OBn A1 A2

  43. Processo di controllo predittivo o feed-forward in un sistema organico. OB: obiettivi da raggiungere A : attività svolte IPOTESI DINAMICHE (SEQUENZA DI OBIETTIVI) OB1 OB2 OB3 OB4 OB5 OBn VERIFICA DEGLI OBIETTIVI A FINIRE ATTIVITA’ CONGETTURATA IN AVANZAMENTO CONTROLLO “EX - ANTE” valutazione (FEED - FORWARD) A1 A2 OB3 OB4 OB5 OBn AGGIORNAMENTO DELLE IPOTESI (PROIEZIONE A FINIRE) AGGIORNAMENTO DELLE IPOTESI (PROIEZIONE A FINIRE) ANALISI ATTIVITA’ IN AVANZAMENTO A1 A2 OB3 OB4 OB5 OBn A1 A2 OB3 OB4 OB5 OBn A1 A2

  44. Il sistema di controllo operativo • La sola prassi aziendale non è sufficiente per parlare di controllo operativo, a tal fine devono essere istituiti dei processi formali quali: • procedure di comportamento • manuali delle prassi esistenti in azienda • mansionari • controlli automatici • modulistica

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