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Husserl. La filosofia come scienza rigorosa. La fenomenologia: caratteri fondamentali di un movimento di pensiero.

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Presentation Transcript


  1. Husserl La filosofia come scienza rigorosa

  2. La fenomenologia: caratteri fondamentali di un movimento di pensiero La fenomenologia è una forma di rigorizzazione della filosofia che cerca di riorganizzare la conoscenza sulla base di evidenze certe e apodittiche (= logicamente necessarie, secondo l’uso kantiano del termine) In tal senso riprende lo spirito della riflessione moderna e cartesiana contro ogni forma di irrazionalismo

  3. I precursori della fenomenologia:Bernhard Bolzano (1781-1848) • Nel suo testo La dottrina della scienza elabora la dottrina della proposizione in sé e della verità in sé. • La prima enuncia un significato logico che non dipende dal fatto che esso venga espresso o pensato • La seconda riguarda la validità di una proposizione che rimane vera a prescindere dal fatto che sia pensata o espressa • C’ è un mondo logico oggettivo di significati (come per es. il principio di non contraddizione) assolutamente indipendente dalle condizioni soggettive del conoscere.

  4. I precursori della fenomenologia:Franz Brentano (1838-1917) • Nella sua Psicologia da un punto di vista empirico egli afferma il carattere intenzionale della coscienza (da intentio, concetto scolastico che allude al fatto che un termine o un concetto significa sempre qualcos’altro da sé). Per Brentano i fenomeni psichici si differenziano da quelli fisici per essere intenzionali, cioè per riguardare sempre qualcos’altro da sé. I fenomeni psichici si distinguono in rappresentazione (l’oggetto è puramente presente), giudizio (l’oggetto è affermato o negato), il sentimento (l’oggetto è amato o odiato) Oggetto – meta del Tendere dell’intentio Soggetto(psiche umana) Intentio (tendere a…)

  5. Le domande di Husserl • La filosofia husserliana è attraversata dalle seguenti domande: • Che cosa vediamo effettivamente quando gettiamo il nostro sguardo sulla realtà? • Che cosa ci si mostra? • Quali evidenze si impongono? • Che tipo di esseri riempiono il nostro sguardo?

  6. La passione per l’evidenza • Husserl intende raggiungere l’evidenza certa di come la realtà si offra alla nostra coscienza – la quale non pone essa stessa la realtà – e per fare ciò ritiene che si debba vedere in modo diverso il rapporto che instauriamo con essa: No: noi realtà Come ciascuno esterno all’altro, e ciascuno successivamente da unire all’altro nel rapporto conoscitivo realtà noi Sì: Come ciascuno originariamente in rapporto con l’altro.

  7. Io come “apertura” io IO realtà Ciò che viene incontro all’io che si impone e riempie quell’apertura Spazio aperto, braccia spalancate che permettono alle cose di manifestarsi nella loro evidenza

  8. Gli esordi psicologistici di Husserl Husserl, allievo del filosofo-psicologo Brentano, ha però interessi anche nell’ambito della matematica (è stato a Berlino allievo di Weierstrass). Uno dei suoi primi importanti lavori è la Filosofia dell’aritmetica (1891). Qui, cercando una chiarificazione filosofica della matematica pura, giunge alla conclusione che per comprendere i concetti che stanno alla base della matematica, occorre individuare i fenomeni concreti da cui essi sono astratti e chiarire la natura di questa astrazione. Insomma per capire un concetto come il numero non si può far altro che conoscere la dinamica psicologica mediante la quale noi dalle cose astraiamo questo concetto.

  9. Il numero è qualcosa di fisico o psichico? • Se non si trova negli oggetti reali, l’origine del numero deve trovarsi in un atto psichico. Ma allora riflettendo su questo atto dovrei trovare il numero come concetto. Ma il concetto del collegare esprime il significato essenziale di 1-2-3 etc.? Oppure nel collegare si trovano già come suoi contenuti 1-2-3 etc.? • Husserl è insoddisfatto della sua spiegazione. A questo punto interviene la critica di Frege alla sua Filosofia dell’aritmetica

  10. La critica di FREGE Friedrich Ludwig Gottlob Frege ( 1848 – 1925) grande matematico, logico e filosofo tedesco rileva che Husserl ha una concezione ingenua del numero giacché “una descrizione dei processi mentali che precedono l’enunciazione di un giudizio numerico non può mai, anche se esatta, sostituire una vera determinazione del concetto di numero. Non potremo mai invocarla per la dimostrazione di qualche teorema, né apprenderemo da essa alcuna proprietà dei numeri. La psicologia ci restituisce giudizi di fatto, mentre la matematica tratta giudizi universali e oggettivi.

  11. IL NUMERO • Il numero deriva dall’atto psichico del “collegare assieme”, cioè della creazione di un aggregato di oggetti con cui la nostra coscienza li “intende assieme” o li comprende in uno a prescindere dai loro caratteri peculiari. Esso non si trova negli oggetti reali, ma nella mente che forma l’aggregato.

  12. TUTTAVIA • Se io enuncio il giudizio 2+2=4, poi lo fa un’altra persona (un bambino), poi un’altra ancora, abbiamo tre stati mentali differenti, tre atti differenti diversi da persona a persona, ma un’unica “verità” che non cambia a seconda che al risultato si sia giunti attraverso il pallottoliere o con un veloce calcolo mentale. Capire come si arriva mentalmente, quali siano i processi psichici che sono coinvolti nel contare e nel fare operazioni con i numeri non serve a nulla per giustificare il fatto che 2+2=4 oppure che il quadrato costruito sull’ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati costruiti sui cateti. Queste verità sono tali sia che io le capisca, sia che non le capisca, sia che io le colga subito sia che mi serva del tempo.

  13. Oltre lo psicologismo Accogliendo la critica di Frege e approfondendo le analisi di Bolzano, Husserl si forma la convinzione che le leggi logiche sono rigorosamente universali e necessarie e non possono dipendere da leggi psicologiche, le quali, essendo generalizzazioni ottenute per induzione, non sono affatto necessarie. I fatti di coscienza appaiono e scompaiono, mentre la verità è eterna, cioè è un’idea sovratemporale. Per es. tale è il principio di non-contraddizione, la cui validità non dipende dal sentimento di certezza che accompagna la sua formulazione: piuttosto è la sua verità apodittica a generare questo sentimento.

  14. Oggetto id. Oggetti ideali • I numeri, arriva così a dire Husserl, non appartengono al mondo fisico, ma nemmeno a quello psichico, così come tutti i concetti formali della logica. Essi non sono oggetti reali, concreti ed esterni, ma oggetti ideali, cioè contenuti astratti della coscienza: io realtà

  15. Oggetti ideali 2 • Gli oggetti ideali, come i numeri e le proposizioni logiche, non sono né atti psichici, né oggetti fisici (mutevoli, diversi a seconda dello spazio e del tempo) ma sono contenuti della ragione, cioè oggetti attraverso cui le cose sono pensabili, ma che non prendono parte alla modificabilità e al divenire delle cose esistenti. Attraverso la proposizione 2+2=4 posso indicare la somma di due gruppi di due oggetti, qualunque sia il loro stato e la loro condizione, a prescindere dalla loro concretezza fattuale e al fatto che questi nel tempo possono deteriorarsi o cambiare di aspetto. Tale proposizione sarà valida per qualunque somma di due gruppi di due oggetti in eterno.

  16. Le Ricerche logiche(1900-1901: 1° vol.: Prolegomeni ad una logica pura; 2° vol.: Sei ricerche sulla fenomenologia e la teoria della conoscenza) • Dopo avere definito i numeri e le proposizioni della logica, Husserl vuole approfondire i suoi fondamenti al fine di costruire una dottrina della scienza, cioè di dare rigore a tutte le scienze. Queste ultime sono ciascuna un corpo di proposizioni vere collegate in unità sistematiche tramite connessioni inferenziali tra i loro contenuti.

  17. La logica e le scienze • La logica stabilisce le regole a priori per le quali i nessi tra i concetti della scienza sono da ritenersi veri (p. es. se un corpo è esteso non può ritenersi al tempo stesso inesteso per il principio di non contraddizione). Cercare la verità della scienza in base ai suoi principi logici supremi ci consente di essere più consapevoli del suo valore di verità a prescindere dalla maestria con cui noi manipoliamo i dati empirici e costruiamo teorie esatte.

  18. L’idea di una logica pura La logica, come disciplina sganciata dai dati di fatto, determina le condizioni ideali di possibilità di una scienza intesa come teoria. In generale nella conoscenza vi è • Un aspetto reale: il darsi di fatto degli atti psichici • Un aspetto ideale, in cui bisogna prescindere dai dati psichici per giungere ad una conoscenza valida in modo universale e necessario

  19. Aspetti noetici e puramente logici della conoscenza • Sono chiamate NOETICHE quelle capacità di comprendere proposizioni vere e deduzioni che il soggetto possiede (non puramente reali come l’avere un cervello, ma in qualche modo ideali come proprietà della soggettività pensante sebbene ancora legate ad una dimensione psichicamente fattuale) . • Sono PURAMENTE LOGICHE le proposizioni vere stesse che non si basano sul soggetto ma sulla verità in sé del contenuto della conoscenza

  20. La verità è ciò che è • Riguardo al secondo aspetto, Husserl dice che i principi sono ciò che sono, sia che li comprendiamo o no. Non dipende da noi la loro validità, ma dalla loro validità dipende il fatto che noi li comprendiamo. ESSI SONO LE CONDIZIONI OBIETTIVE IDEALI DELLA POSSIBILITÀ DI CONOSCENZA La logica si occupa di queste condizioni come di contenuti non empirici ma formali.

  21. Tre tipi di contenuti • Quelli primitivi – verità, concetto, proposizione, inferenza, premessa, conseguenza etc. • Quelli corrispondenti ai concetti che indicano le diverse modalità in cui si presenta un contenuto logico – oggetto, stato di cose, unità, pluralità, relazione, connessione etc. • Quelli relativi alle forme connettive elementari con cui i concetti primitivi possono collegarsi fra loro: soggetto-predicato; congiunzione-disgiunzione; ipotesi etc.

  22. Come si conoscono questi oggetti? • Questi concetti, oggetto di conoscenza valida, vengono PRESENTIFICATI nel soggetto come ESSENZE in un processo che viene da H. chiamato IDEAZIONE ADEGUATA E vanno così a formare lo scheletro logico delle scienze (dimodoché la logica risulta essere la scienza di tutte le scienze)

  23. La connessione tra gli oggetti ideali e gli atti psichici • Nel secondo volume delle Ricerche logiche è studiato il rapporto fra le essenze ideali degli oggetti logici e i dati di fatto psichici e reali. IL MEDIATORE TRA I DUE è IL LINGUAGGIO L’essenza, cioè l’oggetto logico, è colto e si manifesta nell’espressione linguistica

  24. Il linguaggio • Il linguaggio si configura come una serie di segni, nati dai rapporti sociali, che è convenzionalmente correlata a determinati significati. Le espressioni del linguaggio possono perdere nella comunicazione la loro univocità e diventare equivoche (p. es. con la parola calcio posso intendere sia il gioco, sia l’elemento chimico) e il linguaggio può alludere, quando si comunica, non al suo significato proprio, quanto allo stato d’animo del parlante (quando si parla a suocera perché nuora intenda, per es.). Quindi per utilizzare il linguaggio in un senso propriamente conoscitivo è necessario depurarlo dalle incrostazioni nate dalla comunicazione e dalla sua equivocità, per limitarlo alla sua funzione ESPRESSIVA che riguarda ciò che esso significa, cioè il puro contenuto logico di cui si può affermare la verità o falsità. • Tramite questa operazione si passa propriamente da dati di fatto psichici a contenuti logici ideali

  25. Fenomenologia dei vissuti Ciò che ci consente di descrivere le esperienze specifiche in cui vengono colti i contenuti logici e in cui li si esprime linguisticamente in concetti e significati è una FENOMENOLOGIA DEI VISSUTI Ossia un’indagine su ciò che io vivo, sull’oggetto di un mio vissuto che mi si offre alla riflessione e in quanto mi si offre è FENOMENO

  26. Il vissuto fondamentale: la visione dell’essenza • E’ quello dell’intuizione categoriale o visione/intuizione dell’essenza. Vi sono due tipi di intuizione: • Sensibile – ha struttura semplice e si identifica con la percezione sensibile come atto psichico RIVOLTO alla cosa esterna che ci appare in un sol colpo non appena su di essa cade il mio sguardo – p. es. (1) questo rosso che io vedo qui ed ora e che scompare se giro lo sguardo; p. es. (2) il libro sopra un tavolo • Categoriale: ha struttura complessa e si fonda sulla percezione sensibile COGLIENDONE LA STRUTTURA ESSENZIALE O IDEALE – p. es. (1) il rosso universale come essenza del colore rosso; p. es. (2) l’essere sopra del libro rispetto al tavolo come struttura logica di tutto ciò che è sopra qualcos’altro. La prima riguarda un oggetto esterno, la seconda riguarda …

  27. L’intuizione categoriale o visione d’essenza • … LA MESSA IN FORMA LOGICA della percezione sensibile come strutturazione OGGETTIVA di ciò che è primariamente esperito. In tal modo, a motivo di questo processo di derivazione del categoriale dal sensibile, i contenuti raggiunti possono riapplicarsi al sensibile, determinando al tempo stesso la condizione ideale della scienza

  28. Kant e Husserl • Quest’idea di un elemento categoriale che si applica al sensibile è del tutto simile alle operazioni kantiane dell’intelletto sulla sensibilità tuttavia, dice Husserl, non vi è un intelletto puro – completamente separato dalla sensibilità – ma un intelletto in cui l’oggetto della percezione sensibile è un correlato intenzionale necessario che permette la strutturazione logica dei dati sensibili

  29. Kant e Husserl 2 • Ciò significa che non esiste un’intuizione sensibile che mi presenta dei dati assolutamente scollegati fra loro ai quali io applico una categoria (per esempio una tavolo e il colore giallo ai quali applico la categoria “essere” arrivando a dire “il tavolo è giallo”), ma che già nell’intuizione sensibile emerge una strutturazione logica del fenomeno in quanto esso mi presenta, rispetto al mio campo percettivo pieno di oggetti, l’emergere di un oggetto che si differenzia dagli altri (il tavolo) e l’appartenenza del colore giallo a questo oggetto. Il giudizio logico semplicemente esplicita queste relazioni scegliendole tra le altre che si presentano nelle mie possibilità di conoscenza, e dà loro la forma logica del giudizio S è P.

  30. Il carattere specifico della logica • E’ quello di essere un atto puramente categoriale, nel senso che essa prescinde dai contenuti sensibili, che sono arbitrariamente sostituiti da simboli algebrici (il tavolo è giallo con S è P). A questo punto l’intuizione appare puramente categoriale, cioè sembra offrire contenuti di pensiero assolutamente disgiunti dalla sensibilità cui essi si riferiscono, anche se in fondo ogni contenuto logico si desume dall’autostrutturazione logica dei materiali sensibili

  31. Kant e Husserl • Le differenze sensibilità sussunzione intelletto Percez sens coscienza intenzionalità Intuiz categoriale

  32. il vissuto intuitivo È : • SIA ciò che si identifica con il contenuto dell’intuizione categoriale (cioè la cosa stessa - Zu den Sachen selbst – alle cose stesse, è motto dell’intera fenomenologia) • SIA l’atto del vivere la conoscenza, cioè l’atto conoscitivo in sé

  33. Dall’oggetto al soggetto • Come questo “in sé della datità logica giunge ad apprensione nella conoscenza, ridiventando così “soggettivo”? • Indagando questo problema si passa propriamente dalla logica alla fenomenologia • Che studia la datità non solo dei vissuti della logica MA DI QUELLI DI QUALUNQUE OGGETTO

  34. L’intenzionalità • L’analisi di ciò che è soggettivo nella conoscenza, cioè della coscienza, porta con sé lo studio dell’intenzionalità • La coscienza è da identificarsi con il vissuto intenzionale, cioè quel vissuto che si riferisce ad un oggetto secondo qualche modalità: nei vissuti intenzionali • Un oggetto è inteso – vi è un tendere ad esso nella modalità della rappresentazione. Del giudizio, del desiderio etc.

  35. Il rapporto intenzionale • Non è dato dalla coesistenza di due cose separate (io e oggetto) che poi entrerebbero in relazione MA È un fenomeno unitario: se la coscienza vive il riferimento intenzionale ad un oggetto, CON CIÒ STESSO l’oggetto si rende intenzionalmente presente

  36. Intenzionalità come fenomeno unitario • Dunque l’intenzionalità è quel fenomeno unitario – né fisico né psichico, ma trascendentale - per il quale la coscienza è sempre in riferimento a qualcos’altro da sé. • L’atto intenzionale non si dirige su ciò che è REALMENTE il contenuto proprio, bensì al suo SIGNIFICATO. • Siamo nell’ambito in cui abbiamo a che fare ancora con oggetti del pensiero, con oggetti, ma solo in quanto sentiti e pensati, non in quanto oggetti esterni. • Tutto ciò che abbiamo detto (sensibilità, intuizione categoriale etc.) riguarda l’esperienza, ciò che la coscienza vive, non essendo posto ancora il problema della corrispondenza tra ciò che la coscienza vive e la realtà esterna alla coscienza

  37. Qualità e materia • Nel vissuto si distinguono • Qualità: a seconda che si tratti di ricordo, dubbio, desiderio o rappresentazione • Materia: il contenuto e il significato ideale dell’oggetto cui si riferiscono il ricordo, il dubbio o la rappresentazione

  38. La fenomenologia pura o trascendentale • L’interpretazione del concetto di vissuto fin qui data da H. non sembra rigorosamente distinta da ciò che dall’inizio ha individuato negli atti psichici soggettivi. Nelle IDEE PER UNA FENOMENOLOGIA PURA E UNA FILOSOFIA FENOMENOLOGICA (1913) Egli cerca di risolvere questo problema

  39. Una teoria della conoscenza diversa dalla psicologia • Si tratta di andare oltre tutti i residui psicologistici e trovare una facoltà universale e necessaria che ci parli non del conoscere di Tizio o Caio ma del conoscere in sé: non un dato di fatto ma un essenza. La fenomenologia è scienza di tali essenze che, certo, parte da fenomeni reali MA RIDOTTI TRASCENDENTALMENTE

  40. Riduzione eidetica • Riprendendo le ricerche logiche, la prima parte delle Idee (primo volume) rielabora il discorso sull’intuizione categoriale. Essa avviene per riduzione eidetica che permette la “trasformazione” dell’intuizione sensibile in un vedere “eidetico” attraverso quella che H. chiama variazione eidetica.

  41. La variazione eidetica • Parlando di variazione eidetica H. non fa altro che rielaborare la dottrina dell’intuizione categoriale delle Ricerche logiche. Quest’ultima è visione di essenze nella loro forma logica e invariabile. Allo stesso modo la variazione eidetica ci permette di giungere alla struttura invariante di un fenomeno, cioè a quanto appartiene per essenza a quel fenomeno a prescindere dai vari modi in cui esso di volta in volta ci si presenta.

  42. Variazione eidetica • Esempio di un processo di variazione eidetica: • Voglio individuare l’essenza del SUONO: Riproduco la percezione di un suono in condizioni diverse di esperibilità per trovare ciò che, se venisse meno, determinerebbe il venir meno del percepito stesso, cioè del suono in quanto tale (p.es. la durata in questo caso fa parte dell’essenza del suono).

  43. E il soggetto? • I vissuti così esperiti – CIOÈ I FENOMENI NELLA LORO ESSENZA - rimangono vissuti di una coscienza umana empirica e quindi condizionata da tutto ciò che di fatto influenza l’uomo in quanto ente naturale e psichico. • Sono sempre io in quanto soggetto empirico, reale, qui ed ora, che vivo e percepisco un fenomeno. La mia stessa coscienza è un evento come tutti gli altri, rimane “qualcosa” che potrebbe non esserci cioè non ha i caratteri di indubitabilità e certezza che sono richiesti ad una conoscenza vera e certissima

  44. La riduzione trascendentale • Per superare questa condizionatezza è necessaria una RIDUZIONE TRASCENDENTALE per giungere alla coscienza come fenomeno IRREALE O TRASCENDENTALE O IDEALE

  45. epoché • Ciò avviene attraverso l’epoché fenomenologica che consiste in una SOSPENSIONE O MESSA FRA PARENTESI DELL’ATTEGGIAMENTO NATURALE (tesi naturale) il quale dà per scontati un mondo esistente di cose, di beni e di valori, cioè l’intera realtà esterna alla coscienza ed anche la coscienza come fatto empirico (tutto insomma: sia io sia il mondo potremmo non esistere)

  46. Messa fra parentesi • L’epoché mette tra parentesi tutto quanto trascende la coscienza e anche l’idea “naturale” che la coscienza sia un fatto psichico. (non che il mondo smetta di esistere, ma tutto quanto costituisce il presupposto del mio rapporto con il mondo mi obbligo a non usarlo nella mia riflessione sulla conoscenza)

  47. dubbio • Quindi per me tutto ciò che costituisce la realtà esterna è soggetto a dubbio. Ma dunque dubitando di tutto il mondo dubito anche della mia esistenza empirica.

  48. Residuo fenomenologico • Ciò che rimane dopo il dubbio è il fatto che dubito: tutto può essere incerto, ma non la coscienza che dubita (e dubitando dubita sempre di qualcosa: intenzionalità). Dunque la riduzione trascendentale elimina tutto ma lascia un residuo: qualcosa rimane e ciò che rimane è la coscienza che si rivolge a qualcosa, che compie un atto. Tale coscienza è un puro sguardo meditante che si rivolge al mondo

  49. Coscienza e psiche • Dopo l’epoché la coscienza deve apparire ESCLUSIVAMENTE come un lato del rapporto conoscitivo senza una connotazione reale. • Essa non corrisponde alla mia o alla tua psiche e agli atti singoli che la psiche compie, ma con la forma del pensare in sé, con la capacità trascendentale - cioè relativa al pensare a prescindere da chi concretamente pensa - di conoscere intenzionalmente oggetti.

  50. Coscienza e psiche • Husserl avverte che la riduzione cartesiana altro non fu che una riduzione psicologica, in quanto frutto di una semplice introspezione. Il vero passo in avanti, secondo Husserl, sarà l'attuazione della riduzione fenomenologica trascendentale. «Se io mi attengo puramente a ciò che capita al mio sguardo meditante, mediante la libera epoché rivolta all'essere del mondo dell'esperienza, è allora un fatto significativo che io con il mio vivere rimango intatto nel mio valore di essere, comunque stia poi la cosa riguardo all'essere e al non-essere del mondo o comunque io mi possa decidere al riguardo. • Quest‘ io che mi rimane necessariamente in virtù di tale epoché e la vita dell'io [sein Ich-leben] non costituiscono un pezzo del mondo, sicché dire "io sono, ego cogito" voglia dire: io, quest'uomo qui, sono. Nè, di più, io sono colui il quale si ritrova nell'esperienza naturale di sé come uomo; io non sono l'uomo che si trova nella limitazione astrattiva al puro stato interiore dell'esperienza di sé puramente psicologica e che scopre la sua propria e pura mens sive animus sive intellectus, non sono nemmeno un'anima che coglie se stessa separatamente.» • Qui Husserl precisa ancora che gli esseri umani, percepiti alla maniera di Cartesio, non sono che gli oggetti delle scienze, dalla biologia all'antropologia, non esclusa la psicologia. Al contrario, l'epoché esclude totalmente il mondo dal dominio del giudizio. La riduzione trascendentale "attinge" "il suo senso intero ed il suo valor d'essere, quello che esso ha per me, da me in quanto io trascendentale". (Meditazioni cartesiane -1931)

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