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Lucio Anneo Seneca

Lucio Anneo Seneca. Proposta per la schematizzazione di una unità didattica per autore con il contributo di sussidi in rete. Destinatari: Classe V B Liceo scientifico statale “Medi” (Villafranca di Verona)

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Lucio Anneo Seneca

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Presentation Transcript


  1. Lucio Anneo Seneca Proposta per la schematizzazione di una unità didattica per autore con il contributo di sussidi in rete. Destinatari: Classe V B Liceo scientifico statale “Medi” (Villafranca di Verona) Relatore: Maria Giulia Poggi Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  2. Introduzione • Scopo dell’unità didattica presentata con l’ausilio del Programma PowerPoint è mostrare un possibile utilizzo degli strumenti informatici nella didattica del latino. • La seguente presentazione potrà essere utilizzata come modello non solo per la preparazione di simili U.D. da parte dei docenti, ma anche per la preparazione di una tesina multimediale per l’Esame di Stato da parte degli studenti. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  3. Sviluppo dell’Unità Didattica • 1. Vita e opere • 1a. I Dialogi e la saggezza stoica • 1b. La pratica quotidiana della filosofia: le lettere a Lucilio • 1c. Le tragedie • 2. Lo stile di Seneca • 3. Approfondimento: L’Apokolokyntosis Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  4. Vita e opere VITA. • S. nacque a Cordova (nella Spagna Betica) da una famiglia del rango equestre che aveva per costume l'attività dell'intelletto (figlio di S. il Vecchio). Venne presto a Roma dove si dedicò agli studi filosofici (suoi maestri lo stoico Attalo e P. Fabiano). Nella carriera forense rivelò straordinarie qualità oratorie e, ottenuta la questura, entrò nel senato dove la sua eloquenza durante il regno di Caligola gli valse il senato e gli accrebbe onori, reputazioni e pericoli. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  5. Vita e opere • Tuttavia, nel 41 la principessa Giulia Livilla, sorella di Caligola, venne accusata dalla gelosa Messalina, e la rovina della principessa travolse anche S. (non si sa per quali pretesti di complicità): fu relegato nella solitudine aspra della Corsica e soltanto nel 49, dopo 8 anni di esilio, per intercessione di Agrippina, nuova imperatrice, poteva tornare a Roma come maestro del giovane Nerone, divenuto, per l'adozione di Claudio, il designato successore dell'impero. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  6. Vita e opere • Nell’ott. 54, Claudio (zio di Caligola, principato dal 41 al 54) muore avvelenato (pare da Agrippina) e Nerone sale al trono. Dunque morto Claudio, S. restò il più autorevole e ascoltato consigliere del principe, e pur senza assumere cariche pubbliche, fu in realtà il vero regolatore della politica imperiale (molti atti del principato neroniano per circa 7 anni fanno sentire il nobile e benefico influsso di S.: è il cosiddetto periodo del "buon governo"). Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  7. Vita e opere • Ma Nerone volle forzare ben presto le tappe verso un governo autocratico: ne pagarono le conseguenze Britannico, la stessa Agrippina e S. appunto, il quale – dopo la morte del prefetto del pretorio Afranio Burro (62) – pensò bene di ritirarsi a vita privata e di dedicarsi completamente alla meditazione. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  8. Vita e opere • Ma il destino era segnato: nel 65 fu scoperta la congiura contro Nerone che aveva a capo un grande signore romano, Calpurnio Pisone. La congiura comprendeva personaggi civili e militari e ufficiali delle milizie pretoriane. Non si sa quanto sia stata fondata l'accusa di complicità nei riguardi di S., ma Nerone colse con gioia l'occasione di sbarazzarsi del suo vecchio e odioso consigliere. S., ricevuto l'ordine di morire, dimostrò effettivamente nel suo ultimo giorno di saper sfidare quella morte che egli aveva dichiarato di attendere con serenità in tutti i giorni della sua vita. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  9. Vita e opere OPERE: TEMI E CONSIDERAZIONI. • Ben poche fra le opere senecane rimaste sono databili con sicurezza, sicché è difficile cercare di seguire un eventuale sviluppo del suo pensiero. Il genere della consolatio si costituisce attorno a un repertorio di temi morali che fondano gran parte della riflessione filosofica di Seneca: la fugacità del tempo, la precarietà della vita e la morte come destino ineluttabile dell'uomo. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  10. Vita e opere • Molte opere filosofiche di S. sono state raccolte, dopo la sua morte, in 12 libri di "Dialogi" su questioni etiche e filosofiche: insomma, scritti morali, confidenze e dichiarazioni dello scrittore al personaggio a cui ogni scritto è dedicato. Le singole opere costituiscono, così, piuttosto che dialoghi in senso stretto, vere e proprie trattazioni autonome di aspetti o problemi particolari di etica, in un quadro generale ch’è quello essenzialmente di un eclettismo di propensione stoica (scuola di mezzo"): Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  11. Vita e opere • "De providentia" (62 d.C.?): vi si espone la tesi (opposta a quella epicurea), che tende a giustificare la constatazione di una sorte che sembra spesso premiare i malvagi e punire gli onesti: ma è solo la volontà divina che vuole mettere alla prova i buoni ed attestarne la virtù. Il sapiens stoico realizza la sua natura razionale nel riconoscere il posto che il logos gli ha assegnato nell'ordine cosmico, accettandolo serenamente. • "De brevitate vitae": vi sono trattati i temi del tempo, della sua fugacità e dell'apparente brevità della vita: la condizione umana ci sembra tale solo perché noi non sappiamo afferrare l'essenza della vita, e la disperdiamo in occupazioni futili. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  12. Vita e opere • "De ira libri III" (41 d.C.?): sono una sorta di fenomenologia delle passioni umane, poiché analizzano i meccanismi di origine e i modi per inibirle e controllarle. • "De consolatione" (posteriore al 37 d.C.). • "De vita beata" (58 d.C.?): esamina il problema della ricchezza e dei piaceri (nei quali non si trova l'essenza della felicità), ma se è vero che il saggio sa vivere secondo natura, saggezza e ricchezza non sono necessariamente antitetiche ("nessuno ha condannato la saggezza alla povertà"): l'importante non è non possedere ricchezze, ma non farsi possedere da esse. Così, S. legittima l'uso della ricchezza se questa si rivela funzionale alla ricerca della virtù. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  13. Vita e opere • "De costantia sapientis", • "De otio  (62 d.C. ?), • "De tranquillitate animi" (62 d.C.?): in questa trilogia, dedicata all'amico Sereno, S. cerca una mediazione tra l'otium contemplativo e l'impegno del civis romano, suggerendo una posizione intermedia tra neoteroi (Catullo) e Cicerone. Il comportamento dell'intellettuale deve essere rapportato alle condizioni politiche, ma la scelta di una vita totalmente appartata può essere resa necessaria da una grave posizione politica, che non lascia al saggio altro che rifugiarsi nella solitudine contemplativa. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  14. Vita e opere • In effetti, più specificamente, questo è il tema del secondo dei dialoghi, mentre il primo esalta l'imperturbabilità del saggio stoico di fronte alle ingiurie e alle avversità e il terzo affronta il problema della partecipazione del saggio alla vita politica. A tutti e tre i dialoghi, però, comune è l'obiettivo da seguire: quello, cioè, della serenità d'animo capace di giovare agli altri, se non con l'impegno pubblico, almeno con l'esempio e con la parola. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  15. Vita e opere Sempre di filosofia trattano: • "De beneficiis" (7 libri): si parla della natura e delle varie modalità degli atti di beneficenza, dei legami tra benefattore e beneficiato e dei doveri che ne conseguono (si sospetta, qui, una velata allusione al comportamento di Nerone). In pratica, quest’opera è un appello ai doveri della filantropia e della liberalità, nell'intento di instaurare rapporti sociali più umani e cordiali: si configura quindi come risposta alternativa al fallimento del progetto di una monarchia illuminata. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  16. Vita e opere • "De clementia", 3 libri dedicati a Nerone: riguarda l'amministrazione della giustizia e il governo dello stato; è, cioè, un'indicazione al giovane imperatore per un programma politico di equità e moderazione (S. non mette, però, in discussione le forme apertamente monarchiche del governo). Il problema è in sostanza quello di avere un buon sovrano, che in un regime di potere assoluto potrà far leva soltanto sulla sua stessa coscienza per non far sfociare nella tirannide il proprio governo. La clemenza è la virtù che dovrà informare i suoi rapporti con i sudditi, solo con essa sarà in grado di ottenere la loro benevolenza e il loro appoggio. E' evidente in una concezione di principato illuminato l'importanza che acquista l'educazione del principe, e più in generale la funzione della filosofia come garante e ispiratrice della direzione politica dello stato. Alla filosofia spetta dunque il ruolo di promuovere la formazione morale del sovrano e dell'élite politica. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  17. Vita e opere • Tra i dialogi abbiamo due lettere (ad Helviam matrem e ad Polybium, un liberto di Claudio) basate sul genere della consolazione, ripreso dall'antica Grecia, che indaga su temi morali e sulla precarietà della vita o sulla morte come destino. In particolare, la lettera a Polibio si rivela un tentativo di adulare l'imperatore, e per questo S. viene accusato anche di opportunismo. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  18. Vita e opere Quindi abbiamo: • 124 "Epistulae morales ad Lucilium" (20 libri, composte negli ultimi anni di vita): S. vi riassume la sua filosofia e la sua esperienza, la sua saggezza e il suo dolore: vi sono insomma esposti i caratteri della filosofia stoica, spesso avvicinandosi alla tradizione diatribica. L'opera ci è giunta incompleta e si può datare al periodo del disimpegno politico (62). Lo spunto per la composizione di queste lettere sarà venuto probabilmente a S. da Platone e da Epicureo: in ogni caso, egli mostra la consapevolezza di introdurre nella cultura letteraria latina un genere nuovo, distinto dalla tradizione più illustre rappresentata da Cicerone. Il modello cui egli intende uniformarsi è Epicuro, colui che nelle lettere agli amici ha saputo arrivare ad un alto grado di formazione e di educazione spirituale. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  19. Vita e opere • Se si tratti di un epistolario reale o fittizio è questione dibattuta; fatto sta che S. è convinto che lo scambio di lettere permetta di ottenere un'unione con l'amico che, fornendo direttamente un esempio di vita, si rivela più efficace di un insegnamento dottrinale. La lettera è maggiormente vicina alla vita reale e permette di proporre ogni volta un nuovo tema: S. utilizza la lettera come strumento ideale soprattutto per la prima fase della direzione spirituale (di curvatura profondamente aristocratica), fondata sull'acquisizione di alcuni principi basilari. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  20. Vita e opere • Inoltre, il genere epistolare si rivela appropriato ad accogliere un tipo di filosofia, come quella dell’autore, priva di sistematicità e incline soprattutto alla trattazione di aspetti parziali o singoli temi etici (si dice, di questa forma, "parenetica"). Col tono pacato di chi non si atteggia a maestro severo ma ricerca egli stesso la sapientia, e attraverso un vero e proprio colloquium, S. propone l'ideale di una vita indirizzata al raccoglimento e alla meditazione, ad un perfezionamento interiore mediante un'attenta riflessione sulle debolezze e i vizi propri e altrui. Il distacco dal mondo e dalle passioni che lo agitano si accentua, nelle Epistole, parallelamente al fascino della vita appartata e all'assurgere dell'ozio a valore supremo: un ozio che non è inerzia, ma alacre ricerca del bene. • La progressività del processo di formazione, così, non a caso si rispecchia in quella della forma: le singole lettere, man mano che l’epistolario procede, tendono ad assimilarsi al trattato filosofico. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  21. Vita e opere Di carattere scientifico sono • i 7 libri delle "Naturales quaestiones", dedicati a Lucilio: trattati scientifici nei quali S. analizza i fenomeni atmosferici e celesti, dai temporali ai terremoti alle comete. L’interesse dell’autore per le scienze – ritenute parte integrante della filosofia – non è "gratuito", ma è legato ad una profonda istanza morale: quella di liberare gli uomini da vani e superstiziosi terrori. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  22. Vita e opere Ci sono poi: • 9 tragedie cothurnatae, cioè di argomento (mitologico) greco: Hercules furens, Troades, Phoenissae, Medea, Phaedra, Oedipus, Agamemnon, Thyestes, HerculesOetus. • Molto poco si sa sulle tragedie di S.: tuttavia, sono le uniche tragedie latine a esserci pervenute in forma non frammentaria, e inoltre sono molto importanti anche come documento della ripresa del teatro latino tragico: esse, infatti, rappresentano il punto di arrivo, ai limiti dell’espressionismo verbale, della "tragedia retorica". Tuttavia, appunto la scarsità di notizie esterne sulle tragedie senecane non ci permette di sapere nulla di certo sulle modalità della loro rappresentazione: non è da escludere l'ipotesi che fossero tragedie destinate soprattutto alla lettura in pubblico, in cui quindi l’azione drammatica è sostituita dalla declamazione dei sentimenti (fine e profonda ne è la psicologia) e dalla sottigliezza del dialogo sofistico. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  23. Vita e opere • Quelle ritenute autentiche sono, come detto, nove cothurnatae: sul modello dell'autore greco Euripide abbiamo, ad es., le Phoenissae, che narra del tragico destino di Èdipo e dell'odio che divide i suoi due figli Etèocle e Polinice. Il mito tebano di Èdipo è presente anche nell'Oedipus: causa inconsapevole dell'uccisione del padre, alla scoperta di ciò il protagonista si acceca. Nel Thyestes si narra della vendetta di Átreo, che animato Tuttavia, il rapporto con i modelli greci è abbastanza da odio mortale per il fratello Tieste (gli ha sedotto la sposa), lo invita a un finto banchetto di riconciliazione in cui imbandisce al fratello ignaro le carni dei figli. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  24. Vita e opere • conflittuale: se da una parte S. sente la necessità di una ferrea autonomia, dall'altra ha sempre in mente i modelli greci. Il linguaggio poetico delle tragedie ha la sua base, poi, nella poesia augustea, dalla quale l’autore mutua anche le raffinate forme metriche, come i metri lirici oraziani usati negli intermezzi corali. Le tracce della tragedia latina arcaica si avvertono, invece, soprattutto nel gusto del pathos, e spesso l'esasperazione della tensione drammatica è ottenuta mediante l'introduzione di lunghe disgressioni, che alterano i tempi dello sviluppo inserendosi nella tendenza a isolare singole scene come quadri autonomi. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  25. Vita e opere • Sul filone delle tragedie di età giulio-claudia è infine evidente la generalizzata ispirazione antitirannica. • Le tragedie sono sempre alimentate dalla filosofia e dalla dottrina stoica dell'autore, i cui tratti fondamentali sono illustrati sotto forma di exempla nelle opere: le vicende si configurano infatti come conflitti di forze contrastanti, soprattutto all'interno dell'animo, nell'opposizione tra mens bona e furor, la ragione e la passione. Questo, tuttavia, è da considerarsi più che altro come substratum delle tragedie, sia perché abbiamo ben presenti le esigenze letterarie del tempo, sia perché nella tragedia di Seneca il logos si rivela incapace di frenare le passioni e di arginare, quindi, il male. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  26. Vita e opere • Nascono perciò toni cupi e atroci, scenarî d'orrori e di forze maligne, in una lotta tra il bene e il male che oltre ad avere dimensione individuale, all'interno della psiche umana, assume un aspetto più universale. Ad es., la figura del tiranno sanguinario è quella in cui si manifesta più spesso il male, tormentato com'è dalla paura e dall'angoscia, nel suo eterno problema del potere. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  27. Vita e opere • A parte va considerata l'Octavia, una commedia praetexta (cioè di argomento romano, e l’unica rimastaci della letteratura latina), ove si rappresenta la sorte di Ottavia, la prima moglie di Nerone e da lui ripudiata e fatta uccidere. Il fatto però che venga preannunciata in maniera troppo corrispondente alla realtà la morte di Nerone, lascia trasparire forti dubbi sulla paternità della tragedia (S., che vi compare peraltro come protagonista, morì prima di Nerone), attribuita invece dalla tradizione manoscritta, data l’affinità stilistica con le precedenti tragedie. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  28. Vita e opere • l' "Apokolokýntosis" o "Ludus de morte Claudii", una satira menippea sull'apoteosi dell'imperatore: Il componimento narra appunto la morte di Claudio e la sua ascesa all'Olimpo nella vana pretesa di essere assunto fra gli dei, i quali invece lo condannano agli inferi dove finisce schiavo del nipote Caligola e del liberto Menandro: una sorta di contrappasso dantesco per chi, durante il suo impero, ha riempito di liberti il governo romano. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  29. Vita e opere • Si tratta, evidentemente, di una satira, che assume spesso toni parodisticamente solenni, aspetti coloriti e situazioni fortemente ironiche a scapito del poco amato imperatore Claudio (è la tipica opposizione stoica al potere arbitrario ed incontrollato), mentre con gioia viene salutato l’avvento al potere di Nerone. Apokolokýntosis è il titolo greco dell'opera e significherebbe "deificazione di una zucca", con evidente riferimento alla fama poco simpatica che si era fatto Claudio. Un'opera simile contrasta però con la laudatio funebris dell'imperatore morte presentata dallo stesso S. a Nerone, e fa nascere qualche dubbio sulla sua autenticità. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  30. Vita e opere • Si attribuisce infine a S. una raccolta di ca 70 epigrammi, di cui tuttavia solo 3 vanno sotto il suo nome; sicuramente apocrifa è, invece, la corrispondenza con San Paolo. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  31. Vita e opere CONSIDERAZIONI SULLO STILE.  • Se il fine della filosofia è giovare al perfezionamento interiore, il filosofo dovrà badare all'utilità delle parole, e non alla loro elaboratezza. S. rifiuta la compatta architettura classica del periodo ciceroniano, che nella sua disposizione organizzava anche la gerarchia interna, e dà vita a uno stile eminentemente paratattico, che frantuma l'impianto del pensiero in un susseguirsi di frasi aguzze, il cui collegamento è affidato soprattutto all'antitesi e alla ripetizione: continua è la ricerca dell’effetto, dell’espressione appunto epigrammatica, quasi a voler riprodurre il "sermo familiaris", e il tono oscilla ben volentieri tra quello di una rigorosa analisi interiore e quello di una sapiente predica ad intelligenti ascoltatori. S., insomma, fa uso di questo stile (che affonda le sue radici nella retorica asiana e nella predicazione cinica) come di una sonda per esplorare i segreti dell'animo umano e le contraddizioni che lo lacerano, ma anche per parlare al cuore degli uomini ed esortare al bene. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  32. Vita e opere: le fontiGli incunaboli AVVERTENZANelle schede è stata conservata la descrizione dell'IGI (Indice generale degli incunaboli delle Biblioteche d'Italia, Roma 1943-1981);per quel che riguarda le intestazioni si è ritenuto invece di modificarle secondo quanto previsto dalle RICA (Regole italiane di catalogazione per autori, Roma 1979), adottando conseguentemente la forma dell'intestazione presente nell'EDIT 16 (Censimento delle edizioni italiane del XVI secolo) oppure nel catalogo in linea di SBN (Servizio Bibliotecario Nazionale Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  33. Vita e opere: le fontiGli incunaboli • SENECA, Lucius AnnaeusOpuscola philosophica, seu: De paupertate, De moribus, De quattuor virtutibus, De remediis fortuitorum, De clementia, De beneficiis, De ira, De mundi gubernatione, De vita beata, De consolatione, De tranquillitate vitae, Quomodo in sapientem non cadit iniuria, De brevitate vitae, De liberalibus studiis, Proverbia, Quaestiones naturales; Epistolae. [Con:] HIERONYMUS (santo), Prologus super epistolis Pauli ad Senecam et Senecae ad Paulum; Vita Senecae; SENECA SENIOR, Declamationes; Suasoriae; Controversiae. [Venezia, Giovanni e Gregorio de' Gregori, dopo il 1492]. 2º, rom.IGI 8871Inc. 7 Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  34. L’Apocolokuntosis LA MATERIA DEL LIBELLO • L'avvenimento eccezionale che l'”anonimo storico” si propone di raccontare ”obiettivamente” è l'ascesa al cielo di Claudio,subito dopo la morte:percorso abituale agl'imperatori romani,per ricevere l'immortalità dagli dei ed essere ammessi tra loro.A dire la verità,la morte di Claudio è stata abbastanza laboriosa,ma alla fine Mercurio,dio truffaldino per eccellenza e quindi suo simpatizzante,intercede per lui presso una delle tre Parche che,dopo qualche esitazione,taglia finalmente il filo della sua vita,ponendo fine alle sue annose sofferenze.A questo punto,il narratore non si lascia sfuggire l'occasione di cantare in esametri la brusca fine di Claudio,in contrapposizione alla vita splendente di Nerone,novello princeps che,con il favore delle Parche e di Apollo,vivrà più di un comune mortale e con il suo regno darà vita ad una nuova età dell'oro. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  35. L’Apocolokuntosis • Dalla visione luminosa degli ultimi versi,dominata dalla figura di Nerone,si passa bruscamente alla fine vergognosa di Claudio,suggellata dalla ultima vox,molto meno gloriosa di quelle con cui gli storici erano soliti porre fine alle vite degli uomini famosi:”Povero me,credo di essermela fatta addosso!”(4,3).Così si chiude la vita terrestre di Claudio e si apre il sipario sugli avvenimenti celesti,preceduti da una nuova dichiarazione d'imparzialità dello storico.L'imperatore dunque arriva in cielo (5,2),ma qui per lui la musica è cambiata:nessuno lo riconosce, nessuno lo ossequia,e anzi l'arrivo di quell'essere deforme,zoppicante,che articola suoni incomprensibili,provoca a prima vista lo smarrimento di Ercole. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  36. L’Apocolokuntosis • E dire che l'eroe,con tutte le sue 12 fatiche,dovrebbe essere abituato a qualsiasi tipo di mostro:almeno così la pensa Giove,che lo manda a chiamare in tutta fretta con il compito di scoprire di che razza di uomo si tratti. Claudio,su richiesta di Ercole,si presenta,ma l'aulico verso dell'Odissea che usa per qualificarsi come re (“Da Ilio portandomi il vento”)induce nel poco “vispo” Ercole l'errata convinzione che l'essere provenga davvero da Troia.Alla fine,per l'intervento di Febbre,l'unica dea che è sempre stata al suo fianco in vita e che lo ha seguito dopo morto,e dopo l'energica apostrofe di Ercole in stile tragico,si riesce a scoprire la sua provenienza dalla Gallia e la ragione della sua presenza lassù. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  37. L’Apocolokuntosis • Dopo una lacuna dei codici,ci troviamo in piena assemblea dei celesti (cap.8):un'anonima divinità se la prende con Ercole per l'irruzione nella Curia con Claudio e conduce una requisitoria contro la divinizzazione dell'imperatore,non identificabile a suo parere con alcun tipo di divinità (stoica, epicurea o altra).Giove fa allontanare dall'aula Claudio che,in quanto privato,non può partecipare all'assemblea.La discussione degli dei si svolge secondo la procedura del Senato romano:viene richiesto ad ogni partecipante il suo parere in merito,e dopo il dibattito si passa alla votazione.Se si eccettua l'intervento di Diespiter (uno degli dei dei fondatori di Roma,più tardi confuso con Iuppiter),appoggiato da Ercole,che propone la divinizzazione perché “ci sia qualcuno che possa divorare rape bollenti insieme a Romolo”(9,5),tutti si esprimono contro l'apoteosi di Claudio: soprattutto Augusto,la cui famiglia è stata “dimezzata” dalle inique sentenze del successore contro i suoi. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  38. L’Apocolokuntosis • Mentre nella Curia celeste si vota l'estradizione dell'imperatore dall'Olimpo,Mercurio lo trascina velocemente giù,agl'Inferi (11,6).Durante la discesa,l'intero popolo romano assiste al solenne funerale,rallegrato da suoni e canti anapestici in “lode” del defunto,che Claudio,non cogliendone la pungente ironia,non si stancherebbe mai di ascoltare (13,1).Ma non c'è tempo da perdere:in un frenetico susseguirsi di azioni Mercurio lo afferra e “in un fiat” lo traduce al cospetto della corte infernale,dove sarà sottoposto al rito giudiziario più veloce tra quanti se ne siano mai svolti sotto la direzione di Claudio (celebre per la sommarietà dei suoi processi):all'avvocato difensore, rimediato inextremis,non viene infatti permesso di parlare (14,2),ed Eaco,sentita una sola delle parti,lo condanna ad essere in eterno schiavo di un liberto,con mansioni di subalterno. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  39. L’Apocolokuntosis LA DATA DELLA COMPOSIZIONE • La data della composizione dell'apokolokuntosis è incerta,come del resto difficilmente databile è la maggior parte della produzione senecana:l'unico terminus post quem (oltre naturalmente la morte di Claudio)è la morte del liberto Narcisso,che troviamo negl'Inferi ad accogliere il padrone (13,2).Sappiamo da Tacito (Annales,XII,66,1)che il potente liberto fu allontanato da Agrippina per poter organizzare l'uccisione dell'imperatore,e costretto al suicidio prima della consecratio di Claudio,quindi verso la fine di ottobre del 54.Nonostante sia morto dopo,Narcisso precede Claudio nell'oltretomba attraverso una “scorciatoia”:in quanto suicida può scendere infatti direttamente nell'Ade,a differenza di Claudio,attardato dai solenni funerali.Quanto al terminus ante quem,l'unico è il 61,anno della distruzione del tempio di Claudio,rammentato come ancora in piedi in 8,3:”Vuol diventare dio:non gli basta avere un tempio in Britannia,e che i barbari lo onorino e lo invochino per ottenere la benevolenza…dello stolto!” Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  40. L’Apocolokuntosis • Qualcuno ritiene che il libello non possa essere anteriore alla morte di Agrippina,a ispirazione della quale Seneca aveva composto la laudatio funebre,piena di elogi,anche se non sinceri,che a distanza di pochi giorni non avrebbe potuto sconfessare in modo così clamoroso:la circolazione sarebbe stata senz'altro impedita dall'imperatrice,che ufficialmente promuoveva la consacrazione di Claudio.L'opera dovrebbe quindi collocarsi fra il 59,anno della morte di Agrippina,e il 62,anno in cui Seneca decide di ritirarsi a vita privata per non venire a compromessi con la sua coscienza.In realtà,secondo quanto testimonia Tacito,Seneca scrisse l'elogio funebre solo per sopperire all'incapacità oratoria del giovane principe;e che si trattasse di un elogio convenzionale ed eccessivamente enfatico risulta dal riso suscitato dalla menzione della saggezza di Claudio. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  41. L’Apocolokuntosis • Quanto al libello satirico,che ha il suo significato solo se scritto “a caldo”,rappresenterebbe il vero giudizio di Seneca su Claudio,anche se amplificato dalla canzonatura.Con queste due composizioni,Seneca rifletterebbe l'atteggiamento della stessa Agrippina e della corte nei confronti dell'imperatore defunto,atteggiamento in apparenza celebrativo e ossequioso,ma nell'intimo dissacratorio e sarcastico:la doppiezza che aveva portato a proporre la consecratio dell'imperatore subito dopo averlo fatto eliminare. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  42. L’Apocolokuntosis • La presenza del libello non doveva quindi necessariamente dispiacere ad Agrippina,che fra l'altro non è nominata da Seneca neanche per i delitti commessi in complicità con il marito:la parodia atroce di Claudio faceva semmai il suo gioco,ponendo in chiara luce la personalità di Nerone,su cui si appuntavano le speranze sincere di Seneca e di larga parte dell'opinione pubblica (“Come Lucifero,disperdendo gli astri che si dileguano,o quale Espero sorge al ritorno dagli astri,o come il Sole,non appena la rosata Aurora riconduce il giorno dissolta l'oscurità,guarda rosseggiante il mondo e per primo slancia il carro fuori dai cancelli,così appare Cesare,così ormai Roma ammirerà Nerone.Di dolce fulgore splende il suo volto luminoso e l'aggraziato collo sotto la sciolta capigliatura.”,4,2). Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  43. L’Apocolokuntosis • Non a caso l'opinione oggi più seguita è che Seneca l'abbia composta subito dopo la morte di Claudio,come presuppone l'essenza stessa della satira:libelli polemici come questo si scrivono subito o non si scrivono più. Attraente,anche se non dimostrabile con sicurezza,è l'eventualità che il libello sia stato composto da Seneca in occasione dei Saturnalia del 54,come regalo da offrire al nuovo imperatore,secondo una pratica ricorrente appunto durante queste feste.Per altri la data potrebbe essere piuttosto quella delle feste isiache,che si svolgevano tra il 28 ottobre e il 1° novembre e si concludevano con un giorno di festa per il ritrovamento di Osiride;l'eco della festa è presente nella formula di saluto con cui nell'aldilà le anime delle sue vittime si rivolgono a Claudio:”Evviva,l'abbiamo ritrovato” (13,4),che reca il grido dei fedeli per il ritrovamento del dio. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  44. L’Apocolokuntosis SENECA E IL POTERE • Continuamente oscillante fra gli opposti ideali della vita attiva e della vita contemplativa, attirato dai programmi ascetici della scuola sestiana e pronto tuttavia a metterli da parte quando si alza la minaccia dell'imperatore,orgogliosamente saldo nella sua adesione ai fermissimi principi dello stoicismo rigoroso e disposto tuttavia ai compromessi e all'adulazione più indecorosa,egli sembra sottrarsi ad ogni possibilità di piena comprensione.Le passioni in lui divampano senza freni:il suo odio per Caligola,il principe che l'aveva costretto al silenzio e il suo disprezzo per Claudio,il principe che l'aveva relegato in Corsica per 8 anni,vanno oltre ogni limite;ma egli è anche capace di manifestare l'amore per la seconda moglie Paolina con una delicatezza incantevole.Ma in fondo anche la vita umana è un'eterna contraddizione. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  45. L’Apocolokuntosis • Per tutta la vita Seneca ha lottato per creare una società nella quale fosse possibile al filosofo di giovare ai suoi simili.Egli non mette in discussione il principato,ma lo accetta come una realtà di fatto,dalla quale non si può e non si deve tornare indietro(De beneficiis,11,20);cerca però di orientarlo al fine di permettere all'intellettuale di collaborare per il bene del genere umano.Mentre nell'età augustea la concezione dell'individuo si afferma su quella di cittadino,e la poesia, con Catullo e Lucrezio,raggiunge il suo apice di produttività,il principato,cancellando il concetto di libertà repubblicana,porta ad una crisi dei valori tradizionali,come la pietas,a favore di altri,come la modestia,vale a dire la virtù della disciplina. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  46. L’Apocolokuntosis • Nel periodo dell'esilio in Corsica,a Seneca è preclusa la via dell'azione;si rifugia quindi nell'ideale della vita contemplativa come in una forma di consolazione.Ma quando,ritornato a Roma su richiamo di Agrippina,ha il campo libero per la realizzazione delle sue teorie,Seneca si trova a non dover fare altro che agire dall'interno,collocandosi accanto al principe nelle vesti di consigliere e ispiratore:nel De clementia Seneca elabora la teoria della collaborazione tra il principe e gl'intellettuali come via per risolvere i problemi politici posti dal regime imperiale.Seneca ritiene infatti che solo il filosofo,”direttore di coscienza” dell'imperatore,possa influire sul principe in modo che costui regoli da solo il suo comportamento sulla base della legge morale,la sola alla quale tutti i mortali sono soggetti,e nel caso il principe tenti di sottrarsi all'osservanza di tale legge si può ricorrere alla clementia,che instaura un patto di reciproca benevolenza tra il re e i suoi sudditi (il re non avrà così da temere congiure e ribellioni,mentre il popolo saprà di essere governato con moderazione),rendendoli un'unità inscindibile. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  47. L’Apocolokuntosis • Tutto il suo programma di riforma del principato si basa però interamente sulla convinzione che Nerone sia il re illuminato (in quanto quest'ultimo è già stato scelto e imposto dalla madre Agrippina)e sulla concezione stoica di monarchia,utopistica perché prevede tra l'altro che il re,incarnazione della sapienza,porti gli uomini alla virtù.Appare difficile ammettere che Seneca dichiarasse innocente e virtuoso al massimo grado Nerone,che aveva fatto assassinare suo fratello Britannico a sangue freddo:ma come potè restargli accanto e continuare a condividere con lui ogni responsabilità anche dopo il fratricidio?Seneca collabora con Nerone per 5 anni e,per non essere visto dal prossimo come lo aveva visto Agrippina (“Quello dal moncherino [Afranio Burro,ndr]e quell'altro con la lingua da professore vogliono per sé il governo del genere umano”),afferma che “Il sapiente farà anche quello che non approva,per trovare anche un passaggio verso realtà più grandi,e non abbandonerà i buoni costumi,ma li adatterà ai tempi…Anche il sapiente farà tutto quello che fanno i lussuriosi e gli stolti,ma non allo stesso modo e non con lo stesso scopo.”(De constantia sapientis,XIV,2) Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  48. L’Apocolokuntosis FONTI E MODELLI • E' l'unico esempio di satira menippea sopravvissuto nella lingua latina.Di questa produzione della letteratura cinica,avviata da Menippo come una sorta di “controcultura” tesa ad abbattere, all'insegna della saggezza popolare,il perbenismo e le false convinzioni (sul piano sociale)e l'eccessiva e pedante adesione alle regole (sul piano formale),è rimasto poco o nulla:dall'oblio si salvano solo alcuni titoli come Nekyia (“evocazione dei morti”),dove si criticavano come assurde le concezioni tradizionali dell'aldilà,o La nascita di Epicuro,in cui venivacanzonato il culto della personalità del filosofo,praticato dalla setta. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  49. L’Apocolokuntosis • La varietà dei contenuti si rispecchiava sul piano formale nell'alternanza di prosa volgareggiante e versi parodisticamente aulici,che davano un tono peculiare alla composizione.Unici e tardivi superstiti del genere in greco sono alcuni opuscoli di Luciano (2° sec.dC),che contengono temi tipici della satira menippea:l'ascesa al cielo (Icaromenippo:il filosofo cinico Menippo vola via per sottrarsi all'anarchia delle opinioni),la discesa agl'Inferi (Menippo o la negromanzia,che mette in burla i miti tradizionali),l'assemblea degli dei,con i numi in subbuglio perché in una disputa stoico-epicurea si dimostra la loro inesistenza (Zeus tragedo),o desiderosa di epurare il consesso divino da elementi indegni (L'assemblea degli dei). Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

  50. L’Apocolokuntosis • Se Menippo èstato sicuramente la fonte principale per la struttura e alcune scene particolari,un modello per l'assemblea degli dei può essere stato fornito a Seneca dal Concilium deorum,che doveva occupare tutto o parte del libro I delle Satire di Lucilio,attacco contro la scandalosa nomina a censore di Lentulo Lupo. Maria Giulia Poggi Villafranca, 14/10/2000

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