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LORETO 15 GENNAIO 2011

LORETO 15 GENNAIO 2011. Progetto “Rete Regionale”. DALL’INTERVENTO DI VALTER NANNI DURANTE LA I° TAPPA DEL PERCORSO RETE REGIONALE: GLI OSSERVATORI DELLE POVERTA' PRINCIPALI FASI DI SVILUPPO DEL PROGETTO. L’osservatorio delle povertà. L'idea iniziale : come nasce, da quale bisogno? 

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LORETO 15 GENNAIO 2011

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Presentation Transcript


  1. LORETO 15 GENNAIO 2011 Progetto “Rete Regionale”

  2. DALL’INTERVENTO DI VALTER NANNI DURANTE LA I° TAPPA DEL PERCORSO RETE REGIONALE: GLI OSSERVATORI DELLE POVERTA' PRINCIPALI FASI DI SVILUPPO DEL PROGETTO

  3. L’osservatorio delle povertà L'idea iniziale: come nasce, da quale bisogno?  INNANZITUTTO:prestare attenzione al cambio e al rinnovamento! Cambio e rinnovamento di cosa? • Delle povertà e dei fenomeni in corso • Del contesto sociale-culturale-politico • Del contesto ecclesiale • Della crescita/decrescita delle Caritas Parrocchiali • Degli operatori e volontari della Caritas Diocesana e caritas parrocchiali • Del “modus operandi” delle Caritas parrocchiali e della Caritas Diocesana

  4. AD ESEMPIO • ……di fronte all’attuale crisi finanziaria, ci si interroga sulle cause e ci si chiede come mai ciò sia potuto accadere, nonostante i numerosi e qualificati istituti di controllo, di previsione e i loro esperti!!

  5. L’osservazione deve far riflettere anche noi, perché all’interno di questo scenario che muta e si trascina dietro ad effetto domino, insieme alla finanza l’economia, la politica, la morale pubblica, non possono mancare ricadute anche sul nostro modo di essere chiesa e di fare pastorale. Per resistere alla crisi è importante riscoprire la vocazione profetica della chiesa, ma va precisato che questa non può essere delegata a sociologi o ad analisti esterni alla comunità credente. Continueremo ad essere in grado di attivare risposte pastorali rinnovate se conserveremo la capacità di leggere e interpretare ciò che sta accadendo nella società italiana alla luce del vangelo e con gli occhi di Cristo.

  6. Per noi della “famiglia Caritas” ed in particolare della Caritas Regionale delle Marche, potrebbe sembrare superfluo. Tutta la sua storia, infatti, sta a testimoniare con quale prontezza abbia saputo affrontare le recenti sempre nuove emergenze sociali, attivando servizi riconosciuti, ammirati e imitati dalle istituzioni pubbliche.

  7. Per far questo saranno certamente utili i rilievi fenomenologici e le indagini sociologiche; ma questi contributi non potranno sostituirsi alla comunità e al suo coinvolgimento.

  8. Mi sembra che a tal fine gli osservatori e i laboratori siano strumenti molto adatti, se attivati e coordinati correttamente. So bene che è più facile percepire l’utilità immediata di un centro di ascolto che non di un osservatorio, e ancor meno quella di un laboratorio, ma questi strumenti sono da considerare nel loro insieme, come la traduzione di una metodologia pastorale organica. Se non vogliamo rischiare di innalzare giganti dai piedi di argilla, che possono rovinare da un momento all’altro, e se vogliamo dare fiato lungo al nostro impegno caritativo, e alimentare quello delle nostre comunità, non possiamo esimerci dalla fatica dello studio, del discernimento di fede, dell’accompagnamento educativo competente; dallo scrutare con speranza il futuro e capire il presente, facendo memoria della nostra fede e della sua ricca tradizione di carità. Questo è il debito che abbiamo nei confronti della nostra società: è il nostro modo specifico di aiutare la chiesa ad essere sale, luce e lievito.

  9. ALLORA DICIAMO CHE L’OSSERVATORIO PUO’ FUNZIONARE ED HA UN RUOLO DI ANIMAZIONE SE STRETTAMENTE COLLEGATO OD IMPLEMENTATO ATTRAVERSO IL LABORATORIO DIOCESANO

  10. Ma come può nascere un osservatorio? Di chi è la colpa?.....

  11. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dall’idea di un responsabile diocesano o del direttore a seguito della partecipazione alle tappe formative (tavoli di coordinamento) promosse da Caritas Italiana

  12. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dall’iniziativa del vescovo o della diocesi il quale convoca il direttore della Caritas Diocesana…… Dalla scheda di riflessione sulla carità proposta durante Sinodo Diocesano…..

  13. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Da Emanuele, Sociologo ex obiettore Caritas, che si interessa della tematica e spinge affinchè nasca un osservatorio O da Francesco, volontario e tecnico programmatore informatico, che ha aiutato Franco a creare un database per registrare le accoglienze e gli aiuti…oltre che nell’utilizzo di diversi tipi di solitari e giochi sul pc!!!

  14. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dai dati relativi alle accoglienze del centro di accoglienza della Caritas Diocesana che ha raggiunto la quota di 1000 accolti in un anno e vuole capire quali “personaggi” ospita

  15. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dalla necessita/opportunità di presentare un progetto CEI8x1000 che finanzia la creazione dell’osservatorio delle povertà diocesano

  16. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dalla richiesta di dati da parte dei servizi sociali del comune che richiedono informazioni sul profilo sociale delle persone aiutate dalla Caritas Diocesana

  17. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dal finanziamento offerto - ex dal Csv - per la formazione degli operatori del CdA sulla letture delle povertà e sui servizi di volontariato che si possono mettere in campo

  18. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Da un bando pubblico Europeo, Nazionale, Regionale, Provinciale per l’anno europeo di lotta alla povertà (2010) o per l’anno europeo del volontariato 2011. Ti finanzio l’indagine del territorio…. Oppure ti finanzio le attività ma mi devi mettere i dati relativi alle tue azione ed ai tuoi stakeholders

  19. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: A seguito di un emergenza che vede coinvolti i nostri territorio diocesani (ex terremoto 97) e che ci spinge a capire che cos’è cambiato nella nostra caritas diocesana

  20. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dal Censimento Opere Socio Assistenziali richiesto dalla Chiesa Italiana……

  21. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Da un servizio o un progetto messo in atto dalla Caritas Diocesana su una particolare tematica (ex: ambulatorio, fondo di solidarietà…….)

  22. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dai report e registri annuali che si compilano per l’Agea. Abbiamo distribuito 40.000 pacchi viveri ed aiutato 8.000 persone…. Mmmmmhhhhh c’è qualcosa che non va nel nostro territorio?!?! Chi stiamo aiutando???

  23. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Da un esperienza di osservatorio fallimentare passata dove l’opr ha provato ad “inserire la marcia”…. Ma o la macchina era “grippata” o il “guidatore non aveva la patente”

  24. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dalla necessita di comunicare alle autorità ed alla popolazione le situazioni di povertà che incontriamo in un ottica di Lobby (rompiamo le scatole) nei confronti delle amministrazioni locali e di Advocay (tutela dei diritti dei più deboli) ovvero cercare di dare voce a chi non ha voce.

  25. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Da un gruppo di volontari di una parrocchia che incontrano una particolare situazione o servizio (ex: supporto al centro disabili, attività con anziani soli….)

  26. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dalla discussione avvenuta in giunta Caritas Diocesana dove emerge l’esigenza di essere “più professionali” nel conoscere le proprie situazioni ed attività in modo da “non sfigurare” durante gli incontri….

  27. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: Dalla spinta del progetto Rete Regionale etc.. Etc… etc…

  28. MA C’E’ SEMPRE UN RISCHIO ED UN PERICOLO? QUALE?

  29. UN OSSERVATORIO PUO’ NASCERE DA: L’AUTOREFERENZIALITA’ DI TUTTE LE INIZIATIVE……. OVVERO L’AVVIARE L’OSSERVATORIO PER STAR DIETRO AD UN PROGETTO O PER INIZIATIVA DI UN PERSONA DIMENTICANDO LA FUNZIONE DI ANIMAZIONE FORMAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE CHE L’OSSERVATORIO DEVE AVERE

  30. QUINDI I PERICOLI……… SONO….. O POSSONO ESSERE….

  31. Gli Osservatori formaliCi sono stati Osservatori nati per rispondere alle indicazioni del Progetto Rete che prevedeva l’impegno di una risorsa umana. Talvolta era una personagià operante in uno dei settori Caritas, una persona quindi che, di fatto, aveva ben poco tempo e formazione spesso inadeguata per dare vita a un vero e proprio Osservatorio. Il risultato è stato quello di una nascita “formale” dell’Osservatorio, che non è stata però in grado di porre le premesse perun lavoro duraturo nel tempoGli Osservatori “monogenitoriali”Ci sono state esperienze di Osservatori nati dalla forte volontà e capacità di una sola persona, spesso pensionata, oppure giovane in attesa dioccupazione, che si è impegnata nell’Osservatorio, anche per molte ore, ma in modovolontario. In questi casi, il venire meno delladisponibilità della persona ha corrisposto allafine dell’Osservatorio. DALL’ESPERIENZA DEGLI OSSERVATORI: RISCHI, PERICOLI E DERIVE

  32. Gli Osservatori “in servizio civile”Sono molti i casi in cui all’Osservatorio è stata dedicata una persona in servizio civile. Se questo tipo di scelta ha il vantaggio di garantire una presenza costante e a tempo pieno per un anno, entusiasta e sufficientemente preparata dal punto di vista tecnico, non è detto che, a fineservizio, si possa contare su un ricambio altrettanto preparato.Gli Osservatori “in tonaca”Ci sono state esperienze di Osservatori affidati a un religioso o a una religiosa, e che hanno visto le proprie sorti legate agli impegni di tali soggetti. In questi casi, il trasferimento “in altra sede” o “ad altro incarico” degli stessi ha provocato anche l’affievolimento o la morte dell’Osservatorio. DALL’ESPERIENZA DEGLI OSSERVATORI: RISCHI, PERICOLI E DERIVE

  33. Gli Osservatori “impauriti”In qualche caso sporadico, non si è riusciti a superare la prima, banale, difficoltà della raccolta dati e della loro lettura: se il Centro di ascolto non è stato in grado di fornire i dati al primo tentativo, l’Osservatorio si è arreso. Oppure, quando si sono raccolti i dati, non si è avuta la capacità di leggerli e utilizzarli. Talvolta ci si è avvalsi, all’inizio, delle competenze di qualche esperto esterno, docente o ricercatore universitario, e non si è stati in grado di rendere tale consulenza un’occasione formativa. È mancata, in questo caso, l’adeguata formazione e la motivazione degli operatori.Gli Osservatori “catturati”In qualche caso, l’esperienza dell’Osservatorio ha avuto un’evoluzione positiva in qualcosa di totalmente differente: spesso le istituzioni pubbliche sono più interessate alle attività di osservazione che la stessa Chiesa locale. Per questo motivo, gliOsservatori Caritas hanno talvolta mutato i propri connotati, trasformandosi da strumenti strettamente ecclesiali a strumenti della comunità civile. DALL’ESPERIENZA DEGLI OSSERVATORI: RISCHI, PERICOLI E DERIVE

  34. UNA VOLTA CHE IL “COLPEVOLE” HA MATURATO L’IDEA DELL’OSSERVATORIO E’ BUONA NORMA:

  35. INDIVIDUA TRA LE SUE “SINAPSI” E ATTRAVERSO COMUNICAZIONI AI DIRETTI INTERESSATI ATTRAVERSO “MEZZE PAROLE E BATTUTE” UN GRUPPO DI PROGETTO detto GdP

  36. IL GdP deve essere: Rappresentativo della realtà diocesana e della rete territoriale, eterogeneo, in grado di fare - ma anche di saper far fare – e di delegare, disposto a studiare e formarsi, curioso e fantasioso, competente e aperto. E qui mi viene in mente don Milani… si studia sui libri, con i dati scientifici, ma anche con il giornale quotidiano sotto braccio e valutando e riflettendo sul lavoro quotidiano. NB: se tutte queste caratteristiche sono proprie di una singola persona sappiate che siete sull’orlo di un fallimento.

  37. Il Progetto deve avere alcune caratteristiche di base : Essere “autorizzato da parte del vescovo non tanto nei personaggi che lo compongono quanto nella finalità delle sue azioni

  38. Il Progetto deve avere alcune caratteristiche di base : Essere ed avere “autorevolezza” Quindi è compito del direttore di condividere l’idea con i parroci delle vicarie e “sondare il terreno” … E QUI INIZIANO I PROBLEMI PERCHE’ I PARROCI NON VENGONO ALLE RIUNIONI DELLE CARITAS PARROCCHIALI E SE GLI MANDI I DOCUMENTI E LE LETTERE NON LEGGONO O NON RISPONDONO…. E COMUNQUE METTETE IN CONTO DI ORGANIZZARE NON SOLO INCONTRI DIOCESANI MA ANCHE NELLE SINGOLE VICARIE / FORANIE / ZONE PARROCCHIALI

  39. Il Progetto deve avere alcune caratteristiche di base : Una volta ottenuto il benestare della “alte sfere ecclesiastiche” + o - …..: È opportuno riportare le richieste, le difficoltà, le osservazioni e le risorse emerse dagli incontri con e nelle parrocchie. Nota bene: è bene che il direttore sia accompagnato dal responsabile della formazione e promozione delle Caritas parrocchiali… o dal colpevole dell’idea Opr

  40. Il GdP deve avere alcune caratteristiche di base : Ed ecco che il primo compito del GdP è quello di includere le “osservazioni” del territorio all’interno dell’idea di Osservatorio DALL’IDEA DI PROGETTO ALLA STESURA PROGETTO

  41. Il Progetto deve avere alcune caratteristiche di base…… oltre che essere scritto….. Tre caratteristiche di base: • Confronto sulle finalità generali dell’Osservatorio: l’insieme delle aspettative e delle attese che ci sono alla base dell’avvio dell’Opr. Definizione degli incarichi e dei compiti all’interno del GdP. NB: è molto gradita la logica dei piccoli passi

  42. Il Progetto deve avere alcune caratteristiche di base…… oltre che essere scritto….. 2. Confronto sulle risorse: è buona norma investire sulle risorse. Il sapere su quale risorse poter contare ci aiuterà a definire che tipo di progetto di osservatori potremmo sviluppare – piccoli; medi o grandi. (ricordiamoci della logica dei piccoli passi).

  43. Il Progetto deve avere alcune caratteristiche di base…… oltre che essere scritto….. • Confronto sulle risorse - la dimensione del progetto Opr dipende da: • Se ci sono risorse ad hoc • Se si ha personale dipendente o no • Se il lavoro ricade su nuovi volontari o su quelli già “assunti” • Se si hanno i mezzi “tecnici” a disposizione • Se si hanno già diversi punti di ascolto e postazioni informatiche

  44. Il Progetto deve avere alcune caratteristiche di base…… oltre che essere scritto….. 3. Il responsabile del progetto: a cui si affida il mandato. Cosi come un ascolto di una persona non si fa mai da solo è buona norma che il responsabile si affiancato da qualche membro in quanto portatori di diverse sensibilità

  45. Quindi come deve essere composto il GdP? Dall’idea si passa alla stesura del progetto che passa sotto la responsabilità del GdP. Il gruppetto di lavoro è bene che sia composto dal almeno 3 persone ma allo stesso tempo non sia un gruppo molto ampio (in genere 5 il numero max) Questo perché poi a se seconda delle idea da mettere in campo ci si può dotare dei vari consulenti ed esperti tecnici (tipo gli ex obiettori e volontari in carriera) e/o esterni.

  46. Quindi come deve essere composto il GdP? Se ci si pone in un ottica di formazione e con spirito di curiosità come dice don Ciotti: se ci si lascia attraversare dai dubbi …. Non c’è bisogno di che i membri del gruppo siano super esperti. Certo il GdP deve contemplare sesnibilità e competenze differenti: Avere delle conoscenze di base sulle scienze sociali Conoscenze di base scientifiche che ti permettano di impostare un database Capacità relazionali ed empatiche. Conosca od inizi ad approfondire il caritatese OLTRE CHE……

  47. Quindi come deve essere composto il GdP? Come dicevamo all’inizio… disposti ad un percorso di Formazione Permanente Capaci di lavorare in rete (ad intra ed ad extra) con le realtà territoriali e soprattutto in un ottica di pastorale integrata e di saper comunicare (ad intra ed ad extra) Essere non solo degli “studiosi” e o degli “osservatori” ma anche e soprattutto degli animatori

  48. QUINDI LA PROGETTAZIONE VA SVILUPPATA INDIVIDUANDO: OBIETTIVI CHIARI A MEDIO TERMINE (consolidare il GdP, formarsi, mappare il territorio etc..) ED A LUNGO TERMINE (migliorare la conoscenza del territorio, il networking tra i Cda, agiiornare statistiche e sistemi informatici…)

  49. Dagli obiettivi alle azioni: Dove all’’interno delle AZIONI vengono declinati i singoli passi per raggiungere ciascun obiettivo. Per un obiettivo possono essere attuate anche più azioni

  50. Dalle azioni alla tempistica Per svolgere ciascun azione necessitiamo di un tempo… è bene aver chiaro sin dall’inizio un piano cronologico o cronogramma delle azioni attività di progetto…. DETTO ANCHE PIU’ VOLGARMENTE TEMPISTICA DI PROGETTO

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