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Il vino

Il vino. Secondo le normative CE, si definisce vino “ ...il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione totale o parziale degli zuccheri contenuti nelle uve fresche pigiate o non, o di mosti di uve, che si trasformano in alcole attraverso la cosiddetta fermentazione alcolica... ”

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Presentation Transcript


  1. Il vino Secondo le normative CE, si definisce vino “...il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione totale o parziale degli zuccheri contenuti nelle uve fresche pigiate o non, o di mosti di uve, che si trasformano in alcole attraverso la cosiddetta fermentazione alcolica...” Il vino è senza dubbio uno dei prodotti alimentari di maggior valore sotto molti punti di vista. Innanzitutto è legato alla tradizione: in tutto il mondo, esso è il simbolo dell’Italia, che è stata sempre riconosciuta come terra di elezione per la vite, basti pensare al termine Enotria (terra del vino) con cui era nota in epoca greca. Dal punto di vista commerciale esso rappresenta un settore in cui convergono grandi interessi e grandi investimenti. Poi è un alimento che negli ultimi anni ha visto crescere vertiginosamente le produzioni ad alta qualità, anche dal punto di vista della sicurezza. Infine, presenta aspetti molto interessanti anche dal punto di vista nutrizionale (considerandone un’assunzione moderata) per via delle sostanze nobili che contiene, come i polifenoli, il resveratrolo e i composti aromatici

  2. Il vino come prodotto di qualità Come un buon olio si ottiene da buone olive e un corretto trattamento, così un buon vino si ottiene da materie prime buone e dal buon impiego delle pratiche vinicole, a partire dal vigneto per arrivare all’imbottigliamento. La qualità del vino non si può improvvisare. L’epoca del vino al metanolo è forse un lontano ricordo Inoltre, le esigenze dei consumatori sono in continuo aumento, anche perchè la cultura del buon bere si sta diffondendo, soprattutto tra i consumatori giovani. Diventa sempre più difficile ingannare i clienti, che col tempo sono stati educati ad esigere prodotti di qualità anche a costo di un prezzo maggiore. Va anche considerato che il mercato del vino ha un indotto (turismo enogastronomico, manifestazioni fieristiche) in grande evoluzione Un vino DOC, vinificato come si deve, sarà sempre riconosciuto come prodotto di grande affidabilità, mentre un vino da battaglia non può avere vita lunga

  3. Importanza commerciale Dal punto di vista commerciale, il vino è uno dei punti di forza dell’economia italiana e in particolare piemontese. Nella nostra regione la produzione di vino si aggira sui 3.3 milioni di ettolitri annui, ma quello che impressiona di più è il dato qualitativo: oltre il 70% della produzione è rappresentata da vini di categoria V.Q.P.R.D., ovvero vini DOC (44 denominazioni) e vini DOCG (7 denominazioni) Si tratta quindi di un comparto di altissimo livello, che richiede quindi investimenti conseguenti dal punto di vista della ricerca a supporto della produzione

  4. Classificazione dei vini Le tipologie di vini presenti sul mercato sono varie e differiscono per la qualità: L'Unione Europea riunisce in un'unica categoria i vini da tavola ed i vini ad indicazione geografica (I.G.T.) nella categoria dei vini da tavola, mentre i vini D.O.C. e D.O.C.G. sono riuniti nella categoria dei vini di qualità prodotti in regioni determinate (V.Q.P.R.D.) Una collocazione particolare hanno poi i vini speciali e fra questi un ruolo importante per tradizione e nobiltà rivestono i Vini Spumanti e i Vini Frizzanti, naturali e gassificati • Vini da Tavola: sono vini senza alcuna indicazione di provenienza o nome di vitigno o annata di raccolta • Vini a Indicazione Geografica Tipica (I.G.T.): provengono per almeno l'85% dalla zona geografica di cui portano il nome e devono rispondere ad alcuni parametri indicati nei disciplinari di produzione • Vini a Denominazione Origine Controllata (D.O.C.): si tratta di vini di qualità, originari di una regione ben determinata, le cui caratteristiche enochimiche ed organolettiche devono rispettare i parametri dettati dai disciplinari di produzione • Vini a Denominazione Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.): sono prodotti di particolare pregio sottoposti a regole di produzione più severe rispetto ai vini a denominazione di origine controllata

  5. Classificazione per grado alcolico In dipendenza del grado alcolico (e con conseguenze non indifferenze dal punto di vista fiscale) possiamo classificare i vini come segue: • Vini da Tavola: titolo alcolometrico non inferiore a 8.5%; per i vini prodotti su talune superfici viticole da stabilirsi il titolo alcolometrico volumico totale può essere portato ad un massimo di 17% (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) ad altitudine inferiore a 600 m s.l.m • Vini Liquorosi: titolo alcolometrico minimo stabilito non inferiore 15% ne superiore a 22%. Si distinguono dai vini passiti anche per l'aggiunta di mosto di uve concentrato e/o di alcol • Vini Passiti e Vinsanti: non esistendo una normativa generale specifica, rientrano quei vini che hanno un tasso alcolico minimo stabilito dai disciplinari di produzione anche se con tasso alcolico effettivo oltre 15% vol. Questi vini non possono essere aggiunti di concentrati o di alcol perchè in tal caso rientrerebbero automaticamente nella categoria dei vini liquorosi • Vini aromatizzato: vini speciali aventi un contenuto in alcol inferiore a 21%, costituiti in prevalenza da vino addizionato o non di alcole e di saccarosio ma di sostanze permesse dalle vigenti disposizioni e normative, atte a conferire al prodotto particolari odori e sapori estranei • Vini Frizzanti: titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 7%

  6. Esempio di disciplinare Ogni vino V.Q.P.R.D è soggetto ad un disciplinare di produzione che ne vincola la commercializzazione al rispetto di regole precise, riguardanti l’origine delle uve, il metodo di trattamento, ecc.; curiosamente, dal punto di vista analitico i parametri da rispettare sono pochissimi. Nell’esempio è riportato il disciplinare D.O.C.G. del Barolo D.P.R. 1 luglio 1980: Riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita del vino Barolo Art. 2. - IlBarolo deve essere ottenuto esclusivamente dalle uve del vitigno Nebbiolo delle sottovarietà Michet, Lampia e Rosè prodotte nella zona di origine Art. 3. - La zona di origine delle uve atte a produrre il Barolo, comprendente i territori dei comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d'Alba ed in parte il territorio dei comuni di Monforte d'Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour,Diano d'Alba, Cherasco e Roddi ricadenti nella provincia di Cuneo Art. 4. - Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del "Barolo" devono essere quelle tradizionali della zona e comunque unicamente quelle atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità. Sono pertanto da considerarsi idonei unicamente i vigneti collinari di giacitura ed orientamento adatti ed i cui terreni siano preminentemente argilloso-calcarei. La produzione massima ad Ha in coltura specializzata non deve essere superiore a q.li 80 di uva. A tale limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la produzione dovrà essere riportata attraverso un'accurata cernita delle uve purché la produzione non superi del 20% il limite massimo sopra stabilito

  7. Esempio di disciplinare Art. 6. - Le operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nella zona delimitata nell'art. 3. Il Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, sentito il parere del comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di origine dei vini può altresì consentire che le suddette operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio siano effettuate dalle aziende che, avendo stabilimenti situati nei territori delle provincie di Cuneo, Asti, Alessandria inclusi nell'art. 4 del disciplinare annesso al D.P.R. 23 aprile 1966, dimostrino che già effettuarono tali operazioni, previa attestazione della competente camera di commercio Art. 7. - Le uve destinate alla vinificazione, sottoposte a preventiva cemita, se necessario, devono assicurare al vino una gradazione alcolica complessiva minima naturale di gradi 12,5. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche. La conservazione e l'invecchiamento del vino devono essere effettuate secondo i metodi tradizionali. Il vino deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno tre anni e conservato per almeno due anni di detto periodo in botti di rovere o di castagno. Il periodo di invecchiamento decorre dal 10 gennaio successivo all'annata di produzione delle uve. È consentita l'aggiunta, a scopo migliorativo, di Barolo più giovane ad identico Barolo più vecchio o viceversa nella misura massima del 15%.In etichetta, dovrà figurare il millesimo relativo al vino che concorre in misura preponderante. Il vino a denominazione di origine controllata e garantita Barolo ultimato il periodo di invecchiamento obbligatorio, dovrà essere sottoposto alla prova di degustazione

  8. Esempio di disciplinare Art. 8. - IlBarolo, all'atto dell'immissione al consumo, deve rispondere alle seguenti caratteristiche: Art. 9. - Il Barolo sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a cinque anni può portare come specificazione aggiuntiva la dizione riserva. Art. 10. - La denominazione Barolo chinato è consentita per i vini aromatizzati preparati utilizzando come base vino Barolo senza aggiunta di mosti o vini non aventi diritto a tale denominazione e con una aromatizzazione tale da consentire, secondo le norme di legge vigenti, il riferimento nella denominazione alla china • colore: rosso granato con riflessi arancione; • odore: profumo caratteristico, etereo, gradevole, intenso; • sapore: asciutto, pieno, robusto, austero ma vellutato, armonico; • gradazione alcolica minima complessiva: gradi 13; • acidità totale minima: 5 per mille; • estratto secco netto minimo: gr. 23/litro

  9. Esempio di disciplinare Art. 11. - È vietato usare assieme alla denominazione Barolo qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, selezionato e similari. È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, consorzi, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.È consentito altresì l'uso di indicazioni geografiche e toponomastiche che facciano riferimento a comuni, frazioni, poderi, tenute, tenimenti, cascine e similari, nonché delle sottospecificazioni geografiche, bricco, costa, vigna e altri sinonimi di uso locale, costituite da aree, località e mappali inclusi nella zona delimitata nel precedente art. 3 e dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il vino cosi qualificato è stato ottenuto Art. 12. - Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il Barolo deve sempre figurare l'indicazione veritiera o documentabile della annata di produzione delle uve.La denominazione di origine controllata e garantita Barolo deve essere sempre messa in evidenza, comunque deve figurare con caratteri di altezza e di larghezza non inferiori a 2/5 di quelli massimi di ogni altra indicazione che compaia sull'etichetta principale della bottiglia Art. 13. - Chiunque produce, vende, pone in vendita, o comunque distribuisce per il consumo con la denominazione di origine controllata e garantita Barolo vini che non rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione, è punito a norma dell'art. 28 del D.P.R. 12 luglio 1963, n. 930

  10. In questa figura è riportata l’etichetta di un vino di classe V.Q.P.R.D. In rosso sono riportate le indicazioni obbligatorie, in nero quelle facoltative • Nome della regione determinata • Dicitura speciale (D.O.C. o D.O.C.G.) • Nome dell’imbottigliatore • Sede dell’imbottigliatore • Stato di appartenenza (se esportato) • Volume nominale • Titolo alcolimetrico effettivo • Indicazioni ecologiche • Lotto C. Titolo alcolimetrico totale G. Sottozona H. Distinzioni L. Annata di raccolta delle uve O. Menzione vigna Q. Menzioni complementari (es. Riserva, superiore, classico, ecc.) S. Tipo di elaborazione (es. Passito, vino novello, ecc.) L’etichetta di un vino

  11. Il vino oggetto di studi Oltre che essere alimento di grande diffusione e consumo in tutto il mondo, il vino è anche, probabilmente, l’alimento più studiato dal punto di vista scientifico. Il numero di studi scientifici pubblicati ogni anno è impressionante e riguarda argomenti vari nel campo della chimica, della microbiologia, della medicina, dell’agronomia, ecc. Ma è soprattutto la chimica enologica la disciplina che attrae il maggior numero di ricercatori in tutto il mondo. Sarà probabilmente per il grande fascino che esercita la chimica del vino, così complessa e in parte ancora inesplorata Il Professor Amerine, luminare della University of California a Davis, dichiarò che se fosse stato un giovane in procinto di intraprendere l’attività di produttore di vino, avrebbe dapprima studiato chimica, in modo da capire a livello microscopico i processi che favoriscono la nascita di un buon vino

  12. Analisi del vino Come per molti altri alimenti, le analisi sul vino riguardano più aspetti: • l’aspetto normativo, legato a parametri analitici che ogni prodotto enologico deve rispettare per poter essere commercializzato: grado alcolico, acidità totale, parziale e fissa, estratto secco, ecc., anche se i disciplinari di produzione sono poco restrittivi da questo punto di vista • l’aspetto nutrizionale, legato alle proprietà benefiche (o anche malefiche) che il vino apporta alla nostra salute, attraverso l’assunzione di sostanze antiossidanti come i polifenoli che può essere interessante dosare nelle varie classi in cui esistono • l’aspetto qualitativo, legato principalmente all’aroma e al bouquet del vino e quindi alle centinaia di sostanze volatili di cui è ricco il vino, sostanze in parte ancora non ancora identificate e quantificate

  13. Alcune applicazioni analitiche Le analisi sono importanti in più punti della filiera del vino, dal prelievo delle uve alla commercializzazione del prodotto imbottigliato: • Controllo di qualità: valutare il grado di maturazione delle uve, l’effetto dei vari passaggi del processo, il grado di invecchiamento • Riduzione dei processi degradativi: identificare le sostanze che apportano contributi negativi al vino e capirne l’origine • Miscelazione: stabilire, attraverso la misurazione di parametri ben precisi, quali siano i rapporti ottimali di miscelazione per ottenere un prodotto con le caratteristiche desiderate • Certificazione per la commercializzazione: poter soddisfare i requisiti richiesti per l’ottenimento della D.O.C. • Certificazione per l’esportazione: poter soddisfare i requisiti richiesti per l’esportazione dei prodotti sui mercati esteri

  14. Normative sui metodi di analisi A livello di Comunità Europea, il Regolamento CE n.2676/90 determina i metodi d’analisi comunitari da utilizzare nel settore del vino. In questa normativa, tutti i parametri importanti per gli aspetti di sicurezza alimentare sono descritti nei minimi particolari. Successivi aggiornamenti hanno apportato modifiche ai metodi o hanno introdotti metodi nuovi, in conseguenza dell’evoluzione degli studi scientifici in campo enochimico La legislazione Italiana, come quelle di altri paesi europei, fa riferimento a quella comunitaria, recependone i regolamenti per quanto riguarda i metodi d’analisi da utilizzare. Per quanto riguarda i limiti massimi di concentrazione per le sostanze indesiderate nel vino, invece, non ci sono ancora regole comuni. Al proposito, è sufficiente valutare i limiti massimi per il contenuto di metalli nel vino, mostrati nelle tabelle seguenti in cui sono confrontati i limiti stabiliti da alcuni paesi

  15. Limiti per metalli non tossici FAO/WHO: Food and Agricolture Organization / World Health Organization OIV: Organisation International de la Vigne et du Vin

  16. Limiti per metalli tossici FAO/WHO: Food and Agricolture Organization / World Health Organization OIV: Organisation International de la Vigne et du Vin

  17. Composizione del vino Nel vino sono presenti centinaia di composti diversi (attualmente sono note non meno di 600 sostanze) ed è interessante notare che le proprietà organolettiche non sono influenzate soltanto dai suoi componenti maggiori, cioè acqua e alcol etilico, ma anche dai componenti minori e persino da quelli presenti in tracce e ultratracce. Per esempio, è sufficiente una concentrazione di poche decine di ng/l di 2,4,6-tricloroanisolo per impartire al vino il classico, sgradevole gusto di tappo È piuttosto difficile delineare una descrizione della composizione media del vino, viste le numerose possibilità di tecniche di vinificazione. Sono sempre presenti composti delle seguenti classi: • Acqua • Alcoli: etanolo, metanolo, alcoli superiori, glicerina • Acidi organici: tartarico, malico, citrico, lattico, acetico • Zuccheri: glucosio, fruttosio • Gomme e pectine • Polifenoli: antociani, tannini • Sostanze minerali: anioni, cationi • Sostanze volatili: acidi volatili, esteri, aldeidi, terpeni • Vitamine • Gas disciolti: anidride carbonica, anidride solforosa, ossigeno

  18. Composizione e qualità Ogni produttore di vino sa che per fare un buon prodotto è necessario realizzare l’armonia tra i vari componenti del vino. Ad esempio, aumentare artificialmente la gradazione alcolica del vino serve a poco se questo non è bilanciato da un equivalente corredo di sostanze aromatiche A livello chimico, la qualità di un vino è determinata da una serie di sostanze tra le quali hanno particolare importanza le seguenti: • Alcol etilico • Estratto secco netto • Zuccheri (fruttosio, glucosio) • Acidità (acidi carbossilici) • Polifenoli (antociani, stilbeni, flavanoli, ecc.) • Anidride carbonica • Composti aromatici (terpeni, esteri, alcoli superiori, aldeidi, ecc.)

  19. Alcol etilico La sua importanza, dal punto di vista merceologico e commerciale, è determinante essendo la sostanza a maggior concentrazione dopo l’acqua e quindi influenza notevolmente tutto il complesso dei caratteri organolettici. Oltre al sapore dolce, l’alcol etilico o etanolo è responsabile della morbidezza del vino. È inoltre importantissima la sua capacità di solubilizzare tutti i composti importanti ai fini della costituzione del bouquet, che non sarebbero solubili in un mezzo esclusivamente acquoso. Infine è decisivo dal punto di vista della genuinità, in quanto è possibile riconoscere l’addizione di zucchero non proveniente dall'uva per aumentare il grado alcolico in base alla misura di parametri analitici sull’alcol L’alcol etilico o etanolo si forma dalla fermentazione alcolica del glucosio presente nel mosto, favorita dall’azione dei lieviti Saccharomyces Cerevisiae: C6H12O6 2C2H5OH + 2CO2

  20. Titolo alcolometrico Il contenuto di etanolo nel vino si esprime attraverso il titolo alcolometrico volumico, di cui è bene distinguere tre varianti: • Il titolo alcolometrico potenziale, che quantifica l’alcol potenzialmente sviluppabile da zuccheri non ancora fermentati, e si misura moltiplicando per 0.06 la quantità nel vino di zuccheri riduttori, espressa in g/l; questo fattore moltiplicativo deriva dalle unità Brix necessarie per generare un volume di etanolo pari a 1% (v/v) attraverso la fermentazione alcolica. L’unità Brix esprime la percentuale di solidi totali in soluzione, calcolata in g di soluto/100 g di soluzione; nel mosto, il 95% dei solidi disciolti è zucchero che quindi esprime quasi interamente i Brix • Il titolo alcolometrico effettivo, che quantifica l’etanolo presente • Il titolo alcolometrico totale, dato dalla somma del titolo effettivo e potenziale

  21. Determinazione dell’etanolo Il metodo più semplice per determinare il grado alcolico di un vino è quello ebullioscopico, nel quale cioè si misura il punto di ebollizione del campione. Considerando il vino una miscela binaria acqua-etanolo, è possibile risalire alla % di etanolo nel campione in base alla temperatura alla quale esso bolle, facendo riferimento al grafico sottostante; l’abbassamento del punto di ebollizione dell’acqua (abbassamento ebullioscopico) è infatti funzione quasi lineare dell’aggiunta di un altro componente In alternativa si può eseguire l’analisi GC, determinando l’etanolo insieme agli altri alcoli, oppure l’analisi HPLC

  22. Misura densimetrica dell’etanolo Un altro metodo semplice e correntemente utilizzato per determinare il titolo di etanolo è quello densimetrico, che si basa cioè sulla misurazione della densità. Il valore di densità di una miscela binaria acqua-etanolo è correlabile al grado alcolico; la misura si effettua a 20°C, oppure apportando una correzione se a temperatura diversa. Il vino in esame è sottoposto a distillazione per eliminare tutte le sostanze non volatili; nel distillato si concentrano anche composti omologhi dell’etanolo nonchè gli esteri etilici, che contribiscono quindi al valore finale. Attraverso la determinazione della densità del distillato con bilancia idrostatica, si estrapola da tabelle di riferimento il valore del grado alcolico effettivo La bilancia idrostatica funziona in base al principio di Archimede, secondo cui un corpo immerso in un liquido riceve una spinta verticale uguale al peso del liquido spostato. Il peso diviso il volume impiegato darà il valore della densità

  23. Altri alcoli Il vino contiene altri alcoli che possono influenzarne la qualità, in senso positivo o negativo. Tra quelli apprezzabili vi è la glicerina o glicerolo, prodotta come l’etanolo nella fermentazione alcolica Un altro alcol, questa volta meno desiderabile, è l’alcol metilico o metanolo (CH3OH) che si forma dall’idrolisi enzimatica della pectina, un polisaccaride presente nell’uva. Pur essendo tossico, il suo contenuto nel vino non costituisce rischio, a meno di quantità fraudolentemente aumentate (come nel caso tristemente noto di Narzole). La sua determinazione si effettua normalmente per GC La glicerina impartisce al vino un sapore marcatamente dolciastro e contribuisce a migliorarne l’equilibrio e il corpo. Essendo un composto non troppo volatile, la sua determinazione si effettua per separazione HPLC

  24. Alcoli superiori I cosidetti alcoli superiori o fusel oils, cioè alcoli con più di due atomi di carbonio, si originano dagli aminoacidi presenti nell’uva: nel vino i più importanti sono 1-propanolo, 2-metil-1-propanolo, 3-metil-1-butanolo e 2-metil-1-butanolo Gli alcoli superiori influenzano in vario modo il gusto del vino; nel Cabernet Sauvignon ne è stato identificato uno particolare, il 3-metiltio-1-propanolo (CH3-S-CH2-CH2-CH2-OH) che deriva dall’aminoacido metionina e impartisce al vino una forte nota dolce La determinazione degli alcoli superiori si può effettuare per GC. Nel cromatogramma sono riconoscibili i seguenti composti, in ordine di eluizione: 1-propanolo, etil acetato (un estere), 2-metil-1-propanolo, 1-butanolo (standard interno), etil acetale (un etere), 3-metil-1-butanolo e 2-metil-1-butanolo

  25. Estratto secco netto È un parametro importante: dà l'idea della robustezza del vino. Ad esso contribuiscono le sostanze non volatili lasciate dopo l’evaporazione dell’etanolo, quindi composti diversi come gli acidi fissi tartarico, malico e lattico, la glicerina, le materie coloranti, i tannini, le sostanze minerali e gli zuccheri, anche se questi ultimi contribuiscono più correttamente all’estratto secco apparente, potendo generare altro etanolo L'estratto secco netto, il cui valore si esprime in g/l, è legato al tipo di vino ed alla tecnica di vinificazione. I vini rossi, a causa della presenza delle materie coloranti e dei tannini, hanno solitamente un estratto superiore a quello dei bianchi. L'estratto secco netto è uno dei parametri previsti dai disciplinari dei vini D.O.C. e D.O.C.G., ed entra quindi a far parte degli elementi di giudizio sulla genuinità. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la correlazione fra il valore dell'estratto e il valore delle ceneri di un vino. Infatti il contenuto in ceneri di un vino è normalmente circa 1/10 del valore dell'estratto secco netto La determinazione si effettua per densitometria, misurando la differenza tra la densità del campione di vino e quella del distillato alcolico (privo delle sostanze che compongono l’estratto). Nell’effettuare la determinazione, è necessario porre attenzione a non arricchire il distillato in sostanze debolmente volatili come l’acido malico, il glicole etilenico o la stessa acqua

  26. Zuccheri Rappresentano una parte importante del mosto e quindi del vino e sono costituiti principalmente da fruttosio (levulosio) e glucosio (destrosio): il primo ha struttura furanosidica, cioè a 5 atomi di carbonio, mentre il secondo ha struttura piranosidica, cioè a 6 atomi di carbonio. I due zuccheri vengono fermentati dai lieviti naturalmente presenti nel mosto con produzione di alcol; quando la fermentazione è terminata non sono più presenti o si ritrovano in tracce. Altri zuccheri piranosidici nel mosto sono il ramnosio, l’arabinosio e lo xilosio Oltre ai monosaccaridi citati, nell’uva sono presenti disaccaridi come il saccarosio (fruttosio + glucosio) e polisaccaridi come la pectina (acido galatturonico) e le gomme (arabinosio, galattosio) Secondo il tenore di zuccheri presenti i vini vengono classificati come secchi, amabili, dolci, ecc.; fruttosio glucosio ovviamente i vini dolci e liquorosi contengono una quantità di zuccheri non fermentati più elevata che ne conferisce il sapore dolce

  27. Rapporto glucosio/fruttosio Glucosio e fruttosio nel mosto si trovano inizialmente in quantità pressoché uguali per cui il loro rapporto varia tra 0.7 e 1.1, a seconda di fattori come il grado di maturità delle uve, le condizioni climatiche e naturalmente la varietà di uva. Durante la fermentazione alcolica, il glucosio viene consumato per primo dai lieviti: ciò comporta una sua diminuzione e il rapporto fra i due zuccheri, al procedere della fermentazione, si allontana sempre di più dall'unità, fino ad arrivare alla fine attorno a 0.25. Nel caso di vini dolci e nei casi in cui non è consentita la dolcificazione, il valore di questo rapporto può rappresentare un elemento di controllo della genuinità Nel vino non è presente naturalmente il saccarosio. Le piccole quantità che si trovano nell'uva all'atto della spremitura spariscono rapidamente nel giro di qualche ora per idrolisi, quindi un’eventuale addizione fraudolenta è difficile da rivelare. Nei casi sospetti, la ricerca del saccarosio e dei suoi derivati di idrolisi (glucosio e fruttosio) è uno dei parametri di controllo della genuinità

  28. Inositolo Sempre nell'ambito del controllo della genuinità, un elemento di notevole valore diagnostico è costituito dalla presenza di due composti che vengono collocati nel quadro zuccherino naturale dei vini: mio-inositolo e scillo-inositolo. La determinazione del contenuto di questi due polialcoli ciclici e il rapporto fra le loro concentrazioni assume un significato rilevante agli effetti del controllo della genuinità mio-inositolo scillo-inositolo

  29. Determinazione degli zuccheri riducenti La determinazione degli zuccheri si può effettuare con tecniche diverse. Una determinazione classica è quella degli zuccheri riducenti: essendo il glucosio e il fruttosio composti riducenti in virtù del gruppo alcolico e del gruppo aldeidico, è possibile determinarne la quantità totale (comprensiva anche dei pentosi, zuccheri non fermentabili ma ugualmente riducenti) mediante il metodo di Rebelein che consiste nel fare reagire gli zuccheri con una soluzione di Cu2+ in ambiente basico: Zucchero + Cu2+ prodotto ossidato + Cu+ Lo ione Cu2+ è addizionato in quantità nota sotto forma di reattivo di Fehling, composto da due soluzioni di cui una contenente CuSO4·5H2O e l’altra contenente tartrato di sodio e potassio in idrossido di sodio. Dopo la reazione redox, l’eccesso di Cu2+ è fatto reagire con KI in ambiente di H2SO4 e si titola lo iodio sviluppatosi con Na2S2O3 in presenza di indicatore salda d’amido: 2Cu2+ + 2I- 2Cu+ + I2 I2 + 2S2O32- 2I- + S4O62- Per l’analisi dei vini rossi o di vini ricchi di polifenoli è bene eliminare i polifenoli stessi con carbone attivo, per evitare interferenze positive nella determinazione

  30. Determinazione cromatografica La separazione cromatografica degli zuccheri è possibile con HPLC su colonna di silice con gruppi aminici e fase mobile acqua/acetonitrile. Per la rivelazione si impiega normalmente il detector a indice di rifrazione, basato sulla capacità di una sostanza in soluzione di deviare un raggio luminoso; in alternativa, essendo gli zuccheri composti riducenti in virtù del gruppo alcolico e del gruppo aldeidico, è possibile utilizzare un rivelatore amperometrico nel quale i vari composti separati sono sottoposti ad una reazione elettrochimica • iso-Eritritolo • Fruttosio • Sorbitolo • Mannitolo • Glucosio • Inositolo • Saccarosio • Maltitolo • Maltosio

  31. Acidità del vino L'acidità conferisce al vino vivacità nel gusto e nel colore: si tratta quindi di un parametro apprezzabile, se dovuto agli acidi giusti Gli acidi presenti nel vino sono classificabili in acidi naturali, presenti nell’uva (tartarico, malico e citrico) e in acidi di origine fermentativa (acetico, lattico e succinico). Ogni acido conferisce note particolari e positive se in concentrazione opportuna; l’acido malico è preferibilmente convertito ad acido lattico nella fermentazione malolattica in quanto dà note acerbe, mentre l’acido acetico è ovviamente mantenuto al minimo per evitare l’insorgere di acescenza L'acidità totale del vino è costituita dalla somma dell’acidità volatile, data principalmente dall’acido acetico, e dell'acidità fissa, data da acido tartarico, malico, lattico e in misura minore acido succinico e altri acidi. L’acidità totale è convenzionalmente espressa in g/l di acido tartarico in quanto è l’acido presente in misura preponderante nell'uva e nel mosto Le tecnologie di trasformazione e di vinificazione influenzano in modo determinante il quadro acidico finale del vino, che va quindi controllato attentamente mediante la determinazione analitica dei parametri di acidità (totale, volatile e fissa) e dei singoli acidi principali

  32. Determinazione dell’acidità L’acidità totale del vino è effettuata con titolazione acido-base con una soluzione a titolo noto di NaOH, rilevando il punto di equivalenza in presenza di indicatore blu di bromotimolo oppure seguendo la titolazione per via potenziometrica con un elettrodo. Normalmente l’analisi si effettua dopo avere allontanato l’anidride carbonica presente, che potrebbe falsare il punto di equivalenza. È importante L’ acidità fissa, dovuta agli acidi organici non volatili, si misura per differenza tra l’acidità totale e quella volatile comprendere la differenza tra acidità totale e acidità titolabile: la prima è il contenuto totale di acidi organici nel vino, mentre la seconda è la concentrazione totale di ioni H+ nel vino, minore dell’acidità totale in quanto gli acidi nel vino sono in parte neutralizzati da ioni Na+ e K+. Quindi l’acidità totale è uguale a [H+] + [Na+] + [K+] Oltre all’acidità totale, è utile determinare l’acidità volatile dovuta principalmente all’acido acetico. Si misura in maniera analoga all’acidità totale sul distillato ottenuto in corrente di vapore d'acqua, con l’apparecchiatura mostrata in figura. In questo caso è necessario sottrarre dal valore determinato il contributo di sostanze che passano nel distillato: biossido di zolfo libero e combinato, acido sorbico e acido salicilico eventualmente aggiunti al vino

  33. Determinazione del quadro acido Oltreaiparametridiacidità, è utile la determinazionedeisingoliacidiorganici, in quelloche è noto come ilquadroacido. I principaliacidiche lo compongonosonoiseguenti: Acidiminorisonoilformico, l’ossalico, ilpiruvico e ilgluconico • Acido tartarico, l’acido caratteristico dell’uva, in parte perso per precipitazione come potassio bitartrato • Acido malico, la cui concentrazione è limitata nei vini rossi dalla fermentazione malo-lattica • Acido citrico, la cui presenza è artificiale se al di sopra di 800 mg/l • Acido succinico, formato dalla fermentazione alcolica • Acido lattico, formato dalla fermentazione malo-lattica • Acido acetico, formato dall’ossidazione dell’acetaldeide e dalla fermentazione acetica Acido tartarico Acido malico Acido citrico Acido succinico Acido lattico Acido acetico

  34. Quadro acido con HPLC La determinazione del quadro acido si effettua con tecniche cromatografiche. Si può utilizzare la cromatografia HPLC, separando gli acidi in forma protonata e quindi meno polare, su una colonna C18 con fase mobile acqua/acetonitrile oppure solo acquosa, e rivelazione spettrofotometrica a 210 nm

  35. Quadro acido con IC Altra tecnica impiegata è la cromatografia ionica. In questa tecnica, gli acidi sono separati in forma parzialmente ionizzata, utilizzando una variante nota come esclusione ionica. Si utilizza acido eptafluorobutirrico come fase eluente e rivelazione conducimetrica. Gli acidi sono eluiti in ordine di pK crescente, ovvero gli acidi più forti per primi e gli acidi più deboli per ultimi Normalmente si effettua una diluizione 1:25-1:50 del campione per ridurre la possibilità di interferenze da parte di sostanze fenoliche; inoltre, essendo la concentrazione di acido tartarico molto elevata, la diluizione ne riporta il livello a valori opportuni

  36. Polifenoli Dopo i carboidrati e gli acidi, i polifenoli o composti fenolici sono il gruppo più abbondante di costituenti chimici dell’uva. Nel vino hanno un ruolo importantissimo: innanzitutto sono responsabili delle differenze tra vini bianchi e vini rossi, soprattutto per colore e aroma, in particolare contribuendo al gusto amaro e all’astringenza del vino; in secondo luogo, hanno proprietà antiossidanti e battericide, particolarmente gradite dal punto di vista salutistico; infine hanno un ruolo primario nella conservazione e nell’invecchiamento del vino A livello macroscopico, i polifenoli rappresentano la parte colorata e colorante del vino. Sono composti contenuti nella buccia dell'uva e la loro presenza nel vino dipende dalla tecnica di vinificazione. Il contatto più o meno prolungato del mosto con le bucce ne determina il contenuto nel mosto e quindi nel vino. In base al contenuto di polifenoli si possono classificare i vini come bianchi, rosati, rossi, rossissimi e torchiati. I vini bianchi hanno un contenuto in polifenoli inferiore rispetto ai vini rossi

  37. Benefici dei polifenoli In campo enologico ed igienico-sanitario è ormai largamente condivisa la teoria che il vino abbia una notevole azione cardioprotettiva. Studi epidemiologici e prove sperimentali condotte sull'uomo hanno dimostrato che il vino rosso riduce l'incidenza dell'arteriosclerosi coronarica più di ogni altra bevanda alcolica. Successive indagini hanno altresì provato che i polifenoli hanno una potente azione antiossidante capace di inibire la formazione di lipoproteine ossidate (LDL) nell'uomo. Gli studiosi sembrano unanimemente concordi nell'attribuire tale importante azione terapeutica ai polifenoli e principalmente al Resveratrolo, composto contenuto nella buccia dell'uva e che induce nella bacca un tipo di resistenza ad infezioni da funghi

  38. Paradosso francese Il termine French paradox (Paradosso francese) è stato coniato nel 1991 a proposito del fatto che, nella popolazione francese, l'incidenza di infarto del miocardio è circa la metà rispetto agli Stati Uniti e al Nordeuropa, nonostante la dieta del Francesi sia basata su un consumo di burro ed altri grassi animali altrettanto elevato Ormai è acclarato che la spiegazione consiste nell'abitudine diffusa ad un moderato consumo di vino rosso, alimento ricco di sostanze antiossidanti come sono i polifenoli

  39. Attività antiossidante Per chiarire la potenzialità dei polifenoli in termini di salute, valutiamo l’attività antiossidante dei vini rossi in confronto con il loro contenuto di polifenoli totali e di antociani. Nell’analisi di 19 vini rossi del Trentino, si nota una correlazione strettissima tra i parametri considerati Ormai è acclarato che la spiegazione consiste nell'abitudine diffusa ad un moderato consumo di vino rosso, alimento ricco di sostanze antiossidanti come sono i polifenoli

  40. Classificazione dei polifenoli Chimicamente i polifenoli si distinguono per la presenza di due o più gruppi fenolici, e sono suddivisibili nelle seguenti famiglie: • Flavonoidi, sostanze pigmentate con struttura caratteristica costituita da due gruppi benzenici uniti da un eterociclo con un atomo di ossigeno • Acidi fenolici, come gli acidi benzoici e gli acidi cinnamici • derivati degli acidi fenolici, come gli stilbeni tra cui il resveratrolo

  41. Acido gallico Acido caffeico Catechina Acido caftarico o trans-caffeoiltartarico Polifenoli nei vini bianchi Nella vinificazione in bianco, essendo scarso l’utilizzo delle bucce degli acini, passano nel vino principalmente i polifenoli contenuti nella polpa, che sono prevalentemente di tipo non flavonoide. Prevalgono gli acidi idrossibenzoici (acido gallico, vanillico, siringico, salicilico, gentisico), gli acidi idrossicinnamici (acido cumarico, caffeico, ferulico) e i loro esteri con l’acido tartarico (acido coutarico, caftarico, fertarico) che sono i polifenoli maggiori nei vini bianchi Oltre ai non flavonoidi, sono presenti polifenoli a struttura flavonoide chiamati flavan-3-oli, tra cui prevalgono la catechina e l’epicatechina, composti che contribuiscono significaticamente al profilo sensoriale. Derivati delle catechine sono le procianidine e gli esteri con l’acido gallico Procianidina

  42. Flavonolo Antocianina Polifenoli nei vini rossi Nella vinificazione in rosso sono presenti tutti i polifenoli citati più altre famiglie di composti flavonoidi che sono contenuti in prevalenza nelle bucce. Essi sono: Flavan-3,4-diolo • Flavan-3,4-dioli o leucoantocianidine • Flavonoli, composti che hanno quasi sempre un residuo di glucosio, tra cui la quercetina, la miricetina e il kaempferolo • Antociani, i composti per eccellenza legati al colore del vino rosso • Tannini, composti polimerici di origine anche non flavonoide e di grande importanza nelle caratteristiche organolettiche dei vini, in particolare di quelli invecchiati

  43. Determinazione dei polifenoli Come per gli zuccheri e per l’acidità, la determinazione dei polifenoli ha significato a livello dei singoli composti oppure sull’insieme dei composti della medesima famiglia Per quanto riguarda la determinazione totale dei composti fenolici, il metodo più noto è quello dell’Indice di Folin-Ciocalteau, nel quale si utilizza la spettrofotometria UV-visibile. Si utilizza il reattivo di Folin-Ciocalteau (miscela di acido fosfotungstico, H3PW12O40, e acido fosfomolibdico, H3PMo12O40) che in presenza di composti fenolici si riduce a miscela di ossidi di tungsteno e molibdeno (W8O23 e Mo8O23); la colorazione blu sviluppata ha un massimo di assorbimento a 750 nm. Convenzionalmente il risultato della misura spettrofotometrica si esprime in mg di acido gallico per litro di vino (GAE) Il metodo è molto pratico da eseguire, anche se ha scarsa selettività, in quanto misura il numero di gruppi fenolici presenti nel campione, quindi anche quelli dei monoidrossifenoli, ed è inoltre sensibile a sostanze facilmente ossidabili come l’acido ascorbico, l’anidride solforosa e gli zuccheri riducenti nei vini dolci

  44. Determinazione cromatografica La determinazione dei singoli polifenoli è piuttosto complessa, in quanto non ci sono reazioni selettive che si possano sfruttare per effettuare ad esempio misure spettrofotometriche. La tecnica più idonea a determinare singolarmente i composti fenolici è la cromatografia, e in particolare, essendo i polifenoli composti non volatili, la tecnica HPLC Esistono metodi di separazione HPLC che consentono di determinare un quadro polifenolico abbastanza ampio, anche se mai esaustivo: abbiamo visto come sotto la denominazione polifenoli rientrino in realtà composti piuttosto diversi, che dal punto di vista cromatografico hanno comportamento sicuramente differente. Per cui la separazione cromatografica è possibile per alcuni dei più importanti composti fenolici, generalmente impiegando metodi in gradiente, che consentono nella stessa corsa cromatografica di modificare le caratteristiche della fase mobile in modo da includere nella separazione famiglie diverse di polifenoli In alternativa, esistono metodi di pretrattamento che consentono di isolare una o più famiglie di polifenoli che possono essere poi determinate con maggiore accuratezza

  45. Esempi di separazione di polifenoli In questo esempio è riportato il cromatogramma di una miscela standard di polifenoli (A) separati su colonna C18 con una fase fissa acqua/metanolo/acido acetico in gradiente di metanolo. La rivelazione è spettrofotometrica a 280 nm I polifenoli separati sono di tipo flavonoide e non flavonoide. Nel cromatogramma B è mostrata l’analisi di un vino rosso iniettato direttamente in colonna; il risultato migliora nettamente dopo estrazione liquido-liquido con dietiletere (C). Si noti il picco del resveratrolo (13) A B C

  46. Gli antociani Gli antociani sono composti polifenolici del gruppo dei flavonoidi. Essi vengono sintetizzati nelle bucce dell’uva, ai cui frutti impartiscono il colore che, a seconda degli antociani presenti, può essere verde-giallo, rosa, rosso, rosso-violetto, rosso-nero e blu-nero Nell’uva Vitis vinifera esistono cinque tipi di antocianine: Cianidina, Delfinidina, Malvidina, Peonidina e Petunidina Esistono poi alcuni derivati di questi cinque composti-base, in particolare gli esteri formati dal glucoside con l’acido acetico e p-cumarico

  47. Equilibrio tra le forme Gli antociani si trovano in strutture diverse a seconda del pH

  48. Determinazione degli antociani La determinazione del profilo antocianico è interessante dal punto di vista tassonomico, essendo questi composti tipici delle uve da cui deriva il vino e quindi teoricamente utili per riconoscere i vitigni impiegati. La separazione si effettua con tecnica HPLC su colonna C18 e fase mobile acqua/acetonitrile, normalmente in gradiente di solvente organico. La fase mobile ha pH acido (< 1.5) per avere le antocianine omogeneamente in forma di ione flavilio, il quale presenta un massimo di assorbimento a 520 nm, in particolare a pH molto acido Questa separazione consente di determinare separatamente le 5 antocianine e i loro derivati esterei con gli acidi acetico, cumarico e caffeico

  49. Il Resveratrolo Il più importante tra i polifenoli è sicuramente il composto 3,5,4’-triidrossistilbene, più noto come trans-resveratrolo, appartente alla classe degli stilbeni. Questa sostanza, presente in molte piante ma in misura prevalente nell’uva, è diventata oggetto di numerosissime ricerche per le sue ormai accertate virtù medicamentose L’origine di questo interesse sta nel fatto che la sua presenza è stata identificata in formulazioni erbali della tradizione popolare giapponese; attualmente, si ritiene che abbia proprietà antiinfiammatorie e anticoagulanti utili per la protezione dall’aterosclerosi e dalle malattie cardiovascolari In più, sembra che il resveratrolo possa inibire eventi cellulari associati all’insorgere e al procedere di tumori e ridurre la morte cellulare per stress ossidativi In definitiva, si tratta di uno dei composti più nobili presenti nel vino

  50. Il Resveratrolo nel vino Dal punto di vista biochimico, la sintesi del resveratrolo è causata in risposta a infezioni microbiche o stress nella vite, ma paradossalmente si produce anche per trattamenti chimici come l’applicazione di erbicidi e fungicidi, o per esposizione alla luce UV Nell’uva, la sintesi del resveratrolo è localizzata prevalentemente nelle cellule della buccia. Nella vinificazione in rosso, quindi, la macerazione con le bucce fa sì che i vini rossi abbiano livelli di resveratrolo maggiori rispetto ai vini bianchi Il contenuto di resveratrolo nel vino dipende soprattutto dalle caratteristiche genetiche del vitigno e dalle condizioni enologiche. Nei vini americani il livello di resveratrolo è inferiore a 1 mg/l, mentre nei vini europei la concentrazione è maggiore, soprattutto per quelli italiani, francesi e spagnoli. In alcuni casi è stato verificato l’effetto maggiorativo dell’esposizione solare della vite

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