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8 settembre 1943

8 settembre 1943. Il tempo delle scelte. Una volta al secolo, qualcosa di serio e di pulito può accadere anche in questo paese. Giorgio Agosti.

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8 settembre 1943

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Presentation Transcript


  1. 8 settembre 1943 Il tempo delle scelte Una volta al secolo, qualcosa di serio e di pulito può accadere anche in questo paese. Giorgio Agosti

  2. Ci si rassegna troppo facilmente alla fatalità. Troppo facilmente si accetta di credere che […] solo il sangue fa compiere passi avanti alla storia e che il più forte […] avanza a scapito della debolezza dell'altro. Forse questa fatalità esiste. Ma il compito degli uomini non è quello di accettarla […]. Il compito degli uomini di cultura e di fede non è, in ogni caso, né disertare le lotte storiche, né mettersi al servizio di quel che c'è in esse di crudele e di disumano. È quello di resistere, di aiutare l'uomo contro quel che lo opprime, di favorirne la libertà contro le fatalità che lo accerchiano. Albert Camus, L’uomo in rivolta.

  3. Le premesse Sbarco degli anglo-americani in Sicilia. 10 luglio 1943 Il Gran Consiglio del Fascismo approva l’ordine del giorno Grandi: il re riassume le funzioni di comandante supremo delle forze armate; Mussolini è costretto alle dimissioni; il gen. Badoglio è il nuovo capo del governo. 25 luglio 1943

  4. Il crollo del regime

  5. Il crollo del regime In questa scelta la “piazza” non ha alcun peso, tutto si svolge, diremmo oggi, dentro il Palazzo. È una cruda verità, difficile da ammettere. A far cadere il fascismo è un manovra dei suoi stessi gerarchi, senza la quale in Italia la Resistenza non sarebbe nata. A. Cavglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  6. Il crollo del regime Il fascismo non è una tegola cadutaci per caso sulla testa; è un effetto della apoliticità e quindi della immoralità del popolo italiano. Se non ci facciamo una coscienza politica non sapremo governarci e un popolo che non sa governarsi cade necessariamente sotto il dominio straniero o sotto una dittatura. E. Artom, Diari, gennaio 1940-febbraio 1944

  7. Una gioia tumultuosa ed improvvisa soffocò la paura e l'incertezza. La folla si gettò contro i simboli del regime, per frantumarli, spezzarli, lacerarli. I ritratti di Mussolini, che secondo i riti del fascismo erano stati appesi un po' ovunque, scomparvero quasi come per effetto di un ordine simultaneo. Ennio Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani 1943-1953 Aosta: 25 luglio 1943 (arch. R. Willien) Il crollo del regime

  8. Cominciava il periodo badogliano che fu in effetti per il popolo italiano uno stato di assedio vero e proprio. L. Binel, Cronaca di un valdostano

  9. Ormai l’Italia uscirà da questa crisi attraverso una prova durissima: la distruzione delle sue città, la deportazione dei suoi giovani, le sofferenze, la fame. Questa prova può essere il principio di un Risorgimento soltanto se si ha il coraggio di accettarla come impulso a una rigenerazione totale; se ci si persuade che un popolo portato alla rovina da una finta rivoluzione può essere salvato e riscattato soltanto da una vera rivoluzione. G. Pintor, Il sangue d’Europa. Estate 1943

  10. Milano 1943: Bombardamenti Estate 1943 Invano cerchi tra la polvere,povera mano, la città è morta. È morta: s'è udito l'ultimo rombosul cuore del Naviglio. E l'usignoloè caduto dall'antenna alta sul convento,dove canta prima del tramonto. Non scavate pozzi nei cortili: i vivi non hanno più sete. Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:lasciateli nella terra delle loro case:la città è morta, è morta S. Quasimodo , «Milano, Agosto 1943»

  11. 8 settembre 1943

  12. 8 settembre 1943 L’Italia sprofondava verso il baratro, senza che nessuno fosse capace […] di indicare una linea politica, che non si sapeva chi avrebbe potuto attuare. […] Il primo pensiero era quello di mettersi in salvo […] dovunque, comunque e a qualsiasi condizione. E. Di Nolfo, Le paure e le speranze degli italiani

  13. 14 settembre 1943: Appello del Commissario prefettizio di Aosta

  14. Appello del CLN (9 settembre 1943) “ITALIANI! La guerra fascista è finita. Il popolo italiano saluta nell’armistizio la fine della ignominiosa alleanza col nazismo. Oggi può essere l’inizio della nostra rinascita. Tutto dipende da noi. Soltanto attraverso la nostra partecipazione attiva alla lotta di liberazione dell’Italia e dell’Europa, noi conquisteremo il nostro diritto a riscattarci da vent’anni di oppressione e di prepotenza fascista, a risorgere come nazione libera, a essere una delle nazioni unite.”

  15. Di fronte alla scelta… L’8 settembre […] rese possibile, a chi non si adattava ai faticosi espedienti imposti dall’indifferenza, percorrere la via del riscatto; ma anche la via della ricerca di un’uscita perseverando in ciò che aveva prodotto la catastrofe: riportare cioè al potere il fascismo, continuare la guerra a fianco della Germania. C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza

  16. Per risalire è necessario toccare il fondo, ma se nel momento più buio si vede sempre l’aurora, come amava ripetere Giuseppe Mazzini, orientarsi non è semplice: «Basta un nulla, un passo falso, una impennata dell’anima e ci si trova dall’altra parte», osserva Kim, commissario partigiano ne Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino. […] Le idee si possono e si debbono discernere in buone e cattive, ma gli uomini che seguono le une e le altre non è detto che si possano automaticamente catalogare di conseguenza. A. Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia Di fronte alla scelta…

  17. Di fronte alla scelta… Per molti dei miei coetanei, era stato solo il caso a decidere da che parte dovessero combattere; per molti le parti tutt’a un tratto si invertivano, da repubblichini diventavano partigiani o viceversa; da una parte o dall’altra sparavano o si facevano sparare; solo la morte dava alle loro scelte un segno irrevocabile. I. Calvino, Presentazione a Il sentiero dei nidi di ragno

  18. Di fronte alla scelta… La Resistenza mi sembra assai più simile al Risorgimento di quanto si sia fino ad oggi creduto. L’una e l’altro furono opera di minoranze. Tuttavia chi tende a togliere valore positivo al Risorgimento come alla Resistenza non avverte che proprio in ciò, nel trovarsi in pochi, è sempre consistita, e tuttora consiste, la virtù degli italiani. È di conforto sapere che gli italiani, pochi, reagiscono se messi alle strette. Non è di conforto osservare che qualcuno tenderà a trasformare le gesta di pochi in una rivoluzione di molti. […] In verità nella storia d’Italia le pagine decenti sono sempre opera di pochi, sgarbati e non-conformisti. In questo consiste la forza, ma anche il limite del nostro paese. A. Cavglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  19. I protagonisti Nell’ora della disfatta alcuni italiani decidono di resistere subito all’occupazione tedesca. Poche migliaia: molti per un Paese […] che esce da Venti anni di regime poliziesco. […] I primi ribelli muovono contro la corrente della disfatta; in certe valli se ne ha la rappresentazione fisica: essi le risalgono mentre i reggimenti dell’esercito in rotta le abbandonano. G. Bocca, Storia dell’Italia partigiana Partigiani in marcia, AISRVdA

  20. Nelle condizioni in cui si svolge, la guerra partigiana in Italia non può essere se non quella che riesce ad essere, senza accusarla di non essere stata quello che non poteva essere, né magnificarla per quello che non può essere stata. L’immagine che più ritorna nelle testimonianze del tempo non è quella di un’azione pienamente consapevole: è la metafora di un’onda dalla quale molti giovani si fanno trascinare senza chiedersi e capire perché. […] La Resistenza in Italia è cosa troppo difforme dal resto della storia nazionale per essere “inquadrata”. Tuttavia, pur con i limiti che propri, la pagina scritta “sull’onda” è di gran lunga più ammirevole di altre che gli italiani hanno scritto quando hanno agito con calcolata premeditazione. A. Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia I protagonisti

  21. I protagonisti La verità è che non avevamo capito le possibilità della situazione: nell’euforia attivista dei primi mesi, quel senso di essere portati da un’onda, raramente ci si era fermati a domandarsi: Ma che cosa succede esattamente? Come si inquadra tutto questo nella storia italiana? Come si deve fare, ora, a parte farsi portare dall’onda? Luigi Meneghello, Piccoli maestri

  22. I protagonisti … siamo quello che siamo: un complesso di individui, in parte disinteressati e in buona fede, in parte arrivisti politici, in parte soldati sbandati che temono la deportazione in Germania, in parte spinti dal desiderio di avventura, in parte da quello di rapina. Gli uomini sono uomini. Bisogna cercare di renderli migliori e a questo scopo per prima cosa giudicarli con spregiudicato e indulgente pessimismo. In quasi tutte le mie azioni sento un elemento più o meno forte di interesse personale, egoismo, viltà, calcolo, ambizione; perchè non dovrei cercarlo anche in quelle degli altri ? Perchè ritrovandolo dovrei condannarlo severamente? E. Artom, Diari, gennaio 1940-febbraio 1944

  23. La “prima” Resistenza […] i primi segni di resistenza vengono innanzitutto dalle forze armate dell’esercito disciolto, dai soldati. Gli scontri di porta San Paolo a Roma e soprattutto la divisione Acqui a Cefalonia sono gli episodi più noti. […] Alla sua nascita la Resistenza è “militare” in proporzione schiacciante. Dai militari (da dove altrimenti?) giungono armi, regole di comportamento su che cosa sia meglio fare (e soprattutto non fare). A. Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  24. Più di 8400 italiani caddero a Cefalonia e le loro ossa furono lasciate insepolte poiché […] i “ribelli italiani non meritano sepoltura”. I “ribelli italiani”- quella che voleva essere una suprema ingiuria definiva in realtà ciò che era accaduto di nuovo e di imprevisto nel seno del nostro esercito disperso ai quattro venti dalla criminale condotta di guerra fascista. La sua fu una “ribellione” ostinata ed eroica […] una vera e propria “ribellione antifascista”, pur al di fuori degli schemi della lotta politica in Italia. E quell’atto supremo […] fu il frutto […] della consapevolezza dolorosamente maturata che gli “altri”, e cioè i popoli oppressi, “avevano ragione” […]. Cominciava […] il riscatto del paese, e la sua prima espressione era un atto di sfida o di ribellione. R. Battaglia, La seconda guerra mondiale La “prima” Resistenza

  25. La “prima” Resistenza Cefalonia, militari della Divisione Acqui

  26. Una guerra “per bande” La Resistenza si caratterizza sin dall’inizio per la sua frammentazione sul territorio; da ciò, fra l’altro deriva la sua incisività. […] I gruppi che dovunque si formano non superano mai la dimensione della “brigata” (poche centinaia di uomini) o al massimo della “divisione” (che solo nelle ultime settimane, e comunque in poche casi, supererà le mille unità). Sono formazioni del tutto autosufficienti, anche quando la matrice politica è la stessa il coordinamento è minimo. La fiducia personale, il legame affettivo prevalgono sulla militanza ideologica. I confini della guerra partigiana non sono in prima istanza quelli della nazione, ma quelli della piccola patria, della singola valle o di una parte di essa. […] Ogni banda fa storia a sé ed è un errore prospettico pensarla come un esercito con gradi e gerarchie. Nel dopoguerra si farà una grande corsa a restituire titoli e gradi a una storia che ha il suo punto di forza nel disordine, nell’anarchia, nella logica dei piccoli gruppi che si scolgono e si ricongiungono spesso in luoghi diversi. A. Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  27. Una guerra “per bande” Le 15 septembre 1943, dans un hameau de Clavalité (Commune de Fénis) se formait la première bande partisane, comprenant une dizaine d'hommes, dont le promoteur fut Emile Lexert, employé à «La Cogne» et militant communiste, tué par les nazis le 23 avril1944 lors d'une mission. J'étais responsable de l' organisation des groupes de résistants et d'agents de liaison. Le deuxième groupe je l'organisais à Arnad, les autres à Perloz (Pont -Saint - Martin), à Hone Bard, à Issogne, à Saint-Marcel, à Brissogne, etc. Ces groupes comptaient de dix à trente hommes. Armés un sur trois de fusil de chasse, de quelque revolver. Jean Baptiste Chabloz, Les temps ont changés

  28. Alla fine del '43 per qualcuno era difficile scegliere di andare in montagna perché non si sapeva chi avrebbe vinto, poi, con l'avanzata degli Alleati, è stato più facile [...]. Così i richiamati alle armi e i nuovi chiamati hanno sempre più deciso di disobbedire e di venire con noi in montagna. […] Dopo il 4 marzo '44 ci siamo davvero organizzati: le zone in cui siamo finiti dipendevano molto da dove noi avevamo le case. Ho chiamato il distaccamento che guidavo “Isonzo” per via dei miei ricordi di militare. Ci siamo subito divisi in due gruppi perché, soprattutto con i miei compaesani di Perloz, non andavo molto d'accordo. Io ero rigido, pretendevo la disciplina com'ero stato abituato, essendo sergente maggiore, quando facevo il soldato. Bono Badery, in Roberto Nicco, La Resistenza nella Bassa Valle d'Aosta Una guerra “per bande”

  29. L’antifascismo partigiano Si è, con gli anni, consolidato un luogo comune: l’8 settembre coinciderebbe con la nascita del fascismo – e dell’antifascismo – cancellando, così, con solo colpo di spugna, vent’anni di storia. […] È come se il fascismo non fosse esistito prima. Del resto, nemmeno l’antifascismo nasce l’8 settembre. […] quale rapporto sussiste fra partigiani e antifascismo storico? La guerra partigiana è […] opera di un antifascismo nuovo e comunque diverso da quello delle origini: si sovrappone a quello di quanti hanno pagato per la loro opposizione con lunghi anni di carcere, e ne contamina la purezza con una scelta dettata dalla lezione dei fatti, che per sua natura contiene una mescolanza di motivazioni ideali e di interessi contingenti. Una continuità è riscontrabile nei pochissimi che ritornano dall’esilio di Parigi, o escono dal carcere nei quarantacinque giorni di Badoglio, e subito salgono in montagna, ma sono casi davvero rari. Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  30. Progettualità politica della Resistenza? Anche in questo la Resistenza è assai simile al Risorgimento: è opera di minoranze, ma chi oggi tende a togliere valore all’uno e all’altra non avverte che proprio in ciò, nell’essere sempre in pochi, è consistita, e tuttora consiste, la gracilità della nostra costituzione politica e sociale. […] Più di tanto le minoranze non riescono a ottenere […]. Di più e di meglio la Resistenza non avrebbe potuto dare, per ragioni inerenti alla storia d’Italia […]. Se la Resistenza, nel suo farsi, appare singolarmente unita nell’obbiettivo di combattere il nazifascismo, ma divisa da programmi politici non compatibili – patriottici per alcuni, classisti per altri, monarchici per altri ancora – […] tutto questo accade perché irrisolte rimangono questioni fondamentali della storia d’Italia, che sarebbe ingiusto chiedere alla Resistenza di risolvere. Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  31. Una Rivoluzione-Rivelazione? La Resistenza non è stata una “rivoluzione”, un movimento illegale, violento e rapido, capace di distruggere un regime sociale e politico. Il fascismo è caduto da solo, a causa dei suoi errori, delle pesanti sconfitte militari. […] Se non è stata una Rivoluzione, cos’è stata allora la Resistenza? In Italia non siamo ancora abituati a studiare le Rivoluzioni-Rivelazioni. Dobbiamo imparare a conoscerle. Si può parlare della Resistenza come di una Rivoluzione-Rivelazione? La Rivoluzione-Rivelazione di segno positivo assomiglia a una Rivoluzione ma non lo è: per il sommovimento generale che determina le assomiglia, ma porta i segni di una scelta imprevista fino a pochi giorni prima, e purtroppo destinata a sparire quando si torna alla normalità. Uno scatto d’orgoglio, piacevole a vedersi perché inusuale, caratterizza la Rivoluzione- Rivelazione di segno positivo. Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  32. Una guerra civile? Se “rivoluzione” è un pronostico sbagliato, “guerra civile” è un paragone impreciso. […] Nelle guerre civili un popolo è diviso in due fin dall’inizio; la spaccatura viene da lontano […]. Non così in Italia, nel 1943. Troppo semplice dire che si combatte una guerra civile. La prima osservazione da fare è che la guerra in Italia non nasce, ma diventa civile. Per più di tre anni gli italiani sono uniti nel combattere una guerra tradizionale, un esercito solidale raggiunge i diversi fronti per un patto di alleanza condiviso. La guerra diventa civile in un secondo momento, in seguito alla sconfitta militare. La seconda osservazione da fare, è che la guerra civile non è la stessa in tutte le regioni d’Italia. Non va dimenticato, infatti, che si tratta di una guerra che riprende a essere civile solo dopo molti anni. […] Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  33. Una guerra civile? Un ultimo passo nel difficile camminino delle distinzioni deve esser compiuto. Bisogna trovare il coraggio di dire che la guerra fu fratricida perché combattuta dentro di sé. […] Come dirà Vittorio Foa: « Noi dovevamo combattere il fascismo fra di noi, fra italiani, e poi anche dentro di noi.» Cavaglion, La Resistenza spiegata a mia figlia

  34. Un riscatto morale e politico individuale e collettivo Oggi si vede bene che volevamo soprattutto punirci. La parte ascetica, selvaggia della nostra esperienza significa questo. Ci pareva confusamente che per ciò che era accaduto in Italia qualcuno dovesse almeno soffrire, in certi momenti sembrava un esercizio personale di mortificazione, in altri un compito civico. Era come se dovessimo portare noi il peso dell’Italia e dei suoi guai, e del resto anche letteralmente io non ho mai portato e trasportato tanto in vita mia: farine, esplosivi, pignatte, mazzi di bombe incendiarie, munizioni. Era un cumulo grottesco. In cima a tutto c’erano le pentole soprannumerarie, la corda, gli ombrelli ripiegati del paracadute; sotto il grande strato di viveri; sotto ancora lo zaino rigonfio, pieno di calze e di palle; e sotto lo zaino, io. Luigi Meneghello, Piccoli maestri

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