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Laboratorio specialistico l’ integrazione socio- sanitaria Contributo prof. Daniela Teagno

Laboratorio specialistico l’ integrazione socio- sanitaria Contributo prof. Daniela Teagno. Lezione 8 giugno 2009. Testi di riferimento: Rei D., Sociologia e welfare , Gruppo Editoriale Esselibri , Napoli, II edizione, 2008

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Laboratorio specialistico l’ integrazione socio- sanitaria Contributo prof. Daniela Teagno

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  1. Laboratorio specialistico l’integrazione socio-sanitariaContributo prof. Daniela Teagno Lezione 8 giugno 2009 Testi di riferimento: Rei D., Sociologia e welfare, Gruppo Editoriale Esselibri, Napoli, II edizione, 2008 Ferrera M. , Le politiche sociali, Il Mulino, Manuali, Bologna, 2006 Maggian R., Il sistema integrato dell’assistenza. Guida alla L.328/2000,Carocci, Roma, 2ª ristampa maggio 2002 http://www.regione.piemonte.it/sanita/program_sanita/distretti/index.htm

  2. Il sistema sanitario Insieme delle istituzioni, attori e risorse (umane e materiali) la cui finalità è produrre salute attraverso molte attività, che sostanzialmente si possono raggruppare in 4 punti : • PREVENZIONE PRIMARIA che cerca di eliminare le cause ed i fattori di rischio per la salute (a monte delle malattie); • PREVENZIONE SECONDARIA che cerca di eliminare le cause delle malattie, in fase precoce, quando queste sono già manifeste ed eventualmente fermare la loro evoluzione; • DIAGNOSI E CURA dove, individuata la causa, si rimuove lo stato patologico o si cerca di allentarne il decorso; • RIABILITAZIONE che è finalizzata a recuperare le capacità funzionali compromesse dalla malattia ed a impedirne la cronicità.

  3. Lo stato di salute Lo stato di salute (inteso come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale) non è dato solo dal sistema sanitario ma anche dall’ambiente, da fattori genetici e da fattori socioculturali ed economici, nonché stili di vita. Il sistema sanitario non è un’isola: ad esempio può consigliare ai decisori pubblici di altri settori di attuare politiche sane (a livello ambientale), può agire sui fattori genetici, può operare sugli stili di vita.

  4. I livelli di assistenza dei sistemi sanitari (1) a. Al primo livello troviamo i servizi medici di base che ruotano intorno al medico di medicina generale ed il pediatra. I medici di base e i pediatri sono considerati “ordinatori di spesa”, e sono gli attori più importanti per la definizione della spesa sanitaria e sociale. (Il SSN italiano prevede a testa per i medici di base 1500 assistiti e 800 per i pediatri; nella realtà i primi hanno meno assistiti di quelli previsti, i secondi di più).

  5. I livelli di assistenza dei sistemi sanitari (2) b. Il secondo livello è costituito dagli ospedali e dai servizi specialistici ambulatoriali.In Italia abbiamo : ASL, ASO a cui si aggiungono i policlinici universitari e gli istituti di cura a carattere scientifico. Nei servizi sanitari di secondo livello segnaliamo anche LE PRESTAZIONI SPECIALISTICHE AMBULATORIALI erogate da medici ospedalieri o da specialisti accreditati (interni od esterni).

  6. I livelli di assistenza dei sistemi sanitari (3) c. Al terzo livello sono collocate le specialità riguardanti malattie e interventi rari oppure l’impiego di apparecchiature molto particolari e costose. I cosiddetti “poli di eccellenza”.

  7. CONFIGURAZIONE ISTITUZIONALE DEL SSN (1) A livello centrale Il Parlamento ha il compito di approvare le leggi in materia di sanità e di definire le risorse da dedicare al sistema sanitario (il finanziamento del SSN avviene tramite la tassazione generale). Il Ministero della salute, affiancato da una serie di organismi di consulenza e con funzioni tecniche, tra cui il Consiglio Superiore di Sanità e l’Istituto Superiore di Sanità, mette a punto il Piano Sanitario Nazionale che deve essere approvato dal Governo per diventare operativo. Inoltre interagisce con laConferenza Stato - Regioni che è un organismo intermedio tra il livello centrale e quello regionale, dove vengono definiti gli accordi sul finanziamento del SSN.

  8. CONFIGURAZIONE ISTITUZIONALE DEL SSN (2) A livello regionale Le Regioni legiferano in materia sanitaria (recependo la normativa nazionale); emettono il proprio Piano Sanitario Regionale, di durata triennale, nominano i Direttori Generali delle ASL e definiscono le risorse finanziarie da destinare a livello locale. Le entrate regionali per la sanità derivano dai trasferimenti statali (vedi Conferenza Stato-Regioni), dall’ IRAP (imposta sulle attività produttive versata dalle imprese), dall’addizionale IRPEF (imposta regionale sulle persone fisiche versata dai cittadini), e dai cosiddetti ticket.

  9. CONFIGURAZIONE ISTITUZIONALE DEL SSN (3) A livello locale Le ASL (Aziende Sanitarie Locali), dotate di personalità giuridica e di ampia autonomia gestionale, • stipulano le convenzioni con i medici di base ed i pediatri; • trasferiscono risorse alle aziende ospedaliere (acquistando servizi); • gestiscono direttamente alcune strutture sanitarie; • accreditano strutture di cura private e liberi professionisti.

  10. Verso il SSN in Italia (1) Nei primi anni ‘70 il 94% degli italiani era coperto da mutue di categoria (lavoratori dipendenti, autonomi e professionisti, con i loro familiari a carico), che consentiva di accedere al sistema delle cure (le mutue verranno poi abolite con la riforma sanitaria). Rispetto agli ospedali, la loro gestione nel 1968 divenne pubblicizzata con la distinzione tra enti ospedalieri regionali, provinciali e zonali. Gli ospedali prima della L. 132/68 mantenevano una varietà di regimi gestionali (essendo amministrati da comuni, enti religiosi, Ipab).

  11. Verso il SSN in Italia (2) Preceduta dal 1° decentramento: Dpr 616/77 • L’indebitamento delle mutue, vicine al collasso finanziario, per il pagamento delle cure(soprattutto quelle ospedaliere), • una nuova cultura sociale della salute, attenta alle attività di prevenzione, cura e riabilitazione portarono all’approvazione della L. 833/78, che istituì Il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) ispirato al modello anglosassone del National Health Service (NHS): un sistema universalistico, che garantisce prestazioni di salute in base allo status di cittadino (o residente => dunque anche agli stranieri residenti) indipendentemente da ogni altra condizione socio-economica.

  12. La riforma sanitaria italiana Il processo di riforma mirava alla ricomposizione – funzionale e territoriale – delle prestazioni con l’unificazione in capo alle Unità sanitarie locali (Usl) del finanziamento, prima in capo alle mutue, e la produzione degli interventi attraverso strutture e professionisti a gestione diretta e convenzionata. Attività ospedaliere e extraospedaliere erano chiamate a integrarsi fra loro e con altri servizi sociali per garantire continuità fra prevenzione , cura e riabilitazione (art. 19, L.833). Le regioni dovevano determinare gli ambiti delle Usl dove ricomporre i servizi messi in capo ai Comuni, in forma singola o associata (art. 11, c.5, L.833) Primi anni ‘80 670 Usl,di cui 20 “monocomunali”, le altre soprattutto a base intercomunale; grandi città (come Roma, Milano, Torino) scomposte in Usl subcomunali.

  13. Cambiamento dell’assetto del SSN: anni ‘90 • In ogni Asl: • un Dipartimento per la prevenzione (sanità pubblica e igiene); • strutture e presidi ospedalieri a gestione diretta; • servizi sanitari sul territorio; • servizi sociosanitari (psichiatria, dipendenze, consultori); • gestione di servizi socioassistenziali su delega dei comuni (singoli o associati). La “riforma della riforma”: il D.Lgs. 502/1992 (e smi) modificava l’assetto della Sanità ampliandone le dimensioni territoriali ed indirizzandola verso una gestione tecnico manageriale più autonoma rispetto ai Comuni, il cui ruolo consultivo veniva espletato attraverso la Conferenza dei Sindaci dell’ambito territoriale di ciascuna Asl (a livello di distretto: Comitato dei Sindaci). Le prestazioni erano assegnate ad Asl e Aso, con Direttori di nomina regionale (riducendo le scelte di politica sanitaria della comunità locale). Nuova formula dell’accreditamento (che subentrava alle vecchie convenzioni) rispetto ai fornitori privati (competitività).

  14. Cambiamento dell’assetto del SSN: primi anni 2000 La riforma del 1999 (riforma Rosy Bindi): attraverso la L. 419 e il D.Lgs. 229 si tornava alle scelte originarie del SSN, con un impianto più universalistico e uniforme, con un approccio di “cooperazione amministrata” (vs “competizione amministrata” degli anni 1992-93), attribuendo importanti responsabilità programmatorie sia al centro che ai comuni. Nel 2001: 196 Asl, la maggioranza delle quali a dimensione intercomunale e subprovinciale; 12 comprese nel territorio di città metropolitane e 59 coincidenti con intere province. Piano Sanitario Nazionale: strumento di programmazione del governo centrale, a cui devono richiamarsi i PSR (e loro articolazioni territoriali) Con il dpcm 29 nov 2001 (in seguito all’accordo Stato-regioni dell’agosto 2001), avendo il governo centrale il potere di definire i LEA, vengono definiti i livelli essenziali di prestazioni e il tetto massimo di spesa.

  15. Integrazione fra settori di policies (L. 328/00) Il sistema integrato di interventi e servizi sociali richiede: di integrare gli interventi e le prestazioni socio-assistenziali con politiche nel campo (art.3 comma 2a; art. 6, comma 3b; art 8 comma 3b; art. 18 comma 6): •sanitario •dell’istruzione •della formazione professionale •del lavoro

  16. L’integrazione dei servizi…prima della 328 Già il Dpr 616/77 prospettava una integrazione fra le prestazioni sanitarie e quelle socio-assistenziali, considerando i servizi sociali (in cui faceva rientrare quelli sanitari) come un complesso organico di interventi orientati alla produzione di salute e benessere per i cittadini. Questo quadro unitario comprendeva una serie di prestazioni distinte, connotate dal prefisso socio- (sanità, assistenza, educazione, giustizia). Con il Decreto Legislativo n. 229 del 1999 si pone con forza il tema dell’integrazione sociosanitaria (nel Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1998-2000 veniva individuato nel Distretto il luogo primario per la sua realizzazione), fornendo una prima definizione delle prestazioni e dei principali attori coinvolti.

  17. Alcune modalità di integrazione tra servizi • Istituzionale : quando enti istituzionali diversi sottoscrivono intese, convenzioni, accordi di programma, “tavoli di concertazione” per raggiungere obiettivi comuni; • Organizzativa: quando le attività si svolgono all’interno di una rete organizzata, che collega diversi settori (ad es. medicina di base, ospedale, servizi extraospedalieri…), come avviene nei dipartimenti (salute mentale, prevenzione ecc.); • Operativo-professionale: quando unità comprese nello stesso contesto (centri diurni, sad, istituti…) collaborano per convergere verso obiettivi di salute; • Territoriale: il distretto di base teorizzato quale “prototipo” dell’integrazione socio-sanitaria (la 328 richiama la coincidenza tra distretto sanitario e zona sociale, e indica quali dispositivi di integrazione le convenzioni, i PdZ, gli accordi di programma fra comuni e asl).

  18. Il DPCM del 14 febbraio 2001 Si tratta del riferimento normativo fondamentale in merito all’integrazione sociosanitaria: è costituito dall’Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie, dove si sottolinea che l’assistenza sociosanitaria viene prestata alle persone che presentano bisogni di salute, che richiedono prestazioni sanitarie ed azioni di protezione sociale, anche di lungo periodo, sulla base di progetti personalizzati redatti sulla scorta di valutazioni multidimensionali. Le prestazioni sociosanitarie sono definite tenendo conto dei seguenti criteri: a. la natura del bisogno, b. l’intensità e la durata, nonché c. la complessità, dell’intervento.

  19. la natura del bisogno (aspetti inerenti le funzioni psicofisiche, la natura delle attività del soggetto e sue limitazioni, la partecipazione alla vita sociale, i fattori di contesto ambientale e familiare) • l’intensità e durata dell’intervento (stabilite in base a fasi temporali che caratterizzano il progetto personalizzato, così definite: fase intensiva riferita a un impegno riabilitativo specialistico complesso, di durata breve o definita; fase estensiva: minore intensità terapeutica, di medio o prolungato periodo; fase di lungoassistenza: mantenere l’autonomia funzionale possibile e favorire la partecipazione alla vita sociale) • la complessità dell’intervento (con riferimento alla composizione dei fattori produttivi, professionali e di altra natura, e alla loro articolazione nel progetto personalizzato).

  20. Livelli e tipi di integrazione socio-sanitaria (1) a. Prestazioni sanitarie a rilevanza sociale: sono quelle che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite (ad es. Alzheimer), contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e all’espressione personale.

  21. Livelli e tipi di integrazione socio-sanitaria (2) b. Prestazioni sociali a rilevanza sanitaria: tuttele attività del sistema sociale che supportano la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. Esse si esplicano attraverso interventi: di sostegno e promozione a favore di infanzia/adolescenza e responsabilità familiari; di contrasto alla povertà; di sostegno e di aiuto domestico familiare per persone non autosufficienti; di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali di adulti e anziani; di inserimento sociale di soggetti affetti da disabilità o patologia psicofisica e da dipendenza, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di diritto al lavoro dei disabili (+ quelli inseriti nei LEA).

  22. Livelli e tipi di integrazione socio-sanitaria (3) c. Prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria: quelle caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, che attengono prevalentemente a: patologie psichiatriche e dipendenza da droga, alcol e farmaci; patologie per infezioni da HIV; patologie terminali; patologie cronico-degenerative; handicap. Esse sono caratterizzate dall'inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell'ambito del processo personalizzato di assistenza.

  23. Competenza e durata b. Per le attività sociali a componente sanitaria, le leggi regionali prevedono la stipula di accordi operativi tra Asl e Enti gestori delle funzioni socio-assistenziali, riferiti alla problematica da affrontare: ad es. le cure domiciliari, gli inserimenti residenziali in presidi convenzionati

  24. … in Piemonte: anni ‘80 e ‘90 L.R. 60/80 (USL) => L.R. 20/82 istituiva l’USSL (Unità Socio-Sanitaria Locale) che altro non era che il complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi sociali e sanitari della ex USL. A partire da metà degli anni Ottanta, si stava registrando il definitivo passaggio di consegne all’USSL da parte degli Enti locali relativamente alla gestione di tutte le prestazioni socio-assistenziali previste e del personale, dei beni e dei finanziamenti necessari per provvedere all’erogazione di tali prestazioni. • Negli anni Novanta si verificano cambiamenti sostanziali nell’assetto istituzionale previsto dalla L.R. 20/82 (abrogata), dovuti all’introduzione dei nuovi riferimenti legislativi (L. 142/90; D.Lgs 502/92 e D.Lgs 517/93): • L.R. 39/94 che – recependo i suddetti decreti legislativi – individua in Piemonte le USL (intese quali aziende regionali dotate di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica); • L.R. 10/95 con cui la Regione Piemonte emana le disposizioni per l’ordinamento, organizzazione e funzionamento di tali aziende, che saranno infine denominate ASL (Azienda Sanitaria Locale) e ASO (Azienda Sanitaria Ospedaliera) con la L.R. 61/97.

  25. … in Piemonte: Asl e distretti Le Aziende Sanitarie Locali piemontesi si articolano in 62 distretti sanitari, i cui ambiti territoriali sono nella maggior parte dei casi coincidenti con gli ambiti delle Unità Socio-Sanitarie Locali preesistenti alla L.R. 10/1995. Fanno eccezione le AA.SS.LL. 19, 21 e 22, dove i distretti hanno un ambito territoriale inferiore a quello delle ex U.S.S.L. e le A.S.L. 6, 9, 11 e 17, dove invece i distretti hanno ambiti territoriali più estesi rispetto alle ex U.S.S.L. I distretti, subentrando nella maggior parte dei casi negli ambiti territoriali delle ex U.S.S.L., hanno mantenuto un'articolazione logistica diffusa sul territorio, con sedi sub-distrettuali e sportelli per i cittadini dislocati nei Comuni già sedi di distretto prima della riforma del 1995. Nell'organizzazione del sistema sanitario regionale, il distretto rappresenta l'articolazione dell'Azienda Sanitaria Locale che, ad un livello territoriale prossimo al cittadino, garantisce l'erogazione dell'assistenza sanitaria primaria e delle prestazioni socio-sanitarie.Assistenza medico generica e pediatrica Assistenza infermieristicaCure domiciliariAssistenza sanitaria specialistica extra-ospedaliera Assistenza residenziale e semiresidenziale ad anziani e disabili Altri servizi ed attività dei Distretti

  26. … in Piemonte: il riassetto del servizio sanitario regionale La L.R. 18/07 interviene sia per ricalibrare la programmazione socio-sanitaria, sia per ridefinire l’assetto istituzionale e organizzativo del SSR, richiamando esplicitamente i principi contenuti nel D.Lgs. 502/92 e nella L. 328/00. Tra gli strumenti di programmazione, troviamo in primis il piano socio-sanitario regionale (PSSR) che si attua attraverso gli strumenti di programmazione previsti a livello locale, ovvero: Approvato il 24 ott 07 per il triennio 2007-2010 a) i profili e piani di salute (PePS) b) i piani attuativi delle ASL c) i piani attuativi delle aziende ospedaliere d) i piani di zona (a proposito di questi strumenti la L.R. 18/07 non dà specifiche indicazioni). La L.R. 18/07 definisce i nuovi ambiti territoriali delle aziende sanitarie locali e la loro declinazione distrettuale: la coincidenza fra gli ambiti territoriali dei distretti e quelli degli enti gestori dei servizi socio-assistenziali costituisce la forma idonea per la gestione ottimale delle funzioni socio-sanitarie e rappresenta l'obiettivo di piano da raggiungere.

  27. … in Piemonte: la nuova organizzazione delle Asl dal 1° gennaio 2008 AZIENDE SANITARIE LOCALI

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