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MACROECONOMIA II

MACROECONOMIA II. Testo di riferimento: Bradford DeLong, Macroeconomia McGraw Hill, 2004 a cura di R. Capolupo e G. Celi. Cosa impareremo in questo primo capitolo ?. Passeremo in rassegna le 6 variabili chiave che descrivono l’andamento dell’economia

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MACROECONOMIA II

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  1. MACROECONOMIA II Testo di riferimento: Bradford DeLong, Macroeconomia McGraw Hill, 2004 a cura di R. Capolupo e G. Celi

  2. Cosa impareremo in questo primo capitolo ? • Passeremo in rassegna le 6 variabili chiave che descrivono l’andamento dell’economia • Daremo uno sguardo alla situazione attuale nelle seguenti economie: • USA • EUROPA • GIAPPONE • ECONOMIE EMERGENTI

  3. PRELIMINARI: Le 6 variabili chiave Per comprendere la recente dinamica dell’attività economica occorre considerare l’andamento delle 6 variabili chiave che riassumono lo stato del sistema. Esse sono: • PIL • Tasso di disoccupazione • Tasso di inflazione • Tasso di interesse • Livello del mercato azionario • Tasso di cambio

  4. Il pil reale per lavoratore • È il più usato indice sintetico del comportamento del sistema economico ed è dato dal rapporto tra pil reale e numero degli occupati • Rappresenta il valore a prezzi costanti della produzione di beni e servizi finali • Pur essendo un indice imperfetto perché non dice nulla sulla distribuzione del reddito è il miglior indice che conosciamo per misurare il benessere materiale dei componenti di una nazione • Comprende: beni di consumo, beni di investimento, acquisti pubblici • Attualmente (2000) negli USA il reddito reale procapite è pari a 65.000$

  5. FIGURA 1.4PIL reale per lavoratore misurato ufficialmente (dollari del 1992) negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, il PIL reale misurato per lavoratore si è quintuplicato dal 1890 a oggi. Pil per lavoratore negli USA

  6. Tasso di disoccupazione • Il tasso di disoccupazione viene rilevato dagli istituti di statistica dei vari paesi attraverso un rilevamento casuale tra le famiglie su base trimestrale. Sono considerati disoccupati gli individui che hanno cercato attivamente un lavoro negli ultimi 3 mesi (1 mese negli USA). Il numero stimato di lavoratori disoccupati viene diviso per la forza lavoro totale (anch’essa stimata poiché è data dal numero degli occupati (dato noto) e il numero dei disoccupati (stimati con il rilevamento). • Il risultato è il tasso di disoccupazione:

  7. Tipi di disoccupazione • Frizionale • Ciclica • Strutturale Disoccupazione frizionale :funzionale al buon funzionamento del sistema economico assimilata alle scorte di materie prime per un’impresa. Scorte di posti di lavoro (posti vacanti delle imprese) e scorte di lavoratori in cerca di occupazione (i disoccupati) Disoccupazione ciclica: determinatadalle fasi di recessione e di depressione dell’attività produttiva. E’ un male per l’economia e occorrono politiche macroeconomiche sia dal lato della domanda che dell’offerta per ridurla (di breve periodo) Disoccupazione strutturale: determinata da cambiamenti strutturali che intervengono nel sistema economico: cambiamento tecnologico. Si tratta di una disoccupazione di lunga durata.

  8. Tasso di disoccupazione USA • FIGURA 1.5FIGURA 1.5Il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, dalla Seconda guerra mondiale in poi, il più alto tasso di disoccupazione, pari a quasi il 10%, fu raggiunto nel 1982. Prima della Seconda guerra mondiale, i picchi di disoccupazione furono molto più alti, in particolare durante la Grande Depressione negli anni Trenta del secolo scorso.

  9. Tasso di inflazione • È il terzo indicatore economico chiave e rappresenta una misura della rapidità con cui sale il livello generale dei prezzi. Una riduzione del tasso di crescita dei prezzi è detta disinflazione mentre una riduzione del livello generale dei prezzi è detta deflazione • Un tasso di inflazione molto alto è considerato un male per l’economia perché è causa di consistenti distruzioni economiche in quanto il meccanismo dei prezzi cessa di funzionare e si ingenerano aspettative di ulteriore inflazione che non permettono di effettuare calcoli precisi per prendere decisioni razionali. • Il calcolo dell’inflazione con il deflatore del PIL è dato da :

  10. Tasso di interesse • Il tasso di interesse è il quarto indicatore chiave e governa la distribuzione del potere di acquisto nel tempo • Esiste un’intera struttura dei tassi di interesse e non 1 solo tasso di interesse. • Il tasso di interesse reale a lungo termine è la principale determinante del livello degli investimenti e della crescita della produzione futura • La struttura dei tassi di interesse è descritta dalla curva dei rendimenti che mostra il divario tra tassi di interesse a lungo e a breve termine. Un’alta rigidità della curva dei rendimenti indica che il divario tra le diverse strutture dei tassi di interesse è molto ampio • I tassi di interesse a lungo termine sono più alti di quelli a breve termine. Quando i tassi di interesse a lungo termine sono più bassi di quelli a breve la curva dei rendimenti è negativa e segnala la possibilità che l’economia stia per cadere in recessione

  11. Curva dei rendimenti I tassi di interesse crescono al crescere della scadenza Rendimento i(%) 1 10 Scadenza : anno

  12. Tassi di interesse reali negli Stati Uniti, 1960-1999

  13. Cosa mostra il grafico? • Negli Stati Uniti, a partire dalla disinflazione di Volcker all’inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, i tassi di interesse reali risultarono notevolmente più alti di quanto fossero negli anni Settanta e persino negli anni Sessanta. Anche la curva dei rendimenti fu relativamente ripida. Questo significa che il divario tra i tassi di interesse a lungo termine (come il tasso di interesse sui Buoni del Tesoro a 10 anni) e i tassi di interesse a breve termine (come il tasso di interesse sui Buoni del Tesoro a 3 mesi) aumentò.

  14. Ipotesi della curva dei rendimenti • La curva mostra in che modo i tassi di interesse sulle obbligazioni, a parità di altre condizioni, variano al variare della scadenza del titolo • La curva è inclinata positivamente a indicare che i tassi di interesse a breve sono inferiori a quelli a lungo termine • Quando la curva assume pendenza negativa significa che i tassi di interesse a breve divengono più elevati di quelli a lungo termine (curva dei rendimenti invertita) • Perché il tasso di interesse a lungo termine, deve essere superiore a quello a breve termine? In generale perché il tasso di interesse su un’obbligazione a più lungo termine (es due anni) deve essere approssimativamente pari alla media aritmetica dei tassi di interesse delle varie obbligazioni emesse nel periodo corrente e nei periodi successivi. Una curva dei rendimenti positiva significa che le aspettative circa il tasso di interesse a breve futuri sono destinati ad aumentare • Una curva piatta segnala che il mercato si aspetta che i tassi di interesse a breve futuri rimarranno al livello corrente

  15. Il mercato azionario • Il livello del mercato azionario è l’indicatore di cui si sente parlare più spesso. Rappresenta un indice delle aspettative riguardo al futuro andamento dell’economia. • L’indice del mercato azionario riassume un grande numero di fattori che influenzano gli investimenti (ottimismo, profitti attesi, tassi di interesse reali) • Il livello del mercato azionario è alto quando gli agenti economici prevedono che l’opinione media si aspetta che la crescita economica nel futuro sarà alta, i profitti saranno alti e la disoccupazione sarà bassa • Un indice che rispecchia le performance dell’intero mercato azionario USA è l’indice S&P 500 (principale società di rating dei titoli obbligazionari).Un indice ampio come lo S&P è migliore di un indice più ristretto come il Dow-Jones • Negli USA negli ultimi 100 anni un’azione è stata scambiata in media a circa 15 volte l’utile per azione degli ultimi 12 mesi (trailing earnings per share). • La regola del valore pari a 15 volte l’utile rappresenta soltanto una media.

  16. Prezzo reale degli indici azionari

  17. Prezzi reali degli indici azionari • Dal 1977, i prezzi reali degli indici azionari hanno superato ampiamente la loro valutazione convenzionale standard di 15 volte l’utile. Gli economisti si chiedono se questo fenomeno sia dovuto: (a) a una mania speculativa irrazionale, (b) a un aumento della tolleranza verso il rischio, (c) oppure alle aspettative di una crescita economica rapida nel futuro da parte degli investitori

  18. Tasso di cambio La sesta e ultima grandezza è il tasso di cambio. • Il tasso di cambio nominale è semplicemente il prezzo al quale le valute di differenti paesi possono essere scambiate l’una con l’altra.. • Il tasso di cambio reale è invece il prezzo al quale i beni e i servizi prodotti in differenti paesi vengono scambiati l’uno con l’altro • Ad eccezione dei paesi europei che hanno deciso di adottare una moneta comune, ogni paese ha una propria valuta. Gli scambi tra l’Europa e il resto del mondo coinvolgono problemi che riguardano il mercato delle valute • Il mercato delle valute è il mercato internazionale nel quale ogni valuta si scambia con un’altra. Il prezzo che si forma in questo mercato è il tasso di cambio nominaleo semplicementecambio

  19. Tasso di cambio (2) • E’ molto importante definire con precisione il tasso di cambio. Quando bisognava stabilire il tasso di cambio della lira rispetto alle altre monete occorreva indicare le unità ( incerte) di valuta nazionale necessarie per ottenere una unità di valuta estera. Gli unici paesi a quotare il certo per l’incerto erano USA e GB. Con l’introduzione dell’EURO si utilizza il metodo USA e quindi indichiamo le unità di valuta estera necessarie per acquistare 1 euro • La differenza principale tra il primo e il secondo metodo consiste nel fatto che con la prima definizione (incerto per certo) un aumento del tasso di cambio nominale implica una diminuzione del potere d’acquisto della valuta nazionale (deprezzamento) mentre la seconda definizione (certo per incerto) implica un aumento del potere d’acquisto (apprezzamento)

  20. Tasso di cambio: • Per un cittadino europeo un tasso di cambio dell’EURO (dollaro euro) pari a 0,90 dollari indica l’ammontare di dollari necessari per acquistare 1 euro. Esiste un tasso di cambio sterlina/ euro; yen / euro etc. • Apprezzamento nominale della valuta nazionale si verifica quando la valuta nazionale aumenta di valore rispetto alla valuta estera (occorrono più dollari per acquistare un euro, quindi il tasso di cambio nominale aumenta). • Deprezzamento nominale della valuta nazionale si verifica quando la valuta nazionale diminuisce di valore rispetto a quella estera (occorrono meno dollari per acquistare un euro, il tasso di cambio nominale diminuisce).

  21. esempio • Se il cambio dollaro /euro che leggiamo sui giornali è 1.20, significa che occorrono 1.20 $ per 1 Euro. Definendo in questo modo il tasso di cambio dell’euro risulta che qualsiasi aumento della quantità di valuta estera necessaria ad acquistare 1€ si traduce in un apprezzamento dell’euro e in un deprezzamento del dollaro. Si ricordi però che il ragionamento deve valere anche se vogliamo determinare il tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro. Il tasso di cambio euro/$= 1/1.20=0.83 si legge in modo diverso • Infatti in questo caso se il tasso di cambio euro / dollaro aumenta da 0.83 a 0.90 significa che occorrono più euro per acquistare 1$ e ciò corrisponde a un deprezzamento dell’euro e un apprezzamento del dollaro

  22. Regola semplice • se il tasso di cambio è definito come dollaro/euro allora un aumento del cambio nominale corrisponde a: • un apprezzamento nominale dell’euro • un deprezzamento nominale del dollaro • Nel caso opposto in cui il tasso di cambio è euro/dollaro vale la regola secondo la quale un aumento del tasso di cambio equivale a • Un deprezzamento nominale dell’euro • Un apprezzamento nominale del dollaro • I due metodi sono equivalenti

  23. Tasso di cambio reale • Il tasso di cambio reale, che indichiamo conè un valore relativo che indica il prezzo dei beni nazionali in termini di beni esteri: • Dove e è il cambio nominale $/euro, P* l’indice dei prezzi di beni e servizi finali esteri e P è l’indice dei prezzi nazionali. • Il numeratore esprime il prezzo in $ dei beni europei e il denominatore il prezzo in $ dei beni statunitensi

  24. E se esprimiamo tutto in euro? • Il tasso di cambio reale, che indichiamo conse vogliamo esprimerlo in una stessa moneta, in questo caso in valuta nazionale (euro) sarà pari a: • Dove e è il cambio nominale euro/dollaro, P* l’indice dei prezzi di beni e servizi finali esteri e P è l’indice dei prezzi nazionali. • Il numeratore esprime il prezzo in euro dei beni statunitensi e il denominatore il prezzo in euro dei beni europei. • In questo caso si ha un deprezzamento reale se il cambio e aumenta (deprezzamento nominale) o se diminuisce P

  25. In generale: • Apprezzamento reale si verifica quando i beni esteri diminuiscono di prezzo rispetto ai beni nazionali ( aumenta o diminuisce a seconda della definizione). I beni esteri sono relativamente meno costosi e le merci europee sono meno competitive • Deprezzamento reale si verifica quando i beni esteri aumentano di prezzo rispetto ai beni nazionali ( diminuisce o aumenta a seconda della definizione). I beni esteri sono relativamente più costosi . • Le determinanti del tasso di cambio reale sono dunque: il tasso di cambio nominale e, il prezzo dei beni esteri, il prezzo dei beni nazionali

  26. Ipotesi di prezzi costanti interni e internazionali • Assumiamo che P e P* restino costanti , l’apprezzamento e il deprezzamento reali dipenderanno esclusivamente dal tasso di cambio nominale e • Un apprezzamento del tasso di cambio nominale, e(aumento o riduzione, a seconda della definizione) provoca un apprezzamento reale (un aumento o una riduzione di , a seconda della definizione). I beni esteri sono relativamente meno costosi e vengono favorite le importazioni • Un deprezzamento di e (aumento o riduzione a seconda della definizione) invece provoca un deprezzamento reale che favorisce le esportazioni

  27. Tassi di cambio fissi • In un regime di tassi di cambio fissi, le autorità monetarie sabiliscono il tasso con il quale la valuta nazionale si scambia con tutte le altre valute internazionali. Per mantenere il tasso di cambio fisso il governo tramite le autorità monetarie interviene nel mercato delle valute con operazioni di acquisto e vendita di valute. • Supponiamo che, per una qualche ragione, il tasso di cambio euro/dollaro aumenti (o il che è lo stesso il cambio dollaro/euro diminuisca) Ciò equivale a un deprezzamento nominale dell’euro. Sono necessari più euro per acquistare 1 dollaro. C’è un eccesso di domanda di dollari sul mercato (e un eccesso di offerta di euro). Poiché il tasso di cambio euro-dollaro deve rimanere fisso, le autorità monetarie sono costrette a intervenire, attingendo alle loro riserve valutarie, vendendo i dollari che sono richiesti. • Il processo di vendita di dollari deve continuare fino a quando il tasso di cambio euro/ dollaro non abbia raggiunto il valore prefissato.

  28. Come si mantiene fisso il tasso di cambio? • Se la domanda di euro dovesse subire continui spostamenti verso il basso ( il che vorrebbe dire che nessuno richiede merci europee) la BCE esaurirebbe ben presto le proprie riserve di valuta estera. In queste circostanze non potrebbe mantenere il tasso di cambio alla parità prefissata e l’euro dovrebbe essere svalutato. A meno che la domanda di euro non aumenti, l’euro avrebbe un valore troppo alto rispetto al livello di equilibrio di lungo periodo e richiederebbe la svalutazione. • La svalutazione (rivalutazione) consiste in una riduzione (aumento) del tasso di cambio che il paese si era impegnato a mantenere

  29. Tassi di cambio flessibili • In un regime di tassi di cambio flessibili il tasso di cambio è determinato dal mercato senza alcun intervento delle autorità monetarie. • Quando si riduce la domanda di una valuta o aumenta l’offerta di una valuta si hanno variazioni del tasso di cambio. Il cambio si modifica a seconda degli eccessi di domanda o di offerta sul mercato delle valute • Esistono regimi di cambio che non sono né perfettamente fissi né perfettamente flessibili (regimi misti) • In tali casi le banche centrali possono intervenire per guidare il tasso di cambio verso certi livelli soprattutto quando ci sono ampie variazioni nella domanda e nell’offerta di una valuta (cambio amministrato)

  30. Il tasso di cambio reale USA

  31. Apprezzamento del $ negli anni ‘80 • Il tasso di cambio reale negli Stati Uniti: il dollaro rispetto a un indice composito di valute estere. Le più rilevanti fluttuazioni del tasso di cambio statunitense si verificarono durante il grande deprezzamento delle valute estere all’inizio e alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso. Negli Stati Uniti, nel 1985, i beni di produzione estera, rispetto ai beni di produzione statunitense, costavano i 2/3 di quanto costavano all’inizio del decennio.

  32. La situazione macroeconomica attuale: gli USA • Economia in crescita durante gli anni ’90. I motivi le politiche di rientro del deficit di bilancio dell’amm.zione Clinton, la riduzione delle barriere al commercio internazionale e l’intensificazione nell’utilizzo delle tecnologie informatiche (ICT) che hanno determinato forti incrementi della produttività • Recessione con l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001. • l’attacco terroristico impresse un grande shock negativo alla fiducia dei consumatori e delle imprese che rinviarono i loro piani di investiemnto • L’economia americana perse 900.000 in seguito allo shock • La Federal Reserve era preoccupata di non essere in grado di poter ridurre i tassi di interesse a livelli tali da stimolare i piani di investimento delle imprese. • Il declino dell’attività economica fu qualificato come recessione

  33. politiche per superare la recessione • Riduzioni ampie e prolungate dei tassi di interesse produssero i loro effetti : il tasso di interesse nominale (del mercato azionario) che era stato pari al 6.74% all’anno nel 2000 fu portato all’1.73% all’anno • Riduzione delle imposte (amm.zione Bush) che aumentarono il reddito disponibile e fecero aumentare i consumi • Introduzione di dazi sull’importazione di acciaio che faceva temere un arresto nel processo di integrazione economica mondiale • Incremento della spesa pubblica G per la difesa e la sicurezza che impresse un ulteriore impulso alla domanda (ma vista con timore dopo il rientro del deficit dell’amministrazione precedente) • Le aspettative del pubblico che la politica di riduzione dei tassi di interesse da parte della FR sarebbe stata durevole e prolungata impresse ulteriore fiducia e non innescò aspettative di inflazione. • Gli effetti di queste politiche sono state: • Aumento della fiducia dei consumatori • Aumento della fiducia delle imprese • Deprezzamento del dollaro che ha stimolato le esportazioni di merci americane

  34. L’Europa • Nella primavera del 2002, immediatamente dopo l’introduzione dell’euro nella circolazione monetaria l’economia europea era in recessione • Bassa crescita del PIl reale a un tasso dello 0.6% annuo • Alto tasso di disoccupazione (dell’8.5% ) • Crescita dei prezzi al consumo a un tasso del 2.3% all’anno • Difficoltà di interpretare le azioni che sarebbero state intraprese dalla BCE • Grande ritardo rispetto agli USA (di circa un quinquennio) nell’introduzione e nell’intensificazione dell’uso delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICT) • Unica nota positiva degli osservatori economici internazionali: le riforme tendenti a rendere più flessibile il mercato del lavoro che dovrebbe condurre a una riduzione della disoccupazione

  35. GIAPPONE • Dopo il crollo della bubble economy che ha visto il crollo del mercato azionario e del mercato immobiliare , il Giappone è entrato in una profonda fase recessiva che dura ormai da circa 10 anni, caratterizzata da : • una fase di deflazione. Il livello generale dei prezzi si riduce di circa l’1% all’anno • Riduzione del Pil ( nel 2002 il Pil reale è diminuito di circa il 2%) • Tasso di disoccupazione molto elevato rispetto ai valori standard giapponesi (superiore al 5.3%) • I commentatori economici ritengono che il Giappone sia di fronte a una crisi strutturale che richiede cambiamenti profondi nel campo delle politiche atte a ripristinare la crescita : ristrutturazione del sistema finanziario e deregolamentare gran parte dell’economia • La politica economica della Banca centrale è considerata inefficace e si ricorda che la riduzione del tasso di interesse nominale a valori prossimi allo zero non aiutò gli USA a uscire dalla Grande depressione né fece aumentare gli investimenti • Ciò che conta nello stimolare l’economia non è il tasso a breve sui titoli sicuri ma il tasso di interesse a lungo termine che resti basso soprattutto quando: - Gli obbligazionisti si aspettano che la politica dei bassi tassi di interesse non dureràa lungo (trappola della liquidità) - Molte imprese possono fallire e non rimborsare il denaro che hanno preso a prestito

  36. Economie emergenti • Per economie emergenti si devono intendere le economie in fase di forte sviluppo che stanno sperimentando alti tassi di crescita del reddito reale procapite • Una battuta d’arresto nella loro crescita queste economie (quelle del Sud Est Asiatico) la sperimentarono nel 1997 con la grave crisi finanziaria che le colpì. Sebbene oggi la crisi sia ormai superata, impose costi molto alti provocando un rallentamento della crescita, alti tassi di interesse, diffusi fallimenti, alta disoccupazione • la causa che provocò la crisi è da attribuire al venir meno della fiducia da parte degli investitori finanziari internazionali e la fuga di capitali che ne conseguì • Oggi pare che gli investitori abbiano riacquistato fiducia e hanno ripreso gli investimenti in quei paesi. Si prevede che la Cina e l’india continueranno a crescere a tassi molto elevati (8 e 6% rispettivamente). Si ricordi che in questi due paesi vive il 40% della popolazione mondiale. • In realtà i fattori destabilizzanti dell’economia mondiale sono ancora presenti come dimostra la recente crisi dell’economia argentina. In questo paese ( e nel Sud Est asiatico e prima ancora in Messico) pare che la causa principale della fuga di capitali sia da ricercare nella possibilità che hanno i governi di svalutare il tasso di cambio, nonostante che le autorità argentine avessero affidato a un’autorità indipendente (currency board) la gestione valutaria

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