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2. LO SVILUPPO LOCALE

2. LO SVILUPPO LOCALE. a) BENI LOCALI PER LA COMPETITIVITA’. Dotare una parte della manodopera di nuove qualifiche professionali Avere accesso ad attività di R&S per migliorare un prodotto o una gamma di prodotti Procacciare gli ordini

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2. LO SVILUPPO LOCALE

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Presentation Transcript


  1. 2. LO SVILUPPO LOCALE

  2. a) BENI LOCALI PER LA COMPETITIVITA’ • Dotare una parte della manodopera di nuove qualifiche professionali • Avere accesso ad attività di R&S per migliorare un prodotto o una gamma di prodotti • Procacciare gli ordini • Acquisire informazioni sulla commercializzazione dei prodotti su nuovi mercati esteri/interni • Adottare concrete soluzioni di marketing su nuovi mercati esteri • Acquisire info su mutamenti dei costi di produzione e della domanda • Acquisire info sugli sviluppi recenti nei metodi di produzione o nell’o.d.l. • Ottenere assistenza nel ricorso a tecnologie innovative • Mettere a punto un brevetto

  3. a) BENI LOCALI PER LA COMPETITIVITA’ (continua) • Sottoporre un problema politico al governo centrale/locale • Acquisire nuove apparecchiature o tecnologie costose • Assicurare la qualità e il rispetto degli standard dei prodotti dell’azienda • Ottenere accesso a servizi costosi (ad es. il controllo di qualità) • Trovare nuovi dipendenti con valide capacità • Risolvere una controversia di lavoro • Ottenere assistenza in caso di problemi gestionali • Aumentare il capitale • Ottenere consulenza legale

  4. b) TIPI DI SISTEMI PRODUTTIVI LOCALI • Distretti industriali: - rete di PMI - imprese autonome - forte integrazione orizzontale - imprese di fase (a); imprese con accesso a mercati finali (b) - competizione tra alcune di (a); cooperazione tra (a) e (b) - SPECIALIZZAZIONE PRODUTTIVA: § - settori tradizionali (tessile, abbigliamento, calzature, mobilio, ceramica, ecc.) § - settori + tecnologici (meccanica, produzione di utensili, ecc.)

  5. b) TIPI DI SISTEMI PRODUTTIVI LOCALI 2) Impresa rete • impresa finale medio-grande • rapporto stabile con rete di piccole imprese subfornitrici • collaborazione su flessibilità e riduzione dei costi di innovazione

  6. c) MODELLI DI GOVERNANCE Regolazione sistema economico/produzione di beni locali per la competitività: 1) il MERCATO competizione atomistica di attori razionali 2) l’ORGANIZZAZIONE integrazione verticale

  7. c) MODELLI DI GOVERNANCE 3) lo STATO controllo gerarchico di tipo politico/amministrativo (es. organismi amministrativi specializzati, altri enti pubblici, enti locali, università, ecc.) 4) la COMUNITA’ • solidarietà informale • identità collettiva (famiglia, località) • reciprocità, scambio di doni

  8. c) MODELLI DI GOVERNANCE 5) l’ASSOCIAZIONE - organizzazione di interessi  governi privati - adempiono funzioni pubbliche  neo-corporativismo • fornitura di servizi (es. informazioni, consulenza)  beni di club • pressione politica

  9. c) MODELLI DI GOVERNANCE Un esempio:la governance dei distretti industriali 1) la COMUNITA’ alta densità di rapporti tra le imprese  conoscenza tacita, fiducia personale 2) lo STATO (locale) e le ASSOCIAZIONI • produzione politica di beni pubblici - relazioni industriali cooperative • fornitura associativa di servizi 3)il MERCATO - imprese fornitrici di servizi

  10. c) MODELLI DI GOVERNANCE Varietà nazionali/continentali dei capitalismi (embeddedness istituzionale dell’economia, political economy comparata, teoria della régulation) | | GLOBALIZZAZIONE, | MUTAMENTI | | ˅ Modelli locali di governance

  11. d) Fenomeni emergenti • dai legami forti ai legami deboli • Il Quarto capitalismo

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