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Anno Paolino

Anno Paolino. In occasione del bimillenario della nascita di San Paolo. Camminare in una vita nuova. La morale paolina. Il pensiero di Paolo.

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Presentation Transcript


  1. Anno Paolino In occasione del bimillenario della nascita di San Paolo

  2. Camminare in una vita nuova La morale paolina

  3. Il pensiero di Paolo • Cristo risorto ha vinto il tempo ed è al di là del prima e del poi; e il cristiano è stato «fatto rivivere in Cristo … con Lui risuscitato e intronizzato nei cieli» (Ef 2,5). Tuttavia, finché si trova in questo mondo, il cristiano vive simultaneamente in una duplice condizione: quella temporanea, propria della realtà mondana, «visibile e provvisoria», e per la quale «l’uomo esteriore» è sottoposto all’usura del tempo, come tutte le cose; e quella propria della grazia, «invisibile ed eterna», per la quale «l’uomo interiore si rinnova di giorno in giorno» (cfr. 2Cor 4,16-18).

  4. Il pensiero di Paolo • Ne deriva che, finché il corpo del credente battezzato non abbia «rivestito l’immortalità» (1Cor 15,54), il peccato può ancora trovare nel corpo «mortale» (sede della concupiscenza) il mezzo per continuare a nuocere. Si rende allora nuovamente decisivo l’irrompere dell’azione della grazia: «Me sventurato, chi mi strapperà da questo corpo mortale? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore» (Rm 7,24s).

  5. Il pensiero di Paolo • Se è vero che già rifulge nei nostri cuori quella gloria di Dio che rifulge sul volto di Cristo, è pure vero che «noi portiamo questo tesoro nei vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi» (2Cor 4,6s). E tuttavia è proprio «quando sono debole, che sono forte» (2Cor 12,10).

  6. Pthos di Cnosso (Creta)

  7. Il pensiero di Paolo • Per resistere al male ed essere capaci di bene, non resta cheliberare la vecchia libertà nell’obbedienza allo Spirito: «Camminate secondo lo Spirito» (Gal 5,16). Ogni cristiano è chiamato nientemeno che alla conformazione a Cristo, «giungendo allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo» (Ef 4,13; cfr. Col 1,28) e senza escludere il desiderio di un premio finale meritato.

  8. Il pensiero di Paolo • La tensione morale che caratterizza la condizione del cristiano è sovente da lui rappresentata come un «camminare in una vita nuova» (Rm 6,4; cfr. Gal 5,16), una navigazione (cfr. 2Tm 4,6), un combattimento spirituale con armi adeguate ad una «buona battaglia» (2Tm 4,7; cfr. 1Tm 1,18; Ef 6,11-19; 1Ts 5,8), una gara sportiva: corsa (cfr. Fil 3,12-14; Gal 5,7; 1Cor 9,24s) o incontro di pugilato (cfr. 1Cor 9,26s).

  9. Il pensiero di Paolo • Alla condotta morale Paolo dedica gli ultimi capitoli di alcune delle sue lettere (cosiddette sezioni "parenetiche", cioè esortative), mentre le parti iniziali si concentrano sui concetti dogmatici. Anche in questi testi la trattazione non è propriamente sistematica ma si tratta di indicazioni di vario genere, spesso contestualizzate in problemi che riguardavano i credenti e le comunità alle quali scriveva.

  10. Chiamati a libertà La Lettera ai Galati Gal 5,1-25

  11. Chiamati a libertà • I Galati erano tribù di Celti che abitavano tra il Danubio e l’Adriatico. Una parte di esse, al comando di Brenno, nel 279 a.C. invase la Macedonia e si spinse verso la Grecia. Due tribù di essi riuscirono a passare l’Ellesponto, giunsero in Asia minore e si stanziarono nella regione centrale dell’attuale Turchia. I Galati conservarono a lungo la loro lingua celtica e le loro usanze nazionali. Anche al tempo di san Girolamo nella regione si parlava il celtico (Prol. II in ep. ad Gal 3).

  12. Chiamati a libertà • Gli Atti degli apostoli riferiscono che Paolo è passato attraverso la regione galata due volte: in 16,6 e 18,23. In Gal 4,13 Paolo scrive di aver annunciato il vangelo ai Galati in seguito a una malattia che lo ha fermato da loro per qualche tempo. Questa lettera fu scritta probabilmente verso la fine dell’anno 57 in Macedonia. In tutta la lettera l’apostolo polemizza contro "alcuni" avversari concreti. È presumibile che la scelta dell’indefinito "alcuni" per indicare gli avversari serva a dimostrare da una parte il loro numero esiguo e dall’altra la disistima che Paolo nutre per loro: gente che non merita neppure di essere chiamata per nome.

  13. Galata Morente, statua romana del III secolo d.C. copia dell’originale greco Musei Capitolini

  14. Chiamati a libertà • Tuttavia lo scritto non è indirizzato agli avversari, ma alle comunità della Galazia e gli enunciati che riguardano gli avversari sono espressi in forma indiretta e si trovano proprio nelle argomentazioni dell’apostolo. Chi fossero questi avversari non lo sappiamo con precisione perché le indicazioni di Paolo non sono sufficienti a fornire un’idea esatta su di loro. Ma certamente si può dedurre con chiarezza una cosa: in tutta la controversia si è trattato dell’essenza del vangelo; la predicazione degli avversari deve essere stata una replica all’annuncio dell’apostolo, con attacchi non solo al vangelo predicato da Paolo, ma anche alla sua persona.

  15. Chiamati a libertà • La lettera di Paolo ai Galati è uno scritto ufficiale dell’apostolo, nel quale egli prosegue da lontano il suo lavoro apostolico. Questa lettera sostituisce un viaggio di Paolo in Galazia: "Iovorreiessere presente in mezzo a voi" (4,20). Ciò significa che la lettera sta al posto di Paolo: non è una lettera di circostanza, ma la stessa voce dell’apostolo.

  16. Chiamati a libertà • Possiamo dividere la Lettera in 3 parti: • Il prescritto (1,1-5); • La lettera vera e propria (1,6 – 6,10); • Il poscritto (6,11-18). • A noi interessa la parte finale della Lettera che, come per tante altre, è di stampo parenetico (5,1-25).

  17. Chiamati a libertà • 1Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. 2Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. 3E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge. 4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. 5Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo.

  18. Chiamati a libertà • Paolo mette i Galati di fronte all’aut-aut: o rimangono nella libertà del cristiano donata loro da Cristo, o si sottomettono alla circoncisione e con essa alla legge mosaica, con la conseguenza escatologica che allora Cristo per loro "non gioverà a nulla". Paolo vede il Cristo come un grande liberatore, poiché Cristo ha portato la libertà in senso assoluto agli uomini; impiega tutta la sua autorità personale: “Io, Paolo, vi dichiaro con la mia personale e apostolica autorità”: "Se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla".

  19. Chiamati a libertà • Non è il fatto di essere circoncisi che separa da Cristo, ma l’accettare la circoncisione come elemento necessario per essere cristiani. Se i Galati cercheranno la salvezza attraverso le opere della legge si metteranno fuori dal piano di salvezza di Cristo e quindi "Cristo non gioverà loro a nulla".

  20. Chiamati a libertà • 13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. 14Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. 15Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!

  21. Chiamati a libertà • Il discorso di Paolo potrebbe essere frainteso e strumentalizzato per un libertinaggio totale. Ecco perché aggiunge subito: monon(= solamente). Questa è una parola di ammonimento che collega il seguito del discorso alla prima parte del versetto. "Voi siete stati chiamati alla libertà, fratelli; solamente che questa libertà non diventi pretesto per la carne!" L’impulso ad abusare della libertà cristiana "a favore della carne" potrebbe provenire agli uomini in quanto, appellandosi alla loro libertà in Cristo, compiono le "opere della carne" presumendo ora di trovarsi "al di là del bene e del male". La vera libertà cristiana consiste nel servire il prossimo mediante l’amore.

  22. Chiamati a libertà • "Piuttosto servite gli uni agli altri mediante l’amore". Questa frase fa un effetto sorprendente perché sembra che questo imperativo contenga un paradosso, anzi un contrasto con l’essenza della libertà, cioè il douleuein(= servire). Fin qui l’apostolo ha usato questo verbo in senso negativo (4,8.9.25) per esprimere una condizione di schiavitù. Ora, d’improvviso, egli esige dai cristiani un nuovo "servire": il servizio reciproco reso per amore. "La libertà alla quale i Galati sono chiamati, è - in conformità al suo senso e al suo retto impiego - la libertà per l’amore; essa è, si può anche dire, la libertà dell’amore" (Schlier).

  23. Chiamati a libertà • Il complemento accentuato "mediante l’amore" si richiama al "mediante l’amore" di 5,6 ("La fede che agisce mediante l’amore"). Solo nell’adempimento fattivo del precetto dell’amore la fede diventa efficace come principio di giustificazione. Accanto al complemento di modo "mediante l’amore" anche il dativo allhloij(= gli uni agli altri) qualifica il "servire" in maniera molto significativa. L’"essere schiavo" si basa normalmente su una condizione unilaterale: l’uno è il padrone, l’altro è il suo schiavo.

  24. Chiamati a libertà • L’“essere schiavi l’uno per l’altro, reciprocamente”, da un punto di vista sociologico - profano, è proprio un non senso ed è possibile solo grazie all’esempio che ne ha dato Cristo per cui esiste un servizio da schiavi "reciproco", basato appunto sull’atteggiamento dell’amore reso possibile dall’intervento di Dio in Cristo: l’esistere totalmente per l’altro e per tutti! In ciò l’agaph(= amore gratuito) si manifesta in modo sostanziale e la libertà cristiana si realizza.

  25. Chiamati a libertà • Soltanto nell’esercizio dell’agaphla libertà cristiana diventa del tutto libera, perché si sgancia dall’io e si sbarazza da tutti i legami che la tengono prigioniera. L’uomo che ama è l’uomo libero. L’amore è il reale distacco dell’uomo da se stesso. Ora egli vede nel prossimo il fratello e usa della libertà messagli a disposizione dal vangelo per amare come Dio ama.

  26. Chiamati a libertà • 16Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; 17la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. 18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge.

  27. Chiamati a libertà • "Camminate secondo lo Spirito" significa: la vostra vita deve essere "spirituale", deve corrispondere alla natura dello Spirito. Lo Spirito rappresenta il modo "secondo cui" si deve vivere, nel senso che è la norma determinante della vita, la base e la maniera di comportarsi. È il "fare attenzione e il dare ascolto allo Spirito qualunque cosa faccia lo Spirito che vi vuole condurre" (Schlier). La "carne" non si identifica con la natura corporea dell’uomo, ma è l’essenza di ciò che è terreno, ostile a Dio e peccaminoso; con questo termine Paolo indica "tutta la miseria di quell’uomo che non è afferrato dallo Spirito" (Kuss).

  28. Chiamati a libertà • 19Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, 20idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, 21invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio.

  29. Chiamati a libertà • L’apostolo non elenca tutti i vizi, ma con la locuzione convenzionale e conclusiva "e cose simili" si riferisce a tutte le opere peccaminose della "carne".La minaccia dei mali alla fine del catalogo dei vizi rientrava nella predicazione missionaria di Paolo e corrisponde ad una consuetudine tradizionale (cfr. 1Cor 6,9; 5,6; Col 3,6).

  30. Chiamati a libertà • 22Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; 23contro queste cose non c’è legge. 24Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri. 25Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.

  31. Chiamati a libertà • L’espressione "frutto dello Spirito" al singolare, vuol soprattutto far notare l’unità della vita nei confronti "della frantumata varietà della vita carnale" (Oepke). Lo Spirito integra il battezzato in unità spirituale anche dal punto di vista etico. "Un concetto, che con particolare chiarezza rende la compenetrazione - caratteristica dell’operato morale dei credenti - di attività divina e attività umana le quali in definitiva non possono più separare nettamente l’una dall’altra, è il concetto di ‘frutto’" (Kuss). Secondo Gal 5,22-23 frutto dello Spirito sono le seguenti virtù:

  32. Chiamati a libertà • •agaph: essa sta all’inizio dell’enumerazione come fonte e quintessenza di tutti i doni e di tutte le virtù. Questa preminenza dipende dall’affermazione di 5,14, secondo cui nel precetto dell’amore del prossimo trova il suo compendio e adempimento "tutta la legge".Perciò è da supporre che l’apostolo con agaph intenda anzitutto l’amore per gli altri e specialmente per i compagni di fede. Se questo amore è "frutto dello Spirito" esso è dono e grazia provenienti dall’alto, come le successive virtù del catalogo. Proprio per questo esso è l’eco molteplice di quell’amore che, secondo Rm 5,5, è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo.

  33. Chiamati a libertà • • cara: "È difficile trovare una parola che sia altrettanto al centro dell’Antico Testamento come la parola gioia... La gioia di riconoscenza per la bontà di Dio è il senso della vita umana. Quando giunge il tempo della salvezza, Dio moltiplica l’esultanza e raddoppia la gioia" (Koehler). Nel Nuovo Testamento si dice che la nascita del Messia introduce già il grande tempo della gioia (Lc 2,10), e così in Paolo la gioia è l’"esplosione della speranza e l’eco vitale della situazione escatologica del cristiano" (Schlier). In Gal 5,22 cara si trova tra i due concetti soteriologici agaph e eirenh; quindi Paolo non intende parlare della gioia anzitutto in senso psichico, ma come espressione dell’acquisita pienezza dello Spirito (Rm 14,27): essa è gioia ricevuta, che dev’essere trasmessa (2Cor 8,2) e deve contrassegnare tutta l’esistenza anche quando nella vita ci si trova nella tribolazione (1Ts 1,6; 2Cor 7,4);

  34. Chiamati a libertà • • eirenh: "Shalòm è l’essenza stessa della salvezza e della prosperità"(Gross). A inaugurare questo stato di cose sarà il "principe della pace" (Is 9,5), cioè il Messia. La venuta del Messia in Gesù Cristo significa una manifestazione della pace escatologica per gli uomini che sono oggetto della compiacenza di Dio (Lc 2,14). In Ef 2,14-17 è descritta l’immensa opera pacificatrice di Cristo, che crea l’unità. Il dono salvifico della pace chiama la comunità a un vasto lavoro di pace e a nutrire sentimenti di pace nel senso più ampio; essa stessa dev’essere un luogo in cui regna la pace.

  35. Chiamati a libertà • • makroqumia: significa longanimità, pazienza. Il Dio della Bibbia è un Dio misericordioso e pietoso, longanime e ricco di grazia (Es 34,6). Poiché Dio è longanime e misericordioso, tale dev’essere anche l’uomo (parabola del servo spietato in Mt 18,23-35). Così anche Paolo esige dalle comunità cristiane la longanimità reciproca. Stando a 1Cor 13,4 la longanimità è un predicato dell’agaph. Poiché i cristiani sono eletti di Dio, santi ed amati, essi devono rivestirsi di un cuore di misericordia, bontà, umiltà, mitezza, longanimità (Col 3,12). Quindi la longanimità nelle comunità cristiane si dimostra come frutto dello Spirito, eco della sperimentata longanimità di Dio verso il peccatore.

  36. Chiamati a libertà • • crhstoth: significa bontà duratura. Il Dio dell’Antico Testamento si rivela come un Dio di bontà. Gesù manifesta la bontà di Dio soprattutto col suo comportamento verso i pubblicani e peccatori. Per questo la bontà fa parte delle virtù dei cristiani e in essa si esprime l’agaph (Cor 13,4; Ef 4,32; Col 3,12). • • agatwsunh: la parola "esprime, le medesime delicate sfumature di crhstoth, però è maggiormente orientata all’essere buoni e alla rettitudine" (Stachowiak). • • pistij: è la virtù della fedeltà, o - più verosimilmente - il "fidarsi" proprio dell’amore, come si legge in 1Cor 13,7: "La carità tutto crede". È il rapporto reciproco che rende la fiducia affidamento.

  37. Chiamati a libertà • •prauthj: significa spirito di umiltà; più che la mitezza indica la stato di abbandono che si radica in Dio. "L’autocontrollo di chi si affida a Dio è il correlato della pacatezza mite (Is 26,6), non la distanza superiore del (sedicente) saggio" (Hauck). Nel vangelo di Matteo la mitezza è una caratteristica particolare dello stesso Gesù (11,29; 21,5). In 2Cor 10,1 Paolo esorta la comunità "per la dolcezza e mitezza di Cristo". In Gal 6,1 i credenti, come uomini "spirituali" devono riprendere il fratello peccatore "nello spirito di mitezza"; così eviteranno la tracotanza, l’impazienza e l’ira.

  38. Chiamati a libertà • • egkrateia: è l’astinenza da dissolutezze sessuali e d’altro genere; essa è dono di Dio (Sap 8,21). Paolo pratica la "continenza" come un lottatore, castigando il suo corpo e riducendolo in schiavitù (1Cor 9,24-27). In 1Cor 7,9 questo termine si riferisce alla continenza sessuale. In questo v. l’egkrateia va vista come il contrario dei vizi enumerati nei vv. 20-21: fornicazione, impurità, dissolutezza, sbevazzate, gozzoviglie e cose simili.

  39. Chiamati a purezza La 1^ Lettera ai Tessalonicesi 1Ts 4,1-12

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