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Università degli Studi L ’ Aquila Dipartimento di Discipline Chirurgiche

Università degli Studi L ’ Aquila Dipartimento di Discipline Chirurgiche C.L.O.P.D. Dir.Prof.Claudia Maggiore Clinica Odontostomatologica Dir.Prof.Mario Giannoni Materiali Dentali Tit.p.a.Dott.Mario Baldi. Resine Composite. Mario BALDI. Resine Composite. Resine Composite.

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Presentation Transcript


  1. Università degli Studi L’Aquila Dipartimento di Discipline Chirurgiche C.L.O.P.D. Dir.Prof.Claudia Maggiore Clinica Odontostomatologica Dir.Prof.Mario Giannoni Materiali Dentali Tit.p.a.Dott.Mario Baldi Resine Composite Mario BALDI

  2. Resine Composite

  3. Resine Composite Il termine “composito” si riferisce genericamente ad una combinazione tridimensionale di almeno due materiali, chimicamente diversi, con una distinta interfaccia che separa i due componenti. Se correttamente eseguita la combinazione offre proprietà superiori a quelle dei due componenti separati . (Philips 1982)

  4. Resine Composite In ambito odontoiatrico, si tratta di materiali costituiti da resine organiche riempite con un filler chimicamente inerte di tipo inorganico. È proprio questo riempitivo che apporta al prodotto finale dei miglioramenti, sia nelle proprietà fisiche che in quelle più meramente cliniche (Kaine et al., 2004).

  5. Resine Composite 1955 Buonocore – Inizia lo sviluppo dei materiali compositi per il restauro dentale intorno agli anni ’50 con l’introduzione del polimero Poli-Metil-MetAcrilato (PMMA). La prima generazione di compositi dentali era costituita, come già accennato, dal polimero PMMA a cui era stato aggiunto, qualche tempo dopo, una miscela di particelle di quarzo. Questo prodotto, però, mostrava una contrazione da polimerizzazione pari a circa il 21% del suo volume

  6. Resine Composite Ferracane et Versluis., 1982 - Poiché la riduzione di volume del materiale composito è una ragione tra le più importanti nel determinare l’infiltrazione e l’insuccesso dei restauri adesivi in composito, l’obiettivo di annullare il fenomeno della contrazione ha suscitato un interesse sempre più grande tra i produttori di tali biopolimeri, grazie alle modifiche di composizione possibili, e tra i clinici, grazie alla possibilità di utilizzare tecniche di stratificazione sempre più vantaggiose. 2004 Shen - Un miglioramento significativo è stato ottenuto attraverso la silanizzazione del riempitivo inorganico che ha migliorato sensibilmente la forza di adesione interna del materiale

  7. Resine Composite Venhoven et al., 1994 - Ancora in via sperimentale sono i compositi silorani, ossia dei compositi la cui matrice organica deriva da catene di silicio (silossani) ed ossido di carbonio a forma di anello (ossirani). L’uso dei silorani nella moderna tecnologia dei compositi promette un notevole contributo al fine di ridurre la contrazione da polimerizzazione degli stessi, ma si attendono decisive conferme cliniche, soprattutto per quanto riguarda il loro comportamento fisico, nel prossimo futuro

  8. Resine Composite Più recentemente, sono stati introdotti sul mercato i riempitivi inorganici “nano” che, conferendo ai compositi una resistenza all’usura ed alla compressione leggermente superiori ai compositi ibridi, mostrano però della proprietà di lucidabilità superficiale ed estetiche nettamente migliori nel tempo

  9. Resine Composite

  10. Matrice organica Resina di Bowen

  11. Matrice organica La matrice nei compositi dentari costituisce la porzione del materiale che circonda tra loro le particelle di riempitivo vale a dire la fase organica disperdente, che, andando incontro ad una reazione di polimerizzazione, determina l’indurimento, dell’intero materiale. La molecola di base è rappresentata generalmente dal Bis-GMA, un monomero viscoso ad alto peso molecolare ottenuto mediante la reazione tra Bisfenolo A e due molecole di GlicidilMetAcrilato (GMA).

  12. Matrice Organica Il Bis-GMA è tuttavia, una molecola molto rigida e viscosa. A questo limite si è cercato di ovviare facendo ricorso a dei controllori di viscosità a base uretanica come l’UDMA (diUretan-Di-MetAcrilato) o TEGDMA (TriEtilenGlicol-DiMetAcrilato) (Ruyter, 1985). Sono monomeri a basso peso molecolare, utilizzati per diluire la resina di base e renderla più maneggevole e manipolabile e per garantire una maggiore incorporazione di riempitivo, una migliore mobilità molecolare durante la polimerizzazione e quindi un maggior grado di conversione. (Tali monomeri sono esattamente gli stessi contenuti all’interno delle resine fluide non riempite (bonding) dei correnti sistemi adesivi smalto-dentinali; ciò garantisce una compatibilità ed un legame perfetto tra strato adesivo e materiale da restauro).

  13. Matrice organica

  14. Matrice Organica Nei compositi autopolimerizzanti, l’iniziatore più diffuso è il benzoil-perossido di benzoile. In quelli fotopolimerizzati è generalmente il canforochinone (CQ) (nei compositi polimerizzati a luce UV l’iniziatore della polimerizzazione era rappresentato dall’etere benzoil-alchilico – non sono più in uso). Lo spettro di assorbimento di questa molecola è compreso tra 370-500 nm .Nella composizione della fase organica dei compositi autopolimerizzanti sono presenti anche gli inibitori di polimerizzazione: (chinoni o fenol-derivati). Hanno il compito di ritardare la reazione di polimerizzazione al momento della miscelazione delle due paste reagenti, così da permettere all’operatore di posizionare e modellare adeguatamente il composito. Aumentano il tempo di lavoro, ma contemporaneamente hanno anche l’importante funzione di prevenire la polimerizzazione spontanea del materiale durante il suo stoccaggio. Stabilizzatori (benzofeni ed altri) impediscono la degradazione e l’ossidazione dei monomeri. Additivi per la caratterizzazione cromatica del prodotto.

  15. Riempitivo Inorganico Rappresenta la fase inorganica dispersa dei compositi ed è costituito da minutissime particelle minerali incorporate nella matrice resinosa al fine di aumentarne le proprietà fisico-meccaniche, altrimenti insufficienti. Il controllo del riempimento e la morfologia delle particelle inorganiche dei moderni compositi dentali rappresenta, inoltre, un ulteriore modo per poter moderare il fenomeno della contrazione da polimerizzazione.

  16. Riempitivo Inorganico Swift et al. (1995) - Le particelle di riempitivo sono prodotte in base differenti tecniche di preparazione figlie anche dello sviluppo dei metodi industriali di produzione. Si ottengono per triturazione, per precipitazione ad alte temperature oppure per vaporizzazione di particelle prepolimerizzate organico-inorganiche, o per conglomerazione artificiale di micro particelle prive di resina.

  17. Riempitivo Inorganico In base alla loro natura chimica, li distinguiamo in due gruppi: particelle a base di biossido di silicio (SiO2), che in ragione delle caratteristiche del loro reticolo cristallino assumono la forma di quarzo cristallino o di silice piogenica particelle a composizione chimica più complessa (silicati di Al e Li, St e Al, Ba e Al; vetri di Ba, Zn, St; silicati di litio e alluminio; silicati di stronzio e alluminio; borosilicati; alluminosilicati di zirconio; fluoruro di calcio).

  18. Resine Composite riempitivi inorganici

  19. Resine Composite

  20. Riempitivo Inorganico Le particelle a base di quarzo cristallino sono dure, chimicamente inerti, con basso coefficiente di espansione termica, buon rendimento estetico (per il buon indice di rifrazione) e venivano usate generalmente quali macroriempitivi nei vecchi compositi. Le particelle a base di silice pirogenica sono piccole sfere sintetizzate chimicamente ad alta temperatura, utilizzate quale riempitivo a microparticelle da 0.04 μm. Di recente sono inoltre state proposte particelle ceramiche monocristalline nitrosilicee di forma allungata (ceramic whiskers) , delle dimensioni medie di 5 - 0,4 μm, dall’alto grado di perfezione strutturale. La loro forma allungata sarebbe particolarmente vantaggiosa nel prevenire la propagazione di microcrack. La loro resistenza, con valori di circa 30 GPa, risulta di gran lunga superiore a quella delle particelle vetrose (0,1 GPa) e delle fibre (3 GPa), che peraltro sono amorfe e policristalline, a differenza dei whiskers che sono monocristallini. Queste nuove particelle vengono legate alla matrice previa ossidazione e/o trattamento a 500 °C con silanizzazione e mostrano una maggiore resistenza all’usura rispetto ai compositi contenenti i riempitivi tradizionali.

  21. Riempitivo Inorganico Il principale e più diffuso sistema di produzione è dipendente da un processo industriale di triturazione di vetro e ceramica fino a renderle di misura minima al limite medio di 0.5 micron. Questa procedura determina particelle più piccole ed anche più grandi di 0.5 micron con la conseguenza clinica sgradevole che questo range di particelle di diversa dimensione a causa degli stress funzionali genera l’erosione superficiale della resina con le particelle inorganiche più grandi che protrudono dalla matrice del composito rendendo quest’ultimo, nel tempo, di aspetto estetico sgradevole per una riflessione della luce inadeguata. La riduzione del diametro delle particelle al di sotto di 0.1 micron non è possibile attraverso un processo di triturazione meccanica .

  22. Riempitivo Inorganico La precipitazione delle particelle ad alte temperature per formare le microparticelle sferiche di 0,3-0,04 micron di diametro in dispersione colloidale (silice pirogenica). I riempitivi cosi ottenuti sono stati utilizzati nei primi compositi microriempiti, ma le ridotte dimensioni e l’ampia superficie di contatto sviluppata (1g = 300 m2) impedivano un’incorporazione maggiore del 10% in peso, data l’elevata viscosità e la scarsa manipolabilità dei compositi ottenuti.

  23. Riempitivo Inorganico La terza tecnica è quella che prevede l’incorporazione in grande quantità del riempitivo all’interno di una matrice resinosa polimerizzata ad alta temperatura. La massa ottenuta viene poi triturata o vaporizzata per ottenere particelle organico-inorganiche prepolimerizzate di varia forma e dimensione (1-200 micron) che faranno da reale riempitivo all’interno del composito. Con la triturazione si ottengono particelle di forma irregolare ed eterogenea. La forma sferica consente inoltre una distribuzione uniforme all’interno della massa e una migliore distribuzione degli stress all’interno del composito, sebbene l’adesione meccanica sia diminuita. La matrice del composito in cui vengono inglobate tali particelle prepolimerizzate può essere di per sé caricata con una certa quota di silice pirogenica così da raggiungere percentuali complessive vicine al 50%. (micro-ibridi) L’utilizzo di particelle di riempitivo (1-25 micron) conglomerate artificialmente senza resina permette di raggiungere un carico inorganico superiore al 50% in peso.(ibridi)

  24. Riempitivo Inorganico Per incrementare, dunque, la quantità di riempitivo, le particelle sono sinterizzate fino a raggiungere dimensioni ancora più piccole, dell’ordine dei nanometri, che definiscono un materiale composito ad alta densità (Aquilani et al., 2004). Le particelle polverizzate ad alta densità di 1-10 micron di diametro hanno la superficie più esterna ridotta, per cui la miscelazione richiede un minore quantitativo di resina. I compositi di recente introduzione sul mercato denominati “nanoriempiti”, sono prodotti industrialmente, in un processo sol-gel, rivestendo le particelle con silano quando esse si trovano ancora nella fase sol. Successivamente il solvente a base acquosa viene rimosso. La caratteristica fondamentale di questa polvere disidratata è che può essere dispersa nuovamente in una resina. Pertanto, non il rivestimento silanico bensì la rimozione dell’acqua è il primo passo della produzione industriale dei nano-cluster. A causa di questo effetto le particelle si aggregano in frammenti aderenti (sinterizzazione). Subito dopo questi frammenti sono polverizzati fino ad un diametro opportuno, e poi vengono silanizzati. Il processo di sinterizzazione va avanti in quanto le particelle nanomeriche tendono a ridurre la tensione superficiale totale e vengono quindi inglobate nella resina.

  25. Agente legante

  26. Agente Legante Quella dei silani è in realtà una famiglia di cui fanno parte una serie di molecole accomunate tutte dal fatto di possedere un doppio gruppo funzionale: metacrilico da un lato, per legare i monomeri della matrice, silanico dall’altro, per legare le particelle di riempitivo. La molecola attualmente di più largo uso è il metacrilossipropiltrimetossisilano,caratterizzata da un gruppo metacrilico (-CO-CCH3=CH2) a un’estremità della molecola e da tre gruppi trimetossilici [-Si-(OCH3)3] all’altro capo. Quando il silano viene a contatto con le particelle di riempitivo, i tre gruppi trimetossilici si idrolizzano creando altrettanti legami silossanici (-Si-O-Si-) con la superficie del riempitivo e con le altre molecole di silano.

  27. Agente Legante Una volta inserite nella matrice, poi, i doppi legami C=C dei gruppi metacrilici reagiranno con i gruppi di metacrilati della matrice durante la polimerizzazione, dando origine ad una vera e propria rete polisilossanica che circonda tutte le particelle di riempitivo. (Johanson et al., 1967) - L’ottenimento di una ricopertura ottimale da parte del silano è influenzata dalla geometria superficiale delle particelle di riempitivo e dall’eventuale presenza su di esse di impurità deposte durante le fasi di produzione. Una deposizione non ottimale dell’agente legante sul filler determinerebbe una ridotta resistenza all’usura (Powers et al., 1974). La silanizzazione non avrebbe influenza neanche sul modulo di elasticità del composito, secondo Sakaguchi (1999) e Ferracane (1999).

  28. Resine Composite

  29. Silano

  30. Resine Composite

  31. Resine Composite

  32. Resine Composite

  33. Resine Composite

  34. Resine Composite

  35. Rifinitura Dopo polimerizzazione Lucidatura

  36. Resine Composite

  37. Resine Composite

  38. Resine Composite

  39. Resine Composite

  40. Resine Composite

  41. Resine Composite

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