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Dalle colonie alla nuova Africa

Dalle colonie alla nuova Africa. Stati sudafricani 1842-1902 (1). Sudafrica – il capo zulù Chaka riunisce i Bantu (Cafri) nello stato guerriero degli Zulù e conquista il Natal (1820)

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Presentation Transcript


  1. Dalle coloniealla nuova Africa

  2. Stati sudafricani 1842-1902 (1) • Sudafrica – il capo zulù Chaka riunisce i Bantu (Cafri) nello stato guerriero degli Zulù e conquista il Natal (1820) • Le esplorazioni del continente spingono la colonizzazione. Per incarico della Società del Congo, fondata da Leopoldo II del Belgio, Stanley esplora il Congo, che il re belga aveva ottenuto in mandato dalla Conferenza di Berlino (1884-85), contro le rivendicazioni anglo-portoghesi. Da quel momento comincia la corsa alla spartizione del continente nero.

  3. Stati sudafricani 1842-1902 (2) • Gli stati boeri sudafricani - dalla colonia inglese del Capo, 10.000 coloni boeri (di origine olandese e germanica) migrano verso l’interno (Great Trek 1836-44). I boeri fondano lo stato libero dell’Orange (1836) e Transvaal (Repubblica Sudafricana) (1853). • 1883-1902: il presidente Krüger guida la Repubblica indipendente. Si scoprono giacimenti d’oro (Johannesburg). Gli inglesi tentano di accerchiare con loro possedimenti gli stati boeri. • 1899-1902: guerra anglo-boera, vinta dagli inglesi, nel 1902.

  4. Stati sudafricani 1842-1902 (3) • Dopo la guerra contro gli zulù (1879), Cecil Rhodes espande i domini britannici. La sua Compagnia sudafricana ottiene il Bechuanaland (1885) e la Rhodesia (1888-91). Dal 1890 al 1896 Cecil Rhodes è primo ministro della colonia del Capo. Di lì prepara la conquista degli stati boeri (guerra anglo-boera del 1899-1902). • Dopo la vittoria inglese, i boeri ottengono l’autonomia amministrativa e l’«afrikaans» diviene la lingua ufficiale. • 1910: l’Unione sudafricana ottiene lo status di dominion.

  5. Il Sudafrica Il Sudafrica era l’unico dominion britannico in cui i Bianchi fossero minoranza. Pure, fin dal 1926 la popolazione nera era stata esclusa dagli impieghi qualificati e nel 1936 una nuova legge elettorale assegnava ai neri 3 rappresentanti nel parlamento e un consiglio consultivo riservato. Proprio in Sudafrica, all’inizio del secolo, Gandhi aveva svolto la sua prima attività politica, guidando la disobbedienza civile contro la discriminazione fiscale adottata nei confronti della minoranza indiana. Il suo esempio venne ripreso dall'African National Congress (ANC), fondato nel 1912, l'organizzazione più rappresentativa della maggioranza nera sudafricana che, seppur divisa da rivalità interne di origine tribale, nel 1943 cominciò a boicottare le elezioni separate. Nel 1946, l’ONU approvò la prima (di una lunga serie) mozione contro la politica di apartheid ("segregazione") adottata in Sudafrica, che fondava il predominio politico di una minoranza sulla superiorità della razza bianca e sulla separazione della vita civile (dal voto agli autobus alle cabine del telefono), in ambiti razziali non comunicanti fra loro.

  6. Il panafricanismo 1 A differenza dell’Africa araba, il resto del continente africano era caratterizzato dall'assenza di quei requisiti condivisibili - lingua, religione - che stavano alla base dei movimenti nazionali non solo nordafricani, ma anche europei ed asiatici. Contro questo limite si batteva il movimento panafricano che, a partire dal primo congresso tenuto nel 1900 a Londra, vincolava l’identità africana alla razza nera e ad un modello di vita comunitaria premoderna e preindustriale. Nella Francia degli Anni Trenta questo tentativo di identificazione trovò sistemazione nell'opera dello scrittore senegalese, Leopold Sedar Senghor, e nel suo concetto di négritude che, ispirato ai princìpi di un socialismo umanistico, mirava a riaffermare l'orgoglio e la dignità dei popoli africani in un ambito di convivenza mondiale paritetico e pacifico.

  7. Il panafricanismo 2 Yomo Kenyatta - Tornare in Africa. Liberi. Fin dall’età di vent’anni, Yomo Kenyatta è un attivista politico tra la sua gente, i kikuyu, la principale etnia del Kenya, di lingua bantu. Kenyatta sostiene un’idea semplice, ma che i kikuyu hanno dimenticato, a causa della dominazione inglese: la terra che essi coltivano appartiene loro di fatto e di diritto. Non è facile però convincere i kikuyu a ribellarsi al potere dell’uomo bianco, che controlla le armi da fuoco, i mezzi di trasporto e la ricchezza. Negli Anni Trenta, Kenyatta si trova a Londra, dove studia antropologia e incontra dei neri che hanno vissuto negli Stati Uniti. Da loro apprende le idee del "panafricanismo": il progetto di liberarsi dalla segregazione razziale, che di fatto vige in America per tornare in Africa, e rifondare una civiltà libera e indipendente. Sono queste le idee che Kenyatta mette a fondamento dell’Unione Africana del Kenya, il partito politico che fonda al suo ritorno in patria. Sfidando il carcere e la repressione, Kenyatta sarà, nel 1964, il primo presidente del Kenya indipendente.

  8. La nuova Africa 1945-1960 • La guerra avvia la rinascita dei popoli africani. • 1953 Federazione dell’Africa centrale (Rhodesia settentrionale, meridionale e Nyasaland), sotto il dominio dei bianchi. Ne escono il Malawi (Nyasaland) e lo Zambia (Rhodesia settentrionale). • 1960: diventano indipendenti: Camerun; Congo ex francese (Brazaville); Gabon; Ciad; Repubblica centrafricana; Togo; Dahomey; Alto Volta; Niger; Nigeria; Senegal; Mali; Madagascar; Somalia; Mauritania; Congo ex belga. • 1965: il primo ministro Ian Smith dichiara unilateralmente l’indipendenza della Rhodesia (meridionale). Solo i bianchi hanno il potere politico.

  9. La decolonizzazione 1 Nel decennio 1957-1967, circa 40 stati africani (quasi tutto il continente ad esclusione dei territori sottoposti al Portogallo) avevano ormai raggiunto l’indipendenza. In molti casi gli stati coloniali erano semplici creazioni geografiche e amministrative artificiali, all’interno dei quali convivevano etnie e culture diverse tra loro. La rivendicazione dell’indipendenza non poteva fondarsi sull’esistenza di una nazione preesistente; essa era piuttosto frutto delle élite intellettuali e professionali che collaboravano con la potenza coloniale nell'amministrazione e nello sfruttamento delle risorse. Questa fragilità di base dei vari movimenti nazionali, resa evidente dalla conservazione anche dopo l'indipendenza della lingua e dei confini del precedente stato coloniale, finiva per lasciar spazio a una continua violenza tribale, che è stata spesso causa di involuzioni autoritarie.

  10. La decolonizzazione 2 Tra il 1963 e il 1979 ci sono stati 30colpi di stato nei paesi dell’Africa subsahariana. La stabilità politica è apparsa incompatibile con il pluripartitismo, rappresentanza su base etnica e quindi strumento di rivendicazioni eversive contro la convivenza civile. Assai spesso l’accesso agli impieghi pubblici è diventato il canale principale, se non unico, di promozione sociale, dando vita a una nuova classe di impiegati pubblici. Allo stesso tempo, i tentativi di coordinamentosovranazionale si sono sempre rivelati fallimentari (l’Unione degli Stati Africani creata nel 1961 tra Ghana, Guinea e Mali viene sciolta nel 1963). L’Organizzazione per l’Unità Africana (creata nel 1963 fra i capi di 30 paesi del continente) fu paralizzata dal contrasto tra il "blocco di Casablanca" formato da paesi di orientamento radicale e socialista (Algeria o Libia) e, d’all’altra parte, il "gruppo di Brazzaville“, (soprattutto ex-colonie francesi) di segno politico più moderato, come Senegal o Costa d'Avorio.

  11. La decolonizzazione 3 Nel caso della ex-colonia belga del Congo, giunta all’indipendenzanel 1960, le compagnie belghe e americane incoraggiarono la rivolta della regione mineraria del Katanga contro il nuovo stato indipendente. Il leader anticoloniale, Patrice Lumumba, venne assassinato nel 1961, inaugurando un periodo di violenze, culminato nel 1964 con l’intervento di mercenari belgi e americani che aprì la strada al governo di Mobutu, alleato degli StatiUniti. Uno sviluppo analogo si diede tra il 1965 e il 1970 in Nigeria, con la secessione del Biafra, appoggiata dagli Stati Uniti contro il governo centrale, sostenuto dalla Gran Bretagna.

  12. La decolonizzazione 4 Un momento particolare della decolonizzazione è quello della democratizzazione dei regimi "bianchi" in Rhodesia e Sudafrica. Tra il 1976 e il 1978 l’intervento di Stati Uniti e Gran Bretagna portò in Rhodesia a una trattativa tra maggioranza nera e minoranza bianca, che concesse il voto alla popolazione di colore e poi creò un nuovo stato, la repubblica dello Zimbabwe, dove la minoranza bianca, in cambio di particolari diritti politici ed economici, sedeva all’opposizione parlamentare.

  13. La decolonizzazione 5 In Sudafrica nel 1955 il principale partito della maggioranza nera, l’African National Congress, adottò la Freedom Charter, programma che attribuiva la sovranità del paese a tutti quelli - banchi e neri - che vi risiedevano. Ma questa presa di posizione dei neri provocò una radicalizzazione della minoranza bianca, manifestata dai governi del Nazionalist Party, che portò all’arresto dei leader neri (nel 1964 Nelson Mandela) e a uccisioni di massa, come quelle compiute dalla polizia nel giugno 1976 contro gli studenti di Soweto (sobborgo di Johannesburg), che protestavano contro l'imposizione della lingua afrikaan nelle loro scuole. Nel 1989 il nuovo primo ministro De Klerk capovolse questa politica, trattando con la popolazione nera: nel 1990 Nelson Mandela fu scarcerato e nel 1994 si tennero le prime elezioni libere per bianchi e neri, dalle quali uscì vincitore il partito di Mandela, l’African National Congress.

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