1 / 10

GALATI – CAP. 5 – MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE DELLE EMOZIONI – what is an emotion? ..James rispose buttandola

GALATI – CAP. 5 – MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE DELLE EMOZIONI – what is an emotion? ..James rispose buttandola in fisiologia... .

oral
Download Presentation

GALATI – CAP. 5 – MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE DELLE EMOZIONI – what is an emotion? ..James rispose buttandola

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. GALATI – CAP. 5 – MODELLAMENTO LINGUISTICO-CONCETTUALE DELLE EMOZIONI – what is an emotion? ..James rispose buttandola in fisiologia... S. Boca – post sul forum: “Sul linguaggio delle emozioni si è scritto molto. Ricordo un dibattito acceso sull'universalità o meno delle emozioni. La posizione classica di Ekman è che ci sono emozioni fondamentali che sono patrimonio del genere umano e che ritroviamo in ogni contesto culturale. Ciò è evidente dalla reciproca riconoscibilità delle emozioni sul volto anche tra popolazioni molto diverse. Se invece di guardare l'emozione facciale facciamo però riferimento al linguaggio le cose cambiano parecchio. Ogni cultura sviluppa un lessico alquanto diverso per descrivere le emozioni. Basti pensare al termine spagnolo "verguenza" che non trova il corrispettivo in alcuna altra lingua o all'inglese "contempt" o ancora al tedesco "unheimlich". Per rendere i concetti sintetizzati in queste parole altre lingue devono utilizzare parafrasi complesse. L'avere un lessico diverso comporta provare vissuti diversi? Difficile dirlo! Però il lessico delle emozioni, proprio per questo, continua ad essere argomento di indagine e di dibattito.” • DEFINIZIONE DELLE EMOZIONI COME OGGETTO DI STUDIO • Non vi è ancora consenso su una definizione univoca di emozione e quindi sull’ambito di fenomeni al quale la ricerca dovrebbe circorscriversi • Si fonteggiano due posizioni principali: • la concezione prototipica (Fher e Russel 1984; Shaver, Scwartz e altri 1987): dato che i campi semantici riferiti alle emozioni hanno confini sfumati, occorre definirle in termini di prototipicità (riferimento al modello di categoria naturale di Rosch 1975), cioè di esempi più o meno buoni del prototipo legati fra loro sia verticalmente da rapporti gerarchici (categorie sovraordinate e subordinate), sia orizzontalmente da “somiglianze di famiglia”; il modello prototipico è stato spesso associato a quello dello script: le emozioni sarebbero cioè rappresentate come sequenze tipiche di avvenimenti (antecedenti-decorso-controllo) all’interno delle quali esistono subroutine via via più specifiche. • la concezione classica: da un lato Ortony, Clore e Foss (1987) affermano che esistono tre criteri necessari e sufficienti per definire cosa è una emozione, e cioè: 1. il fatto che si riferisca ad esperienze soggettive di natura non fisica (es fame, dolore) ma mentale; 2. il fatto che sia un chiaro esempio di una condizione psicologica transitoria, tendenzialmente di breve durata e con confini temporali definiti (vs atteggiamenti, tratti o stati motivazionali); 3. il fatto che contenga, come aspetto cruciale del suo significato, un riferimento all’esperienza affettiva (ma si arriva al riferimento circolare!) ; dall’altro lato Johnson-Laird e Oatley (1989) definiscono le emozioni primarie come fenomeni basati su un segnale non proposizionale (il particolare stato del sentire che accompagna in modo specifico ciascuna emozione, inteso come qualia non scomponibile e autosignificante) prodotto da una valutazione cognitiva di una situazione e diretto sia all’interno che all’esterno dell’organismo, e le emozioni secondarie come prodotti dell’incontro tra un’emozione primaria e altre componenti, in genere di natura cognitiva, che riferiscono l’esperienza emozionale a specifici fatti e situazioni • Una terza posizione è quella di Ekman, il quale ritiene che le emozioni primarie (intendendo come tali quelle che hanno un chiaro radicamento filogenetico) possano e debbano essere definite non in termini concettuali, bensì facendo riferimento ad un elenco di elementi che le caratterizzano concretamente come esperienza, e che possono essere osservati e e studiati con metodi empirici e sperimentali. Queste caratteristiche definiscono il “dominio” dei fenomeni emozionali, e allo stato attuale delle conoscenze (l’elenco che Ekman propone è per definizione “aperto”) sono: 1. presenza di distinti segnali non verbali / 2. presenza in altri primati oltre l’uomo / 3. distinte reazioni fisiologiche / 4. presenza di eventi antecedenti distinti e universali / 5. coerenza tra le risposte emozionali / 6. rapida insorgenza / 7. breve durata / 8. valutazione cognitiva automatica / 9. occorrenza spontanea • STUDI SULLE ESPRESSIONI LINGUISTICHE DELLE EMOZIONI – TEMI DI FONDO • Nelle lingue occidentali e indoeuropee termini come ”emozione” (da emotus: mosso, spostato da un luogo o da uno stato all’altro), o “affetto” e “passione” fanno riferimento ad una forma di esperienza psichica passiva, subìta più che agìta. Invece termini quali “pensiero” e “ragionamento” indicano un agire attivo (pensare = soppesare, creare connessioni, giudicare) dove il soggetto è presupposto come agente e non agìto. • DAVIDS nel 1962 costruisce un “dizionario delle emozioni” su un principio atomistico: ciascuna emozione è linguisticamente definibile come specifica configurazione di elementi discreti di informazione • Dalle ricerche sui lessici emozionali delle lingue inglese e neolatine (Russel 1980, Plutchik 1980, Galati e altri 1998 e 2000) emergono 3 dimensioni di significato, che vengono fatte corrispondere alle 3 dimensioni, a base affettiva (Valutazione, Attività e Potenza), individuate da Osgood, Suci e Tannenbaum (1957) nei loro studi sulle dimensioni di significato dei lessici naturali (differenziale semantico): • dimensione edonica (→ Valutazione) , ovvero stato del sentire soggettivo (e passivo) modulato sull’asse piacere/dispiacere • dimensione dell’attivazione (→ Attività) , legata al fatto che le emozioni si accompagnano ad evidenti modificazioni somatiche, anch’esse passivamente subìte • e infine, minoritaria ma (se non è un risultato prodotto dalla metodologia) più presente nelle lingue neolatine ed in particolare nell’italiano, dimensione del coping (→ Potenza), che al contrario riconosce all’emozione una funzione attiva di adattamento e orientamento • Un’altra evidenza degli studi sul lessico è la possibilità di individuare, all’interno della struttura dimensionale, un’organizzazione categoriale più dettagliata, legata al formarsi di raggruppamenti di termini semanticamente vicini piuttosto che opposti → l’implicazione è che sottostanti alle categorie vi siano le emozioni cosiddette “primarie” • L’ultima evidenza è la sproporzione fra termini negativi (tra il 60 e il 70% dei corpora studiati nelle varie lingue) e positivi. Due possibili spiegazioni: una evolutiva, “oggettiva” → le emozioni sono risposte di emergenza che si attivano in situazioni problematiche, quindi il linguaggio riflette l’importanza adattativa delle emozioni negative; l’altra spiegazione è culturale → il nostro linguaggio è modellato sugli assunti della tradizione filosofica occidentale classica (la felicità è una sintesi di atteggiamenti razionali e morali, mentre le emozioni, a cominciare da quelle positive, sono illusioni che ostacolano il suo raggiungimento) e della morale cristiana (la felicità è la contemplazione di Dio, quindi non è di questo mondo, e per raggiungerla occorre soffrire una vita terrena concepita come “valle di lacrime”) • Utilizzando il linguaggio per conoscere e rappresentare le emozioni in modo comunicabile, non possiamo uscire dai limiti delle forme simboliche del liguaggio verbale, che in parte modellano e trasformano l’esperienza emozionale. Se non è possibile uscire da questi limiti, occorre però prenderne coscienza • Per meglio capire il significato del linguaggio delle emozioni dobbiamo inoltre ricordare che esso è sempre usato in un certo contesto culturale, ovvero occorre fare emergere i presupposti ideologici impliciti che partecipano alla costruzione del senso delle parole che lo costituiscono. • Gli elementi di significato attribuiti alle emozioni sono il risultato dell’opera di ricercatori quasi tutti occidentali e di studi linguistici prevalentemente riferiti alle lingue occidentali ed indoeuropee, che non trovano piena conferma negli studi etnografici su culture molto lontane dal mondo occidentale. Russel nel 1991 afferma che forse il risultato più importante intorno alle emozioni ottenuto dai resoconti etnografici (Lutz, vedi più avanti) è la possibilità che l’emozione non si riferisca ad un dominio specifico di fenomeni riconosciuto in tutte le culture. Questo ci suggerisce infatti che l’area entro la quale circoscriviamo linguisticamente e concettualmente i fenomeni emozionali e affettivi all’interno della psiche umana, distinguendoli da quelli cognitivi e da quelli volontari e motivazionali, può non essere assoluta, nel senso di universale e oggettivamente fondata. La distinzione, così come le forme di relazione previste da queste diverse funzioni, possono risentire di modi più astratti di concepire l’uomo e le sue funzioni mentali, cioè dipendere dalle più generali teorie sull’uomo e sul mondo proprie di ciascuna cultura

  2. GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI 1. PROSPETTIVA EVOLUZIONISTICO-FUNZIONALISTICA “le emozioni servono per adattarsi al mondo” • SPENCER – 1855 “Principles of Psychology” • le emozioni hanno funzioni adattative • si accompagnano ad aspetti di attivazione fisiologica che predispongono al comportamento e ad aspetti espressivi che sono un derivato dei comportamenti strumentali motori • BAIN – 1859 – “The Emotions and the Will” • continuità tra fisico e mentale, emozioni come trait d’union: segnano il passaggio dalla semplice attività riflessa ad una forma di attività centrale (mentale) • “la ragione è la vela, ma la passione è lo zefiro” TRA ‘800 E ‘900 • DARWIN – 1859 “L’Origine della Specie”, 1871 “L’Origine dell’Uomo”, 1872 “L’espressione delle Emozioni nell’Uomo e negli Animali” • L’emozione si fonda su una cognizione istintiva ed ereditaria che fa riferimento alla memoria della specie e consiste nella capacità di rispondere a certe configurazioni di stimoli strutturate in immagini (immagini dello stimolo che elicita l’emozione o delle configurazioni espressive che l’accompagnano) • Le espressioni facciali delle emozioni sono tracce di antichi comportamenti adattativi che hanno perso la loro funzione originale ma hanno acquisito una nuova, fondamentale, funzione comunicativa, e che si sono sviluppati secondo il principio delle abitudini utili associate (es digrignare i denti), il principio dell’antitesi (es distensione della mandibola, sorriso) e il principio dell’azione diretta del sistema nervoso (movimenti di scarica dell’energia nervosa secondo vie abituali) • Le espressioni delle emozioni sono universali, e si trasmettono ereditariamente per variazione e selezione naturale (anche se per buon peso D. ci mette pure un po’ di lamarckismo!) • JAMES – 1884 “What is an Emotion?” – Lange 1885 – Teoria periferica delle emozioni • L’emozione ha la sua origine in una reazione istintiva a stimoli fondamentali per la sopravvivenza riconosciuti a livello di immagine percettiva - gli stimoli emotigeni sono “chiavi” di altrettanti “lucchetti” predisposti per essi • La percezione di questi stimoli causa modificazioni somatiche specifiche per ogni emozione: modificazioni fisiologiche, tendenze all’azione, comportamenti strumentali ed espressivi • La percezione di queste modificazioni “è” l’emozione (io non tremo/scappo perché ho paura, ma ho paura perché tremo/scappo) • L’aspetto mentale delle emozioni ha quindi due livelli: il riconoscimento istintivo (cioè biologicamente fondato, anche se modificabile dall’apprendimento) a livello percettivo degli stimoli emotigeni, che innesca automaticamente il processo emozionale, e il sentimento soggettivo cosciente che è caratteristico di una risposta emozionale evoluta (umana) • RIBOT – 1896 • concezione stadiale della vita mentale: dalla materia e dalle modificazioni somatiche generate dai bisogni si genera la sensibilità (capacità di provare piacere e dolore), da questa le emozioni, dalle emozioni si sviluppano il pensiero e la razionalità: “la passione si serve della ragione per perseguire i suoi obiettivi” FREUD sviluppa la teorizzazione più esplicita del rapporto nel contempo continuo e sinergico e discontinuo e conflittuale tra affettività, conoscenza e razionalità: l’Io nasce dall’Es e si evolve per servirlo, ma una volta strutturato e differenziato pur continuando ad utilizzare l’energia che gli viene dall’Es ne diviene la guida, mediando con le esigenze di natura sociale di cui è portatore il Super-Io PRIMA META’ DEL XX SECOLO: perdita di interesse generalizzata per la prospettiva evoluzionistico-funzionalistica, a causa dell’affermarmarsi del comportamentismo in psicologia, e della prospettiva culturale (Margaret Mead) nelle scienze sociali; • WATSON – delle teorie evoluzioniste conserva l’idea che esiste un certo patrimonio di risposte emozionali di base (x-rabbia, y-paura, z-amore), innate e trasmesse ereditariamente, ma: • le considera semplici riflessi incondizionati che non implicano alcuna attività mentale e neppure alcuna tendenza finalistica • ritiene che la complessa vita emozionale dell’uomo sia frutto dell’apprendimento, che ha inizio quando i semplici riflessi incondizionati di base, associandosi a nuovi stimoli, diventano condizionati • determinismo positivistico, riduzionismo MCDOUGALL – WALLON - si oppongono senza grande successo alle concezioni allora dominanti, teorizzando le emozioni come disposizioni innate ad agire e sentire in un certo modo in certe situazioni A PARTIRE DAGLI ANNI ‘60: sull’onda dell’affermarsi dell’etologia, riprende l’interesse per la prospettiva evoluzionistico-funzionalistica e per lo studio delle emozioni • TOMKINS –dagli anni ’60 agli anni ‘80 • Le emozioni (affetti) hanno un fondamentale ruolo adattativo e costituiscono il sistema motivazionale primario, poiché fanno in modo che l’organismo si attivi nel modo migliore per soddisfare le proprie pulsioni (drive, stati di bisogno), sia agendo come amplificatori delle pulsioni stesse e portandole alla coscienza (altrimenti rischierebbero di non essere colte, es deprivazione progressiva di ossigeno), sia attivando tutte le risorse mentali e comportamentali necessarie • 8 emozioni primarie: interesse, sorpresa, gioia, angoscia, paura, vergogna, disgusto, rabbia; ciascuna è uno schema di risposta innato che ha origine nelle aree subcorticali e che viene innescato automaticamente da un determinato gruppo di pulsioni caratterizzato da una specifica “densità di stimolazione nervosa” • L’attivazione delle emozioni primarie non implica quindi alcuna attività di valutazione cognitiva dello stimolo; un’attività cognitiva può esservi per le emozioni secondarie apprese, ma si tratta in ogni caso di semplice condizionamento: per Tomkins non è l’organismo a riconoscere gli stimoli, ma sono gli stimoli stessi a “sapere dove andare” per attivare il circuito cerebrale giusto – posizione vicina a quella jamesiana “chiave/lucchetto”, ma qui con priorità data alla “chiave”, mentre l’organismo è quasi solo un recettore passivo • Ogni emozione è caratterizzata da specifiche risposte somatiche e comportamentali, e soprattutto da specifiche e ben differenziate risposte espressive facciali, il cui feedback è la principale fonte di differenziazione delle emozioni stesse (teoria periferica jamesiana, ma ricondotta alle sole espressioni facciali)

  3. 1. PROSPETTIVA EVOLUZIONISTICO-FUNZIONALISTICA - segue GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI • EKMAN – spronato da Tomkins, a partire dagli anni ’60 e per più di 30 anni sottopone a nuove verifiche empiriche l’ipotesi darwiniana dell’universalità delle espressioni delle emozioni → ricerche transculturali i cui risultati lo portano a confermare l’ipotesi e che, sebbene messi in discussione da altri autori (es Russel) sembrano, anche se non definitivi, piuttosto significativi • identifica 6 “famiglie” di emozioni di base (rabbia, disgusto, gioia, sorpresa, paura, tristezza) con valore adattativo e base innata, tramandate geneticamente e universali • Ciascuna famiglia è costituita da un “tema” (caratteristiche strutturali e uniche, biologicamente radicate in programmi di risposta innati) e da variazioni individuali e culturali, suscettibili di apprendimento, mentre le emozioni più complesse derivano dalla mescolanza delle emozioni di base e delle loro variazioni • identifica 9 caratteristiche proprie alle famiglie di emozioni di base: • 1. segnali espressivi distinti e universali (cuore della sua ricerca), che tuttavia possono essere influenzati dall’apprendimento e dalla cultura → “display rules” (regole di esibizione) specifiche per ogni contesto culturale le controllano / modificano / inibiscono e le trasformano quindi in un codice comunicativo altamente convenzionalizzato • 2. presenza in altri primati • 3. distinta fisiologia • 4. antecedenti situazionali distinti e universali • 5. coerenza tra i vari aspetti della risposta emozionale • 6. rapida insorgenza – strettamente legata alla funzione adattativa delle emozioni: mobilitano l’organismo a rispondere in situazioni d’emergenza in cui in genere non c’è molto tempo per pensare e pianificare una risposta • 7. breve durata – distinte da tono d’umore e sentimenti • 8. valutazione cognitiva automatica – meccanismo cognitivo, a probabile localizzazione subcorticale, in grado di rispondere selettivamente agli antecedenti tipici delle emozioni di base • 9. occorenza spontanea – sensazione soggettiva di subire piuttosto che di agire l’emozione, che la distingue dagli stati propriamente cognitivi • Elabora un sistema di codifica delle espressioni facciali oggettivo: FACS (Facial Action Coding System) fondato su un’analisi minuziosa dei singoli movimenti facciali (action units) • IZARD –da fine anni ’70 agli anni ’90 - inizialmente collaboratore di Tomkins, elabora poi teoria sua propria anche se per alcuni aspetti simile • Categorizza la personalità dell’individuo in 6 sistemi di complessità crescente: 1. sistema omeostatico, che regola in modo automatico e inconscio i processi di mantenimento della vita; 2. sistema pulsionale (drive system) fondato su cambiamenti nello stato dei tessuti che inviano segnali specifici e forniscono informazioni sui bisogni del corpo; 3. sistema emozionale, che svolge la funzione di amplificatore e guida dei bisogni (come per Tomkins); 4. sistema percettivo, che stabilisce il contatto con l’ambiente e riconosce/dà significato agli oggetti; 5. sistema cognitivo, che elabora l’informazione, accumula conoscenza e predispone piani d’azione; 6. sistema motorio, che attiva sequenze comportamentali specifiche • I sistemi pulsionale, emozionale e cognitivo hanno una funzione motivazionale, cioè dirigono il comportamento verso determinati fini, e possono lavorare insieme (secondo la gerarchia indicata) • DET, Differential Emotion Theory: 10 emozioni primarie e ben differenziate (interesse, gioia, sorpresa, disagio-distress, rabbia, disgusto, disprezzo, paura, vergogna, colpa) • Ciascuna ha una specifica funzione adattativa nelle situazioni naturali e tipiche per la specie, rispetto alle quali si è evoluta • Ciascuna è attivata da specifiche categorie di stimoli sia interni (pulsioni) che ambientali che hanno particolare rilevanza per la sopravvivenza e il benessere dell’individuo • Gli stimoli attivatori giungono sia alla corteccia che al sistema limbico, e da qui all’ipotalamo dove si attivano programmi innati che consistono in schemi di attività organizzati • Gli schemi di attività organizzati a base innata comprendono l’attivazione veloce di specifiche espressioni facciali, il cui feedback genera a livello di esperienza soggettiva cosciente il sentimento specifico attraverso cui l’emozione viene riconosciuta (come per Tomkins - in questo modo Izard supera la principale critica di Cannon alla teria periferica jamesiana, nonché il processo più lento di attivazione somatica attraverso il sistema nervoso autonomo • Nonostante le risposte emozionali siano biologicamente fondate, il legame fra emozioni e processi cognitivi conferisce loro ampi gradi di libertà • Come Wallon, Izard sostiene che le emozioni si evolvono a livello ontogenetico (così come probabilmente si sono evolute filogeneticamnte) secondo una sequenza stadiale biologicamente predeterminata e legata a fattori maturativi, dove ambiente e apprendimento hanno un ruolo piuttosto modesto: disagio già nelle prime settimane di vita; gioia, rabbia e tristezza a partire dal 2° mese; paura dal 7°/8°, vergogna e senso di colpa dall’8°/9° • In polemica con la DET di Izard, i fautori della “teoria della differenziazione” sostengono invece che nel neonato esistono solo le due emozioni primarie innate – piacere e dispiacere, che si evolvono, innanzi tutto per influenza dell’apprendimento e dell’ambiente, differenziandosi qualitativamente in un’ampia gamma di emozioni • BUCK – teorizza l’emozione come esplicitazione (readout) del potenziale motivazionale di un organismo, e le attribuisce tre possibili funzioni diverse: • segnalare gli stati di omeostasi interna e adattamento esterno dell’organismo • manifestare ai conspecifici gli stati motivazionali dell’organismo • rendere cosciente al soggetto il proprio stato motivazionale • PLUTCHIK –da fine anni ’60 agli anni ’90 – ricerche condotte sul lessico • 8 emozioni-base, con diversi gradi d’intensità (molto differenziate quando l’intensità è massima, per nulla quando è minima), corrispondenti ad altrettanti comportamenti adattativi funzionali alla sopravvivenza strutturati in coppie bipolari: • Adorazione, Accettazione (incorporazione) Repulsione, Disgusto (rifiuto) • Terrore, Paura (protezione) Ira, Rabbia (distruzione) • Estasi, Gioia (riproduzione) Dolore, Tristezza (reintegrazione) • Sbalordimento, Sorpresa (orientamento) Vigilanza, Anticipazione (esplorazione) • Dalla propensità ad attivare preferibilmente alcune emozioni base derivano i tratti di personalità dell’individuo, nonché le modalità di coping e le possibili forme psicopatologiche • OATLEY E JOHNSON-LAIRD – teoria comunicativa delle emozioni (studi sul lessico) • 5 emozioni fondamentali: gioia, tristezza, paura, rabbia, disgusto • ciscuna distinta da un segnale comunicativo non proposizionale, rivolto sia all’interno dell’organismo (→induce la preparazione all’azione) che all’esterno (→segnalazione ai conspecifici di situazioni positive e negative) • a livello soggettivo il segnale corrisponde al sentire l’emozione • le emozioni secondarie sono basate sui medesimi cinque segnali, ma si differenziano per le circostanze che le attivano e per la specifica valutazione cognitiva di tali circostanze → gelosia e invidia pur se esperite come emozioni distinte sono accomunate dallo stesso segnale proposizionale (rabbia) FRIJDA – sulla scia di McDougall e Wallon teorizza le emozioni come tendenze all’azione innate (action tendencies), che ritiene specie-specifiche, cui corrispondono pattern specifici di attivazione (activation modes); concettualizza 10 emozioni-base; mette a punto un modello computazionale del processo emozionale simulato a computer, nel quale però manca la dimensione che si riferisce all’esperienza soggettiva dell’emozione

  4. 2. PROSPETTIVA COGNITIVISTA: “le emozioni servono per conoscere il mondo” privilegia l’analisi dei processi cognitivi di elaborazione mentale delle informazioni, ritenendo che siano questi gli aspetti che caratterizzano le emozioni (teorie attivazionali-cognitive) o che addirittura le causano (teorie dell’appraisal) GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI TEORIE ATTIVAZIONALI-COGNITIVE • SCHACTER E SINGER, 1962 - Teoria bifattoriale • Le emozioni sono costituite da 2 fattori (necessari e sufficienti): da un lato un’attivazione fisiologica indifferenziata (differenza fondamentale rispetto alla tradizione jamesiana), dall’altro lato i processi cognitivi di attribuzione di significato attraverso i quali l’individuo identifica le cause dell’attivazione stessa, e che portano alla percezione cosciente (tradizione jamesiana) di emozioni differenziate • Esperimento dell’epinefrina e dei complici, di scarsa validità ecologica ma grande validità comunicativa! • PRIBAM – anni ’70 – • L’emozione si attiva quando un comportamento motivato (messo cioè in atto dall’organismo per soddifare i propri bisogni) è interrotto da un ostacolo o una distrazione • Consiste in uno stato di attivazione fisiologica che accompagna e sostiene una reazione cognitiva di riorientamento, finalizzata a superare l’ostacolo • MANDLER – anni ’70 – • Come Pribam, ma maggiore enfasi sul fatto che gli aspetti soggettivi e qualitativi dell’emozione coincidono con la sensazione cosciente dello stato d’allerta dell’organismo (tradizione jamesiana) • SIMONOV – anni ’70, URSS – • L’emozione (E) dipende dai bisogni dell’organismo (N) e dalla differenza tra informazione necessaria (In) per soddisfarli nelle circostanze date e l’informazione già acquisita dall’organismo (Ia) • E= -N (In-Ia) • Se l’informazione necessaria è superiore all’informazione già acquisita il valore di E è negativo (emozioni negative → ricerca di nuove informazioni), altrimenti è positivo (→ stato di attivazione sperimentato come piacevole) TEORIE DELL’APPRAISAL: l’interesse è proprio per i processi di valutazione cognitiva degli stimoli attivatori delle emozioni A) Teorie che ancora condividono con la prospettiva evoluzionistico-funzionalistica l’idea di emozioni primarie discrete, universali e biologicamente programmate • MAGDA ARNOLD – anni ’60 • Critica l’assunto che il significato emotigeno dello stimolo sia innato, biologicamente fondato, e sostiene al contrario che il significato dello stimolo non è dato in sé, ma è frutto di processi di valutazione (appraisal) dello stimolo stesso • Teorizza tuttavia processi di valutazione semplici, non di natura intellettuale ma sensoriale (sense judgements) e focalizzati solo sugli aspetti dello stimolo rilevanti per la sopravvivenza (sposa il valore adattativo delle emozioni) • Questi giudizi cadono in due sole categorie dicotomiche: buono / cattivo, e innescano due tipologie di tendenza all’azione altrettanto dicotomiche: avvicinamento / allontanamento • Da qui in poi, le emozioni si differenziano ulteriormente sia per le valutazioni che per le risposte comportamentali, fisiologiche e strumentali: uno stesso stimolo giudicato cattivo può essere allontanato sia distruggendolo (rabbia) che fuggendolo (paura) • LAZARUS – dagli anni ’60 agli anni ’90 - Teoria cognitivo-relazionale-motivazionale • Come la Arnold, ritiene che l’emozione sia causata dai processi valutativi di caratteristiche dello stimolo importanti per la sopravvivenza, ma sottolinea che la valutazione è sempre mediata dagli stati motivazionali dell’organismo: cioè noi valutiamo gli stimoli ambientali in funzione delle opportunità o degli ostacoli che pongono al soddisfacimento dei nostri bisogni • Le possibili valutazioni/interpretazioni degli stimoli rispetto al proprio stato motivazionale sono finite e specie- specifiche; nell’essere umano sono riconducibili a 15 strutture di significato (core relational themes), ciascuna all’interno di una specifica situazione ambientale tipica (adaptive encounter) • Ai 15 core relational themes corrispondono altrettante emozioni primarie, es “offesa che mi danneggia → rabbia”, “progressi verso la realizzazione di uno scopo → gioia”, “situazione esistenziale incerta → ansia” • Ritiene che le emozioni siano risposte biologicamente fondate in quanto la relazione interpretazione-emozione è automatica e innata, ma non rigide poiché la relazione stimolo-interpretazione è molto più libera, soggetta a differenze individuali e culturali (apprendimento) • Polemica di e con Zajonc, il quale nega che le emozioni possano essere innescate da processi di valutazione cognitiva dello stimolo, affermando invece che i processi emozionali si verificano prima che venga operata qualsiasi inferenza cognitiva; secondo Galati è solo un problema di significato diverso attribuito alle parole (comme toujours..)

  5. 2. PROSPETTIVA COGNITIVISTA - segue GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI B) Teorie che approfondiscono la distanza dalla prospettiva evoluzionistico-funzionalistica ORTONY, CLORE E COLLINS– anni ’80: tutte le emozioni derivano dalla combinazione di un certo numero di attività valutative, che sono limitate, ma le cui combinazioni possibili sono numerosissime, così come numerosssime sono le emozioni. Possono essere raggruppate in 6 tipologie principali a seconda del tipo di stimolo valutato e del tipo di valutazione messa in atto • SMITH e coll. - anni ’80 – posizione teorica simile a Roseman, in più ipotizza relazioni fisse tra processi di valutazione e modificazioni fisiologiche/movimenti facciali • Ipotizza 8 diversi sistemi o dimensioni della valutazione cognitiva: • 1. attenzione (aumento generalizzato dell’attenzione cosciente) • 2. novità (valutazione del carattere nuovo o già conosciuto dello stimolo) • 3. certezza (valutazione della probabilità di acquisire ciò che si desidera/evitare ciò che non si desidera) • 4. controllo (valutazione della possibilità di tenere sotto controllo la situazione) • 5. piacevolezza / spiacevolezza dello stimolo • 6. percezione dell’ostacolo • 7. responsabilità (valutazione dell’agente) e legittimità • 8. anticipazione dello sforzo • IRA ROSEMAN– anni ’80 – come Ortony e coll. sostiene che le numerosissime emozioni umane dipendono dalla combinazione di una o più modalità valutative dello stimolo; inoltre sostiene che una stessa emozione può essere causata di diverse combinazioni di attività valutative (equifinalità). • Ipotizza 5+2 = 7 diversi processi valutativi: • 1. valutazione dello stimolo in termini di ricompensa o punizione in relazione allo stato motivazionale • 2. valutazione dello stato situazionale in termini di presenza/assenza di ciò che si desidera • 3. valutazione della probabilità di acquisire ciò che si desidera in quella situazione • 4. valutazione della legittimità delle possibili conseguenze della situazione • 5. valutazione dell’agente, cioè del responsabile in quella situazione (se stessi, un altro, circostanze impersonali) • 6. valutazione del carattere atteso o inatteso dello stimolo • 7. valutazione delle risorse disponibili al soggetto per farvi fronte • SCHERER - da anni ’80 a oggi – teorizza i processi valutativi che generano le emozioni come un insieme di controlli tra loro articolati, che si attivano con un ordine diacronico-sequenziale, compaiono in successione nello sviluppo ontogenetico e si articolano su diversi livelli cognitivi (cf Piaget). Inoltre come Smith mette in relazione i processi valutativi con le modificazioni dell’organismo, in particolare le espressioni facciali e vocali: ipotizza l’esistenza di azioni facciali/vocali elementari, forse effettivamente di origine innata, che accompagnano ciascun processo valutativo, e si combinano additivamente generando l’espressione “tipica” di una certa emozione • Nega l’esistenza di in gruppo ristretto di emozioni “primarie” innate, sostenendo che tali sembrano essere quelle che in realtà sono emozioni modali, esperite cioè con maggiore frequenza, che possono effettivamente essere transculturali e persino transpecifiche in virtù delle caratteristiche ricorrenti dell’esperienza

  6. GALATI – CAP. 6 – LA PROSPETTIVA DEGLI PSICOLOGI 3. PROSPETTIVA COMUNICATIVA E COSTRUZIONISTICA “Le emozioni servono per comunicare con il mondo” PROSPETTIVA COMUNICATIVA O TEORIE RELAZIONALI: il contesto comunicativo preso in considerazione è ristretto all’ambito delle relazioni interpersonali I fondamenti sono le teorie elaborate nell’ambito della Psicologia dello Sviluppo / Psicanalisi sulle relazioni primarie caregiver-bambino: Bolwby (attaccamento), Spitz (madre come ambiente psicologico del bambino, dialogo preverbale tra i due con cui la madre “imbeve di senso” l’esperienza del bambino permettendogli una progressiva differenziazione psicologica autonoma) , Melanie Klein (psiche infantile –ma anche adulta!- come flusso caleidoscopico d’immagini, sensazioni e terrori di annichilimento continuamente impegnata a tenere lontana la pulsione di morte/aggressività, rapporto con la madre si evolve da posizione schizoparanoide a posizione depressiva con fantasie riparative che generano “amore”), Winnicot (madre annulla la propria soggettività psicologica per diventare un “mezzo” del bambino, cioè fornirgli l’ambiente fisico e psichico di “holding” che permette alla sua individualità di emergere dall’iniziale stato fluido e indifferenziato di “going on being” e di affermarsi per tappe successive) • TREVARTHEN – anni ’80 – • Teorizza che le risposte emozionali siono già predisposte nel feto come sistema regolatore centrale della comunicazione umana che viene creato nel cervello umano in sviluppo prima del suo contatto cognitivo e comportamentale con il mondo esterno • Considera le emozioni strumenti comunicativi innati di cui sia il bambino che la madre sono dotati e che permettono loro di instaurare un contatto comunicativo empatico, ovvero esplicano la loro funzione primaria nell’instaurare rapporti affettivi tra il bambino e il caregiver, favorendo l’instaurarsi di una stretta relazione di complementarietà al cui interno matura la capacità del bambino di dare significato al mondo • E’ l’espressione delle emozioni che regola e rende possibile lo scambio comunicativo all’interno di questa relazione: dialogo ritmato, motherese, protoconversazioni i cui significati particolari sono comunicati e compresi dai due partner e che usano come segnali emozionali modificazioni cinematiche (azioni sequenziali che hanno uno sviluppo temporale), fisiognomiche e energetiche (variazioni nel livello di attivazione dell’organismo) • Con il passare del tempo le emozioni del bambino diventano “sensibili”, cioé possono essere attivate anche da oggetti che non comunicano: distinzione tra emozioni etiche (rapporti con le persone), emozioni estetiche (rapporti con gli oggetti) ed emozioni autoteliche (rapporti con il proprio mondo interno) • Apprendimento ed esperienza giocano un ruolo importante nel modulare le emozioni, ma non possono in alcun modo crearle • FRIDLUND – anni 90? – Teoria ecologico-comportamentale delle emozioni • Rifiuta l’ipotesi dell’universalità delle emozioni e della loro espressione facciale; riprendendo le critiche di Russel, ritiene che i risultati di Ekman e Izard siano inficiati da artefatti e debolezze metodologiche • Ritiene che di innato ci siano effettivamente il valore comunicativo delle emozioni, le tendenze o facilitazioni ad apprendere segnali espressivi emozionali ed una attenzione selettiva particolarmente intensa nel coglierli che può essere definita empatia o sensibilità interpersonale • I segnali espressivi delle emozioni sono spesso frammenti o sequenze di comportamenti finalizzati all’adattamento (es digrignare i denti per l’aggressività) che vengono esibiti come segnali di quel comportamento • Per il resto, la strutturazione delle emozioni e delle loro espressioni sono modellate dall’apprendimento nell’ambito dell’interazione sociale, attraverso meccanismi di rinforzo • FOGEL – dagli anni ‘90 ad oggi – Teoria dinamica e socio-interazionista delle emozioni • Come Fridlund rifiuta l’ipotesi di un numero limitato di emozioni universali • Ritiene che l’emozione non sia uno stato predefinito e discreto, ma al contrario ubiquitario e continuo: noi siamo sempre emozionati, l’emozione fa parte ed è condizione del nostro processo di interazione con il mondo, soprattutto con gli altri e con il contesto sociale, e non esiste prima e al di fuori di questo processo interattivo • Definisce l’emozione come un sistema dinamico che si autorganizza nel suo divenire attraverso l’interazione di componenti elementari di varia natura (comunicative, motorie, fisiologiche, cognitive... che possono anche avere basi innate), nessuna delle quali può essere intesa come elemento prevalente e ordinatore degli altri, e che nel loro interagire stabiliscono sia le possibilità che i vincoli di tale divenire • Questo processo di autorganizzazione è instabile e continuamente soggetto a variazioni: quelle che noi definiamo come emozioni discrete a cui assegniamo nomi differenziati sono in realtà picchi di intesità della nostra esperienza emozionale che fanno sì che questa sia in alcuni momenti più evidente • Ovvero le variazioni del processo emozionale sono quantitative e continue; tendono invece ad essere rappresentate in modo qualitativo e discontinuo per intervento dell’educazione e soprattutto per effetto del linguaggio, dato che le classificazioni e distinzioni linguistiche sono necessariamente qualitative e discrete. Il passaggio dal dimensionale al discreto (a livello di esperienza soggettiva?) avviene progressivamente, con il progredire dell’età. PROSPETTIVA COSTRUZIONISTICA: teorizza che l’emozione vada intesa e spiegata come un fenomeno non naturale, ma sociale; epistemologicamente pone l’attenzione su come il contesto socio-culturale possa influenzare il modo di concepire, conoscere e indicare le emozioni (Catherine Lutz, ricerche antropologiche sul lessico emozionale) • HARRE’ e altri – anni ’80 e ’90 – “La costruzione sociale delle emozioni” • Le emozioni consistono in una serie di risposte coordinate apprese (mentre interazionisti ancora ammettono componenti elementari geneticamente fondate, per i costruzionisti non vi è nulla è innato), che, piuttosto che a salvaguardare la sopravvivenza biologica degli individui, servono a regolarne l’interazione sociale: sono una sorta di codice di comportamento sociale acquisito attraverso l’educazione che prescrive a ciascuno come deve comportarsi e come deve reagire al comportamento degli altri in determinate circostanze tipiche • Ancora differenza degli interazionisti, i costruzionisti ritengono che quello che spiega al meglio la natura e la funzione dell’emozione, più che l’aspetto comunicativo dell’interazione sociale in quanto tale, siano gli esiti socialmente adattativi di tale interazione. • L’emozione è concepita come una “sindrome” composta di diversi elementi (valutazione cognitiva, reazioni espressive, fisiologiche, comportamenti strumentali, sentimenti soggettivi) che tendono a ricorrere insieme in una sequenza abituale sebbene non necessaria E ciascuno di questi elementi è appreso nell’interazione sociale: i processi di valutazione cognitiva consistono nell’attribuire agli stimoli significati fondati su sistemi di valore e regole sociali, le espressioni facciali ed i comportamenti strumentali sono modellati socialmente, persino gli aspetti fisiologici lo sono indirettamente in quanto vengono attivati dall’organismo per sostenere comportamenti socialmente appresi, ed anche i sentimenti soggettivi non sono dei qualia irriducibili biologicamente fondati, ma atteggiamenti socialmente appresi dotati di componenti differenziate cognitive, comportamentali e motivazionali

  7. GALATI – CAP. 5 – LA PROSPETTIVA NEURO/FISIO-PSICOLOGICA TRA ‘800 E 900, A PARTIRE DA DARWIN INIZI DEL ‘900 – PERIFERALISTI VS CENTRALISTI DAGLI ANNI ‘30 AGLI ANNI ‘80: IL CERVELLO EMOZIONALE

  8. GALATI – CAP. 5 – LA PROSPETTIVA NEURO/FISIO-PSICOLOGICA LA LATERALIZZAZIONE EMISFERICA DELLE EMOZIONI – ovvero si raccolgono evidenze che anche la neocorteccia gioca un qualche ruolo LA POSIZIONE ATTUALE A PARTIRE DAGLI ANNI ‘80 : MOLTEPLICI CENTRI O SISTEMI EMOZIONALI

  9. VERSO IL SUPERAMENTO DEL DUALISMO CORPO/MENTE – DAMASIO, OVVERO: RITORNO A JAMES, E SINTESI DI EVOLUZIONISMO E COMPORTAMENTISMO, PER ANDARE OLTRE

  10. GALATI – CAP. 7 – TEORIE DEL SOGGETTO PSICOLOGICO

More Related