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POTENZIAMENTO COGNITIVO

POTENZIAMENTO COGNITIVO. Chiara Deprà chiara.depra@unimib.it. Intelligenza. Cosa significa essere intelligenti?. L'intelligenza è un dono? E' un vaso da riempire? E'...? E io? Sono intelligente? Non sono intelligente? Sono modificabile [Feuerstein, 1980]?. Idee dei bambini.

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POTENZIAMENTO COGNITIVO

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Presentation Transcript


  1. POTENZIAMENTO COGNITIVO Chiara Deprà chiara.depra@unimib.it

  2. Intelligenza Cosa significa essere intelligenti?

  3. L'intelligenza è un dono? E' un vaso da riempire? E'...? E io? Sono intelligente? Non sono intelligente? Sono modificabile [Feuerstein, 1980]?

  4. Idee dei bambini Età prescolare: bontà, rispetto delle regole e simpatia 6/9 anni: chi ha abilità considerate difficili da acquisire 10/15 anni: sforzo, impegno Dai 16 anni: capacità di gestire le informazioni, capacità di problem- solving

  5. Concezioni intelligenza Concezione Occidentale  intelligenza tecnologica (generalizzazione, problem-solving, elaborazione, pensiero creativo) Concezione orientale  intelligenza sociale (conoscenza adattiva, profondità di pensiero, capacità di ascolto, abilità pratiche)

  6. Vygotsky Assegna un ruolo centrale ai meccanismi di regolazione (controllo/ monitoraggio e correzione delle produzioni della persona) Lo sviluppo dell’intelligenza è un passaggio progressivo dai meccanismi eteroregolatori, vengono controllati da una terza persona, a quelli autoregolatori la cui attivazione dipende dal soggetto stesso. I bambini nel tempo acquisiscono autonomia prendendo in carico il loro funzionamento cognitivo, attraverso l’interiorizzazione delle funzioni metacognitive necessarie all’apprendimento.

  7. Perché parlare di potenziamento cognitivo • Dibattiti sulla natura dell’intelligenza (metacognitivi) • Disturbi specifici e non dell’apprendimento • Inclusione/integrazione alunni con disabilità L’educazione cognitiva ha come obiettivo quello di educare i processi di pensiero sviluppando e stimolando le funzioni coinvolte. I potenziali intellettivi sono modificabili, educabili e rieducabili grazie all’influenza di mediazioni educative efficaci [Paour 1998].

  8. Contestualizzare il Metodo Feuerstein come una metodologia: • centrata su un approccio metacognitivo, che intende affrontare alcune questioni fondamentali dell’apprendimento: è possibile apprendere? Come si apprende? Quali le ragioni del mancato apprendimento? Come fare per intervenire? • da iscriversi tra quelle metodologie di cerniera tra l’alunno in situazione di disabilità e la classe • che fa della diversità una risorsa e dello stare insieme un’occasione preziosa di apprendimento.

  9. Chi è ReuvenFeuerstein? Nasce in Romania nel 1921, dopo essere stato deportato in un campo di concentramento si trasferisce in Israele. Comincia qui a lavorare con i bambini provenienti dai campi di raccolta, con traumi psichici e difficoltà di apprendimento. Gli effetti positivi del suo lavoro rafforzano in lui l’idea che una Modificabilità Cognitiva è possibile. Lavora e studia con Jean Piaget, approfondendo le teorie sullo sviluppo cognitivo. Diventa docente di psicologia all’Università di Bar Ilan di Tel Aviv.

  10. Ha creato negli anni il Programma di Arricchimento Strumentale Standard e Basic. Nel 1992 fonda l’ICELP (centro internazionale per l’elevazione del potenziale di apprendimento) a Gerusalemme. All’interno del centro vengono seguiti, utilizzando la sua metodologia, bambini da tutto il mondo e si svolgono ricerche in campo psicologico, pedagogico, didattico e terapeutico.

  11. Concetti principali della teoria di Feuerstein: Modificabilità cognitiva Esperienza di Apprendimento Mediato Modificazione dell’ambiente circostante

  12. Idea di base del metodo Feuerstein Modificabilità cognitiva L’intelligenza è educabile

  13. Modificabilità cognitiva L’organismo va incontro ad una serie di mutamenti. • Dovuti alla maturazione (gattonare  camminare) • Cambiamenti strutturali, non si riferiscono ad eventi isolati ma al modo stesso in cui l’organismo interagisce con le fonti di informazioni, agisce su di esse e risponde ad esse. La mod. cognitiva agisce sui cambiamenti strutturali (dinamiche comportamentali)

  14. “Piaget ha concettualizzato il comportamento come costituito sia da determinanti strutturali sia da determinanti energetiche in cui il cognitivo è la determinante strutturale e l’affettivo la determinante energetica del comportamento ed entrambi sono come le due facce della stessa medaglia. Io ho aggiunto a questa metafora, che certamente è già molto significativa, il concetto che la medaglia, che è il nostro comportamento, è una medaglia trasparente e quando si guarda alle componenti cognitive non si può ignorare la componente emotiva che è dall’altra parte; e quando si guarda all’elemento emotivo non si possono ignorare le determinanti cognitive anch’esse visibili in questa metafora della moneta trasparente. In questo modo l’interazione tra i due elementi, struttura ed energia, è visibile nel comportamento della persona e i due elementi si influenzano l’un l’altro in modo molto significativo.”(Feuerstein, 1980)

  15. concetto di sé non realistico Bassa autostima scarsa comunicatività, tendenza a tirarsi indietro, sentirsi senza forze aggressività, ostilità difensiva, ribellione non essere a proprio agio in un gruppo; mancanza di relazioni sociali intime Tratte da Fabio 2010 Sottorendimento lieve, al medio, al grave

  16. Tratte da Fabio 2010 carattere personale ambiente scolastico clima familiare

  17. Perché questo sottorendimento? • Eccessiva sensibilità verso gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno, eccesso di energia psico- motoria che trova sfogo in: • Movimento incessante • Loquacità esagerata • ADHD • Mancanza di interesse verso un percorso scolastico ritenuto poco stimolante: • compiti ritenuti “troppo facili” • grande curiosità Tratte da Fabio 2010

  18. Come valutare l’intelligenza? Tratte da Fabio 2010

  19. Valutazione Statica Test di Binet (1905): per valutare le differenza tra bambini con intelligenza “normale” e quelli con ritardo. I compiti più difficili che il bambino sa svolgere indicano il suo grado di capacità. Se un bimbo risolve in media i problemi che risolvono bambini di 8 anni gli si assegna un’età mentale di 8 anni. Il concetto di età mentale è alla base del concetto di quoziente intellettivo definito come QI= età mentale/ età cronologica.

  20. Scale Weschler (1939) Le scale misurano/misuravano (non più nella Wisc IV): • un fattore generale: QI Totale; • un sottofattore verbale: QI Verbale; • un sottofattore di performance: QI Performance • WPPSI per bambini di età prescolare; • WISC- III/WISC IV dai 6 ai 16; • WAIS per adulti.

  21. Misure dinamiche Tratto da: With a differentGlance. J. Leeber (2011)

  22. Valutazione del Potenziale Apprenditivo (Zona di sviluppo prossimale) si parte dal principio che i test di intelligenza non debbano misurare solo le conoscenze e le competenze individuali acquisite dal soggetto, ma anche la capacità di apprendere, cioè la sua area di sviluppo potenziale del soggetto. Due ragazzi pur ottenendo risultati simili ai test di misurazione del quoziente intellettivo, possono differenziarsi tra loro per la diversità del loro potenziale di apprendimento (uno può avere un’area di sviluppo prossimale più ridotta e un altro più ampia).

  23. Dynamicassessmentof cognitive modifiability Sattler (2002): è ideata per valutare le abilità di un soggetto di migliorare la performance seguendo un’esperienza di apprendimento sistematico LPAD (learningpotentialassessmentdevice) di ReuvenFeuerstein, spesso è visto come opposto ai tradizionali test per misurare il QI. Lo scopo è quello di misurare i cambiamenti nei comportamenti di apprendimento, la propensione alla modificabilità dell’intelligenza.

  24. Domande di base del LPDA Tratto da: With a differentGlance. J. Leeber (2011) Dove e in che contesto è possibile il cambiamento? Cosa ha bisogno di essere modificato? Cosa si può modificare? Come può essere implementato il cambiamento?

  25. LPAD Learning Potential Assessment Device L'LPAD distingue tre fasi, cioè tre livelli di inferenza, che si attuano in tre momenti procedurali: 1) test 2) mediazione 3) post test

  26. TEST Si misura il livello di funzionamento manifesto. Questa fase consiste nella somministrazione di test. Il risultato ottenuto rivela il livello di funzionamento in atto: si osserva il comportamento spontaneo del soggetto, la linea di partenza. L’esaminatore verifica le ragioni del fallimento del soggetto e le sue modalità di risposta. Determina quindi che cosa sarà utile durante la seconda fase.

  27. MEDIAZIONE DI APPRENDIMENTO In questa fase il valutatore indaga in che modo le funzioni cognitive sono state espresse nel corso della soluzione di un problema preciso. Indurrà dei cambiamenti nel rendimento dell’individuo, cambiamenti che saranno valutati nella terza fase. L’esaminatore/mediatore fornisce apporti supplementari, per cambiare le strutture cognitive.

  28. POST-TEST Vengono riproposti al soggetto una serie di compiti senza mediazione e si vedono quali effetti l’esperienza di potenziamento ha prodotto. L'effetto dell’apporto personalizzato darà luogo a sua volta a una valutazione: in qual misura esso viene riutilizzato dal soggetto, quali sono le conseguenze sul funzionamento manifesto?

  29. Aree indagate LPAD Tratto da: With a differentGlance. J. Leeber (2011)

  30. Programma di Arricchimento Strumentale (PAS) Strategia per lo sviluppo delle funzioni cognitive dell’individuo in fase di apprendimento. Diretto a quei processi che a causa della loro assenza, fragilità o inefficienza portano il soggetto ad avere prestazioni inadeguate quando esegue compiti complessi o poco familiari.

  31. Due obiettivi: Arricchire il repertorio individuale delle strategie cognitive per giungere ad un apprendimento ed un problem- solving più efficaci. Insegnare ad adattarsi a situazioni nuove e complesse. Recuperare le funzioni cognitive carenti e sviluppare strategie nel caso di individui con prestazioni ritardate o inadeguate

  32. Soggetti a cui è rivolto: • con ritardo mentale (ad esempio Sindrome di Down) • difficoltà scolastiche • disturbo dell’attenzione • adulti con malattie degenerative • bambini e adulti con QI nella norma (per migliorare l’efficienza intellettiva)

  33. Scopo Modificare la struttura cognitiva globale delle persone. Trasformando il loro stile cognitivo da passivo e dipendente a  autonomo e indipendente i risultati scolastici scarsi sono il risultato di un uso improprio e poco efficiente delle funzioni cognitive. Il metodo punta al processo di apprendimento in sé e non direttamente ai contenuti La prestazione di una persona non è fissa e immutabile ma è reversibile utilizzando un intervento sistematico.

  34. Funzioni cognitive: CONDIZIONI IN CUI SI ATTUANO LE OPERAZIONI MENTALI ELABORAZIONE OUTPUT INPUT

  35. INPUT Percezione sfuocata e superficiale Orientamento temporale e spaziale Conservazione delle costanti Precisione e accuratezza nella raccolta dei dati Uso simultaneo di due o più fonti di informazione

  36. ELABORAZIONE Capacità di cogliere l’esistenza di un problema Capacità di distinguere i dati rilevanti da quelli non rilevanti Comportamento comparativo spontaneo Ampiezza del campo mentale Bisogno di comportamento sommativo Proiezione di relazioni virtuali Bisogno di prove logiche Comportamento di interiorizzazione Comportamento di pianificazione Percezione attiva e complessa della realtà

  37. OUTPUT Modalità di comunicazione egocentrica Blocco Risposte per tentativi ed errori Trasposizione visiva

  38. PERCHÈ È IMPORTANTE CHE GLI INSEGNANTI CONOSCANO LE FUNZIONI COGNITIVE? Per distinguere gli errori dovuti a mancanza di conoscenze da quelli dovuti a carenze nelle funzioni cognitive. Il mediatore è utile che crei una carta cognitiva: • contenuto, • modalità, • fase dell’attività mentale, • operazioni, • complessità, • livello di astrazione, • livello di efficienza

  39. Esperienza di Apprendimento Mediato (EAM) diagramma SHOHR, "l'organismo (O) esposto direttamente agli stimoli (S) li riceve e risponde (R) [ad essi] con competenza […] solo dopo che le loro caratteristiche, sono state selezionate, inquadrate, modificate da un mediatore umano adulto (H)" (R. Feuerstein, Y. Rand, J. E. Rynders, 1995).

  40. Il mediatore invita ed orienta il bambino a cercare le connessioni tra l’evento che sta sperimentando e altre esperienze simili. Il mediatore trasmette a chi apprende ciò che a lui è stato trasmesso (contenuto, legato alla trasmissione culturale).

  41. Un aspetto importante oltre al contenuto è nel tipo di esperienza che il mediatore predispone e trasmette al soggetto (strategie, aspirazioni, stili di apprendimento, natura dell’approccio) e cioè l’aspetto processuale dell’EAM

  42. Cosa trasforma una situazione in un’esperienza di apprendimento mediato? • Intenzionalità e reciprocità • Trascendenza • Mediazione del significato Se sono utilizzate in modo appropriato si avranno dei cambiamenti significativi in tre elementi: • Stimoli • Individuo • Mediatore

  43. Stimoli Vengono modificati dall’azione del mediatore • In modo che l’informazione venga trasmessa • Creare dei modi in cui questi stimoli possano essere percepiti, registrati ed elaborati in strutture temporali e spaziali che conferiscono loro un significato particolare a chi apprende. L’allievo deve accedere a caratteristiche specifiche e generalizzabili (dove l’ho visto? A cosa serve? Ecc.) Es. nonna e nipote all’incrocio

  44. Individuo Il mediatore crea in chi apprende uno stato mentale che fa si che lo stimolo venga registrato. Favorisce l’atteggiamento di attesa. Esempio: bambino con deficit dell’attenzione Una prolungata esposizione agli stimoli provoca nell’allievo una trasformazione. Ad esempio il cercare di attirare l’attenzione del bambino piccolo attraverso colori, suoni, luci, ecc. Impone la necessità di partecipare attivamente.

  45. mediatore Nel suo ruolo potrebbe sentirsi non naturale. È necessario che abbia chiaro quale sia il suo obiettivo ed adottare tecniche e strategie per raggiungerlo. Bisogna stare attenti a cosa si dice, al tono di voce ma anche alla gestualità, onde evitare la chiusura dell’allievo. Il mediatore non può cambiare l’allievo se prima non cambia se stesso.

  46. I 13 Criteri di mediazione Intenzionalità e reciprocità: intento esplicito di mediare “Voglio che tu osservi bene… “ Trascendenza: porta l’individuo oltre il “qui ed ora” e dal diretto contatto con gli oggetti ed eventi. Fa capire che ciò che si sta facendo ha una prospettiva più ampia. Crea la propensione ad ampliare il proprio repertorio di risposte cognitive ed affettive. Mediazione del significato: risponde a domande come “Perché?” “Per che cosa?” Crea il bisogno e la motivazione

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