1 / 40

CANDIDATI TUTOR

Centro di ricerca CERI Previsione, prevenzione e Controllo dei Rischi Geologici www.ceri.uniroma1.it. FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Master di II livello in ANALISI E MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO (Direttore Prof. Alberto Prestininzi).

mirra
Download Presentation

CANDIDATI TUTOR

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Centro di ricerca CERI Previsione, prevenzione e Controllo dei Rischi Geologici www.ceri.uniroma1.it FACOLTA’ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Master di II livello in ANALISI E MITIGAZIONE DEL RISCHIO IDROGEOLOGICO (Direttore Prof. Alberto Prestininzi) EVOLUZIONE NORMATIVA E ADEGUAMENTO ALLA DIRETTIVA EUROPEA 2007/60 DELLE MAPPE DI PERICOLOSITÀ E DEL RISCHIO DI ALLUVIONI. FOCUS SUI DATI NECESSARI E LORO TRATTAMENTO PER L’IDENTIFICAZIONE DEL NUMERO DI ABITANTI DEI BENI AMBIENTALI, STORICI E CULTURALI POTENZIALMENTE INTERESSATI. CANDIDATI TUTOR Gilberto Manfredi Arch. Paola Malvati Angelo Pecci

  2. Completare la mappatura della pericolosità e del rischio alluvioni in Italia, in vista delle scadenze imposte dalla Comunità europea ai sensi della Direttiva 2007/60/CE. Questa è l’intenzione manifestata dalle autorità italiane competenti in materia di alluvioni. Detto ciò, le Autorità di Bacino e le Regioni sono state chiamate a presentare entro il 2011 una valutazione preliminare dei rischi d’inondazione dei loro bacini idrografici, a elaborare entro il 2013 le mappe delle zone inondabili secondo i diversi periodi di ricorrenza degli eventi e, entro il 2015, ad adottare i piani di gestione del rischio di tali zone. Come ben sappiamo la mappatura del rischio idraulico in Italia deve ancora essere completata e presenta una forte disomogeneità, problema tuttavia riscontrato anche per la mappatura della pericolosità. Probabilmente questa disomogeneità deriva da una difficoltà nel valutare in modo uniforme la vulnerabilità. Aspetto importante e delicato, in quanto la vulnerabilità rappresenta l’attitudine di una determinata “componente ambientale” – popolazione umana, edifici, servizi, infrastrutture, ect. – a sopportare gli effetti di un evento in funzione della sua intensità. Il fatto che tra il 1998 e il 2004 si siano verificate in Europa più di 100 inondazioni gravi, causando numerose perdite di vite umane ed ingenti danni economici, aveva messo in evidenza la necessità di intraprendere azioni concrete specifiche per la gestione del rischio di alluvioni, azioni espresse nella Direttiva. Tale tematica però ha visto l’Italia come pioniera, avendo già varato nel 1989, la L. n. 183, prima disposizione che prevede la redazione del Piano di Bacino. Una risposta ai violenti episodi alluvionali del 1966.

  3. La legge 183/89 istituisce L’Autorità di Bacino Piano di Bacino redige I piani di bacino idrografici, possono essere redatti ed approvati per stralci relativi a settori funzionali (modificato dall’art. 12 legge 493/93) Le finalità generali del Piano Stralcio di Difesa delle Alluvioni (PSDA): • difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua; • la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, e altro; • lo svolgimento funzionale dei servizi di pulizia idraulica; • la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione dei beni; • l’attività di prevenzione e di allerta svolta dagli enti periferici operanti sul territorio;

  4. Le attività necessarie alla realizzazione del PSDA si svolgono in 3 fasi: FASE DI PROGETTAZIONE FASE INFORMATIVA FASE DI PROGRAMMAZIONE con l’indicazione degli obiettivi, le finalità e le direttive, a cui devono uniformarsi gli interventi strutturali e non strutturali, e con l’elenco degli interventi prioritari in ragione delle disponibilità finanziarie con l’individuazione sotto l’aspetto tecnico dei singoli interventi prioritari, e con la valutazione dei costi e degli effetti attesi, con un livello di approfondimento commisurato all’importanza dell’opera. con l’analisi dello stato di fatto, in cui si delinea il quadro conoscitivo dell’assetto della rete idrografica, delle alluvioni e dei danni verificatisi, del comportamento delle strutture, del grado di vulnerabilità al dissesto

  5. le Autorità di Bacino nazionali, si sono attenute sulle leggi 183/89 e 493/93, essendo esse le uniche effettivamente operanti fino agli eventi alluvionali che nel mese di maggio 1998 colpirono gravemente i comuni campani di Sarno, Siano, Bracigliano, Quindici e S. Felice a Cancello. A valle di tali eventi catastrofici, sono state emanate nuove norme in materia di Protezione Civile e difesa del suolo. Decreto legge 11 giugno 1998, n. 180 la legge 3 agosto 1998, n. 267 decreto legge n. 132 del 15 maggio 1999 convertito dalla legge 226/99 Le Autorità di Bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i restanti bacini devono adottare, ove non si sia già provveduto ed entro il termine perentorio del 30 giugno 2001, Piani Stralcio per l'assetto idrogeologico che contengano in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e che in quelle aree, entro la stessa data, vengano comunque adottate misure di salvaguardia.

  6. L'individuazione delle possibili situazioni di pericolosità dipendenti dalle condizioni idrogeologiche del territorio viene realizzata attraverso delle metodologie, capaci di calcolare la probabilità di accadimento in aree mai interessate in epoca storica da tali fenomeni. si identifica su cartografia le aree caratterizzate da diverse probabilità di evento e conseguentemente, da diverse rilevanze di piena Per la valutazione delle portate al colmo di piena con assegnato tempo di ritorno si fa riferimento alle elaborazioni eseguite dal Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale oppure ai rapporti tecnici del progetto VAPI (Valutazione delle Piene in Italia) messo a disposizione dal GNDCI-CNR (Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche)

  7. Attraverso la cartografia in scala minima 1:25.000 e con l'ausilio delle foto aeree, viene individuata la presenza di: • agglomerati urbani comprese le zone di espansione urbanistica; • le aree su cui insistono insediamenti produttivi, impianti tecnologici di rilievo, in particolare quelli definiti a rischio ai sensi di legge; • infrastrutture a rete e le vie di comunicazione di rilevanza strategica, anche a livello locale; • il patrimonio ambientale e i beni culturali di interesse rilevante; • aree sede di servizi pubblici e privati, d’impianti sportivi e ricreativi, strutture ricettive e infrastrutture primarie. Mediante tali elementi si costruisce la carta degli insediamenti, delle attività antropiche e del patrimonio ambientale. Sulla base della sovrapposizione delle forme ricavate dalla carta delle aree inondabili e dagli elementi della carta degli insediamenti, delle attività antropiche e del patrimonio ambientale, è possibile eseguire la perimetrazione delle aree a rischio • moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali; • medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l'incolumità del personale, l'agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche; • elevato R3: per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, l’interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale; • molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socio-economiche.

  8. sulla spinta di nuovi eventi catastrofici (anno 2000, alluvione di Soverato), la legge n. 365/2000 stabilisce che le misure per le zone di classe R4 si applicano alle seguenti aree: • aree comprese nel limite di 150 metri dalle rive e dalle opere di difesa idraulica di laghi, fiumi ed altri corsi d’acqua situati nei territori dei Comuni per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell’art. 5 della legge n. 225/1992 e tale emergenza è stata determinata da fenomeni di inondazione; • aree comprese nel limite di 150 metri dalle rive e dalle opere di difesa idraulica di laghi, fiumi ed altri corsi d’acqua situati nei territori dei Comuni o nelle località “indicate come ad alto rischio idrogeologico nei piani straordinari” • aree con probabilità di inondazione corrispondente alla piena con TR massimo di 20 anni “identificate con delibera dei Comitati istituzionali delle Autorità di bacino …o dalle Regioni”, che non siano già state disciplinate in piani stralcio di settore funzionale come ad esempio piani di tutela di fasce fluviali o di riassetto idrogeologico o di sicurezza idraulica;

  9. Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Norme in materia ambientale Il presente decreto legislativo disciplina, le seguenti materie: • le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
 • la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
 • la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
 • la tutela dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
 • la tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. Le disposizioni della presente sezione sono volte ad assicurare la tutela e il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione.

  10. - lo Stato; - le regioni a statuto speciale ed ordinario; - le province autonome di Trento e di Bolzano; - le province; - comuni e le comunità montane; - consorzi di bonifica e di irrigazione. Alle attività previste concorrono, secondo le rispettive competenze: • raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati; • accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio; • formazione e aggiornamento delle carte tematiche del territorio; • valutazione e studio degli effetti conseguenti all’esecuzione dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione; • attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per il conseguimento degli obiettivi finali. Nell'attività conoscitiva, riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese le azioni di:

  11. DIRETTIVA 2007/60/CE Relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvione DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2010, n. 49 Attuazione della direttiva 2007/60/CE Lo scopo della presenta direttiva è istituire un quadro per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvione volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche connesse con le alluvioni all’interno della Comunità. Il decreto legislativo in esame è stato predisposto ai sensi della legge 88/2009, legge comunitaria 2008, al fine di recepire la direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni.

  12. PIANO DI BACINO DIFESA DEL SUOLO Finalità del Piano di Bacino (art. 1 L 183/1989) RISANAMENTO DELLE ACQUE FRUIZIONE E GESTIONE DEL PATRIMONIO IDRICO TUTELA DEGLI ASPETTI AMBIENTALI CONNESSI PIANO DI BACINO Piano di “utilizzazione” del territorio (sviluppo sostenibile) secondo la sua vocazione naturale e piano di risanamento attraverso un programma di interventi per la riduzione dei rischi STRUMENTO APERTO E FLESSIBILE IN CONTINUO AGGIORNAMENTO DOCUMENTO SINTETICO CON ALLEGATI

  13. PIANO DI BACINO presuppone AMBIENTALE QUADRO CONOSCITIVO COMPLESSO componenti BISOGNI E PROBLEMI PRIORITARI SETTORI DI INTERVENTO ECONOMICO SOCIALE In via di continua evoluzione SISTEMA INFORMATIVO TERRITORIALE S.I.T. STRUMENTI CHE CONCORRONO ALLA DEFINIZIONE DEL QUADRO CONOSCITIVO SISTEMA DI MONITORAGGI AMBIENTALI SISTEMA CONOSCITIVO ARTICOLATO PER TEMATICHE NORMATIVA OBIETTIVI SETTORIALI, PRIORITARI, INTERMEDI E FINALI CONSEGUITI ATTRAVERSO MONITORAGGIO INTERVENTI E RISULTATI PROGRAMMI TRIENNALI DI INTERVENTI CON STRUMENTI DI NATURA GESTIONALE FINANZIARIA CULTURALE

  14. DAL BACINO AL DISTRETTO Aspetto innovativo della riforma della tutela del suolo è il passaggio dai bacini ai distretti, con la scomparsa delle figure del bacino di rilievo nazionale, regionale e interregionale quali istituzioni con autonomia organizzativa. La revisione dell’organizzazione dei bacini, attraverso la loro fusione e il loro successivo inserimento negli otto distretti nazionali è la conseguenza automatica del recepimento, nel decreto n. 152/2006, delle indicazioni della direttiva 2000/60/CE, conosciuta anche come direttiva acque. A livello nazionale: AdB dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione; AdB del fiume Adige; AdB del fiume Po; AdB del fiume Arno; AdB del fiume Tevere; AdB dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno diciassette a livello interregionale: 10 sul versante adriatico; 2 sul versante ionico; 5 sul versante tirrenico. Le 23 Autorità di bacino, di rilievo nazionale e interregionale, previste dalla legge 18 maggio 1989, n.183, e le autorità dei bacini idrografici di interesse regionale (che ogni regione ha regolato con propria legge), sono quindi soppresse e le relative funzioni sono ora esercitate dalle autorità di bacino distrettuale. distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa 39.385 kmq; distretto idrografico padano, con superficie di circa 74.115 kmq, comprendente il bacino del Po’, già bacino nazionale ai sensi della legge 183/89; distretto idrografico dell’Appennino settentrionale, con superficie di circa 39.000 kmq distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa 1.600 kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio; distretto idrografico dell’Appennino centrale, con supericie di circa 35.800 kmq; distretto idrografico dell’Appennino meridionale, con superficie di circa 68.200 kmq; distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000 kmq, comprende i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai sensi della legge 183/89; distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.00 kmq. • i criteri generali per la delimitazione dei distretti idrografici, suggeriti dalla Commissione prevedono, a partire dall’individuazione dei bacini idrografici, i seguenti passi sequenziali: • la delimitazione degli acquiferi principali, • l’accorpamento dei bacini di piccole dimensioni, • l’attribuzione ai distretti degli acquiferi, • l’attribuzione ai distretti delle acque costiere.

  15. Autorità di Distretto • definisce gli obiettivi strategici di assetto ambientale e territoriale generale del distretto, assicurando la coerenza con altri strumenti di pianificazione. • adotta i programmi triennali di intervento per la difesa del suolo. • verifica la compatibilità di qualsiasi intervento, previsto anche in altri strumenti di pianificazione, che possa influire sull’assetto idrogeologico del suolo e dei corpi idrici, esprimendo parere preventivo vincolante. • Le Autorità di distretto adottano un Piano per il distretto idrografico che si articola in due piani di settore funzionali relativi a: • la tutela del suolo e la difesa dal rischio idrogeologico (PIANO PER L’ASSETTO IDROGEOLOGICO) • la tutela dei corpi idrici e la corretta e razionale gestione delle risorse idriche (Piano di gestione)

  16. Le Autorità di distretto si dotano di un Piano di gestione del distretto idrografico costituito da: • dal Piano direttore del distretto contenente la definizione unitaria degli obiettivi strategici di assetto ambientale e territoriale generale del distretto, nonché dei criteri, dei limiti e degli obiettivi da raggiungere a scala di distretto; • dai Piani di settore per l’assetto idrogeologico, approvati dalle regioni; • dai Piani di settore per la tutela delle acque, approvati dalle regioni; • Il piano direttore del distretto • Contenuti: • Il quadro conoscitivodi sintesi; • Gli obiettivi, le direttive e le indicazioni generali in ordine alla gestione del bacino e alla definizione dei Piani regionali per l’assetto idrogeologico e dei Piani regionali di tutela; • L’individuazione dei fenomeni di dissesto di rilevanza sovraregionale, dei nodi idraulici strategici, nonché degli ambiti caratterizzati da situazioni rilevanti di degrado fisico o da particolari vulnerabilità di rilevanza sovraregionale; • L’indicazione delle azioni e delle opere da attivare negli ambiti di rilevanza interregionale, per il perseguimento degli obiettivi; • La sintesi dei bilanci idrici di bacino che metta in evidenza la disponibilità della risorsa per i diversi usi a livello delle singole regioni; • I carichi massimi dei principali inquinantiche devono pervenire alle sezioni di chiusura dei diversi sotto bacini.

  17. Il piano per l’assetto idrogeologico Per ciascuna porzione del distretto idrografico di competenza, le regioni, previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, approvano un Piano di settore per l’assetto idrogeologico contenente le azioni necessarie per la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, attraverso azioni per il riassetto idrogeologico del territorio, la mitigazione degli effetti delle inondazioni e della siccità, la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione. Il Piano di settore per l’assetto idrogeologico, sulla base degli obiettivi e delle priorità definite dal Piano direttore del distretto, definisce le attività di programmazione e di attuazione degli interventi. • Il piano di gestione del rischio alluvioni • Elementi che devono figurare nel piano di gestione del rischio di alluvioni sono: • conclusioni della valutazione preliminare del rischio di alluvioni (mappa di sintesi). • mappe della pericolosità e del rischio di alluvioni. • descrizione degli appropriati obiettivi della gestione del rischio di alluvioni. • sintesi delle misure e relativo ordine di priorità intese a raggiungere gli appropriati obiettivi della gestione del rischio di alluvioni; • qualora disponibile, per i bacini idrografici o sottobacini condivisi, descrizione della metodologia di analisi dei costi e benefici, definita dagli Stati membri interessati, utilizzata per valutare le misure aventi effetti transnazionali.

  18. BACINO DEL FIUME TEVERE Inquadramento territoriale • Superficie: Kmq. 17.375 • popolazione residente: 4.344.197 abitanti • 6 regioni (Emilia-Romagna, Toscana Umbria, Lazio, Marche ed Abruzzo) 14 province, 357 comuni • piane alluvionali e delta fluviale: 15% del territorio • aree collinari e montane l’85% del territorio

  19. DISTRETTO IDROGRAFICO DELL’APPENNINO CENTRALE Inquadramento territoriale La pianificazione è coordinata, nelle more della costituzione della relativa Autorità di bacino distrettuale, dall’Autorità di bacino di rilievo nazionale del fiume Tevere (art.4 D. Lgs. 219/2010) Con il recepimento in Italia della Direttiva «acque» 2000/60 si fa riferimento al Distretto: SUPERFICIE35.800 kmq e include i bacini: 1 – Tevere - nazionale 2 – Tronto – interregionale 3 – Sangro – interregionale 4 – Bacini nella Regione Abruzzo– regionali 5 – Bacini nella Regione Lazio – regionali 6 – Potenza, Chienti, Tenna, ecc., Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori nella Regione Marche – regionali il Distretto dell’Appennino Centrale è articolato in cinque sub-distretti:

  20. STATO DELL’ARTE DEGLI ELABORATI CARTOGRAFICI DEL PAI La zonizzazione del reticolo idrografico Il PAI zonizza il reticolo fluviale in: Reticolo principale: aste dei corsi d'acqua in corrispondenza delle quali è collocata la principale capacità di laminazione dei volumi di piena; Reticolo secondario: aste dei corsi d'acqua direttamente affluenti nel reticolo primario che drenano i bacini montani e le aree alluvionali immediatamente contermini; la capacità di laminazione va salvaguardata per non aggravare le condizioni di deflusso della piena nel reticolo principale; Reticolo minore: sistema della rete idrografica e dei versanti che condiziona il deflusso delle piene di riferimento e al cui interno le residue aree alluvionali e la struttura dell'uso del suolo costituiscono un importante fattore transitorio di invaso, il cui controllo contribuisce a non aggravare le condizioni di deflusso della piena nel reticolo immediatamente sottostante; Reticolo marginale, che non influenza l'assetto idraulico individuato dal PAI.

  21. STATO DELL’ARTE DEGLI ELABORATI CARTOGRAFICI DEL PAI Fasce fluviali e zone di rischio del reticolo principale Fasce e zone di rischio lungo il reticolo principale Le fasce e le zone di rischio derivano dall’applicazione di una procedura che utilizza tecnologie innovative per il rilievo della morfologia delle aree fluviali. La procedura di individuazione della pericolosità idraulica a partire dal quadro idrologico del bacino ha utilizzato i codici HEC-RAS e FRESCURE per l’individuazione dei limiti delle aree allagabili con tempi di ritorno Tr 50, Tr 200, Tr 500 anni. La procedura ha inoltre previsto sopralluoghi e verifiche in situ delle previsioni modellistiche, ed ha permesso di individuare aree di allagamento indiretto. Le aree allagabili sono state ripulite delle aree marginali dove il tirante idrico e il carico dinamico sono tali da non rappresentare pericolo per la vita umana. Sulla base dell’uso del suolo e delle previsioni urbanistiche è stata valutata l’esposizione degli elementi a rischio e la relativa vulnerabilità ai fini dell’individuazione delle zone di rischio.

  22. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI Concetti assunti nel PAI Il PAI individua i meccanismi di azione, l'intensità e la localizzazione dei processi estremi, la loro interazione con il territorio e quindi la caratterizzazione di quest'ultimo in termini di pericolosità e di rischio. La definizione del rischio assunta, punto di partenza dell’attività perimetrazione delle aree soggette al rischio, è quella proposta dalle commissioni tecnico-scientifiche dell’UNESCO (relazione di Varnes): R = P*V*K Rischio (R): rischio espresso in termini di danno atteso riferito al costo sociale, di recupero e ristrutturazione dei beni materiali danneggiati dall'agente calamitoso; Pericolosità (P): pericolosità ovvero probabilità di accadimento dell'evento di una certa intensità; Elementi a rischio (K): valore esposto, quale identificazione del valore sociale, economico, di persone, beni ed infrastrutture che ricadono nell'area soggetta al fenomeno; Vulnerabilità (V): vulnerabilità, quale percentuale del valore esposto che andrà perduto nel corso dell'evento. I fattori contenuti nella relazione di Varnes sono parametrizzabili e possono assumere proporzioni differenti producendo contemporaneamente il medesimo risultato di livello di rischio elevato

  23. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI Pericolosità con il termine Pericolosità s’intende la probabilità di verificarsi, in un qualsiasi anno, di un certo evento meteorico causa di calamità naturale in un determinato luogo. Nel caso specifico dei fenomeni alluvionali, la misura della previsione, che rappresenta l’espressione in termini quantitativi del grado di fiducia che attribuiamo alla possibilità di verificarsi di un determinato evento, può essere formulata su base statistica, facendo riferimento agli eventi verificatisi in passato (il campione) ed assumendo questi come successive ripetizioni del medesimo fenomeno (la popolazione cui appartengono anche i fenomeni futuri). Per valutare quantitativamente la previsione sul verificarsi di un certo evento si usa il suo tempo di ritorno Tr, definito come l’intervallo di tempo, usualmente misurato in anni, che in media intercorre tra due ripetizioni successive dell’evento stesso. Tr=N/n N= numero totale di dati della serie storica ordinata n = numero di dati che superano o al più uguagliano il valore-soglia della grandezza fisica che misura l’intensità dell’evento (portata o altro) Tr=1/P P = probabilità di superamento del valore-soglia rappresentativo dell’intensità dell’evento Le simulazioni di propagazione della piena sono state condotte secondo tre diversi tempi di ritorno ai quali corrispondono diverse portate: Tr= 50; Tr= 200; Tr= 500.

  24. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI Le fasce fluviali di pericolosità La delimitazione delle aree soggette a rischio d’inondazione, ottenuta con simulazione idraulica, ha classificato il territorio adiacente le aste del reticolo principale in funzione della maggiore o minore probabilità di risultare inondate a seguito di eventi di piena. Il territorio esaminato è stato sostanzialmente suddiviso in tre zone: Fascia A: una prima area, a ridosso del corso d’acqua, contenuta all’interno del limite della piena con Tr=50 anni; Fascia B: una seconda, compresa tra la linea precedente ed estesa fino al limite della piena con Tr=200 anni; Fascia C: una terza, compresa tra quest’ultimo limite e quello individuato dalla piena con Tr=500 anni. All’interno di ciascuna di queste strisce di territorio, ogni punto materiale è sottoposto ad un rischio idraulico con un ben definito livello di probabilità. • Rispetto alle condizioni di effettiva servitù idraulica a cui porzioni di territorio all’interno di una stessa area di pericolo si possono trovare, si verificano in generale delle notevoli differenze. • Criterio che consentisse di evidenziare all’interno di zone sottoposte ad uno stesso grado di pericolo idraulico al fine di perimetrare quelle “marginali” dal punto di vista della vulnerabilità e quindi del rischio. • Il criterio seguito è stato innanzitutto quello di considerare contemporaneamente: • il tirante idrico, cui una determinata area può essere soggetta; • il relativo valore della velocità della corrente. La curva più bassa definisce la regione n. 4 in cui le condizioni di rischio in termini di incolumità delle persone risultano accettabili anche per minori e disabili con accompagnamento

  25. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI Valore del bene esposto e Vulnerabilità Il valoredel bene esposto dipende, quantitativamente, da molteplici parametri. La vulnerabilitàdi un bene dipende dalla sua capacità di resistere all’evento calamitoso in relazione all’intensità di quello specifico evento. È estremamente puntuale e dipende da valori che, per la grande articolazione dei beni esposti, non sono determinabili se non in modo ipotetico. il PAI ha assunto come elemento di valutazione del valore del bene e della sua vulnerabilità, la possibilità di perdita di vite umanein relazione alle specifiche destinazioni d’uso dei beni distribuiti sul territorio. • Il rischio R ridefinito sulla base dei due fattori: • Sensibilità • Probabilità • Pur non corrispondenti propriamente alla vulnerabilità secondo Varnes, ne interpretano il valore secondo la base conoscitiva disponibile.

  26. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI Valore del bene esposto e Vulnerabilità Gli usi del suolo e il quadro della pianificazione comunale hanno consentito l’individuazione delle diverse tipologie di beni esposti. Le aree gravate da previsione urbanistica sono state trattate anche se, a differenza di quelle effettivamente edificate, non hanno dato luogo a perimetrazioni di aree a rischio. • Quattro gradi di sensibilità: • molto elevata (ME) • elevata (E) • media (M) • bassa (B)

  27. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI Attribuzione della classe di rischio Sono state riportate sul territorio le aree di esondazione secondo i tre tempi di ritorno di 50, 200 e 500 anni. A queste aree è stato sovrapposto, tramite GIS l’uso del suolo e le previsioni della pianificazione urbanistica comunale articolati secondo la tipologia dei beni esposti.

  28. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI Attribuzione della classe di rischio È stata generata attraverso il GIS una maglia di copertura (grid) contenente i limiti delle aree esondabili con Tr 50 e Tr 200 dirette ed indirette e con Tr 500 soltanto diretta. L’intersezione della copertura dell’uso del suolo con il livello informativo precedentemente generato, ha consentito di attribuire ad ogni bene esposto una classe di rischio in relazione al suo specifico uso ed al valore della pericolosità che lo caratterizza: Rischio R4 : fascia di esondazione A (con maggiore pericolosità) e sensibilità molto elevata. Rischio R3:fascia di esondazione B e sensibilità molto elevate. Rischio R2:fascia di esondazione C con sensibilità anche molto elevate o elevate. Rischio R1: bassa sensibilità oppure bassa pericolosità perché ricadenti in aree di esondazione con elevato tempo di ritorno. In questi casi il rischio è considerato coincidente con la pericolosità. + =

  29. PERICOLOSITÀ E RISCHIO IDRAULICO NEL PAI L’assetto delle regioni fluviali: la delimitazione delle fasce mitigazione del rischio presente Presenza di insediamenti antropici perimetrazione aree a rischio di inondazione proposta di assetto generale del territorio garantire compatibilità dello sviluppo socio-economico con caratteristiche naturali delle dinamiche fluviali. libere da insediamenti antropici Fascia A: il PAI prevede la possibilità di libere divagazioni del corso d’acqua ed il libero deflusso delle acque della piena di riferimento. Ulteriori insediamenti non sono compatibili. Fascia B: il PAI riconosce la necessità di conservazione della capacità di laminazione della piena e indica criteri ed indirizzi per la compatibilità delle attività antropiche. Fascia C: il PAI persegue il raggiungimento degli obiettivi di assetto attraverso indirizzi e linee guida per le Amministrazioni provinciali ai fini della predisposizione dei Piani di protezione civile.

  30. DIRETTIVA 2007/60/CE E D. LGS. 49/2010 Valutazione preliminare del rischio Individuazione zone a rischio potenziale di alluvioni Tramite elaborazione dei PAI che tutte le Autorità di bacino hanno approvato, l’Italia si è avvalsa delle misure transitorie previste all’articolo 11 del Decreto e di procedere quindi direttamente all’attività di mappatura della pericolosità e del rischio di alluvione secondo quanto previsto all’art. 6 Bacino idrografico del fiume Tevere

  31. DIRETTIVA 2007/60/CE E D. LGS. 49/2010 Disomogeneità ed integrazione del dato delle fasce di pericolosità e delle zone di rischio + Reticolo idrografico su scala del distretto ancora da completare ANALISI: 1. BACINO IDROGRAFICO DEL FIUME TEVERE 2. IL RETICOLO PRINCIPALE

  32. DIRETTIVA 2007/60/CE E D. LGS. 49/2010 SCALA RICHIESTA preferibilmente non inferiore a 1:10.000 in ogni caso, non inferiore a 1:25.000.

  33. ZONE POTENZIALI DI RISCHIO Dati riassuntivi sulle fasce fluviali e sulle zone di rischio del PAI Con il codice AA sono indicate le aree golenali del Tevere in tratto urbano di Roma (i muraglioni)

  34. NUMERO DI ABITANTI POTENZIALMENTE INTERESSATI Fonte utilizzata: Censimento generale della popolazione e delle abitazioni (ISTAT) anno 2001. Il dato è quello relativo alla popolazione residente. Si pone il problema di ritagliare il dato (che ISTAT rende disponibile su base di sezione di censimento) su un territorio a dimensione variabile come quello definito dalle aree potenzialmente interessate da una alluvione. Per questo si può fare riferimento ad opportuni metodi di analisi del dato finalizzata alla sua spazializzazione in ambiti definiti. Le procedure sono gestibili su piattaforma GIS. Presso l’Autorità di bacino sono attualmente disponibili i dati relativi ai comuni del Bacino del Tevere per ogni sezione censuaria ai quali sono associate le coperture geografiche. FASCE DI PERICOLOSITÀ SEZIONI DI CENSIMENTO: 1321 ABITANTI: 167.641 ZONE DI RISCHIO IDRAULICO SEZIONI DI CENSIMENTO: 2311 ABITANTI : 317.747 IPOTESI popolazione distribuita omogeneamente all’interno delle sezioni di censimento

  35. BENI DI RILEVANTE INTERESSE POTENZIALMENTE INTERESSATI Le fonti più aggiornate da cui reperire il dato possono essere considerate i Piani territoriali paesistici elaborati da ciascuna regione del distretto che, ai sensi del D.Lgvo 42/2004, contengono la ricognizione degli immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico (cose, ville, parchi e giardini, complessi di cose e bellezze panoramiche) e dei beni ex legge 481/85 (Galasso). Sono già stati acquisiti dall’Autorità di bacino gli strati informativi relativi a: patrimonio storico, monumentale, archeologico ed architettonico (Carta del rischio dell’Istituto Superiore per la Conservazione ed il restauro; beni paesaggistici vincolati dalle ex leggi 431/85 e 1497/39 contenuti sistema informativo del MIBACC (SITAP). • Sono stati estrapolati: • Beni puntuali • Aree vincolate • relativamente a: • Fasce di pericolosità • Zone di rischio

  36. DATI RIASSUNTIVI Analisi per fasce di pericolosità e zone di rischio

  37. DATI RIASSUNTIVI • STATISTICHE POSSIBILI • IN REGIONI E PROVINCE • ANCHE PER • FASCIA DI PERICOLOSITA’ • ZONA DI RISCHIO DISTRIBUZIONI PERCENTUALI

  38. ESEMPI Il comune di Perugia e di Terni: Fasce di pericolosità e zone di rischio

  39. ESEMPI Il comune di Perugia e di Terni: distribuzione popolazione e beni interessati

  40. GRAZIE PER L’ATTENZIONE

More Related