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“ La Colpevolezza e La Punibilità ”

Consiglio dell ’ Ordine degli Avvocati di Roma Scuola Forense V.E. Orlando Lezione del 22.5.2013 Avv. Margherita Saccà. “ La Colpevolezza e La Punibilità ” alla luce delle recenti prese di posizione della Suprema Corte di Cassazione.

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“ La Colpevolezza e La Punibilità ”

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Presentation Transcript


  1. Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di RomaScuola Forense V.E. OrlandoLezione del 22.5.2013Avv. Margherita Saccà

  2. “La Colpevolezza e La Punibilità” alla luce delle recenti prese di posizione della Suprema Corte di Cassazione

  3. Collocazione della colpevolezza e della punibilità nel reato.1.Teoria bipartita;2. Teoria tripartita;3. Teoria quadripartita.

  4. 1.Teoria bipartita • Elemento oggettivo: - condotta; - nesso causale; - evento - assenza di cause di cause di giustificazione • Elemento soggettivo: - dolo - colpa - preterintenzione.

  5. 2. Teoria tripartita • Elemento oggettivo: - condotta; - nesso causale; - evento. • Antigiuridicità: assenza di cause di giustificazione • Elemento soggettivo: - dolo - colpa - preterintenzione.

  6. 3.Teoria quadripartita • Elemento oggettivo: - condotta; - nesso causale; - evento. • Antigiuridicità: assenza di cause di giustificazione. • Elemento soggettivo: - dolo; - colpa; - preterintenzione. • Meritevolezza o necessità di pena. (Critiche: concreto rischio di arbitri dell’interprete chiamato a valutare se una determinata condotta abbia raggiunto la soglia dell’offesa.

  7. Reato: Fatto materiale (artt. 25 Cost., 1 e 2 c.p.) • umano; • proprio; • imputabile; • colpevole; • punibile.

  8. Art. 27 Cost. • La responsabilità penale è personale. • L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. • Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. • Non è ammessa la pena di morte.

  9. Fondamento costituzionale del principio di colpevolezza: art. 27 della Costituzione: • Divieto di responsabilità penale per fatto altrui; • Divieto di responsabilità oggettiva;

  10. La responsabilità personale per fatto proprio colpevole: il divieto di responsabilità oggettiva. • Un fatto costituente reato può essere addebitato all’agente, non solo se lo stesso lo abbia commesso e, quindi, se sia a lui riconducibile sulla base del mero nesso causale materiale intercorrente tra la condotta da lui tenuta e l’evento (art. 40 c. p.) poiché occorre anche un effettivo legame psicologico (art. 43 c. p.).

  11. Colpevolezza: • Imputabilità; • Conoscenza o conoscibilità del precetto penale; • Dolo, colpa, preterintenzione; • assenza di cause che escludono la colpevolezza.

  12. Imputabilità • Status soggettivo che inerisce alla persona. Capacità di intendere e di volere. art. 85 c.p. “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere.

  13. Condizioni che escludono o diminuiscono la capacità di intendere o di volere • Art. 88 c.p.: vizio totale di mente; • Art. 89 c. p: vizio parziale di mente; • Art. 91 c.p.: ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore; • Art. 95 c.p.: cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti; • Art. 96 c.p.: sordomutismo; • Art. 97 c.p.: minore degli anni quattordici; • Art. 98 c.p.: minore degli anni diciotto.

  14. Deroga al principio della necessaria imputabilità al momento della commissione del fatto. • Art. 87 c.p.: stato preordinato d’incapacità di intendere e di volere; • Art. 92 c.p.: ubriachezza necessaria, colposa oppure preordinata; • Art. 93 c.p.: fatto commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti; • Art. 94 c.p.: ubriachezza abituale. (Seri dubbi di costituzionalità poiché la norma prevede un aumento di pena nel caso in cui il fatto sia commesso da colui il quale sia dedito all’uso di sostanze alcooliche. Critica poiché si è detto cosi procedendo si sanzionerebbe più gravemente uno stile di vita di per sé inidoneo a connotare di maggiore offensività un fatto di reato.

  15. Secondo alcuni l’imputabilità è un presupposto della colpevolezza: è da escludere la configurabilità del reato doloso e colposo nei confronti dei non imputabili. • Secondo altri requisito della colpevolezza. In tal caso, si ritiene configurabile il reato doloso e colposo anche nei confronti dell’agente non imputabile.

  16. Art. 90 c.p. • Irrilevanza degli stati emotivi e passionali. “Gli stati emotivi e passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità”.

  17. Caso pratico • Verso le ore 4 del 27 dicembre 2001 G. R., dinanzi alla porta della propria abitazione, sul pianerottolo condominiale, esplodeva due colpi di pistola all'indirizzo di V. A., che attingevano la vittima all'altezza del collo e della testa, provocandone la morte. Agenti della Polizia di Stato, prontamente intervenuti a seguito di segnalazioni, trovavano R. ancora con la pistola in pugno, e questi esclamava al loro indirizzo: "Sono stato io, così ha finito di rompere"; alla intimazione di gettare l'arma ed alzare le mani, egli non ottemperava all'invito, continuando a brandire la pistola e rivolgendo minacce agli astanti, sicché gli operanti erano costretti ad intervenire con la forza, disarmandolo e immobilizzandolo.

  18. Al rumore degli spari, si era destata anche C. P., moglie di A., la quale, accortasi che il marito non si trovava a letto, s'era recata pur ella sul pianerottolo condominiale, al piano inferiore, ed ivi aveva notato il coniuge riverso per terra ed aveva cercato di soccorrerlo; R., puntatale contro la pistola, le aveva detto: "ora ammazzo puro te..." e, in un secondo momento, le aveva puntato l'arma contro la tempia.

  19. Le risultanze investigative • Già dai primi atti di indagine, e dalla stessa confessione di R., si appurava che l'omicidio era maturato in un clima di ripetuti diverbi condominiali, originati da presunti rumori dell'autoclave provenienti dall'appartamento della vittima, posto al piano superiore rispetto a quello dell'omicida, che più volte avevano indotto R. a disattivare, recandosi in cantina, l'impianto della energia elettrica: tanto era avvenuto anche quella mattina e, risalendo l'omicida al quinto piano, ove era ubicata la sua abitazione, aveva incontrato A.: ne era scaturita l'ennesima lite, che si era conclusa come sopra riportato.

  20. Il Processo • Procedutosi con rito abbreviato, condizionato ad un poi espletato accertamento peritale sulla capacità di intendere e di volere dell'imputato e sulla sua pericolosità, quel giudice, con sentenza del 4 marzo 2003, dichiarava l'imputato medesimo colpevole dei reati ascrittigli, unificati sotto il vincolo della continuazione, riconosciutagli la diminuente del vizio parziale di mente prevalente sulla contestata aggravante, esclusa la premeditazione e le aggravanti di cui all'art. 61, n. 1 e 4, c.p..

  21. Lo condannava alla pena di anni quindici e mesi quattro di reclusione ed alla pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici; disponeva la misura di sicurezza della assegnazione ad una casa di cura e di custodia per la durata minima di tre anni, e la confisca dell'arma e delle munizioni in sequestro; lo condannava, infine, al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, in favore delle costituite parti civili, cui assegnava delle provvisionali.

  22. Nel caso di specie il perito nominato dal giudice "concludeva nel senso di una parziale capacità di intendere e di volere del detenuto e di una sua attuale pericolosità sociale". In particolare, egli escludeva "un disturbo borderline, individuando invece... un disturbo paranoideo... frammisto ad elementi appartenenti al disturbo narcisistico di personalità"; ricostruiva il percorso psicopatologico della personalità del soggetto individuato in un nucleo depressivo profondo, legato ad avvenimenti personali ed in grado di determinare radicati sentimenti di inabilità, insufficienza, inadeguatezza' ...",

  23. che avrebbero "portato l’omicida, per anni ad alimentare 'vissuti fortemente persecutori e tematiche di natura aggressiva, come risposta alla incapacità di assumersi la responsabilità dei propri fallimenti esistenziali', fino a polarizzare la propria esistenza intorno a 'contenuti ideici che non possono essere definiti deliranti, ma che possono essere compresi attraverso la definizione psichiatrica di 'idee dominanti'...",

  24. ritenendo, quindi, sotto il profilo della capacità di volere e di autodeterminazione, "che il R. 'abbia sperimentato, mediante la totale invasività del pensiero persecutorio con le caratteristiche delle idee dominanti, uno scardinamento delle proprie labili capacità di controllo delle scariche impulsive e della propria aggressività...,

  25. si tratta di un passaggio all'atto in cui il libero dispiegarsi dei meccanismi della volontà viene impedito dal massiccio vissuto persecutorio, ..."; e che "l'imputato abbia posseduto nelle fasi immediatamente prima del delitto, come attualmente, 'una compromissione della capacità di intendere, che, se non giunge alla grave destrutturazione tipica delle autentiche esperienze psicotiche, si caratterizza per una profonda anomalia del pensiero'... tale ausiliario del giudice concludeva, quindi, per la sussistenza di "una condizione psicopatologica in cui entrambe le capacità di intendere e di volere erano significativamente danneggiate, ma senza giungere al loro totale azzeramento"

  26. ulteriormente chiariva che, "quanto alla patologia organica accusata dall'imputato e consistente in una malformazione artero - venosa cerebrale", era da escludere "che essa abbia avuto un ruolo esclusivo nell'infermità psichiatrica anche se certamente contribuisce a determinare la particolare condizione del predetto, incidendo negativamente sulle sue capacità di volizione": "in sostanza - annota la sentenza di prime cure - "il perito ritiene che "il periziato soffra di un disturbo paranoideo per effetto del quale la capacità di intendere e di volere è compromessa, ma non del tutto esclusa".

  27. Il Giudizio di appello • Quanto al punto concernente il vizio parziale di mente, rilevavano i giudici del gravame che " il perito nominato dal giudice ed i c.t. del P.M. hanno... riscontrato nell'imputato, in sostanza, altro che disturbi della personalità, sulla cui esatta definizione non si sono neppure trovati concordi", giungendo, comunque, alla comune conclusione che le anomalie comportamentali dell'imputato non hanno causa in una 'alterazione patologica clinicamente accertabile, corrispondente al quadro clinico di una determinata malattia'... né in una 'infermità o malattia mentale o .... alterazione anatomico - funzionale della sfera psichica'.... bensì in anomalie del carattere, in una personalità psicopatica o psicotica, in disturbi della personalità che non integrano quella infermità di mente presa in considerazione dall'art. 89 del c.p.".

  28. Quesito giuridicosottoposto alle Sez. Un. Della Corte di Cassazione • I disturbi della personalità, non sempre inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di infermità ai fini del riconoscimento del vizio parziale o totale di mente. Dunque, possono gli stessi rilevare ai fini dell’esclusione o della diminuzione della capacità di intendere o di volere?

  29. 1. Orientamento della giurisprudenza In tema di imputabilità, la Casszione ha ritenuto che le anomalie che influiscono sulla capacità di intendere e di volere sono solo le malattie mentali in senso stretto, cioè le insufficienze cerebrali originarie e quelle derivanti da conseguenze stabilizzate di danni cerebrali di varia natura, nonché le psicosi acute o croniche.

  30. 2. Orientamento della giurisprudenza In tema di imputabilità,ritiene che il concetto di infermità mentale recepito dal codice penale è più ampio rispetto a quello di malattia mentale, di guisa che non essendo tutte le malattie di mente inquadrate nella classificazione scientifica delle infermità, nella categoria dei malati di mente potrebbero rientrare anche dei soggetti affetti da nevrosi e psicopatie, nel caso si manifestino con elevato grado di intensità.

  31. Cass. Sez. Un. 2005n. 9163. • “All'epoca in cui venne emanato l'attuale codice penale era ancora imperante il paradigma medico - organicistico, ancorché già messo in crisi, quanto meno in termini di certezza, dalle altre proposte del modello psicologico, poi successivamente diffusosi. Il legislatore dell'epoca, mosso da un "intento generalpreventivo, mirante a bloccare alla radice dispute avanzate su basi malsicure e pretestuose, (come si rileva in dottrina) poteva fare affidamento su concetti ai quali si riconosceva una corrispondente base empirica: quello di infermità mentale identificava la malattia mentale in senso medico – nosografico” .

  32. … I tempi sono cambiati. La Costituzione, l'affermarsi di un'ermeneutica giuridico - penale orientata ai suoi principi informatori ed il proporsi di paradigmi alternativi a quello medico hanno comportato un adeguamento delle soluzioni, sul tema della imputabilità, alle nuove prospettive ed esigenze del diritto penale moderno.

  33. Ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, rientrano nel concetto di "infermità" anche i "gravi disturbi della personalità", a condizione che il giudice ne accerti la gravità e l’intensità, tali da escludere o scemare grandemente la capacità di intendere o di volere, e il nesso eziologico con la specifica azione criminosa.

  34. Alla stregua di tanto, sussistente si appalesa l’error iudicis nel quale è incorsa la sentenza impugnata; la quale è erroneamente pervenuta alla esclusione del vizio parziale di mente evocando il criterio della "alterazione patologica clinicamente accertabile" e della "alterazione anatomico-funzionale della sfera psichica", ritenendo che in ogni caso i "disturbi della personalità … non integrano quella infermità di mente presa in considerazione dall’art. 89 c.p.".

  35. Cass. pen. Sez. III, sentenza del 2013 n. 17608 • La Suprema Corte, recentemente, torna a parlare di disturbi della personalità e imputabilità e lo fa in una sentenza, che vede coinvolto un bambino, vittima di abusi sessuali da parte dei suoi genitori, in presenza della madre, ritenuta – secondo la difesa- parzialmente incapace.

  36. Massima della sentenza in oggetto • Non può affermarsi in termini assolutistici che il disturbo di personalità ex sé sia inidoneo ad integrare l'ipotesi della incapacità di intendere e di volere: l'esclusione di tale status, se non accompagnata da una vera e propria patologia o infermità, abbisogna di una specificazione in merito alla portata di quella infermità che non necessariamente deve consistere in una patologia di tipo mentale o intellettivo-cognitivo, potendo discendere anche da altre forme morbose che possono incidere sul piano della capacità di intendere e di volere.

  37. Ne deriva la necessità, per il giudice di merito, laddove investito di una questione che involge comunque un disturbo caratteriale o relazionale di una determinata persona imputata (o imputabile), di accertare se tale anomalia abbia un qualche collegamento con una situazione di malattia tale da compromettere la capacità intellettiva e volitiva del soggetto, esigenza tanto più insopprimibile, se riscontrata da dati clinici ricavabili ex actis o, comunque, da elementi tali da determinare una necessità di approfondimento specifico.

  38. 2. Conoscenza o conoscibilità del precetto penale • La colpevolezza presuppone la consapevolezza del disvalore normativo del fatto. • Quaestio: rileva la conoscenza potenziale vale a dire la conoscibilità del precetto o la conoscenza effettiva: rapporti con l’ignorantia legis. • 1. tesi dogma della inescusabilità assoluta sulla base dell’art. 5 c.p. (presunzione di conoscenza della legge); • 2. tesi della scusabilità assoluta.

  39. Tesi intermedia Scusabilità relativa. • Non rileva la conoscenza ma la mera conoscibilità della legge: • Dunque, scusabilità esclusivamente dell’ignoranza inevitabile.

  40. Sentenza Corte Cost. del 1988 n. 364 Dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 5 c.p., per violazione degli art. 27, comma 1 e 3 Cost. nella parte in cui non escludeva dalla regola dell’ inescusabilità della mancata conoscenza della legge penale, l’ignoranza inevitabile: “L’ignoranza della legge non scusa tranne che si tratti di ignoranza inevitabile”.

  41. Ignoranza inevitabile e, dunque, incolpevole si ha nei casi di: • A) caso fortuito o forza maggiore es. impossibilità oggettiva, generale ed invincibile, di conoscenza del precetto (mancata diffusione Gazzetta Ufficiale per scioperi, obiettiva oscurità del testo di legge) • B) errore scusabile poiché generato dall’inganno di fonti qualificate (es. parere di un esperto giurista).

  42. 3. La “suitas” della condotta Secondo quanto dispone l’art. 42, comma 1, c.p. “Nessuno può essere punito per un’azione o omissione preveduta dalla legge come reato se non l’ha commessa con coscienza e volontà”. Da tale norma, si evince che la condotta, prima che dolosa o colposa, deve essere umana ed è tale solo la condotta dell’uomo rientrante nella signoria della volontà. Si distingue dalle inerzie meramente meccaniche e dagli accadimenti naturali.

  43. Quando la condotta può dirsi sorretta da suitas? • 1. tesi. Reale impulso cosciente della volontà diretto alla produzione del movimento muscolare (azione) o a conservare lo stato di inerzia (omissione). • 2. tesi. Non solo la coscienza e volontà reali ma anche quelle potenziali. E’da considerare attribuibile alla volontà del soggetto anche quella condotta che si sarebbe potuta impedire con uno sforzo del volere.

  44. La volontarietà della condotta sostanzialmente coincide con la dominabilità della sua sfera di azione. Problematica rispetto agli ATTI AUTOMATICI: • Riflessi (tosse, starnuto..) • Istintivi (distendere le braccia mentre si è in fase di caduta); • Abituali. Verifica dell’impedibilità o meno in concreto, Gli atti abituali sono sempre evitabili!

  45. Esclusione della suitas della condotta situazioni caratterizzate dalla involontarietà, imprevedibilità, impedibilità. • Incoscienza indipendente dalla volontà (es. delirio febbrile, sonnambulismo, situazioni di grave perturbamento psichico); • Forza maggiore. Forza esterna della natura che determina in modo irresistibile ed inevitabile, il soggetto ad agire in un determinato modo. • Costringimento fisico. Ipotesi di forza maggiore proveniente non dal cause naturali ma dall’uomo. Anche in tali ipotesi si dice il soggetto “non agit sed agitur”.

  46. 5. Dolo forma più grave di colpevolezza criterio normale di imputazione soggettiva sintesi di rappresentazione e volontà • art. 42, comma 2, c.p.“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge”. • art. 43 c.p. “Il delitto è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione o omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione o omissione”.

  47. Oggetto del dolo: evento dannoso o pericoloso • Interpretazione eccessivamente riduttiva. • Interpretazione sistematica dell’art. 43 c.p. alla luce degli artt. 44, 47, 59 e 5 c.p. dalle quali si ricava che: • Nel fuoco del dolo rientra l’intero fatto tipico in tuttii suoi elementi costitutivi positivi e negativi (assenza di cause di giustificazione). • Esulano dall’oggetto di rappresentazione e volizione, essendone esclusa la rilevanza gli elementi indicati dall’art. 5 c.p. errore sul precetto; 44 c.p. condizioni obiettive di punibilità e 59 limitatamente alle circostanze attenuanti;

  48. Al contrario, rileva l’ ERRORE DI FATTO dell’agente sul fatto che costituisce reato.Al riguardo, l’art. 47 c.p. dispone che: L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell’agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo. (Es. cacciatore che sparando durante una battuta di caccia ferisce un uomo credendolo un animale).L’errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso.L’errore su una legge diversa da quella penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato.

  49. Caso pratico “M., in qualità di dirigente scolastica della Direzione didattica statale, violando il disposto del D.P.R. n. 1199 del 1971, art. 2, comma 3, aveva omesso di inoltrare al competente Ministero il ricorso gerarchico, avverso una sanzione disciplinare da lei irrogata all'insegnante R.M. I., alla quale era così derivato l'ingiusto danno della mancata presentazione dell'opposizione all'atto amministrativo,che aveva appunto disposto la sanzione disciplinare della censura nei suoi confronti. Fatto del 17 agosto 2000” .Dagli atti del processo risultava effettivamente verificatosi l'evento di danno, quale conseguenza del mancato esercizio del potere di trasmissione da parte della dirigente scolastica M.Ancora, la persona offesa ed il coniuge avevano ampiamente rappresentato durante il corso del dibattimento un clima di disturbate relazioni tra la dirigente scolastica e l’insegnante.

  50. Fattispecie contestata alla dirigente scolastica: art. 323 c.p.: Abuso d’ufficio1.Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.2. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.

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