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ellisssi. Maigret. (1931). Prima campata 30” 09 ft. Seconda campata 14” 16 ft. Witness. Effetto Notte I tre ciack della “scena del piano-sequenza”. Effetto notte. Stop!. Francamente non ti capisco…. Ciak 3. Ciak 2. Ciak 1. Mozart. Sinfonia Nr. 38 in re maggiore

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Presentation Transcript


  1. ellisssi

  2. Maigret (1931)

  3. Prima campata 30” 09 ft. Seconda campata 14” 16 ft. Witness

  4. Effetto Notte I tre ciack della “scena del piano-sequenza” Effetto notte Stop! Francamente non ti capisco… Ciak 3 Ciak 2 Ciak 1

  5. Mozart Sinfonia Nr. 38 in re maggiore K. 504 “Praga” (1786) Adagio - Allegro Andante (Finale). Presto Concerto per pianoforte e orchestra in re minore Nr. 3 Op. 30 (1909) Allegro ma non tanto Intermezzo: Adagio Finale. Alla breve

  6. Lang 2 Cosa pensa dello zoom? Non mi piace tanto. Perché è innaturale. (…) Ma molti registi lo usano quando c’è un campo lungo e vogliono entrare in una stanza senza stacco - così entrano con lo zoom. Ma poi, di solito, devono comunque fare uno stacco quando sono nella stanza. La Nouvelle Vague cerca di evitare tutti questi particolari tecnici: alle volte capita che qualcuno esca da una stanza e nello stacco successivo sia fuori in strada - senza dissolvenza. Le piace? Qualche volta, sì. Peter Bogdanovich - “Il cinema secondo Fritz Lang” (intervista del 1965)

  7. Escher lego Peter Bogdanovich - “Il cinema secondo Fritz Lang” (intervista del 1965)

  8. Punto di vista di Perpignani Comune di Venezia, CircuitoCinema, Quaderno n° 59, maggio 1998 Leggendo alcuni scritti di montaggio di tipo schematico mi era accaduto di stupirmi che venissero indicate come sconvenienti soluzioni che io adottavo da sempre e questo segnala che non è più nemmeno un problema di sapere chi abbia ragione: oggettivamente il mio modo di pormi di fronte a quei problemi e i manuali non sono assimilabili. (…) Se dovessi definire le regole del montaggio mi verrebbe spontaneo rispondere che non so quali siano, e provocatoriamente potrei sostenere che non esistono, forse sono soltanto uno dei tanti miti autoprodotti a compensazione delle nostre insicurezze, e che mi piacerebbe piuttosto pensare a un ordinamento dinamico delle forme nella molto più grande famiglia delle armonie e delle combinazioni espressive. (…) Un linguaggio concepito in modo dinamico, aperto all’evoluzione, produce emozioni; un linguaggio eccessivamente stabilizzato e statico non ne produce, ripropone una consuetudine. Proprio ieri, montando con i Taviani, avevamo alcune possibilità: i materiali per montare un campo/controcampo erano lì, pronti per un montaggio assolutamente tradizionale. Ci siamo guardati e abbiamo detto: “Se facciamo così, così e così, nella scansione consueta, come la tradizione del linguaggio cinematografico ci suggerisce, cosa otteniamo? Con questi stessi materiali proviamo a rompere, a rovesciare certe logiche”.

  9. Le esigenze di una sequenza come questa devono certamente aver prodotto in Baragli un caso di modificazione profonda dei riferi-menti formali e costruttivi fino ad allora creduti come indiscutibili (…), al punto da aprire nella natura immaginativa di un montatore professionista come una strada “altra” che non pretendeva di imporsi come “conversione”, ma che potenziava di fatto, molto oltre il prevedibile, le su facoltà creative e concettuali. (…) Se un discorso tende a modulare le sue parti in un principio di concatenazione, di continuità, in una retorica della consequen-zialità, nella “versione pasoliniana” ogni affermazione diventa lapi-daria, essenziale e in se stessa programmatica. Il discorso si è tramutato in una miriade di affermazioni assolute. Perpignani / Pasolini Roberto Perpignani, “Dare forma alle emozioni”, Falsopiano, p. 214-215.

  10. D. “Le onde del destino” presenta un montaggio ardito, che sembra andare contro tutte le regole e i canoni consolidati. Vi è costato molto lavoro? L. Von Trier: “Al contrario, il lavoro di montaggio è stato molto facile. Abbiamo scelto di girare dei ciak molto lunghi, in modo che ognuno di essi risultasse diverso dagli altri. Gli attori erano liberi di costruire la propria performance, senza essere obbligati a seguire delle istruzioni precise. Quando siamo andati al montaggio, l’unica nostra preoccupazione è stata quella di contribuire a rafforzare l’intensità della recitazione, senza preoccuparci se l’immagine scelta aveva dei difetti, non era ben composta, o se il montaggio portava a degli scavalcamenti di campo. Queste scelte hanno prodotto delle rotture nella successione temporale: rotture che forse vengono percepite - più che come difetti di continuità - come delle compressioni della sequenza temporale. E’ a partire dalle esperienze di “The Kingdom” che lavoro in questo modo.” Punto di vista di Trier “Cahiers du Cinéma”, n° 503, pag. 25.

  11. Gli strumenti del “MONTAGGIO VISIBILE” Strumenti montaggio visibile Esaltazione della similitudine tra inquadrature Ostentazione dell’ellissi temporale Frammentazione e ripetizione Sincope e rifiuto della uniformità ritmica Jump-cut (taglio nella stessa inquadratura) Continuità monca (solo audio o solo video) Non-raccordo (scavalcamento di campo) Flash-cut

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