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Declino o ristrutturazione? Crescita e specializzazione dell’economia italiana

Declino o ristrutturazione? Crescita e specializzazione dell’economia italiana. Annamaria Simonazzi. 2009. Due gruppi di interpretazioni. 1. Da un lato, i sostenitori dell’idea che l’Italia stia attraversando, a partire almeno dalla metà degli anni ’90, una fase di declino economico.

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Declino o ristrutturazione? Crescita e specializzazione dell’economia italiana

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  1. Declino o ristrutturazione?Crescita e specializzazione dell’economia italiana Annamaria Simonazzi 2009

  2. Due gruppi di interpretazioni • 1. Da un lato, i sostenitori dell’idea che l’Italia stia attraversando, a partire almeno dalla metà degli anni ’90, una fase di declino economico. • 2. situazione più articolata: accanto a punti di grave crisi, in particolare nell’area della grande industria e in molte zone del Mezzogiorno, l’economia italiana, secondo questi autori, presenterebbe anche aspetti di dinamismo: innovazioni di prodotto, rinnovamenti organizzativi delle imprese a livello nazionale, ristrutturazioni a livello transnazionale, trasformazione, metamorfosi.

  3. I dati Tre indicatori: • Reddito pro-capite • Tasso di crescita del reddito e produttività • Quote di mercato delle esportazioni

  4. Reddito pro capite • 1950-80 Riduzione del divario di reddito che separa l’Italia dal resto dell’Europa e dagli USA. • 75% nel 1950 al 99.6% nel 1980 Europa. • 35% al 70% USA • 1980 ad oggi: ristagno e moderazione salariale

  5. La crescita della produttività

  6. Salari reali

  7. Cause della caduta dei salari • Effetti redistributivi interni (da lavoratori dipendenti a autonomi) • Risultato dell’ingresso di lavoratori meno istruiti e qualificati? I salari d’ingresso cadono nel tempo per livelli simili di qualificazione ma cade anche il profilo del reddito nei successivi impieghi. • Fattori strutturali: caduta della produttività (PIL per ora lavorata) spiega la caduta dei salari • Dovuta alla caduta della PTF l’accumulazione di K infatti rimane sostenuta

  8. Produttività, competitività e quote di mercato

  9. European Commission 33 Italy’s adjustment experience (2) Huge loss of market shares at constant prices… …but better evolution at current prices

  10. cause • Euro Tasso di cambio reale (corretto per il deprezzamento eccezionale pre-1996 non si è rivalutato molto) • Politiche che scoraggiano l’offerta di lavoro (Gordon 2008) • Fattori strutturali? Salari e produttività Perdita di competitività • Specializzazione produttiva da cui discende, scarsità in HK, R&D, internazionalizzazione, skilled labour, dimensione d’impresa

  11. Colpa dell’euro? • Declino della produttività iniziato già negli anni 70 • Altri paesi nell’Euro non hanno subito lo stesso trend • Perdita dello strumento della svalutazione? Ma l’effetto è solo di breve durata • Il tasso di cambio reale effettivo (media ponderata dei cambi bilaterali dell’Italia con i principali paesi partner corretto con i prezzi relativi): non si apprezza rispetto al pre-1996 (si riduce la volatilità) • Dunque l’euro non c’entra (Faini e Sapir 2008)

  12. Puzzles • Crescita dell’occupazione servizi e occupazione femminile • Risparmio e indebitamento delle famiglie • Quota dei profitti • Andamento delle esportazioni in quantità e in valore

  13. Total employment in Italy, 1970-2005 (‘000)

  14. Ragioni della caduta della produttività • Deregolamentazione del mercato del lavoro e dei prodotti importanza del timing ((Blanchard and Giavazzi 2003) la liberalizzazione del mercato dei beni deve precedere quella su mdl infatti prezzi minoriminori salari nominali (a parità di w reali)  maggiore competitività

  15. Employment-productivity trade-off Due fasi: -1980-1995: jobless growth; 1996-2006: growthless jobs growth (e ristagno della produttività) Dew Becker and Gordon (2008): conflitto fra politiche volte ad aumentare l’occupazione (Agenda di Lisbona) e crescita della produttività? Breve periodo: > flessibilità  ↑domanda L (più a buon mercato)  ↑ L/K  ↓ produttività del L Accentuato se il L addizionale è unskilled (Boeri e Garibaldi 2007; Dew Becker and Gordon (2008): donne e immigrati Lungo periodo: flessibilità dovrebbe ↑ produttività permettendo razionalizzazione (uscita da settori maturi verso nuovi) spiegazioni per la mancata risposta degli investmenti ? Spiegazioni tutte dal lato dell’offerta

  16. Fattori strutturali Specializzazione produttiva • Dimensione di impresa (introduzione di innovazioni, R&S, nuove tecnologie, I diretti, ecc.) • Lack of innovation: introduzione di ICT, R&S, e brevetti • R&S 2004: 1,1% GDP; obiettivo di Lisbona 3% • Privati: 48% (63% per la media EU) Capitale umano

  17. Due tesi a confronto • La tesi declinista (Ciocca 2004) • Dimensione d’impresa  specializzazione produttiva (basso VA, bassi w, concorrenza LDCs)  bassa produttività perdita di competitività ristagno • Stabilità del modello di specializzazione: vantaggio in settori maturi De-specializzazione in settori high tech e meccanica (auto, macchine elettriche) • Becattini-Coltorti (2004): declino relativo della grande impresa. Errori di politica industriale e Specializzazione in prodotti di massa, scarsa innovazione, alto K/L, soggetti a crescente concorrenza di DCs e LDCs • Sopravvivenza dell’Italia fra i DCs: distretti e made in Italy: poco K e prodotti differenziati soggetti a innovazione continua.

  18. Specializzazione produttiva e Capitale umano • Cresce la divaricazione fra settori di specializzazione dell’Italia e settori a più rapida crescita della domanda mondiale • il vantaggio comparato dell’Italia rispetto ai paesi industriali risiede nei settori a bassa intensità di capitale umano.

  19. Cause sottostanti il modello di specializzazione Istruzione: • offerta numero di laureati e istruzione post-secondaria Risultati (PISA: Programme for International Student Assessment) • Domanda: • struttura produttiva • Dimensione delle imprese • Interdipendenza fra domanda e offerta • Complementarietà fra HK e progresso tecnico

  20. Quali politiche? • Incentivare l’offerta e la domanda di istruzione • Come spostare le risorse dai settori maturi? • Politica industriale “orizzontale” e non settoriale (lo stato non sa meglio dell’impresa): Politiche della concorrenza politiche mirate alle attività (R&S) e non ai settori finanziamenti mirati a sostenere la R&S privata un sistema moderno di stabilizzatori sociali per favorire la mobilità del lavoro

  21. Critica alla tesi declinista • Dati aggregati riflettono gli andamenti disaggregati così da poter parlare di un andamento generalizzato? • ruolo delle PMI: la piccola impresa NON è una copia in miniatura della grande. l’efficienza della PMI dipende dal contesto, dal settore, dall’organizzazione della produzione (fordismo versus varietà e personalizzazione dei gusti), dalle istituzioni a supporto dell’impresa • I confini delle imprese sono “mobili”: la dimensione d’impresa non è univocamente definita dal numero di addetti, è più importante il loro “posizionamento” • forme di agglomerazione: gruppi e internazionalizzazione (rete sociale) • produzione conto proprio; c/terzi  valore esportazioni/fatturato o contributo delle PMI alle X

  22. Unità di analisi in un contesto di cambiamento: concorrenza e competitività (prezzo vs. qualità); differenziazione del prodotto: innovazione (identificata con la tecnologia). • Innovazione: Carattere incrementale, relazionale, localizzato • Problemi di misurazione: indici dei prezzi. Innovazione di prodotto: come misuriamo la crescita della produttività rispetto a un anno prima, se il prodotto non esisteva?

  23. Tab. 3 – Evoluzione delle quote di esportazioni di alcuni paesi, 2001 e 2006 Fonte: Fortis (2007)

  24. Nuove tecnologie e processo di riorganizzazione produttiva: • riduzione dell’importanza delle economie di scala • frammentazione della produzione • centralizzazione delle funzioni a monte e a valle • Tendenza generale alla riduzione della dimensione media delle imprese • In Italia questo processo è dovuto: • - ridimensionamento della grande impresa • - aumento della fascia 20-499 • - tenuta della fascia fino a 19 addetti (pari al 30%) dell’occupazione manifatturiera • Minor livello del rapporto VA/fatturato  maggior ricorso a lavorazioni esterne • Crescita di VA, X e produttività più elevata nella classe di dimensioni medie (la più alta in Europa)

  25. Medie e grandi imprese, 1996-2006. Insiemi chiusi Numeri indice, 1996=100

  26. Medie imprese (quarta fase del capitalismo? • Forbice fra fatturato e VA: Lavorazioni esterne • Forbice VA Italia fatturato mondiale: delocalizzazione (sostituzione di X con produzione estera) e dunque scarsa rilevanza delle X come indicatore di competitività delle imprese • Crescita di VA, X e produttività più elevata nella classe di dimensioni medie (la più alta in Europa) • imprese radicate nei distretti industriali, dunque non imprese isolate, ma in un contesto sociale ed economico (e dunque anche politiche industriali devono essere rivolte non all’impresa, ma al contesto)

  27. Qualità dei prodotti e problemi di misura • Contrapposizione fra produttività (definita in termini di quantità di prodotto rispetto alla quantità di inputs) e qualità • (Aiginger 2000) Posizione dell’Europa nella competizione sulla qualità • la qualità rivelata non è correlata né alla produttività del lavoro, né al livello dei salari, e la relazione con l’incidenza della spesa in Ricerca & Sviluppo non appare significativa

  28. Germania: l’economia del bazaar • E la integrazione Italia germania: • Specializzazione italiana nell’industria meccanica: mercati di fase? • Potenzialità e rischi: la coda lunga dei prodotti intermedi. • Riduzione dei costi di vendita, ma potere di fissazione del prezzo? Continuità nelle commesse? • necessità di differenziazione del prodotto, specializzazione.

  29. Importazioni intermedie in percentuale delle importazioni totali, 1992-2002

  30. Ristrutturazione riuscita? Problemi di misurazione? Distorsioni derivanti dall’uso dei VMU - Prezzi all’esportazione: perdita di competitività, errori di misurazione o miglioramenti di qualità? Bugamelli (2007), indagine BI INVID: crescita dei P esportaz. sovrastimata di 2% l’anno fra il 1996 e il 2005 - Se aggiustati per l’errore di sovrastima, le quote delle X in volume sono meno negative - gli errori di misurazione interessano anche il PIL? (e dunque la stima della produttività?): come tener conto dei cambiamenti di qualità? - (le X entrano nel calcolo del PIL, se sono sottovalutate, anche il PIL sarà sottovalutato). Cosa succede alle M? - l’aggiustamento di prezzo-qualità interessa anche altri paesi che usano i VMU per deflazionare le X (es. Spagna).

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