1 / 41

Principi di metodologia nella ricerca clinica

Perch

jaden
Download Presentation

Principi di metodologia nella ricerca clinica

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


    8. Idee e quesiti Le idee sono la parte “divertente” del processo di ricerca. Non c’è motivo al mondo per essere “avari” di idee. Le idee di ricerca dovrebbero venire spesso, ed essere perseguite raramente. L’opposto è talvolta vero. Si hanno poche idee, ma si è molto ostinati nel perseguirle.

    9. Come formulare un quesito Alla base di ogni processo di ricerca deve esserci un quesito: in altre parole, l’obiettivo della ricerca deve essere quello di dare una risposta esplicita a un problema definito in maniera esplicita. E’ necessario per prima cosa conoscere bene l’argomento che può essere oggetto della ricerca, approfondirlo, avere familiarità con i suoi vari aspetti. Dalla conoscenza di un argomento dovrebbero scaturire le idee di ricerca. Dalla maturazione disciplinata delle idee, deriverà alla fine la formulazione del quesito di ricerca. Rispondere in modo chiaro al quesito diventa allora l’obiettivo della ricerca, che deve guidare tutto il resto della pianificazione. È possibile definire quesiti secondari, cioè altri aspetti a cui si può dare risposta nel corso della ricerca. E’ importante però ricordare che i quesiti secondari, per definizione, non sono essenziali, e che non devono in alcun modo influenzare il perseguimento della risposta al quesito primario.

    10. IDEA CREATIVA IMPULSIVA ECCITANTE INDEFINITA NON VERIFICATA NON VALIDATA NESSUN LIMITE Dall’idea al quesito

    12. Il quesito La vera sfida è quella di costruire un quesito di ricerca che sia importante, specifico, e a cui si possa dare una risposta per mezzo di uno studio.

    13. Le caratteristiche di un buon quesito di ricerca sono spesso riassunte nell’acronimo F-I-N-E-R: FEASIBLE – è fattibile, cioè è possibile dargli una risposta attraverso uno studio reale. INTERESTING – è interessante, in altre parole risveglia la vostra curiosità e il vostro entusiasmo. NOVEL – è nuovo, esplora territori non conosciuti. ETHICAL – è etico, cioè non può arrecare danno ai soggetti dello studio. RELEVANT – è rilevante, cioè la risposta al quesito cambia qualcosa, non è banale (provate a fare il test di domandarvi “E allora?”). Acronimo FINER

    14. Tipi di quesito La maggior parte dei quesiti di ricerca rientrano in categorie precise, che riguardano per esempio: L’etiologia di una patologia La storia naturale e l’outcome di una condizione clinica L’accuratezza di un test diagnostico L’efficacia di una terapia Le decisioni sulle strategie cliniche, da prendere in base alla valutazione del rapporto costo beneficio

    15. Esempio di quesito In bambini con otite, il trattamento con antibiotici migliora la prognosi clinica?

    16. Come precisare e rifinire il quesito in tappe successive: Trovare il razionale Rivedere la letteratura scientifica pertinente Precisare meglio e rifinire il quesito

    17. Trovare il razionale Il “razionale” è l’esposizione esplicita e dettagliata dei principi e delle ragioni che motivano una ricerca e la rendono valida Il modo più adeguato per precisare il razionale di un quesito di ricerca è tramite la revisione della letteratura scientifica disponibile.

    18. Come selezionare e valutare il materiale in letteratura Gli articoli della letteratura devono in tutti i casi essere selezionati e valutati con spirito critico, tenendo conto della loro: Pertinenza Autorevolezza Precisione Affidabilità Completezza Originalità

    19. Rivedere la letteratura e rifinire il quesito Una revisione sistematica della letteratura può permettere di definire meglio ciò che è noto, e i quesiti a cui sarebbe più utile rispondere In questa fase di approfondimento, è possibile che il quesito venga riformulato in forma più specifica o più precisa, fino ad assumere la sua veste definitiva

    20. Alcuni strumenti di ricerca su Internet

    21. Esempio di quesito rifinito In bambini con otite, il trattamento con antibiotici migliora la prognosi clinica?

    22. Come pianificare la ricerca

    23. Quesito: è il punto di partenza, su cui si baserà tutta la ricerca. Deve essere formulato esplicitamente e in maniera definitiva, prima di passare alle fasi successive della programmazione. Metodi dello studio: è di fondamentale importanza scegliere i metodi più appropriati per rispondere al quesito specifico; in altre parole, la tipologia di studio che può dare la risposta più appropriata nel modo più semplice. Risorse: è importante analizzare in anticipo quali siano le risorse necessarie, e verificare se queste siano disponibili. Tempo: stabilire fin dall’inizio il tempo a disposizione, e se questo è compatibile con il tempo necessario per portare a termine il progetto. Gestione dei risultati: è importante anche chiarire fin dall’inizio il ruolo dei vari ricercatori, al fine di essere tutti d’accordo su dove e come condividere i risultati e sulla gerarchia dei vari autori.

    24. Individuare i punti PICOT Population: l’insieme di coloro che hanno le caratteristiche per potere far parte dello studio Indicator (variabile indipendente): è un test diagnostico o un intervento terapeutico o una condizione di cui ci interessa valutare il rapporto con l’outcome Comparator: è la popolazione con cui si confronta quella oggetto dello studio (cioè quella caratterizzata dalla presenza dell’indicator) Outcome (variabile dipendente): è il parametro che si deve misurare per valutarne l’eventuale relazione con l’indicator Time: è il tempo, definito in anticipo, che ci occorrerà per completare il nostro studio

    25. Esempi: Esempio 1: quesito di tipo diagnostico: Population: in bambini con probabile apnea nel sonno Indicator: la misurazione dell’ossimetria durante la notte Comparator: paragonato a uno studio tradizionale del sonno Outcome: è in grado di diagnosticare le apnee nel sonno con la stessa accuratezza? Esempio 2: quesito di tipo interventistico: Population: in bambini con otite Indicator: il trattamento con antibiotici Comparator: versus il non trattamento Outcome: migliora la prognosi clinica? Esempio 3: domanda di tipo predittivo: Population: in bambini con storia di convulsioni Indicator: quali fattori di rischio Comparator: - - - - - Outcome: possono predire la ricorrenza delle convulsioni?

    26. Chiarire quale è il disegno dello studio E’ importante conoscere bene le diverse tipologie dei metodi di studio, come e quando usarli, e il livello di validità scientifica che si può ottenere a seconda di quale metodo venga scelto.

    27. Variabili

    28. Variabili In uno studio, dobbiamo ancora differenziare tre tipi di variabili, a seconda del ruolo che la variabile svolge nello studio stesso: Variabile indipendente: è la variabile che viene “manipolata”, e di cui si vuole studiare il possibile rapporto di causa della variabile dipendente. Sul significato di “manipolata” torneremo fra poco. Esempio: la terapia con un farmaco o con placebo. Variabile dipendente: è la variabile che viene misurata e di cui si vuole studiare il possibile rapporto di effetto della variabile indipendente. Esempio: la risoluzione di una patologia. Variabili esterne o nascoste: sono le variabili indesiderate, spesso non note, non valutabili o non controllabili, ma che possono determinare errori nello studio perché influenzano e possono distorcere la relazione che vi è tra variabile dipendente e indipendente. Prendono anche il nome di fattori confondenti, e ne riparleremo a proposito del concetto di bias.

    29. Gruppi Nella maggior parte degli studi, i soggetti che partecipano allo studio vengono divisi in gruppi, in genere almeno due. Scopo dello studio è in genere il confronto fra ciò che accade in un gruppo e ciò che accade nell’altro. Nello schema più semplice, il gruppo in cui la variabile indipendente è “manipolata” costituisce il gruppo “sperimentale”, l’altro il gruppo di “controllo”.

    30. Tre importanti proprietà degli studi Manipolazione Controllo Randomizzazione

    31. Il concetto di manipolazione La manipolazione è la possibilità per il disegno di studio di far variare la variabile indipendente. Ciò viene però realizzato con due modalità molto diverse: Negli studi “interventistici” vengono prima creati i due gruppi. Poi ad un gruppo (“treatment group”) viene applicata la variabile indipendente (per esempio la terapia con il farmaco A oggetto dello studio), mentre al gruppo di controllo non viene applicata alcuna terapia, oppure una terapia con placebo, oppure una terapia standard di riferimento. Negli studi “osservazionali”, invece, si creano i gruppi sulla base della variabile indipendente, che è misurata, ma non manipolata direttamente.

    32. Tipi fondamentali di studio

    33. Tipi fondamentali di studio

    34. Il concetto di controllo Si definisce “controllo” la capacità di uno studio di eliminare o almeno ridurre al minimo le influenze estranee al disegno dello studio In altre parole, il controllo consiste nel garantire, al meglio possibile, che i risultati ottenuti siano dovuti soltanto alla manipolazione della variabile indipendente, e non ad altri fattori (variabili esterne o nascoste) Il controllo cerca di eliminare o ridurre al minimo gli errori, sia casuali (errore random) che sistematici (bias)

    35. Il concetto di randomizzazione Poiché gli studi analitici utilizzano gli strumenti della statistica analitica per arrivare a conclusioni, è fondamentale che, in particolari punti del disegno dello studio, avvengano processi la cui natura casuale sia garantita. La statistica, infatti, è una scienza dei fenomeni casuali, e non dei fenomeni causali La capacità di randomizzazione di uno studio può essere definita come la capacità di garantire che tutti i processi che devono essere random lo siano veramente Esistono almeno due momenti fondamentali, negli studi analitici, in cui la randomizzazione deve essere garantita: Randomizzazione nella scelta di un campione (random selection) Randomizzazione nell’assegnazione a un gruppo (random assignment)

    36. Soggetti dello studio Definire fin dall’inizio la popolazione di studio e i criteri di inclusione e esclusione Esempio: Inclusione: neonati a termine, sani, di peso > a 2500 g Esclusione: prematurità, patologie neonatali, terapia antibiotica

    37. Definire misure e outcome Variabile indipendente (intervention, exposure): Definire esattamente le misure della variabile indipendente, sia che essa si configuri come “intervention” (studi interventistici) o come “exposure” (studi osservazionali). Variabile dipendente (outcome): Definire come misurare l’outcome Per esempio: Intervention: definire la dose di un farmaco che verrà usato come intervento Outcome: miglioramento del dolore, misurato come riduzione nell’uso di analgesici; grado di infiammazione dell’orecchio medio, misurata con timpanometria.

    38. Definire gli obiettivi Obiettivi primari : obiettivo principale della ricerca clinica su cui si basa tutto lo studio: corrisponde al quesito primario della ricerca Obiettivi secondari: altri quesiti secondari che possono nascere una volta stabilito l’obiettivo primario.

    39. Tipologia degli studi

    40. Sequenza cronologica Studio prospettico - guarda in avanti, al futuro, esamina eventi futuri, segue l’andamento di una condizione, o di una malattia, nel tempo

    41. Studio retrospettivo - guarda indietro nel tempo per studiare eventi che si sono già verificati Sequenza cronologica

    42. Tipi di studio Studi descrittivi Studi analitici: Studi osservazionali cross-sectional di coorte caso-controllo Studi interventistici RCT

    43. Studi descrittivi Sono utili per caratterizzare un problema e i suoi fattori di rischio, senza tentare di farne un’analisi rigorosa. Utilizzano spesso dati relativi ad ampie popolazioni, già disponibili in fonti ufficiali. Si prestano a valutare prevalenza e incidenza delle patologie. Possono fare anche semplici confronti fra fattori di rischio e outcome, ma per la loro natura non rigorosa sono estremamente esposti a bias. Servono in genere a dare lo spunto e fornire un background a studi più rigorosi. Fra gli studi descrittivi vanno incluse anche le descrizioni di singoli casi clinici e di “case series” in cui non sia possibile fare un’analisi rigorosa.

    44. Rapporto fra quesito e tipo di studio Quesito descrittivo: come dice il nome, si propone di descrivere una determinata condizione. Si tratta per lo più di domande che si occupano di prevalenza (numero di casi in un preciso momento) o di incidenza (numero di casi in un determinato periodo di tempo). Es. Quale è la percentuale di adolescenti fumatori? Quanti bambini vengono diagnosticati per leucemia ogni anno? Quale è la percentuale di bambini <10anni coinvolta in incidenti stradali ogni anno?

    45. Studi analitici Sono studi che cercano di rispondere a un quesito preciso che riguardi un ipotetico rapporto di causa ed effetto fra almeno due variabili. La loro struttura è assai più precisa e definita di quella degli studi descrittivi, e prevede un livello di controllo delle variabili assai più alto, per assicurare che la risposta sia il più possibile rigorosa. Ciononostante, anch’essi sono esposti ad errore. Si dividono in osservazionali ed interventistici a seconda del tipo di manipolazione della variabile indipendente. Gli studi osservazionali sono chiamati anche studi non sperimentali, e gli studi interventistici studi sperimentali.

    46. Quesito analitico: riguarda il rapporto fra variabili e implica la presenza di una causa e di un effetto. Analizza la relazione tra un fattore di esposizione/intervento (E) e un outcome come l’insorgenza di una patologia (D): relazione causa- effetto. Esempi: Quali sono i fattori di rischio per asma nei bambini? Il trattamento antibiotico per otite media nei bambini è migliore rispetto a nessun trattamento? Rapporto fra quesito e tipo di studio

    47. Il quesito fondamentale in epidemiologia analitica Esiste rapporto causale fra exposure e disease?

    49. Classificazione in base alle proprietà Studio sperimentale vero: è quello che ha la maggiore validità scientifica. E’ sempre prospettico, e sono presenti tutte e tre le proprietà: manipolazione, controllo e randomizzazione. Esempio: Randomized Controlled Trials Studio quasi sperimentale: ha validità scientifica moderata. E’ prospettico e ha la manipolazione, ma mancano il controllo o la randomizzazione, o entrambi. Esempio: Studio osservazionale per coorti Studio non sperimentale: ha bassa validità scientifica. E’ retrospettivo e quindi manca la manipolazione, la randomizzazione e spesso anche il controllo. Esempio: Studio osservazionale caso controllo; studi con controllo storico; studi descrittivi; case series; case reports.

    50. Studio sperimentale vero

    51. Studio quasi sperimentale

    52. Studio non sperimentale

    53. La “piramide” dell’EBM

    54. Sequenza ideale dei vari tipi di studio

    56. Studi descrittivi Case reports Comuni nelle ricerca clinica, si propongono di descrivere situazioni rare o atipiche Case series Numerosi case report dello stesso genere Studi epidemiologici descrittivi Si propongono, in genere utilizzando un gran numero di dati disponibili, di descrivere l’andamento spontaneo di un fenomeno e di offrire spunti alla ricerca analitica. Possono tentare semplici valutazioni di associazioni fra variabili (da confermare in un contesto analitico)

    57. Case series e case report E’ la documentazione di una serie di casi o di un singolo caso clinico Sono studi retrospettivi e descrittivi. Utilizzano dati già presenti e possono generare un’ipotesi. Sono facili, veloci ed economici.

    58. Case reports e case series

    59. Case report Consiste nella presentazione di un singolo caso, o talora di un piccolo numero di casi In genere descrive un’osservazione di un evento nuovo o in qualche modo unico una patologia mai descritta prima o comunque molto rara una presentazione atipica o inaspettata di una patologia già nota un collegamento inaspettato fra malattie diverse un nuovo effetto terapeutico inatteso un evento sfavorevole

    60. Riportano l’esperienza con un gruppo di pazienti con diagnosi simile I casi possono provenire da una o più strutture In genere descrivono patologie nuove, uniche o rare Può rappresentare l’unico strumento realistico di indagine nel caso di patologie estremamente rare, che non si prestano a uno studio di tipo analitico Case series

    61. Studi analitici Osservazionali (non sperimentali o quasi sperimentali): Studi trasversali Studi di coorte Studi caso controllo Studi case-crossover Interventistici (sperimentali): RCT

    62. Studi trasversali (cross-sectional) Sono studi in cui vengono valutati nei soggetti studiati, contemporaneamente e in un preciso momento, l’exposure e l’outcome. Permettono di valutare la prevalenza, sia dell’exposure che dell’outcome, e i rapporti fra le due.

    63. Studi trasversali L’approccio trasversale può essere utilizzato sia in studi descrittivi che in studi analitici osservazionali Si cerca di cogliere un fotogramma di una popolazione specifica in un dato momento, misurando una certa variabile in modo trasversale. È economico, facile e veloce. Non è né retrospettivo né prospettico, ma è ottimale per descrivere le prevalenze in un determinato momento. Può valutare anche la coesistenza di due variabili, ma ciò non ne prova la reale associazione, né può chiarire il rapporto temporale tra le due variabili. Non è adeguato per misurare variabili indipendenti rare o che hanno effetti a breve termine. Es. Quale percentuale di adolescenti fuma?

    64. Studi cross-sectional: esecuzione Definire la popolazione: per esempio per criteri di età, sesso o luogo di residenza. Scegliere il campione: spesso ciò viene fatto da un registro della popolazione (per esempio il registro elettorale, o l’anagrafe). Formulare la definizione di caso: definire esplicitamente criteri fissi per identificare la condizione oggetto dello studio. Completare l’accertamento dei casi: applicare la definizione di caso al campione. Analisi: stimare il tasso di prevalenza, e calcolare il Confidence Interval.

    65. Studi di coorte Gli studi di coorte sono studi osservazionali che analizzano la relazione tra una “exposure” e un “outcome”, stratificando i casi in base all’exposure e, dopo adeguato follow-up, misurando l’outcome. Sono in genere prospettici, ma possono essere retrospettivi (storici), quando l’exposure sia documentata e sia possibile al momento dello studio misurare l’outcome.

    66. Studio di coorte

    67. Studio di coorte: caratteristiche E’ in genere prospettico, ma come abbiamo visto può essere retrospettivo nella variante “storica”. Il tipo prospettico è chiamato anche di follow up o longitudinale: i gruppi infatti vengono seguite longitudinalmente, spesso per lunghi periodi di tempo, per valutare uno specifico outcome. In genere sono studi analitici, ma come già detto l’approccio di coorte può anche essere utilizzato per studi soltanto descrittivi. In questo caso la popolazione può essere una sola (per esempio: studio descrittivo di follow up di bambini con diabete). Il tipo analitico prevede la presenza di almeno due popolazioni (exposure e controllo). Esempio: l’esposizione al fumo di tabacco causa l’asma nei bambini? Gli studi di coorte sono ottimi per misurare effetti di esposizioni rare e per valutare le incidenze. Non sono adatti allo studio di outcome molto rari o che insorgono molto lentamente. Sono in genere molto costosi, lunghi e difficili da eseguire.

    68. Vantaggi e svantaggi degli studi di coorte

    69. Studi di coorte: esecuzione Definire la coorte: per esempio su basi geografiche, occupazionali, di età, ecc. Identificare gli esposti e i non esposti, e definire i gruppi: ciò può essere fatto attraverso registri pre-esistenti, o attraverso una misurazione. All’inizio del follow-up i soggetti devono essere negativi per l’outcome. Follow-up: Può essere lungo. I soggetti possono morire, cambiare residenza, o in altri modi divenire inaccessibili allo studio. La causa più importante di bias in uno studio di coorte deriva proprio dai soggetti persi al follow-up. Misurare l’outcome: Ciò si può fare da registri (certificazioni di morte, registri sanitari) o per mezzo di apposita valutazione clinica (questionari, esami di laboratorio, visite cliniche). E’ utile che chi raccoglie l’outcome sia “cieco” allo stato di exposure. Definire l’incidenza dell’outcome: in genere espressa come numero di nuovi casi per anno. Analizzare l’associazione fra exposure e outcome: utilizzando strumenti appropriati di statistica inferenziale.

    70. Studi caso-controllo Gli studi caso-controllo sono studi osservazionali retrospettivi che analizzano la relazione tra una “exposure” e un “outcome”, stratificando i casi in base all’outcome: “casi”: se l’outcome è presente “controlli”: se l’outcome è assente Si procede quindi a valutare retrospettivamente l’exposure.

    71. Studio caso controllo

    72. Studio caso controllo: caratteristiche Il vantaggio degli studi caso controllo è quello di partire dall’outcome, e quindi di potere studiare più facilmente patologie rarissime che altrimenti con lo studio di coorte avrebbero bisogno di campioni di popolazione estremamente grandi. Peraltro, la tipologia di studio e la natura retrospettiva rendono questi studi meno “validi”, almeno in linea di principio, di quelli di coorte. Esempio: La posizione nel sonno può essere causa di SIDS nei lattanti? Poiché la SIDS è un evento raro, si parte dai lattanti che l’hanno presentata (casi) e da un gruppo di lattanti che non l’ha presentata (controlli), e si studia retrospettivamente la possibile causa (exposure).

    73. Studi caso controllo: esecuzione Identificare i casi di malattia: questi possono essere tutti i nuovi casi di malattiadella popolazione scelta in un determinato periodo di tempo (casi incidenti), o un campione appropriato. Selezionare i controlli: soggetti che non presentano la malattia, scelti dalla stessa popolazione.Il numero dei controlli è in genere uguale o simile a quello dei casi, ma talvolta si usa un numero doppio di controllo per aumentare la potenza statistica dello studio. E’ possibile, ma non indispensabile, che i controlli vengano “accoppiati” ai casi (per esempio per età e sesso). Studiare i casi e i controlli per valutare la precedente esposizione al fattore di rischio sospetto, utilizzando uguale metodica per i casi e i controlli. Analizzare i risultati, utilizzando strumenti appropriati di statistica inferenziale. .

    74. Studi case crossover Sono un tipo di studio particolare, simile a quello caso-controllo, in cui però ogni soggetto dello studio svolge al tempo stesso il ruolo di caso e di controllo di se stesso. Il fatto che il controllo è uguale al caso riduce l’effetto di molti fattori confondenti Questo tipo di studio è possibile solo nel caso di exposure acute il cui rapporto con l’outcome è cronologicamente immediato (per esempio: relazione fra accessi di rabbia e infarto, o fra uso di telefoni cellulari alla guida e incidenti stradali Una volta selezionati i soggetti sulla base dell’outcome (casi), si valuta l’exposure nel periodo immediatamente precedente e la si confronta (retrospettivamente) con l’exposure dello stesso soggetto in un periodo di tempo precedente e ben specificato

    75. Esempio di studio case crossover Disegno dello studio: studio case crossover Definizione dell’outcome: incidente con danno Origine dei dati: registri delle telefonate, questionari Popolazione: popolazione dell’Ontario Bias possibili: soggetti volontari, scelta dei limiti temporali Metodo: analisi del numero di telefonate effettuate o ricevute nei 10 minuti prima dell’incidente (exposure) a confronto con quelle di uno stesso periodo, alla stessa ora, nel giorno precedente (controllo). Risultati: il rischio era 4 volte più alto in presenza di uso del telefono cellulare

    76. Criteri Bradford- Hill Sono i criteri che devono essere soddisfatti quando si vuole affermare che esiste una relazione di causa-effetto tra la variabile E (exposure) e la variabile D (disease) piuttosto che una semplice associazione: Relazione temporale – E deve avvenire prima di D Forza di associazione – c’è una alta percentuale di associazione tra le due variabili Dose response: all’aumentare di E, deve esserci un aumento confrontabile di D Plausibilità biologica della relazione osservata

    77. Applicazione di studi osservazionali

    78. Studio sperimentale – analitico RCT(Randomized Controlled Trial) E’Il gold standard per valutare l’effetto delle variabili indipendenti (intervention: E) sulle variabili dipendenti (outcome: D) Il concetto di base consiste nel creare due gruppi per mezzo di una assegnazione randomizzata a partire da una stessa popolazione, e poi esporre i soggetti di un gruppo all’intervention (E) e misurare l’outcome (D) in entrambi i gruppi. Per esempio, se la popolazione di origine è quella dei pazienti affetti da una malattia, e il gruppo principale riceve un nuovo tipo di trattamento, allora il gruppo di controllo riceverà il trattamento standard o un placebo

    79. Studio sperimentale – analitico RCT(Randomized Controlled Trial) In questo modo, oltre alla randomizzazione di base (random selection) che deve garantire, come in ogni studio, che il campione sia rappresentativo della popolazione di origine, si ha anche una randomizzazione dell’assegnazione ai due gruppi prima dell’intervento (random assignment) Lo studio RCT garantisce in genere un buon controllo dei fattori confondenti noti e non noti. La metodologia a doppio cieco (pazienti + medico) o triplo cieco (pazienti + medici + organizzatori dello studio e analisti dei dati) è la più efficace per evitare i bias.

    80. Randomized Controlled Studies

    81. Studio a “doppio cieco”

    82. Due livelli di randomizzazione

    83. RCT Difficoltà: Assicurare una randomizzazione corretta Mantenere il doppio cieco o triplo cieco Reclutare i soggetti Costo elevato, problemi di fattibilità, di eticità, di tempo, di generalizzabilità

    84. Come eseguire uno studio RCT Mettere insieme la popolazione per lo studio Valutare le sue caratteristiche di base Assegnare in modo random i soggetti a due o più gruppi di trattamento Applicare l’intervento e l’intervento di controllo/placebo, preferibilmente in modalità cieca Seguire i gruppi nel tempo e misurare le variabili di outcome (preferibilmente in modalità cieca)

    85. RCT: punti importanti Stabilire in modo esplicito criteri di inclusione ed esclusione appropriati. I criteri scelti possono influenzare la generalizzabilità dello studio Il calcolo delle dimensioni del campione dovrebbe essere fatto “a priori”, per evitare errori di tipo II (cioè, affermare che non c’è differenza statisticamente significativa, mentre in realtà essa esiste) Se si è a conoscenza di altri parametri che possono influenzare l’outcome, è opportuno verificare che essi siano distribuiti in maniera uniforme fra i gruppi, per evitare che, nonostante la randomizzazione, possano agire come variabili confondenti Utilizzare un sistema “veramente” random per l’assegnazione ai gruppi Fare sempre anche un’analisi di tipo ITT (Intention To Treat), cioè rispettare il principio: “once randomized, always analyzed”

    86. Randomizzazione La randomizzazione è un momento essenziale negli studi di tipo RCT E’ importante che si tratti di randomizzazione “vera”, e che il sistema sia esplicito La sequenza di randomizzazione deve essere imprevedibile: numeri pseudocasuali generati dal computer, buste, ecc. Evitare metodi che non garantiscono una vera casualità: date di nascita, numeri di cartelle, ecc.

    87. Meta analisi La Meta-analisi è essenzialmente una sintesi della letteratura disponibile su un argomento. Idealmente, si dovrebbero valutare solo studi di tipo RCT, ma in pratica vengono presi in considerazione anche altri tipi di studi. Dopo aver identificato tutti gli studi, si definiscono i criteri per identificare quelli valutabili. Poi di definiscono i formati per la raccolta delle informazioni contenute negli studi. Infine, si combinano i dati per arrivare a una stima globale dell’effetto, che includerà anche il calcolo del Confidence Interval e un test di omogeneità degli studi.

    88. Meta analisi

    90. The Evidence Pyramid

    91. Scegliere il disegno di studio più appropriato per la nostra domanda Domanda: i bambini allattati al seno, hanno un rischio minore di sviluppo di asma a 10 anni? RCT: Assegna in modo random i bambini a due gruppi: allattati al seno, non allattati al seno. Non è fattibile per motivi etici Coorte: Segue una coorte di bambini per 10 anni Vantaggi: è prospettico, e quindi la variabile indipendente (l’allattamento al seno) può essere accertata. Svantaggi: occorre tempo, i costi sono elevati, in genere molti soggetti vengono persi al follow up, e possono esserci fattori confondenti correlati a entrambi i gruppi.

    92. Scegliere il disegno di studio più appropriato per la nostra domanda Caso-controllo: Seleziona un gruppo di bambini di 10 anni con asma severo e un gruppo di controllo senza asma, e indaga retrospettivamente sul tipo di allattamento Vantaggi: veloce, economico, il campione necessario è più piccolo di quello che si impiega negli studi per coorte Svantaggi: può esserci un bias dovuto al fatto che l’informazione sull’allattamento è solo anamnestica, e legata al ricordo della madre. Studio trasversale: Esegue un sondaggio sui bambini di 10 anni, li classifica in base allo status relativo all’asma e indaga sulla modalità di allattamento. Vantaggi: veloce ed economico Svantaggi: serve un campione più grande del caso controllo, e anche qui il dato relativo all’allattamento è anamnestico.

    93. Riassunto Alcune volte una domanda può richiedere un tipo specifico di studio, ma è anche possibile che una domanda possa essere affrontata con tipi di studio diversi Gli studi descrittivi possono solo generare ipotesi Gli studi analitici possono confutare ipotesi e quantificare associazioni Gli studi RCT con controllo e doppio cieco sono il gold standard per stabilire i rapporti di causa-effetto Si devono scegliere gli studi da utilizzare in base a: validità scientifica, aspetti etici, fattibilità, risorse, tempo, importanza della domanda.

    94. Scrivere il protocollo dello studio Come selezionare i soggetti (criteri di inclusione ed esclusione) Come e quando reclutarli Come e quando chiedere il consenso Definire l’intervento Definire l’outcome e le modalità di misurazione Definire le modalità per verificare che lo studio proceda correttamente Definire le modalità di azione in caso di circostanza sfavorevoli o impreviste (come gestire i drop outs, gli errori nella raccolta dei dati, ecc.) Diagramma di flusso (riassume graficamente gli aspetti principali del protocollo)

    95. Come selezionare i soggetti La selezione ha lo scopo di creare un campione random che rappresenti la popolazione di origine. La casualità del campione è l’aspetto fondamentale, e deve sempre essere salvaguardata. I criteri di selezione devono sempre essere specificati in anticipo.

    96. Tipi di campionamento: Campionamento random semplice: processo di campionamento random in cui ogni soggetto ha la stessa possibilità calcolabile di essere scelto Campionamento random stratificato: in cui la popolazione è divisa in sottogruppi e si seleziona in modo random una porzione predefinita di popolazione dai sottogruppi Campionamento sistematico random : in cui l’ennesimo soggetto è scelto dalla popolazione partendo da un punto di partenza random Campionamento sistematico non random: il punto di partenza è scelto in modo non random Campionamento a cluster: il campione è estratto da un insieme di sottogruppi più piccoli della popolazione Campionamento di convenienza (non probabilistico) : campione preso dai soggetti convenienti perché disponibili Campionamento quota (non probabilistico): si seleziona per conveninenza però ci si ferma al raggiungimento del numero desiderato

    103. Codificare i dati I dati raccolti devono essere strutturati, archiviati ed elaborati. La struttura per l’archiviazione dei dati deve essere decisa all’inizio, e implica sempre un qualche tipo di codifica che renda il dato coerente e facilmente rintracciabile. I dati devono essere non ambigui. L’assenza di un dato deve essere anch’essa codificata e rintracciabile. La codifica dei dati deve essere esplicita e sempre verificabile Una copia dei dati deve essere sempre conservata in modo da garantire la sicurezza, cioè da ridurre al minimo la possibilità che i dati vengano persi o possano essere alterati. Questo è un problema particolarmente importante quando l’archiviazione dei dati avviene in maniera esclusivamente digitale. Gli archivi possono essere cartacei, digitali o sia cartacei che digitali. Ciascun sistema presenta vantaggi e svantaggi.

    105. Rapporto di causa-effetto e associazione casuale Lo scopo della ricerca è di trovare rapporti di causa-effetto fra eventi: l’esposizione a un fattore causa una malattia, un farmaco cura una condizione clinica, e così via. Purtroppo, per la natura stessa delle discipline biologiche e mediche, è raro che in questi campi si possa affermare un rapporto di causa ed effetto con la stessa metodologia e con lo stesso grado di certezza caratteristico, per esempio, delle scienze fisiche, in cui un tale rapporto può essere osservato e studiato in maniera standardizzata e ripetibile Le scienze biologiche si avvalgono, quindi, di sistemi di osservazione e di sperimentazione in cui i dati vengono elaborati per mezzo di metodi statistici. Uno degli scopi dell’analisi statistica è di distinguere un effetto reale dovuto a un rapporto di causa-effetto da una associazione casuale di due variabili.

    106. Tipi di errore nella ricerca

    107. Errori random Gli errori random sono fluttuazioni statistiche della variabile misurata, dovute a imprecisioni implicite nel sistema di misurazione e/o nel sistema di campionamento. Gli errori random non sono prevedibili né eliminabili, ma le metodologie di analisi statistica ne tengono conto nella valutazione dei risultati.

    108. Errore sistematico Si definisce errore sistematico un errore non random, che tende ad alterare la validità dei dati o dei risultati. Un errore sistematico, detto anche bias statistico, compromette la validità dei risultati, alterandoli in una direzione specifica.

    109. Il concetto di bias La parola bias vuol dire “pregiudizio”. In senso lato, si definisce bias qualunque fattore che può alterare la validità dei risultati di una ricerca. Il bias statistico, o errore sistematico, è una forma specifica di bias.

    110. Alcuni tipi di bias Bias statistici Sampling bias Estimator bias Bias cognitivi Confirmation bias, disconfirmation bias Memory bias Cultural bias Bias di pubblicazione Fattori confondenti (variabili nascoste)

    111. I bias statistici Sampling bias, o bias di selezione: sono tutti i tipi di errore sistematico per cui il campione non rappresenta veramente in maniera random la popolazione di origine Assignment bias, o bias di assegnazione: origina nel processo di assegnazione random all’uno o all’altro campione in un studio di tipo RCT. Estimator bias, o bias di misurazione: origina da errori sistematici nella misurazione dell’outcome e/o dell’exposure (per esempio, errore di metodologia)

    112. Bias di selezione Per evitarlo occorre identificare chiaramente la popolazione di interesse e la popolazione realmente accessibile, e poi applicare metodiche appropriate di campionamento che garantiscano la randomizzazione. Il problema può essere importante negli studi retrospettivi di coorte e caso-controllo, in cui l’esposizione e la malattia sono già avvenuti prima della selezione, oppure quando la selezione è di tipo non probabilistico (campionamento di convenienza) Esempio: in uno studio per valutare l’efficacia di un antibiotico nel curare una certa infezione si selezionano solo pazienti ospedalizzati (campionamento di convenienza) Commento: Chiaramente l’efficacia in una popolazione ospedalizzata può essere molto diversa rispetto a quella nella popolazione generale se l’evento del ricovero non seleziona i soggetti in modo random dalla popolazione generale.

    113. Bias di assegnazione In uno studio di tipo RCT, l’assegnazione ai due gruppi deve essere assolutamente random. Ciò può essere ottenuto in vari modi, per esempio uso di liste preparate prima dell’inizio dello studio e applicate in maniera cieca, oppure per mezzo di sistemi computerizzati pseudocasuali. L’assegnazione non deve essere lasciata all’arbitrio dello sperimentatore.

    114. Bias di misurazione Errori sistematici possono essere compiuti nella misura dell’esposizione e/o dell’outcome Errori sistematici possono derivare da errato funzionamento o calibrazione degli strumenti di misurazione

    115. Bias cognitivi Sono i bias dovuti all’effetto dell’osservatore e dei suoi specifici punti di vista sulla esecuzione della ricerca e sulla valutazione dei risultati I bias cognitivi sono moltissimi e di varia tipologia. Spesso è difficile prevederli ed evitarli. L’applicazione della metodologia “blind” (doppio o triplo cieco) è un modo efficace per ridurre almeno alcuni dei potenziali bias cognitivi negli studi RCT

    116. Bias nella raccolta dei dati Molti bias sono dovuti all’influenza, in genere inconscia, dell’atteggiamento del ricercatore o dei pazienti. In uno studio sull’ipertensione, chi raccoglie i dati può trattare i gruppi in modo diverso, per esempio misurare la pressione in modo più accurato in coloro che sono affetti In uno studio di coorte per paragonare i dati di incidenza di asma in bambini figli di fumatori e non fumatori, le forme lievi di asma potrebbero avere più probabilità di essere diagnosticate nei figli di fumatori per una maggiore attenzione dei medici o dei genitori. La maggior parte dei bias di questo tipo può essere evitata, negli studi di tipo RCT, con l’utilizzo della metodologia a doppio o triplo cieco.

    117. Confirmation bias Il bias “di conferma” deriva dalla tendenza a cercare o a interpretare le informazioni in modo che confermino i nostri preconcetti. E’ un tipo di bias cognitivo che crea una tendenza favorevole alla conferma dell’ipotesi sotto studio. Proprio per controbilanciare questa tendenza cognitiva umana, il metodo scientifico richiede che noi cerchiamo di provare false le nostre ipotesi (concetto di fasificabilità) Il confirmation bias deriva infatti spesso dalla tendenza a dare importanza alle prove che “affermano” l’ipotesi, e a non ricercare con altrettanta attenzione quelle che possono dimostrarla falsa Un bias simile e speculare è il “disconfirmation bias”, cioè la tendenza ad essere scettici e critici nei confronti delle evidenze che possono sconvolgere le nostre idee preconcette

    118. Publication bias Publication bias refers to the tendency of researchers to seek publication of and for journals that accept mainly those studies that find a statistically significant effect, while not publishing studies that don't find an effect." The effect of this is that published studies may not be truly representative of all valid studies undertaken, and this bias may distort meta-analyses and systematic reviews of large numbers of studies - on which evidence-based medicine, for example, increasingly relies. In September 2004, editors of several prominent medical journals (including the New England Journal of Medicine, The Lancet, Annals of Internal Medicine, and JAMA) announced that they would no longer publish results of drug research sponsored by pharmaceutical companies unless that research was registered in a public database from the start [2]. In this way, negative results should no longer be able to disappear.

    119. Fattori confondenti (variabili nascoste) E’ un fattore estraneo capace di influenzare l’outcome, il cui effetto viene confuso con quello della variabile indipendente (esposizione).

    122. Come determinare possibili fattori confondenti Quali sono i possibili fattori di rischio associati a malattia? Quali di questi è associato anche all’esposizione? Questi saranno i possibili fattori confondenti

    123. Considerazioni conclusive Una buona ricerca, idealmente, dovrebbe avere le seguenti caratteristiche: Una buona domanda: originale, precisa, pertinente, interessante Un valido razionale Una scelta corretta del metodo di studio (se possibile RCT) Un protocollo esplicito che definisca in modo preciso tutti i passi dello studio, e soprattutto l’intervento, l’obiettivo e l’outcome da misurare Un sistema di campionamento veramente random Assenza di bias Un metodo appropriato di analisi statistica dei risultati

    124. Grazie

More Related