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Devianza

Satyagraha. Corso di formazione per operatori volontari di centri giovanili Comunicazione, conflitto, mediazione. Romolo Giovanni Capuano. Devianza. Si ritiene generalmente che la devianza produca effetti negativi. I devianti, infatti: rubano; uccidono; violentano; disturbano;

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Devianza

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Presentation Transcript


  1. Satyagraha.Corso di formazione per operatori volontari di centri giovaniliComunicazione, conflitto, mediazione.Romolo Giovanni Capuano

  2. Devianza • Si ritiene generalmente che la devianza produca effetti negativi. I devianti, infatti: • rubano; • uccidono; • violentano; • disturbano; • fanno del male ecc. • Ma…

  3. … la devianza può assolvere anche funzioni positive. Ad esempio:

  4. 1- La devianza può essere un ausilio contro l’eccessivo formalismo Se rispettassimo sempre alla lettera le regole della burocrazia spesso non riusciremmo a raggiungere i nostri obiettivi. Se, in una situazione di emergenza, ci ostinassimo a seguire la trafila prevista, potremmo non salvare una vita umana. In questo caso, è necessario violare la regola, come insegnano molti film americani d’azione dove l’eroe deve spesso lottare con regolamenti esigenti e cervellotici

  5. 2 - La devianza svolge spesso il ruolo di valvola di sicurezza I padri della chiesa esprimevano una valutazione positiva della prostituzione perché favoriva la continuazione del matrimonio: la sessualità extraconiugale, consentendo lo “sfogo dei sensi”, consentiva al padre di tornare “purificato” nell’alveo familiare, senza mettere in discussione l’istituzione del matrimonio e senza “insozzare” la moglie.

  6. 3 - La devianza consente di chiarire le regole dell’organizzazione Spesso queste forniscono solo un’indicazione sommaria di ciò che si può o non si può fare ed è solo forzandole che si comprende davvero fino a dove ci si può spingere. Una delle regole sociologiche più applicate è: “Se vuoi capire come funziona una norma, infrangila!”. Ad esempio, in un servizio per adolescenti, una presenza massiccia di giovani in orari non previsti può voler dire che il servizio deve cambiare orari di apertura.

  7. 4 - La devianza può agire come fattore integrante del gruppo Niente unisce più di un nemico comune. I puritani americani del Seicento riconoscevano la loro reciproca fede nel momento in cui decidevano di bruciare qualche strega. Gli squadristi fascisti sentivano e apprezzavano la loro appartenenza ogniqualvolta punivano un comunista. Dei giovani potrebbero sentirsi uniti solo quando spaccano un lampione.

  8. 5 - La devianza stimola effetti di contrasto, accentuando il conformismo e facendo risplendere “la rettitudine” “In una comunità di santi, la bontà è normale; nessuno ha qualche particolare diritto da reclamare, o qualche ragione per congratularsi”. I criminali, invece, forniscono ai non criminali l’occasione di distinguersi e accumulare meriti. I conformisti possono mostrare il proprio valore solo in contrapposizione al disvalore dei rei. Come a scuola: se tutti fossero dei geni, non ci sarebbe piacere nell’essere intelligenti.

  9. 6 - La devianza può lanciare un segnale di allarme, e contribuire a rilevare i difetti della società Un elevato livello di assenteismo sul luogo di lavoro può essere la spia di un’organizzazione percepita negativamente. Un elevato livello di dispersione scolastica può essere indice di grandi disfunzioni sociali in una data comunità. Un elevato livello di conflittualità in una nazione può richiamare l’attenzione sui forti squilibri sociali esistenti e, quindi, invitare implicitamente a modificare l’assetto strutturale di quella nazione

  10. Un esempio: Il turpiloquio

  11. Il turpiloquio è un comportamento generalmente disapprovato Infatti, chi dice parolacce insulta, offende, è osceno, profana, comunica una pessima immagine di sé, attira l’ira di educatori, datori di lavoro, partner, amici; è spesso percepito come ignorante, rozzo, incivile o, ancora, inaffidabile, indegno, da escludere socialmente. Ma il turpiloquio può avere anche funzioni positive. Ad esempio …

  12. Il turpiloquio sembra conferire autenticità e impeto alla frase Non a caso i politici che usano un linguaggio volgare sono oggi i più acclamati. Si pensa in genere che chi dice parolacce dica le cose come stanno e non si nasconda dietro il politichese. I vincitori dei reality show sono spesso volgari perché la volgarità è percepita contigua alla spontaneità. E chi è spontaneo è percepito come più sincero.

  13. Il turpiloquio è talvolta adoperato come strategia di contropotere In determinate circostanze, il turpiloquio e le bestemmie sono strategie di contropotere, pratiche disperate di difesa dei subordinati, messa in discussione della legittimazione di chi gestisce il potere e dei modi con cui lo gestisce. Nella storia, il turpiloquio ha dato voce alla ribellione e alla resistenza delle classi sociali inferiori. Similmente, un adolescente che bestemmia può esprimere una forma di contestazione del potere degli adulti che non deve essere semplicemente censurata, ma capita nelle sue forme.

  14. Il turpiloquio può essere una valvola di sfogo Il turpiloquio permette di alleviare stati di angoscia, rabbia e frustrazione, offrendo una valvola di sfogo attraverso l’espressione di tensioni intrapsichiche, ansie e pulsioni represse. Esercitando una funzione di controllo delle dinamiche aggressive, il turpiloquio consente di evitare il coinvolgimento in scontri fisici, stornando le energie negative verso condotte puramente verbali e canalizzando in maniera relativamente innocua le manifestazioni di collera. “Colui che per la prima volta ha lanciato all’avversario una parola ingiuriosa invece che una freccia è stato il fondatore della civiltà” (John Hughlings Jackson)

  15. Il turpiloquio può avere una funzione terapeutica Una serie di indirizzi psicoterapeutici raccomandano l’uso di parolacce a scopo catartico. Alcuni esempi sono: La Primal Therapy di Arthur Janov, la NIP (New Identity Process) di Daniel Casriel , la Bio scream psychotherapy di Nolan Saltzman. Tutte queste tre psicoterapie si basano sullo sfogo diretto delle emozioni per superare blocchi emotivi.

  16. Il turpiloquio può avere una funzione apotropaica Basta pensare a espressioni come “in culo alla balena” o “Che culo che hai” che vengono dette per augurare o commentare la fortuna delle persone. San Francesco usava così il turpiloquio contro il diavolo nei Fioretti (“Apri la bocca; mo' vi ti caco”). Lo stesso faceva Martin Lutero.

  17. Il turpiloquio ci permette di conoscere fatti storici Ad esempio, le centinaia di espressioni volgari contenute tra le oltre 14.000 iscrizioni ritrovate sulle mura della città di Pompei, hanno permesso, fra l’altro, di ricostruire la vita quotidiana degli antichi romani. A tutt’oggi costituiscono una fonte importantissima di conoscenza delle abitudini dei nostri antenati.

  18. Il turpiloquio può essere un agente di socializzazione Talvolta, gli adolescenti bestemmiano o imprecano perché questo li fa sentire “grandi”. La differenza tra mondo adulto e mondo infantile sta proprio nel fatto che ai bambini non è consentito l’accesso a una serie di conoscenze che gli adulti custodiscono con cura, come le conoscenze relative alla sessualità e alla brutte parole. Ecco perché gli adolescenti traggono a volte piacere dall’imprecare: perché è una cosa che fanno gli adulti (un po’ come fumare sigarette).

  19. «Il delinquente non produce soltanto delitti, ma anche il diritto criminale, e con ciò produce anche il professore che tiene lezioni sul delitto criminale, e inoltre l’inevitabile manuale …Con ciò si verifica un aumento della ricchezza nazionale… Il delinquente produce inoltre tutta la polizia e la giustizia criminale, gli sbirri, i giudici, i boia, i giurati ecc. … Arte, bella letteratura, romanzi e perfino tragedia … Il delinquente rompe la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese …».(Karl Marx).

  20. Perfino la guerra e il terrorismo possono avere funzioni positive nella società Infatti …

  21. La guerra ha diverse funzioni positive: capacità di eccitare, gusto dell’esotismo, potere, possibilità di migliorare il proprio modesto status sociale, un universo bizzarro e fantastico dotato di una sua bellezza tetra e grottesca. La guerra può darci uno scopo, un senso, una ragione di vivere. Ci offre una causa. La guerra è una crociata e rinforza la propria identità personale e sociale. La guerra dà potere a chi ha già tendenze omicide. Spazza via la banalità della vita quotidiana. Distrae. Fomenta il patriottismo che esalta la bontà, gli ideali, la clemenza e lamenta la perfidia di chi odia. La guerra favorisce l’eroismo e con esso le virtù migliori degli uomini (coraggio, ricerca della gloria immortale, altruismo). La guerra rende il mondo comprensibile, come un quadro in bianco e nero. Sospende il pensiero e l’autocritica. Tutto diventa improvvisamente facile. Forgia miti e ideali autoesaltanti. La guerra mette a nudo le convenzioni e le coercizioni sulle quali si regge la vita in tempo di pace, restituisce il senso della verità della condizione umana. Crea solidarietà e fratellanza, abbattendo le distinzioni di classe (Hedges).

  22. In alcune occasioni, paradossalmente, il terrorismo ottiene l’effetto di contribuire a sviluppare un consenso, che prima non esisteva, nei confronti di un regime democratico. Se l’Italia era più unita nel 1987 di quanto non fosse dieci anni prima, ciò si deve in parte alle Brigate rosse.In alcuni casi, il terrorismo stabilizza, invece di destabilizzare perché tutte le forze di governo si impegnano a difendere lo stato, l’opposizione diviene meno aggressiva e le parti opposte più consociative. In altre parole, il terrorismo agisce da elemento conversatore e rallenta i processi di cambiamento (Laqueur, Eco).

  23. Perfino un rapimento a scopo di estorsione può avere conseguenze positive per il rapito e la sua famiglia. È stato notato, ad esempio, che esso può rinsaldare legami familiari deboli.

  24. Questo con un termine di origine greca si chiama ENANTIODROMIA:le cose si capovolgono nel loro contrario.Eraclito diceva: «L’opposto è concorde e dai discordi nasce bellissima armonia. E tutto accade secondo contesa».Bisogna sempre prestare attenzione agli aspetti enantiodromici delle cose.

  25. Per approfondire Capuano, R.G., 2007, Turpia. Sociologia del turpiloquio e della bestemmia, Costa & Nolan, Milano. Arielli, E., Scotto, G., 2003, Conflitti e mediazione, Bruno Mondadori, Milano.

  26. Competizione e conflitto «A volte si dimentica che quasi ogni attività umana è di natura competitiva, in grado diverso, che va dal concorrenziale al conflittuale, e che cooperazione e conflitto sono reciprocamente connessi. Non è un paradosso, ma una constatazione, che dietro ad ogni conflitto c’è una componente di cooperazione e che non si può discutere se non si è d’accordo, d’accordo su qualche base di partenza». (Cattani, A., 2001, Botta e risposta, Il Mulino, Bologna, p. 216)

  27. Competizione e conflitto «Senza interdipendenza non c’è conflitto. Il che significa che se gli elementi non sono in rapporto fra loro, non sono dipendenti l’uno dall’altro e/o dalle medesime risorse, non ci sarà né competizione né conflitto. Coloro che vendono dentifricio o coloro che vendono macchinari per la mietitura entrano raramente in conflitto, dal momento che i mercati sono piuttosto diversi e il grado di interdipendenza è basso (a meno che non appartengano ad una medesima grande società). D’altra parte, più due elementi sono intrecciati all’interno dello stesso sistema, e più risulteranno dipendenti dalle stesse cose – e l’uno dall’altro –, e maggiore sarà la probabilità di competizione e conflitto. Ad esempio, i vicini di casa spesso sono in conflitto, per gli spazi di parcheggio, per le responsabilità nella manutenzione, ecc […] I crimini più violenti si verificano fra persone che sono in rapporto l’un l’altra. La probabilità che ci sia conflitto è maggiore quanto più due elementi sono interdipendenti fra loro. Come ha scritto un esperto di violenza, “c’è molta più lotta fra due persone che si amano che fra chi non si ama… ». (Scherer, K.R., Abeles, R.P., Fischer, C.S., 1980, Aggressività umana e conflitto, Zanichelli, Bologna)

  28. Nella nostra cultura, la parola CONFLITTO è immediatamente associata a immagini sgradevoli e dolorose, fa pensare allo scontro, al disagio al combattimento, allo spreco di energie nelle discussioni. Più difficilmente è associata all’opportunità offerta di creare conoscenza e apprendimento per e tra gli individui che ne prendono parte, all’occasione costruttiva di scambio e crescita reciproca.

  29. Il conflitto è in realtà un’esperienza comune, quotidiana e costante nella vita degli individui e dei gruppi. Allontanare il conflitto ne impedisce ogni forma di elaborazione positiva, collocandolo nell’unico significato di distruzione. Spesso il conflitto ha significato l’attivazione di ansie di separazione non sempre tollerabili. Il conflitto non ha una natura né maligna né benigna: è un’occasione, una possibilità che può essere usata bene o male. Per questo oggi si parla non di “soluzione dei conflitti”, ma di “trasformazione costruttiva dei conflitti”.

  30. In qualunque sistema complesso molteplici fattori, legati alle differenti aspettative, motivazioni e interessi degli attori coinvolti possono determinare situazioni di incomprensione, disaccordo e lite. Le possibilità di conflitto sono, dunque, numerose e coinvolgono tutti i protagonisti che a diversi livelli vivono in esso.

  31. Il carattere cinese che indica conflitto vuol dire sia pericolo sia opportunità

  32. Definizione di conflitto di Kurt Lewin: • “Il conflitto è quella situazione che si determina tutte le volte che su un individuo agiscono contemporaneamente due forze psichiche di intensità più o meno uguale, ma di opposta direzione”

  33. Definizione di conflitto di Arielli e Scotto: • “Un’azione o una situazione prodotto di azioni in cui vi è un contrasto, una incompatibilità, tra le intenzioni, le aspettative o i bisogni degli agenti. Più in generale si può dire che vi è conflittualità là dove la soddisfazione di un bisogno o di un desiderio di un agente viene negata dall’azione di un altro agente”

  34. Segnali-allarme di conflitto I seguenti segnali possono indicare l’imminenza di un conflitto: • Disagio: avere la sensazione che qualcosa non va. • Incidenti: piccoli episodi che irritano o turbano. • Incomprensioni: frequenti o latenti. • Tensione: atteggiamenti negativi, emozioni espresse • Crisi: comportamenti o situazioni estreme; discussioni accese.

  35. Tipologie di conflitto I conflitti operano a tre livelli: • Intrapersonale: ogni volta che dobbiamo compiere delle scelte fra bisogni, desideri o doveri differenti. • Interpersonale: due persone sono in disaccordo perché hanno esigenze e obiettivi differenti e per questo litigano. • Intergruppo: nei casi di dispute fra gruppi e nazioni diverse.

  36. Cause del conflitto 1 I conflitti possono essere originati da varie cause: • Controllo su determinate risorse: le risorse possono essere materiali o immateriali, divisibili (denaro) o indivisibili (carica politica). • Valori: relativi al “dover essere”. Per esempio in campo politico, religioso, ideologico. A volte i conflitti sui valori celano conflitti sulle risorse • Credenze: conflitti su come interpretare la realtà.

  37. Cause del conflitto 2 • Natura delle relazioni tra le parti: persone o gruppi entrano in conflitto perché hanno diverse aspettative e aspirazioni sulla loro relazione. • Sopravvivenza: conflitti riguardo la possibilità di continuare a esistere. Sono i conflitti più difficili da trasformare in senso costruttivo. • Conflitti irrealistici: conflitti originati da contraddizioni di cui il conflitto è solo un effetto. Ad esempio, il caso del capro espiatorio.

  38. È necessario dunque: • Riconoscere il conflitto, non rimuoverlo • Affrontarlo • Risolverlo o mutarlo in altro. • In genere, è bene ricordare che le situazioni di crisi possono essere foriere di conseguenze positive

  39. Tre domande cruciali: • Che cosa riguarda il conflitto? • Come può essere risolto? • Una volta trovata una risposta al come risolverlo, cosa si può fare per mettere in atto la soluzione?

  40. La gestione dei conflitti Il poter cercare una soluzione costruttiva al conflitto permette di: • affinare le capacità empatiche (la capacità di assumere temporaneamente il punto di vista dell’altro) • riconoscere che le differenze tra le persone esistono e che possono essere una risorsa • sviluppare la capacità di utilizzare differenti e varie strategie per la soluzione dei problemi, con un ritorno immediato sull’aumento dell’auto-efficacia personale

  41. Modi di trasformare costruttivamente i conflitti • Chiarimento delle percezioni delle parti: dipingere la staccionata può essere divertente! • Riesaminare i problemi: non “mi fai arrabbiare sempre!”, ma “Che cosa succede quanto mi arrabbio?” • Passare dalle posizioni ai bisogni: non “io sono più importante di te”, ma “questo è il mio bisogno e quello è il tuo”

  42. Sul conflitto interculturale: Ricordarsi che pregiudizi e stereotipi sono sempre in agguato: • “Tanto sappiamo che gli albanesi sono tutti delinquenti” • “I tedeschi non hanno il senso dell’umorismo” • “Gli islamici sono tutti terroristi” Evitare errori di generalizzazione: quando una frase inizia con “Tutti gli X sono…”, diffidate!!!

  43. Alcune nozioni elementari di psicologia della comunicazione

  44. Modello della comunicazione

  45. Il quadrato della comunicazione(Schulz von Thun)

  46. Ogni messaggio è caratterizzato da 4 aspetti: • Il contenuto: ciò che viene detto nel messaggio; • la relazione: l’opinione che il mittente esprime del destinatario; • la rivelazione di sé: ciò che il mittente rivela di sé; • l’appello: ciò che il mittente vuole ottenere

  47. Esempio 1 Un ragazzo e una ragazza sono in auto. La ragazza è al volante. A un certo punto lui dice: “Guarda che è verde!”. La ragazza dice: “Guidi tu o guido io?”.

  48. Esempio 2 Marito e moglie sono a tavola. Lui dice: “Che cos’è quella cosa gialla nella salsa?”. Lei risponde: “Insomma, se non ti piace come si mangia qui, puoi andartene anche da un’altra parte!”.

  49. Altre cose da sapere 1 Messaggi espliciti o impliciti. Il contenuto di un messaggio può essere espresso in maniera diretta e esauriente (“Ho finito le sigarette!”) o indiretta e nascosta (“Dove sono le sigarette?”).

  50. Altre cose da sapere 2 Componenti non verbali del messaggio Ogni messaggio è formulato con una componente verbale e una componente non verbale (voce, intonazione, mimica). Quando le due sono in contrasto, di solito, è la componente non verbale quella più importante.

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