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Metodi e tecniche della ricerca psicosociale Prof. Zira Hichy

Metodi e tecniche della ricerca psicosociale Prof. Zira Hichy. Testo: Di Nuovo, S. & Hichy, Z. (2007). Metodologia della ricerca psicosociale. Bologna: Il Mulino. Le fasi della ricerca sono: Identificazione del problema di ricerca; Studio delle teorie; Definizione delle variabili;

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Metodi e tecniche della ricerca psicosociale Prof. Zira Hichy

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  1. Metodi e tecniche della ricerca psicosocialeProf. Zira Hichy Testo: Di Nuovo, S. & Hichy, Z. (2007). Metodologia della ricerca psicosociale. Bologna: Il Mulino.

  2. Le fasi della ricerca sono: • Identificazione del problema di ricerca; • Studio delle teorie; • Definizione delle variabili; • Pianificazione del disegno di ricerca; • Osservazione; • Analisi dei dati; • Interpretazione dei dati; • Comunicazione dei risultati. Come nasce una ricerca Quando si conduce una ricerca bisogna seguire delle regole precise.

  3. Identificazione del problema di ricerca Interessi personali del ricercatore. Questi sono molto importanti perché stimolano l’individuazione dei problemi, suggeriscono la direzione del lavoro di ricerca e aiutano a perseguire tale lavoro. Gli interessi riguardano vari campi, ad es., le emozioni, la creatività, particolari abilità, aspetti della propria vita etc. Ad esempio, l’interesse di Pavlov per le “secrezioni psichiche” lo portarono a scoprire i riflessi condizionati.

  4. Fatti paradossali e fortuna. Un evento paradossale può dare vita ad un nuovo problema di ricerca. Ad esempio, Darley e Latané trassero spunto dal caso di Kitty Genovese per teorizzare il concetto di “responsabilità diffusa”. Per quanto riguarda il caso o la fortuna, si parla di serendipità, che indica la capacità di fare scoperte utili alle quali non si mirava. Ad esempio, Alteman e Szechtman hanno scoperto che pizzicando lievemente la coda di un topo, nel 90% dei casi i topi mangiavano. Ora si usa questa tecnica per indurre l’obesità nei ratti.

  5. Tentativi di risolvere problemi pratici. In questo caso, il ricercatore ha un problema, derivato dalla realtà che lo circonda, che vuole risolvere. Gli esempio sono vari: trovare le tecniche per guarire i bambini autistici, incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici. Teorie e risultati delle ricerche. Tutte le teorie psicologiche fanno sorgere nuove problematiche, che possono essere il punto di partenza per nuove ricerche. Ad esempio, l’ipotesi del contatto di Allport ha fatto sorgere numerosi problemi, generando molte ricerche. Anche i risultati di precedenti ricerche possono far sorgere nuovi problemi. Un esempio è il modello di Hinkle e Brown.

  6. Studio delle teorie • Definire l’argomento di ricerca • Conoscere i risultati già ottenuti e le concordanze e le discordanze. Prima di condurre una ricerca è indispensabile analizzare le teorie che si sono occupate di quello specifico argomento. Lo studio della teoria consente di: Lo studio della letteratura giustifica l’argomento generale della ricerca e le ipotesi specifiche.

  7. Modello Teoria Ipotesi Non è possibile dedurre ipotesi empiriche direttamente dalla teoria, ma è necessario avvalersi di un modello che specifichi le condizioni in cui le assunzioni della teoria funzionano.

  8. Modello Modello Modello Teoria Ipotesi Ipotesi Ipotesi Ipotesi Ipotesi Ogni teoria può generare più modelli, ognuno dei quali può dare vita a più ipotesi.

  9. Le variabili • il livello di misurabilità; • l’oggetto a cui sono associate; • il ruolo che assumono nella ricerca. Una variabile è qualsiasi caratteristica (fisica o psichica) che può assumere valori diversi in un dato intervallo. Una variabile, quindi, è qualsiasi caratteristica che, almeno teoricamente, può essere misurata. Le variabili possono essere distinte in base a:

  10. Per quanto riguarda il livello di misurabilità, le variabili si distinguono in continue e discrete. • Si dice continua una variabile che, in teoria, può assumere qualsiasi valore della serie numerica compresa tra due punteggi. L’altezza di una persona, ad esempio, può essere di 160 cm, 161 cm, ma anche di 161,23 cm. • Una variabile è discreta, invece, quando non può assumere qualunque valore tra due punteggi. Ad esempio, il numero di figli di una famiglia può essere 3 o 4, ma non 3,25.

  11. In base all’oggetto a cui sono associate, le variabili possono essere comportamentali, organismiche (o soggettive). • Per variabile comportamentale si intende ogni risposta osservabile di un organismo. Esse riguardano comportamenti sia semplici sia complessi. Un esempio di variabile comportamentale può essere la pressione di un pulsante quando compare una luce. • Le variabili organismiche o soggettive riguardano le caratteristiche della persona. Ad esempio, l’età, il genere, il nevroticismo, il razzismo. • Alcune sono direttamente osservabili (variabili organismiche osservabili), ad esempio, il peso o l’altezza; altre, invece, non si possono osservare direttamente, ma vengono inferite dal comportamento dei soggetti (costrutti), ad esempio, l’intelligenza o il razzismo.

  12. Per quanto riguarda il ruolo che assumono nella ricerca, le variabili si distinguono in variabili dipendenti, indipendenti e intervenienti (o di disturbo). • Le variabili indipendenti sono gli stimoli (eventi) che si ipotizza causino dei cambiamenti su un comportamento. • Le variabili dipendenti sono le variazioni del comportamento che si suppone dipendano dalle modifiche delle variabili indipendenti. • Le variabili intervenienti o di disturbo sono variabili che disturbano la relazione tra la variabile dipendente e quella indipendente.

  13. Le variabili indipendenti e dipendenti vengono anche definite ripettivamente variabile stimolo e variabile risposta. • Le variabili stimolo sono gli eventi che causano un effetto su un organismo (ad es., cibo). • Le variabili risposta sono le reazioni che un organismo ha in seguito alla stimolazione (ad es., salivazione).

  14. Esistono due tipi di variabili indipendenti: manipolate e non manipolate. • Le variabili manipolate sono quelle che lo sperimentatore controlla e modifica attivamente. • Le variabili non manipolate sono quelle che non possono essere controllate a piacere dal ricercatore. Queste sono prevalentemente variabili oranismiche, come l’intelligenza, il genere, etc. In questo caso, il ricercatore può solo dividere i soggetti in base a queste variabili. Ad esempio, se si vuole studiare l’atteggiamento nei confronti degli extracomunitari in base all’appartenenza politica, il ricercatore può dividere i soggetti secondo le idee politiche e verificare se vi sono differenze nell’atteggiamento verso gli extracomunitari.

  15. Il ricercatore, di solito, ipotizza una relazione causale tra le variabili indipendenti e dipendenti, ipozizza, cioè, che i cambiamenti apportati alla variabile indipendente causino cambiamenti nella variabile dipendente. Non è possibile sostenere l’esistenza di una relazione causale tra due variabili senza manipolare direttamente una di esse.

  16. Le ipotesi della ricerca definiscono la relazione tra le variabili indipendenti e dipendenti. Le procedure metodologiche servono a controllare gli effetti delle variabili intervenienti. Il disegno della ricerca coordina questi due elementi.

  17. Pianificazione del disegno • i soggetti da sottoporre alle prove, • le condizioni in cui condurre le osservazioni, • gli strumenti di misura più affidabili, • i metodi più appropriati per codificare i dati, • i test statistici per analizzare i dati. In questa fase il ricercatore compie una serie di scelte che portano a delineare il disegno di ricerca. Esse riguardano:

  18. Piani di ricerca in cui è possibile la manipolazione delle variabili indipendenti e il controllo delle variabili intervenienti: studi di laboratorio, studi di psicofisiologia clinica, uso di test psicodiagnostici standardizzati, simulazioni su computer. • Piani di ricerca in cui non è possibile la manipolazione delle variabili indipendenti: sperimentazioni applicative, ricerche su gruppi precostituiti. La possibilità di manipolazione e di controllo delle variabili definisce il piano della ricerca.

  19. Piani di ricerca in cui è possibile una manipolazione delle variabili, ma il grado di controllo delle variabili intervenienti è limitato: ricerche demoscopiche, metodo osservativo stimolato, ricerche mediante role-playing. • Piani di ricerca in cui non è possibile alcuna manipolazione né controllo delle variabili intervenienti: ricerche di osservazione delle interazioni sociali, analisi di videoregistrazioni, ricerche etologiche.

  20. Conduzione delle osservazioni Analisi dei dati Le osservazioni effettuate, di solito, vengono codificate in forma numerica e disposte in un determinato ordine, per permettere l’elaborazione statistica. Su questi numeri si applicheranno i test statistici più appropriati, sia in base al tipo di dati sia in base allo scopo della ricerca. In questa fase il ricercatore mette in atto le procedure stabilite nella fase precedente e raccoglie i dati che saranno oggetto di studio nelle tappe successive.

  21. Interpretazione dei dati Comunicazione dei risultati I risultati della ricerca vanno comunicati al pubblico tramite convegni, articoli su riviste scientifiche e libri. Il resoconto della ricerca deve contenere una descrizione dettagliata non solo dei risultati ottenuti, ma anche delle procedure utilizzate per condurre la ricerca. In questa fase il ricercatore deve verificare se i risultati danno una risposta all’ipotesi di ricerca e se tale risposta contribuisce ad approfondire la conoscenza del problema.

  22. Le condizioni sperimentali • Una variazione = due condizioni (assenza vs. presenza di trattamento) • Due variazioni = tre condizioni (assenza di trattamento vs. trattamento A vs. trattamento B) Quando si conduce un esperimento, una delle prime scelte che bisogna effettuare riguarda il numero delle condizioni sperimentali, ovvero, quanti e quali sono i livelli della variabile indipendente. Ogni variazione della variabile indipendente crea una condizione sperimentale: Quindi, per creare le condizioni sperimentali è necessario manipolare la variabile indipendente, ovvero, è necessario che la variabile indipendente assuma diversi livelli.

  23. Quando si conduce un esperimento bisogna avere ameno due condizioni sperimentali, ovvero, almeno una variazione della variabile indipendente. Con questo tipo di disegno è impossibile trarre alcun tipo di conclusione relativa alla relazione tra la variabile indipendente (esposizione a modelli violenti) e la variabile dipendente (aggressività).

  24. Con questo tipo di disegno, se troviamo una differenza nel livello di aggressività, ovvero, se troviamo che nella Condizione 1 il livello di aggressività è più elevato rispetto alla Condizione 2, possiamo concludere che l’esposizione a modelli violenti provoca un aumento dell’aggressività.

  25. Quando bisogna decidere circa il numero delle condizioni sperimentali, bisogna tenere presente il principio della parsimonia: bisogna ridurre il numero delle condizioni al minimo indispensabile per poter verificare le ipotesi. Poche condizioni sperimentali possono non essere in grado di cogliere tutti gli aspetti dell’ipotesi. Molte condizioni sperimentali possono complicare l’interpretazione dei dati.

  26. In questo disegno, l’aggiunta di una condizione in cui si utilizza un videogioco violento, è inutile ai fini dell’ipotesi “l’esposizione a modelli violenti provoca un aumento dell’aggressività”.

  27. Questo tipo di disegno è utile per verificare un’ipotesi che preveda una differenza tra l’esposizione a film violenti e l’utilizzo di videogiochi violenti.

  28. Manipolazione delle variabili indipendenti Non è possibile manipolare tutte le variabili indipendenti. Prima di poter manipolare una variabile indipendente è necessario operazionalizzarla, ovvero, tradurla in una definizione concreta. Bisogna, quindi, avere una chiara definizione della variabile indipendente. Esistono vari modi per manipolare una variabile indipendente.

  29. In alcuni casi è possibile variare direttamente il livello della variabile indipendente (ad es., illuminazione di una stanza). Esempio. Ricerca di Zajonc (1968) sulla mera esposizione. Ipotesi: la familiarità di uno stimolo (variabile indipendente) determina un aumento della sua piacevolezza (variabile dipendente). La familiarità viene operazionalizzata come il numero di volte in cui il partecipante viene esposto ad uno stimolo. La variabile indipendente può assumere tutti i valori che vanno da zero a infinito.

  30. Per decidere quali sono i valori da assegnare alla variabile indipendente il ricercatore può: • Cercare in letteratura manipolazioni simili o uguali a quella che vuole effettuare; • Effettuare uno studio pilota, cioè uno studio precedente alla ricerca, che ha come scopo quello di individuali i livelli pertinenti della variabile indipendente.

  31. In alcuni casi non è possibile manipolare direttamente il valore della variabile indipendente, ma si può comunque modificarne il livello. Esempio. Ricerca di Tajfel e Wilkes (1963) sugli effetti della categorizzazione. Ipotesi: quando esiste una categorizzazione (variabile indipendente) si tende a sovrastimare le differenze intercategoriali e sottostimare le somiglianze intracategoriali (variabile dipendente). La categorizzazione viene operazionalizzata presentando lettere diverse per categorie diverse. La variabile dipendente, viene operazionalizzata come lunghezza percepita.

  32. In questo caso, non è possibile variare i valori della variabile indipendente, tuttavia è possibile fare in modo che la variabile assuma livelli diversi nelle varie condizioni.

  33. Per manipolare la variabile indipendente è anche possibile variare le istruzioni date ia partecipanti. Esempio. Ricerca di Bettencourt et al. (1992) sugli effetti del tipo di orientamento sulla discriminazione intergruppi. Ipotesi: L’orientamento di tipo interpersonale, piuttosto che l’orientamento al compito (variabile indipendente), dovrebbe ridurre la discriminazione intergruppi.

  34. Orientamento interpersonale: durante il compito bisogna formarsi un’accurata impressione dei compagni di gruppo. Orientamento al compito: durante il compito bisogna formarsi un’accurata impressione del compito che si deve svolgere. Nessun orientamento: non vengono date istruzioni.

  35. Una variabile indipendente può essere manipolata in vari modi. È possibile utilizzare più manipolazioni nella stessa ricerca, purché siano le stesse per tutte le condizioni. Esempio. Ricerca di Gaertner et al. (1998) sugli effetti della presenza di un ingroup comune sulla discriminazione intergruppi. Ipotesi: Quando si percepisce la presenza di un ingroup comune dovrebbe diminuire la discriminazione intergruppi.

  36. La rilevazione delle variabili dipendenti Le variabili dipendenti servono a valutare gli effetti della variabile indipendente. Esempio. Ricerca di Tajfel e Wilkes (1963). C = condizione “categorizzazione sistematica” R = condizione “categorizzazione casuale” NC = condizione “nessuna categorizzazione”

  37. Anche la variabile dipendente deve essere operazionalizzata, ovvero deve essere tradotta in una definizione operativa, per poter essere utilizzata. Qualunque strumento si utilizzi, questo deve rappresentare solo ed esclusivamente la variabile che si intende misurare. Nelle ricerche si possono utilizzare più variabili dipendenti, che possono essere: • Rappresentative di costrutti diversi. • Rappresentative dello stesso costrutto.

  38. Le procedure di controllo • L’esperimento di controllo permette di stabilire che la variabile indipendente ha causato i cambiamenti della variabile dipendente. • Il controllo sperimentale limita il numero di variabili che possono intervenire nella ricerca. Le procedure di controllo riguardano tutti i procedimenti che si mettono in atto per neutralizzare o controllare gli effetti delle variabili intervenienti. Di distinguono due aspetti del controllo che insieme possono eliminare le spiegazioni alternative dei risultati.

  39. Esperimento di controllo L’esperimento di controllo serve a stabilire che la modifiche rilevate nella variabile dipendente siano dovute alla variabile indipendente. Esso consiste nel utilizzare un secondo campione di soggetti (gruppo di controllo) che è omogeneo a quello utilizzato per condurre l’esperimento (gruppo sperimentale). Il gruppo di controllo serve ad avere un punto di paragone fisso per verificare gli effetti della variabile indipendente: se abbiamo due gruppi sperimentali che differiscono solo per la variabile indipendente, allora è possibile attribuire a questa variabile le differenze trovate nella variabile dipendente nei due gruppi. È possibile procedere in tre modi.

  40. Controllo del trattamento nel gruppo sperimentale mediante un altro gruppo In questo caso, si confronta il livello della variabile dipendente del gruppo sperimentale che riceve il trattamento con quello del gruppo di controllo che non lo riceve. Se i due gruppi erano uguali prima del trattamento, rispetto alla variabile dipendente, le differenze trovate dopo il trattamento possono essere attribuite all’effetto della variabile indipendente.

  41. Controllo con due gruppi, di cui uno di confronto (diverso tipo di trattamento) Si confronta il livello della variabile dipendente del gruppo sperimentale che riceve un livello del trattamento con quello del gruppo di controllo che riceve un livello diverso. Anche in questo caso, se i due gruppi erano uguali prima del trattamento, le differenze riscontrate dopo il trattamento possono essere attribuite alla variabile indipendente.

  42. Nei due casi che abbiamo appena visto il controllo è avvenuto tra i gruppi (between groups): ogni gruppo è sottoposto ad un’unica condizione sperimentale, ovvero, ogni gruppo riceve un unico livello della variabile indipendente. Il controllo può anche avvenire entro il gruppo (within group): abbiamo un unico gruppo che viene sottoposto a tutte le condizioni sperimentale, ovvero, che riceve tutti i livelli del trattamento.

  43. Controllo entro un unico gruppo. In questo caso, si confronta il livello della variabile dipendente nello stesso gruppo quando viene sottoposto a diversi livelli del trattamento.

  44. Controllo sperimentale Il controllo sperimentale serve a controllare i possibili effetti di disturbo della ricerca. Le strategie di controllo sperimentale si possono distinguere in: • Strategie generali, che hanno lo scopo di effettuare un controllo generale della ricerca; • Strategie specifiche, che riguardano gli aspetti più specifici della ricerca.

  45. Strategie generali di controllo Situazione di ricerca come “preparato”. Questo tipo di controllo fa riferimento al fatto che il primo controllo riguarda l’organizzazione della ricerca, ovvero, la scelta del contesto, della manipolazione e degli strumenti. Non esistono indicazioni generali, ma un aiuto può venire dalla letteratura. Ad esempio, se si vuole studiare l’apprendimento degli animali si può utilizzare la gabbia di Skinner.

  46. Controllo di laboratorio. Si riferisce al luogo della ricerca che deve permettere di eliminare o, comunque, tenere sotto controllo le variabili di confusione. In questo senso, qualunque luogo che assolve a tale funzione può essere considerato un laboratorio. Le varabili di disturbo dipendono dal tipo di ricerca. Il vantaggio del laboratorio sta nel fatto che questo permette di mantenere costante l’ambiente in cui si svolge la ricerca. In questo modo si elimina l’ambiente come fattore di disturbo. Il contesto in cui si svolge la ricerca deve essere in grado di controllare le caratteristiche di richiesta, ovvero tutti gli indizi presenti nella situazione di ricerca tramite i quali i partecipanti tentano di capire cosa si vuole da loro.

  47. La strumentazione. Questa riguarda le caratteristiche degli strumenti di misura. La scelta dello strumento di misura dipende dal tipo di variabile che vogliamo misurare. Per scegliere è possibile fare riferimento alla letteratura. Le caratteristiche indispensabili che gli strumenti di misura devono avere sono: - Oggettività: la somministrazione e l’interpretazione dei punteggi devono essere indipendenti da interpretazioni soggettive. - Affidabilità: lo strumento deve dare gli stessi risultati a prescindere da variazioni momentanee dei soggetti o della situazione. - Validità: lo strumento deve misurare la variabile per cui è stato creato e non altre. - Sensibilità: lo strumento deve essere in grado di cogliere i diversi livelli della variabile in esame.

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