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PSICOPATOLOGIA DELL’OBESITA’

PSICOPATOLOGIA DELL’OBESITA’. il punto di vista psicologico. il punto di vista psicodinamico.

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PSICOPATOLOGIA DELL’OBESITA’

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Presentation Transcript


  1. PSICOPATOLOGIA DELL’OBESITA’ il punto di vista psicologico

  2. il punto di vista psicodinamico Secondo l'impostazione psicoanaliticaogni individuo, a partire dalla nascita, percorrerebbe delle tappe, degli stadi, ognuno dei quali caratterizzati da pulsioni sessuali parziali dominanti, da sedi di eccitazione sessuale e da modalità di appagamento del desiderio stesso. Ogni stadio dello sviluppo psicosessuale ha in sé un significato evolutivo e, a seconda delle gratificazioni o delle frustrazioni ottenute durante le varie fasi dello sviluppo, saranno presenti nella personalità dell'adulto dei tratti riconducibili a fissazioni, regressioni o adeguato superamento degli stadi stessi.

  3. Durante il primo anno di vita (fase orale) il bambino, trova piacere ed entra in contatto con il mondo principalmente mediante la bocca, zona erogena in quanto sede di eccitazione sessuale, connessa alla funzione alimentare. Poppare, succhiaresono le prime espressioni della pulsione sessuale e il seno materno è il primo oggetto sessuale attraverso il quale procurarsi piacere. Durante tale fase, la relazione con l'oggetto, la madre, è di tipo ambivalente, in quanto essa è oggetto d'amore quando gratifica il bisogno di piacere, di odio quando lo nega. Se il bambino in questa fase orale ha un piacere intenso e indisturbato nella suzione e nel consumo del cibo, troverà nell'età adulta piacere nel ricevere e nel dare senza per altro ricorrere, di fronte alle difficoltà della vita, a rapporti di forte dipendenza da figure affettivamente significative. Se invece l'appagamento orale è stato frustrato, la dipendenza e la regressione saranno massicce, e favoriranno l'instaurarsi di comportamenti o sindromi nei quali saranno rintracciabili delle modalità di funzionamento proprie della fase orale del bambino quali il ricorrere al cibo come strategia di adattamento, di fronte a situazioni problematiche ed emotivamente coinvolgenti.

  4. L’OBESITA’ RAPPRESENTA IL FRUTTO DI UNA TIPICA MODALITA’ RELAZIONALE OVE SONO STATI ACCUDITI I BISOGNI MATERIALI DEL BAMBINO A SCAPITO DELE SUE ESIGENZE PSICHICHE SI CREA UN MASSICCIO MECCANISMO DI INTROIEZIONE GLI OBESI HANNO BISOGNO DI UN OGGETTO RASSICURANTE CHE IDENTIFICANO CON IL CIBO IL SOGGETTO, ATRAVERSO L’INTROIEZIONE, TENDE A MANTENERE IL POSSESSO DELL’OGGETTO, OGGETTO DETERIORATO. CIRCOLO VIZIOSO CHE SI PRESENTA COME DINAMICA TOSSICOFILICA CHE NON HA POSSIBILITA’ DI ESSERE SODDISFATTA.

  5. L‘obesità, così come i Disturbi del Comportamento Alimentare in genere, sarebbe dunque la manifestazione di un mancato o insoddisfacente superamento della fase orale dello sviluppo psicosessuale e questo fa pensare all'individuo obeso come - soggetto debole - senza carattere - eccessivamente bisognoso di affetto e di gratificazioni immediate che, qualora non vengano immediatamente soddisfatte, lo condurrebbero alla tristezza.

  6. il punto di vista comportamentista Secondo i principi del comportamentismo, ogni tipo di comportamento è il risultato dell'interazione tra individuo e ambiente, e la sua emissione sarà tanto più frequente quanto più numerosi e frequenti saranno gli stimoli ambientali che la favoriscono e le conseguenze immediatamente positive del comportamento stesso. Un comportamento sarà destinato ad estinguersi quando verranno meno i rinforzi positivi al comportamento stesso o quando, in presenza degli stessi stimoli elicitanti, verranno emessi comportamenti alternativi più vantaggiosi.

  7. A partire da questa impostazione, l'obesità, è considerata il risultato di una ridotta attività fisica da un lato, e di una modalità di assunzione del cibo eccessiva e persistente, appresa, e successivamente mantenuta, in modo pressochè automatico dall‘altro. In particolare, lo stile alimentare dell'obeso è tale per cui: -fornisce dei rinforzi positivi strettamente connessi con il cibo, quali il soddisfacimento del gusto e la soddisfazione della fame -fornisce altri rinforzi, non direttamente connessi con il cibo e la fame, ma spesso più potenti, perpetuando il comportamento di ricerca ed assunzione del cibo, quali la riduzione dell'ansia e della tristezza.

  8. Hilde Bruch, facendo propri alcuni presupposti dell'impostazione psicodinamica ed integrandoli con osservazioni dirette sulle famiglie dei bambini e degli adolescenti obesi, ha fornito un modello patogenetico dell'obesità di grande interesse. Non sempre i genitori riconoscono adeguatamente i bisogni del bambino. Il cibo diventa l'unico o quantomeno il principale strumento per rispondere alle esigenze infantili e il bambino, ricevendolo in modo del tutto indipendente dai suoi bisogni diventerà da una parte incapace di riconoscere le proprie sensazioni di fame e sazietà, dall'altro ricorrerà passivamente al cibo ogniqualvolta provi sensazioni sgradevoli.

  9. LA FAMIGLIA DELL’OBESO Padre scialbo e debole, spesso sottomesso alla figura materna. Madre aggressiva e prepotente. Non riesce ad elargire sicurezza ed affetto e compensa con iperalimentazione. Non riconosce i bisogni del figlio e questo fa s’ che il figlio non riconosca i suoi stimoli interni. Vive nel terrore dell’allontanamento del figlio e gli impedisce qualsiasi attività che possa renderlo più autonomo. Ambiente ambivalente ed incoerente. Il figlio non riesce a delineare la propria identità. HILDE BRUCH (1973)

  10. LA FAMIGLIA DELL’OBESO Vari tipi di transazioni familiari che hanno in comune una modalità: la presenza di legami fragili che scoraggiano lo sviluppo dell’individuo e la sua autonomia. Clima di pseudoarmonia che è l’espressione di una eccessiva protezione e di una incapacità di risolvere i conflitti. Estrema passività, scarsa stima di sé, forte paura di essere respinti, grande bisogno di essere aiutati e riconosciuti dagli altri. S. MINUCHIN (1976)

  11. Attraverso il cibo viene veicolato l'affetto dei genitori e, assumendo cibo, si risponde ai bisogni e alle emozioni più diverse.Ogni richiesta del bambino otterrebbe una risposta di tipo alimentare, generando, con il tempo, insicurezza, passività, estrema dipendenza e suscettibilità alle frustrazioni (molti genitori riversano sul figlio le proprie angosce e i desideri inconsci di realizzazione di ambizioni non soddisfatte, caricando il figlio di aspettative superiori alle possibilità del bambino iI quale, al pari dei genitori,sarebbe assai esposto a sentimenti di incapacità e all'angoscia). Il modello della Bruch è stato in seguito criticato, comunque, i suoi studi hanno posto in rilievo un elemento centrale di riscontro assai frequente nei soggetti obesi: la difficoltà a riconoscere adeguatamente le proprie sensazioni corporee, ed in particolare, quelle della fame e della sazietà,nonché a descrivere con il termine "fame" bisogni, sensazioni o stati emotivi del tutto diversi tra loro.

  12. HILDE BRUCH (1973) La Bruch individua quattro tipi di obesità psicogena: OBESITA’ EGOSINTONICA OBESITA’ REATTIVA OBESITA’ EVOLUTIVA OBESITA’ SCHIZOIDE

  13. OBESITA’ EGOSINTONICA Persone che per una serie di eventi personali, familiari, culturali e spesso anche genetici hanno sviluppato una tendenza all’obesità che però vivono senza problemi. Sono persone in genere estroverse, brillanti, che raggiungono posizioni sociali anche molto importanti, hanno un buon senso della realtà e non hanno problemi di immagine corporea. A volte durante l’adolescenza hanno tentato di dimagrire, ma le difficoltà, il malumore, l’irritabilità scatenata dalle restrizioni alimentari li hanno convinti a desistere. Sono persone psichicamente sane e se vengono incluse tra gli obesi psicogeni è per indicare che all’origine non c’è una causa organica, ma semplicemente una tendenza di fondo, una scelta, che nasce sicuramente dall’introiezione di modelli culturali, ma soprattutto da situazioni familiari dove il cibo è stato proposto come oggetto piacevole e non colpevolizzante.

  14. OBESITA’ REATTIVA Tipica dell’età adulta. In questi casi l’aumento di peso segue eventi di perdita o di fallimento materiali o affettivi. Si tratterebbe, in definitiva, di una forma di depressione larvata, in cui il vissuto di perdita stimolaun bisogno compulsivo a mangiare. I soggetti sono consapevoli dei loro eccessi e vorrebbero fare qualcosa, ma non ci riescono. La compulsione a mangiare spesso accade di sera o di notte quando i pz si sentono più soli ed abbandonati. Cibo come elemento sedativo e consolatorio. Gli AA anglosassoni parlano di “mangiatori notturni”.

  15. OBESITA’ REATTIVA HILDE BRUCH (1973) • BINGE EATING DISORDER • NIGHT EATING SYNDROME AJ. STUNKARD (1959)

  16. OBESITA’ EVOLUTIVA HILDE BRUCH (1973) Caratterizzata da un più complesso intreccio di eventi familiari e psicologici che l’autrice fa risalire ad un eccesso di gratificazioni materiali, tra cui il cibo, a scapito di scarse gratificazioni psichiche, all’interno di una pseudoarmonia domestica dove, nel contesto di una insanabile e perenne crisi di coppia, la rabbia ed il rancore rimangono inespresse e quindi non riconoscibili dal bambino. Il momento del pasto, quindi, assumerebbe un valore simbolico: bisogna “ingoiare” tutto, mostrarsi estremamente passivi. Il cibo viene vissuto come una panacea per tutti i problemi e tutti i conflitti. Il bambino, posto di fronte ad una situazione di questo genere, svilupperebbe ansia, rabbia ed un senso di frustrazione continua, che i genitori cercano di sedare con il cibo. Il bambino non riesce più a riconoscere i suoi reali bisogni e a sviluppare una situazione di autonomia e individualità.

  17. OBESITA’ SCHIZOIDE HILDE BRUCH (1973) Questi pazienti hanno una scarsa autonomia, un’identità molto labile, una difficoltà a stabilire un confine tra il sé e il non sé, per cui hanno spesso la sensazione di poter essere guidati da forze esterne. L’isolamento è notevole e la soglia alle frustrazioni è molto bassa, spesso tendono ad evitare qualsiasi contatto con gli altri, escluso il cerchio familiare, entro il quale si rinchiudono. A volte tentano una cura dimagrante, ma si fermano perché spesso sono spaventati dalle reazioni di rabbia e di malessere da cui sono presi, vivono un senso di inadeguatezza molto forte, sono convinti di non essere idonei ai compiti, anche i più semplici, vi è una notevole abulia che è aggravata da una fuga in un mondo interno di fantasticherie. Sono soggetti che spesso tendono a scompensarsi e così evidenziare i sottostanti processi psicopatologici, come succede, a volte, dopo cure dimagranti.

  18. ALESSITIMIA Con il termine “ALESSITIMIA”, che letteralmente significa “emozione senza parola”, si definisce l’incapacità di identificare e di esprimere verbalmente le emozioni. Normalmente il termine viene usato per definire una serie di caratteristiche che includono l’incapacità di riconoscere e/o elaborare emozioni, l’inibizione della funzione simbolica e la riduzione della capacità fantasmatica. Queste caratteristiche sembrano essere particolarmente presenti nei soggetti affetti da patologie psicosomatiche, in cui l’espressione fisica diventa la via di uscita per le situazioni conflittuali.

  19. Pur non essendoci un accordo generale sulla definizione di A., essa può essere descritta da alcune principali caratteristiche: 1- una riduzione o una incapacità di sentire le emozioni 2- una difficoltà nell’identificare le emozioni 3- una riduzione o una incapacità di verbalizzare le emozioni4- una scarsa tendenza a pensare alle proprie emozioni (Larsen, 2003) L’obesità viene considerata da numerosi autori come un disturbo psicosomatico: infatti i soggetti obesi hanno più difficoltà dei soggetti normali a descrivere e identificare le proprie risposte emozionali quando vengono sottoposti a una serie di stimoli H. Bruch afferma che l’esagerata assunzione di cibo sarebbe dovuta al fatto che l’obeso ha grandi difficoltà nel distinguere tra stimoli provenienti dall’interno e quelli provenienti dall’esterno, tra realtà e fantasia, tra pensieri propri e pensieri degli altri.

  20. COMPORTAMENTO ALIMENTARE È opportuno cercare di individuare alcune caratteristiche psicologiche e di comportamento alimentare per capire se uno stile alimentare deve essere corretto. PARAMETRI • Tempo, quantità e qualità dell’assunzione di cibo • Contesto nel quale il cibo è assunto • Piacere o sofferenza legata all’assunzione degli alimenti • Tendenza a perdere o meno il controllo sul cibo

  21. COMPORTAMENTI ALIMENTARI PSICOPATOLOGICI GRIGNOTTAGE IPERFAGIA PRANDIALE ABBUFFATA

  22. IPERFAGIA PRANDIALE • PIACERE PER IL CIBO • ASPETTO PREVALENTEMENTE CONVIVIALE • MANTENIMENTO DEL CONTROLLO SULLE QUANTITA’ • ASSENZA DI MALESSERE PSICOLOGICO LEGATO ALL’ASSUNZIONE DEL CIBO STESSO • RISULTATO DI CONSOLIDATE ABITUDINI FAMILIARI

  23. GRIGNOTTAGE Mangiucchiare piccole quantità di cibo, soprattutto dolci e grassi durante buona parte della giornata Mangiare lentamente e apprezzare ciò che si sta mangiando Mangiucchiare in risposta a noia o malesseri vari Bassa autostima, tratti ansiosi, veri e propri disturbi d’ansia e dell’umore

  24. ABBUFFATA Assunzione di cibo caratterizzta da: - quantità enormi - assunzione disordinata e caotica - assunzione automatica e passiva - bisogno di mangiare inarrestabile e veloce - mancanza di controllo - mancanza di piacere - cessazione per dolore o per la fine del cibo - sensi di colpa, di angoscia, vergogna - assunzione di cibo in solitudine

  25. OBESITA’ e DISTURBI della CONDOTTA ALIMENTARE BINGE EATING DISORDER (BED) ASPETTO OGGETTIVO ASPETTO SOGGETTIVO SENSAZIONE PERDITA CONTROLLO QUANTITA’ CIBO INGERITA Fairburn e Cooper, 1993

  26. OBESITA’ e DISTURBI della CONDOTTA ALIMENTARE BINGE EATING DISORDER (BED) - Caratterizzato dalla frequente comparsa di gravi abbuffate che si verificano, in media, almeno due volte alla settimana in un arco di tempo di almeno sei mesi. - Le crisi di voracità, durante le quali il pz assume grandi quantità di cibo in poco tempo, non sono seguite da comportamenti mirati a consumare le calorie a non assorbire i nutrienti, quali il vomito o l’abuso di lassativi e diuretici. - In tale disturbo il piacere per il cibo è scomparso e l’unico parametro considerato è quello quantitativo. - L’aspetto conviviale è totalmente scomparso ed il cibo risulta essere un grande problema attorno al quale ruota buona parte dell’esistenza e per questo viene speso detestato dal soggetto che se ne sente schiavo.

  27. OBESITA’ e DISTURBI della CONDOTTA ALIMENTARE FAMILIARITA’ PSICHIATRICA POSITIVA SOVRAPPESO ESPOSIZIONE EVENTI TRAUMATICI DIETA RESTRITTIVA BED Stice et al., 2002; Tanofsky-Kraff et al., 2004; Tanofsky-Kraff et al., 2006

  28. NIGHT EATING SINDROME Un altro quadro peculiare associato all’obesità è la NES non ancora caratterizzata come un quadro sindromico indipendente e non presente nel DSM. Già nel 1955 Stunkard e coll. hanno descritto per la prima volta l’associazione tra abbuffate serali e/o notturne, insonnia e anoressia mattutina. Tali caratteristiche circadiane si accompagnano a simili variazioni del tono dell’umore, essendo il disturbo spesso associato all’Episodio Depressivo Maggiore con caratteristiche atipiche. La NES è poco frequente nella popolazione generale (circa 1,5%), mentre nelle casistiche cliniche la prevalenza oscilla tra il 7.9% ed il 43% dei soggetti obesi.

  29. NIGHT EATING SINDROME Birketvedt e coll. hanno riscontrato, fra le caratteristiche associate a NES, insonnia iniziale e centrale, elevati livelli di cortisolo e una cronica attivazione dell’Asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, con ridotta risposta dell’ACTH e del cortisolo al CRH. Questo particolare assetto endocrino può, secondo gli autori, conseguire da un “esaurimento” delle capacità di risposta dell’asse HPA per iperattivazione cronica e sarebbe coerente, quindi, con l’idea che la NES sia una condizione correlata allo stress. Diversamente dai “binge eaters”, i “night eaters” mangiano, in ogni episodio, piccole quantità di cibo, in genere carboidrati e il numero di risvegli è di 1.7 per notte. Le differenze fondamentali tra BED e NES sono, quindi, le dimensioni dell’abbuffata, il momento in cui questa ha luogo e le caratteristiche di comorbidità, in quanto la NES è associato più frequentemente al Disturbo Depressivo Maggiore.

  30. EATING EMOZIONALE Situazione vissuta da quei soggetti che mescolano le emozioni con l'assunzione di cibo e usano il cibo per far fronte alle emozioni che ogni giorno incontrano. L‘eating emozionale comprende vari stili alimentari e le diverse motivazioni ed emozioni che accompagnano la necessità di usare il cibo, spesso in grande quantità, con il fine ultimo di affrontare situazioni di noia, di ansia, di rabbia o di depressione. 

  31. EATING EMOZIONALE MANGIATORI ANSIOSI Il legame tra ansia e alimentazione è da tempo riconosciuto. Esso è frequentemente sperimentato quando si verifica un senso di apprensione o di preoccupazione per un evento futuro che sarà spiacevole o pericoloso.

  32. EATING EMOZIONALE MANGIATORI ANNOIATI La noia è fortemente associata all’eating emozionale ed è forse la più comune forma di mediazione emozionale nell’alimentazione. A volte il cibo, per alcuni pazienti, può essere l’unica motivazione legittima per interrompere un’attività noiosa. E’ molto frequente nelle casalinghe che si ritrovano a non sapere cosa fare, perciò iniziano a cucinare e a mangiare. Poiché la noia non è associata a sintomi evidenti, talora può essere difficile da identificare. Può essere utile, perciò, analizzare, insieme al paziente, la registrazione del cibo consumato e verificare se i momenti della giornata, in cui più frequentemente perde il controllo, si associano a situazioni in cui egli non aveva niente di stimolante da fare.

  33. EATING EMOZIONALE MANGIATORI TRISTI Una delle più comuni immagini che tutti hanno di un individuo affetto da eating emozionale è quella di cercare di sconfiggere la tristezza mangiando. La tristezza deve essere tenuta ben distinta dalla depressione. In entrambi i casi c’è un’esperienza di perdita, ma mentre la tristezza può essere considerata una risposta fisiologica dell’organismo, la depressione no. La tristezza, infatti, può essere una reazione desiderata che deriva da una realistica analisi di un evento spiacevole di perdita o di delusione.

  34. EATING EMOZIONALE MANGIATORI SOLI La solitudine è spesso associata all’eating emozionale perché il cibo è usato come sostituto di qualcosa che manca. Tuttavia l’aumento di peso conseguente non fa altro che accrescere le difficoltà di instaurare un’adeguata relazione con gli altri. Nella definizione di solitudine si contemplano sia la mancanza di contatto con gli altri che contatti presenti ma superficiali.

  35. EATING EMOZIONALE MANGIATORI ARRABBIATI E’ ampiamente dimostrato che in molte persone la rabbia, sotto forma di risentimento, amarezza, gelosia, indignazione e frustrazione, è associata all’Eating emozionale e al mangiare in eccesso. Assai spesso questi sentimenti derivano dal fatto che non si riesce ad ottenere quello che si desidera. Ci sono molti modi per scaricarla, tra i quali il mangiare è uno dei più frequenti: numerosi studi hanno infatti evidenziato che esiste una relazione molto stretta tra alimentazione in eccesso e rabbia repressa, definibile come un sentimento vissuto ma non espresso manifestamente. Il mangiare può essere per molte persone un modo per far fronte alla rabbia che non sono in grado di esprimere apertamente.

  36. EATING EMOZIONALE MANGIATORI CELEBRATIVI Sono quei soggetti che trovano impossibile gioire di qualcosa di positivo e di importante senza abusare con il cibo. Il mangiare nella nostra cultura gioca un ruolo primario in quasi tutte le relazioni sociali, perciò chi abitualmente usa il cibo per rendere la propria vita sociale felice trova molta difficoltà nel prendere parte ad un evento senza mangiare o bere in eccesso.

  37. Altri AA. hanno trovato altre tipologie di modelli alimentari: 1 – Emotional eating ( mangiare per gestire i sentimenti ) 2 – Fresh food,fast food ( cibi precotti,ad alto contenuto calorico; pochi alimenti freschi ) 3 – Task snacking ( mangiare mentre si fanno altre cose ) 4 – Sensory,spiritual nourishment ( insaporire al cibo con significati ) 5 – Eating atmosphere (l’estetica e l’ambiente del pasto ) 6 – Social fare ( mangiare da soli vs mangiare in compagnia) Per concludere che. SONO AUSPICABILI ALTRE RICERCHE PER VALUTARE IN CHE MISURA PRATICARE E IMPLEMENTARE QUESTI “EATING STYLES” POSSONO INTERAGIRE CON IL SOVRAPPESO E L’OBESITA’

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