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Capitolo I: Storia , Fatti ed Istituzioni

Capitolo I: Storia , Fatti ed Istituzioni. Economia Europa Università di Parma Valentina Cattivelli Valentina.cattivelli@unipr.it. Due guerre mondiali e due dopoguerra.

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Capitolo I: Storia , Fatti ed Istituzioni

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  1. Capitolo I: Storia, Fatti ed Istituzioni Economia Europa Università di Parma Valentina Cattivelli Valentina.cattivelli@unipr.it

  2. Due guerre mondiali e due dopoguerra • La gestione economica e finanziaria della prima guerra mondiale aveva rappresentato una novità che aveva colto pressoché del tutto impreparatistati e operatori economici. • Altrettanto era stato per il difficile dopoguerra e la gestione di una fase di drammatica instabilità economica, sociale e politica che aveva interessato tutta l’Europa. • L’esperienza compiuta nella prima guerra e nel dopoguerra sono largamente utilizzate nella seconda e nel suo dopoguerra per evitare gli errori che avevano favorito (1) l’instabilità valutaria e (2) la drastica riduzione dei rapporti economici e finanziari internazionali durante la grande crisi e la depressione degli anni Trenta.

  3. Il secondo dopoguerra • Le difficoltà della ricostruzione; • Non autosufficienza alimentare; • Instabilità politica.

  4. Il confronto morti/PIL

  5. L’eredità della guerra Per molti stati la guerra produce un netto peggioramento della bilancia dei pagamenti; alcuni sono appesantiti da un consistente debito estero (per es. UK: £ 16 mld). Praticamente in tutti i paesi coinvolti la guerra lascia una pesante eredità in termini di spinte inflazioniste. O perché la spesa pubblica ha incrementato enormemente la liquidità dei sistemi economici o perché i saldi attivi delle bilance dei pagamenti hanno avuto conseguenze simili, anche se di portata più contenuta. L’inflazione può avere un forte impatto sulle società; può risultarne una forte disorganizzazione economica, per esempio cancellando la capacità di finanziare nuovi investimenti (dopo una fase iniziale in cui, invece, può favorirli).

  6. L’eredità della guerra Vi sono gravi carenze di approvvigionamenti alimentari, aggravate da cattivi raccolti. La produzione agricola europea nel 1945 è 50% del 1938; quella industriale del 33%. La carenza di merci aggrava le spinte inflazioniste. La ripresa commerciale è gravemente ostacolata dal Dollargap (valuta USA molto forte).

  7. Le prime questioni da risolvere • Il controllo della Germania; • Capitalismo vs comunismo? • Nazionalismo da combattere; • Il problema della guerra fredda; • Primi desideri di integrazione.

  8. Nuovi obiettivi e strumenti di politica economica. Viene anche attentamente valutata l’esperienza • del ristagno economico sofferto già negli anni 1920 da alcuni paesi (UK e Italia in particolare) in relazione a politiche di cambio errate; • e soprattutto quella della gravissima recessione degli anni 30 e delle soluzioni che avevano consentito in alcuni sistemi economici di limitare i guasti. Le lezioni tratte dagli anni 30 portano a elaborare nuovi indirizzi di politica economica. Vengono diffusamente applicate da amministrazioni statali ormai investite di ampie responsabilità in campo economico misure di stabilizzazione congiunturale mediante (1) politiche monetarie (ed eventualmente fiscali) e (2) politiche di investimento per favorire la ricostruzione e l’occupazione.

  9. C’è però chi registra una crescita… I paesi produttori di materie prime e i paesi coinvolti come retrovie del conflitto in Asia, Australia e Medio Oriente ricevono un forte impulso alla crescita perché favoriti dalle spese degli alleati. Il reddito monetario insolitamente alto creato da esportazioni verso i belligeranti e/o dalla spesa di truppe stanziate sul loro territorio fornisce abbondanti risorse valutarie. Raramente possono essere spese immediatamente. Soprattutto i conti in £ (i più consistenti) sono bloccati dalle disposizioni valutarie britanniche.

  10. Glianni ’50 e 60’: traricostruzione e ripresa Convergenzadell'economiaitaliana verso quellaeuropea e di promozione del suonuovoreinserimentonelcontestointernazionale; La produzione era orientata non solo verso ilmercatointerno, ma anche verso l’esportazioneneimercatipiùprogrediti; Rallentamenticulturali e forme di dualismo (Industrie leggere vs industrie pesanti; Piccola vs grande impresa; città vs campagna).

  11. Ricostruzione e riqualificazione economica Forte esigenza di industrializzazione per garantire un livello di reddito più elevato (1) nei paesi già industrializzati (ma preoccupati di combattere la disoccupazione che minaccia la stabilità sociale) e (2) in quelli non industrializzati. Si vuole rimediare alle distruzioni e riqualificare sistemi produttivi rimasti separati dal flusso di rinnovamento tecnologico; La spinta all’industrializzazione é collegata alla formazione di stati indipendenti partendo da paesi che erano stati per lunghi periodi colonie o comunque subordinati, politicamente ed economicamente, a potenze europee (UK, Olanda, Belgio e Francia).

  12. Il ruolo dello Stato • Durante il conflitto i compiti economici dello stato nella produzione e distribuzione si dilatano. • Comportano un aumento della spesa pubblica che solo in parte può essere affrontato, in economie di mercato, con incrementi del prelievo fiscale. • Cresce l’indebitamento e cresce la creazione di liquidità attraverso emissioni di moneta fiduciaria che crea pressioni inflazionistiche (eventualmente nascoste da disposizioni restrittive su prezzi e distribuzione delle merci e dei servizi che sono adottate durante la guerra e possono durare nel dopoguerra).

  13. Il ruolo dello Stato • Pressioni per il ridimensionamento del ruolo dello Stato, • Le politiche di sviluppoeconomico-territorialedeglianni ‘50 poggiavanosullaconvinzioneche la mobilitàdeifattori fosse l'elementoche, da solo, fosse in grado di determinareilriequilibriotra le areepiùsviluppate e quellemenosviluppate; • Il modello di matriceneoclassica assume che la produttivitàmarginale del lavoro e del capitalesianoproporzionaliallerispettiveremunerazioni e quindiifattoridellaproduzionetendono a spostarsi dove sonomaggiormenteremuneratiperchépiùscarsideterminandocosi un riequilibriogenerale, sianelleproduttivitàchenelleremunerazioni. • ma necessità di ricostruzione...

  14. Gliorientamentiprevalenti RosenstainRodan: sviluppoequilibrato di tuttiisettori; Hirschman: fiducia al mercato e ruoloinfrastrutture. Poi, anni 50’: RevisioneruolodelloStato in economia.

  15. L’ispirazione keynesiana nelle politiche economiche Le proposte avanzate da John Maynard Keynes si erano affermate nel mondo accademico anglosassone. L’affermazione fu agevolata dal ruolo inedito che gli economisti svolsero come consulenti dei governi di UK, Canada e USA durante la guerra. Inoltre vi contribuì il grande prestigio che lo stesso Keynes aveva acquisito grazie al suo ruolo • nel dibattito politico e culturale fra le due guerre; • come consigliere del primo ministro e della Treasury britannica dal 1939; • come principale negoziatore internazionale per il governo britannico. Progressivamente, ma lentamente e in maniera non omogenea, esse ispirarono i responsabili della politica economica anche degli stati europei continentali.

  16. La scuola keynesiana • La General theoryproponeva ricette innovative per la politica economica in condizioni di parziale impiego delle risorse disponibili (disoccupazione diffusa e sottoutilizzo della capacità produttiva degli impianti) e presupponeva un approccio non ortodosso all’esigenza di stimolare l’economia. • Sostenere la domanda tramite l’aumento della spesa pubblica.

  17. Punti di forzadell’orientamentoprevalente Irrilevanza del vincolo di bilancio; Lo Statosicurasede di equità; Ricostruzioneedattrazionedegliinvestimentifondamentale.

  18. Punti di debolezza Scarsamobilità del capitale; Svilupposettoriale e regionale e non diffuso; Sviluppopolarizzato; Inefficienzadellepolitichenazionali a sostegnodellosviluppo; Non tutta la ricchezzaprodottarimanenell’area di origine. Favoritapermanenza di unaeconomia di sussistenza.

  19. Gli USA • Necessità di accelerare la ricostruzione dei paesi europei; • Stabilità monetaria (Bretton Woods, 1944); • Impegno per la costituzione di organismi internazionali (Banca Mondiale, FMI).

  20. I primi passi per l’integrazione: OEEC ed EPU • Piano Marshall; • Costituzione OEEC (Organization for EuropeanEconomicCooperation) nel 1948; • Aiuti finanziari a 15 paesi europei; • Imposti tentativi di unificazione (riduzione delle barriere doganali intraeuropei e costituzione del sistema unico dei pagamenti EPU).

  21. I primi passi per l’integrazione: OEEC ed EPU • Nel 1949 gli USA rimproverarono i paesi membri per una maggiore integrazione, soprattutto per quanto atteneva la liberalizzazione degli scambi commerciali; • I paesi europei utilizzarono le risorse finanziarie del piano Marshall per finanziare il proprio debito pubblico e anche interno all’EPU.

  22. Il piano Marshall • Gli aiuti sono dati come grants (doni) per il 90% e loans (prestiti, gestiti attraverso la Export-Import Bank) per il 10%. Sono finanziati dal bilancio federale USA. Permettono di comperare merci e servizi (trasporto) prevalentemente da produttori americani per cederle ai governi membri dell’ERP. • Questi ricevono gli aiuti in natura e possono venderli agli operatori economici e agli enti che ne fanno richiesta contro pagamenti nelle diverse monete nazionali. • L’ERP assicura circa ¼ delle importazioni europee fra 1947 e 1950.

  23. Il piano Marshall • Gli importi pagati affluiscono ai “conti di contropartita” a favore delle rispettive amministrazioni statali, integrandone il bilancio. • Sono utilizzati in diverso modo: dal finanziamento di lavori pubblici (senza accendere prestiti o appesantire il prelievo fiscale) all’accumulazione di riserve. Gli effetti in termini di stimolazione dell’economia e dell’occupazione sono diversi. L’ECA (EuropeanCooperation Agency) nel 1949 criticherà i governi troppo cauti nell’utilizzare i fondi di contropartita per finanziare investimenti.

  24. Il piano Marshall • Nei primi 15 mesi arrivano in Europa soprattutto cereali, carbone e materie prime per l’industria. Successivamente vengono forniti soprattutto macchinari impianti. Questo è il contributo diretto all’ammodernamento dei processi di produzione e alla riduzione del divario tecnologico rispetto agli Stati Uniti.

  25. Le erogazioni del piano • Fonte: Oecd, 2009

  26. Le erogazioni del piano • Fonte: Oecd, 2009

  27. Altri fattori di crescita… • Negli anni 1950 la divaricazione tra il Pil pro capite di USA e Europa è alta; c’è spazio per un rapido aumento di produttività tramite il recupero del ritardo accumulato. • La liberalizzazione degli scambi commerciali e degli investimenti permette di superare i limiti dei mercati nazionali. • C’è disponibilità illimitata di mano d’opera per diversi anni. L’automazione agevola l’uso di addetti non qualificati. • Il prezzo dell’energia e di molte materie prime resta relativamente basso per diversi anni, salvo impennate di durata relativamente breve (per es. guerra di Corea). Le ragioni di scambio sono favorevoli ai manufatti piuttosto che ai prodotti grezzi. • Diverse condizioni istituzionali agevolano il processo di sviluppo.

  28. I primi passi per l’integrazione: OEEC ed EPU • I paesi europei cominciarono a ridurre le restrizioni quantitative alle importazioni private. • La liberalizzazione importò una crescita dei commerci e dei redditi, oltre che del PIL; • Diffusione della convinzione che la liberalizzazione dei traffici fosse misura utile per la crescita dell’economia.

  29. Rapporto crescita ed esportazioni

  30. La via per una più profonda integrazione • Idea per una integrazione più profonda e generalizzata dell’OEEC; • Problema Germania e Guerra Fredda;

  31. Federalismo e intergovernamentalismo • Dubbi sulla capacità dei sistemi democratici circa la prevenzione di guerre (esempio Hitler); • Volontà di costituire una realtà istituzionale sovra nazionale e una struttura federale; • In opposizione, alcuni stati (sop. GB) credeva che la cooperazione interstatale fosse la soluzione migliore.

  32. Federalismo e intergovernamentalismo • Del primo gruppo Italia, Germania, Francia, Austria; • Del secondo GB, Norvegia, Danimarca. • Spagna e Portogallo sotto dittatura fino agli anni ’70.

  33. Preferenza per l’intergovernamentalismo • Nel dopoguerra l’unico paese con una struttura di governo solida era la GB; • L’OEEC si ispira a questo principio; • Sono costituiti il Consiglio di Europa (1949) e la Corte dei diritti umani (1950) tuttora attivi.

  34. L’idea di Schuman • Porre sotto controllo la produzione di acciaio di Germania e di Francia. • A questi si unirono Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo; • Nasce così la CECA.

  35. Crescita economica ed integrazione

  36. Problemi… • Rafforzamento asse Germania-Francia; • Necessità di estendere ad altri settori e paesi; • Integrazione politica passa per quella economica.

  37. Il trattato di Roma 1957 • Costituzione CEE ed EURATOM; • Maggiore integrazione economica; • Rimozione dazi per le transazioni intereuropee e tariffazione comune per quelle extra; • Promessa per la libera circolazione dei capitali e del lavoro; • Costituzione degli organi (Parlamento, Corte di Giustizia e Commissione Europea).

  38. La CEE • Eliminò tutte le barriere al commercio intraeuropeo; • Le importazioni da paesi non membri non furono interessate; • Reazione: EFTA.

  39. CEE vs EFTA

  40. CEE vs EFTA • All’interno delle due istituzioni niente dazi doganali; • Tra i due sistemi, condizioni agevolate; • Il mercato e il GDP della CEE era il doppio di quelli dell’EFTA. • Se l’obiettivo era l’integrazione, la costituzione di questi due organismi spingeva verso la non integrazione.

  41. I primi problemi… • La bilancia dei pagamenti USA si modifica: il dollar gap scompare e la liquidità internazionale cresce nettamente preparando una situazione nuova che emerge entro l’inizio degli anni 1960. La massa di $ in circolazione nel mondo è nettamente > a qualunque possibilità di conversione se qualche stato decidesse di chiederla. • L’incremento degli scambi internazionali ha fatto consistenti progressi. • Vengono trovate soluzioni specifiche per mantenere rapporti di > vantaggio con i paesi tropicali ex coloniali rispettivamente di Francia e UK.

  42. I primi problemi… • Particolari problemi emergono nella formulazione e gestione di politiche agricole per i paesi europei a partire dal 1964: bisogna conciliare (1) la garanzia di prezzi agricoli remunerativi per le agricolture nazionali con (2) l’esigenza di limitare rincari di beni salario e con (3) quella di offrire sbocchi alle produzioni agricole di paesi ex coloniali.

  43. I primi problemi… • Il ruolo internazionale della £ e del mercato finanziario londinese viene confermato in misura ridimensionata e nuova. Londra diventa la prima piazza per trattare eurodollari, cioè $ che possono essere ottenuti da banche che non operano negli USA, consentendo di disporre della principale valuta mondiale, suscettibile di ampia circolazione, senza doversi adattare ai vincoli e alle prescrizioni delle autorità monetarie USA.

  44. I primi problemi… • La crescita della domanda di materie prime e il progressivo avvicinamento al limite del pieno impiego delle risorse disponibili (in particolare manodopera e materie prime) favorisce l’incremento dei prezzi. L’elevata liquidità internazionale facilita questo esito. L’incremento dei prezzi è diverso fra paesi, in funzione (1) delle rispettive strutture economiche, (2) delle rispettive istituzioni finanziarie e monetarie, e (3) delle diverse capacità di realizzare avanzamenti di produttività che permettano di mitigare l’aumento dei prezzi.

  45. I primi problemi… • Benché le monete dei paesi occidentali siano quasi tutte legate da cambi fissi, alcune tendono ad apprezzarsi e altre a svalutarsi. Nel corso degli anni 1960 si verifica un indebolimento del potere di acquisto del $ che si traduce in fragilità del cambio. Le banche centrali sviluppano un’intensa e sofisticata attività di intervento sul mercato dei cambi e di collaborazione. Pool dell’oro, doppio prezzo dell’oro, swaps, obbligazioni Roosa e finalmente Diritti speciali di prelievo sono strumenti utilizzati per consentire di mantenere il sistema di parità fisse.

  46. I primi problemi… • Si sviluppa però un’offensiva teorica in favore dei cambi flessibili, considerati più efficaci per frenare le spinte inflazionistiche. • L’inflazione deve essere combattuta anche riducendo la spesa pubblica, tanto più che essa è considerata, quasi ontologicamente, fonte di spreco e inefficienza, mentre il mercato ha la capacità di autoregolarsi.

  47. I primi problemi… • Per i fautori della teoria monetarista che va aumentando la sua influenza negli anni 1960-70 l’inflazione è il frutto di una crescita eccessiva della liquidità. • Per evitarla bisognerebbe: • regolare abilmente l’incremento di offerta di liquidità; • Controllare la spesa pubblica.

  48. I primi problemi… • Per gli economisti influenzati da J.M.Keynes l’inflazione è il risultato di uno squilibrio fra offerta e domanda; cioè una domanda da parte di imprese e famiglie superiore alla disponibilità di risorse. Va corretta con misure che modifichino il livello dei redditi e quello dell’offerta (sul breve periodo, per es., importando di più; su tempi più lunghi aumentando la produzione e il reddito). • Le rigidezze nella ripartizione del reddito fra detentori del capitale e lavoratori dipendenti possono alimentare l’inflazione.

  49. I primi problemi… • Inflazione deriva anche da tendenza all’aumento dei costi di produzione associati all’aumento dei prezzi dei prodotti di base e dall’appesantimento degli oneri salariali e sociali sulle imprese. • La dimensione e il carattere delle imprese influisce sulla loro capacità di controllare lo scarto fra costi e prezzi.

  50. Il primo allargamento • La GB volle entrare nel 61 per: • Affermare il proprio dominio nei cieli; • Eccesso di discriminazione commerciale (la CEE non era l’EFTA…); • Spinta per altri paesi verso l’adesione (Danimarca, Irlanda e Norvegia). • Opposizione iniziale francese all’ingresso; • Norvegia negò per un referendum; • Ancora squilibri commerciali tra paesi CEE e EFTA.

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