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HOBBES (lo stato di natura)

HOBBES (lo stato di natura). prof. Michele de Pasquale.

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HOBBES (lo stato di natura)

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Presentation Transcript


  1. HOBBES(lo stato di natura) prof. Michele de Pasquale

  2. “ La maggior parte degli scrittori politici suppongono o pretendono o postulano che l’uomo sia un animale già atto sin dalla nascita a consociarsi (i Greci dicono zòon politikòn, animale politico), e su questa base costruiscono le loro teorie politiche come se non vi fosse bisogno per conservare la pace e l’ordine di tutto il genere umano, di null’altro che di una concorde osservanza, da parte degli uomini, di determinati patti e condizioni che essi stessi chiamano senz’altro leggi. Ma questo assioma è falso, benchè accettato dai più: e l’errore proviene da un esame troppo superficiale della natura umana. Infatti, ad osservare più a fondo le cause per cui gli uomini si consociano, e fruiscono di reciproci rapporti sociali, si noterà facilmente che questo consociarsi non avviene in modo che, per natura, non possa accadere altrimenti, ma è determinato da circostanze contingenti. Se l’uomo, infatti, amasse il suo simile per natura, cioè proprio in quanto è un uomo, non vi sarebbe nessuna ragione perchè ciascuno non amasse indifferentemente tutti gli altri nella stessa misura, proprio perchè si tratta allo stesso modo di uomini; e dovesse invece frequentare piuttosto quelli la cui amicizia conferisce a lui, a preferenza di altri, un qualche onore o una qualche utilità. Noi non cerchiamo quindi, per natura, amici, ma ci avviciniamo a persone da cui ci venga onore e vantaggio: questo cerchiamo in primo luogo, e quelli solo secondariamente %

  3. Quel che gli uomini fanno dopo essersi consociati, ci rivela gli intendimenti secondo i quali gli uomini si riuniscono in società. Se si accordano, infatti, per commerciare, ciascuno si interessa non del socio, ma del proprio avere. Se si trovano a contatto per dovere di ufficio, nasce un’amicizia puramente formale, che ha più del timore reciproco che dell’affetto: onde può sorgere eventualmente una fazione, ma giammai una vera simpatia. Se si accostano uno all’altro per diletto a scopo di divertimento, di solito ciascuno finisce per compiacersi nei confronti degli altri di quel che può eccitare il riso, perché gli resti la sensazione (così è la natura del ridicolo), confrontando con le proprie le deformazioni morali e fisiche altrui, di essere, in sè, molto migliore. Anche se un atteggiamento siffatto sia per lo più innocuo ed inoffensivo, comunque è chiaro che una forma simile di divertimento deriva non tanto dalla compagnia quanto dalle soddisfazioni di vanità che si prende chi vi partecipa. Del resto, in riunioni di questo tipo si sparla degli assenti, si criticano, si giudicano e si condannano il loro tenore di vita, le loro parole, le loro azioni, e se ne fa la caricatura; e non si risparmia neppure ai partecipanti alla conversazione lo stesso spietato esame appena se ne sono andati, così che non era poi mal trovata l’idea di quel tale, che aveva l’abitudine di uscire per ultimo dal luogo di riunione. Queste dunque sono le vere delizie delle riunioni a cui siamo portati per natura, cioè dai sentimenti innati in ogni essere animato; finché non accade, per un danno che ci tocchi o per un avvertimento che ci metta in guardia (e per qualcuno un simile fatto può non succedere mai) che ne venga soffocato il desiderio attuale dal ricordo di quel ch’è già accaduto. Senza il piacere che da queste riunioni proviene, sarebbe freddo e vano il ragionare di tanti uomini, che pur sono molto eloquenti in argomenti di questo genere. %

  4. Se accade infatti di narrare, conversando, qualche aneddoto, e qualcuno dei presenti tira fuori un proprio ricordo personale, tutti gli altri con grande entusiasmo si mettono a parlare di se stessi; se qualcuno racconta un fatto strabiliante, tutti gli altri se ne hanno di ancor più mirabolanti, li spiattellano immediatamente, e se non ne hanno li inventano. Infine, per parlare di quelli che sono persuasi di saperne più degli altri, se ci si raduna allo scopo di tenere discussioni filosofiche, tanti sono i partecipanti, altrettanti sono quelli che vogliono dettar legge, e sempre altrettanti quelli che esigono assolutamente il titolo di maestri, e del resto costoro non solo, come già ricordati, non si amano scambievolmente, ma si danno addosso con astio l’un l’altro. Insomma, è chiaro per esperienza a chiunque consideri un po’ più addentro le cose umane, che ogni associazione spontanea di gente nasce o dal bisogno reciproco oppure dal desiderio di soddisfare la propria ambizione; onde coloro che vi partecipano sperano di ricavarne o un qualche utile o un eudokimèn, cioè stima e onore da parte dei compagni. La medesima conclusione si ricava ragionando sulle stesse definizioni di volontà, bene, onore, utile. Poichè, infatti, i legami sociali si stringono di libera volontà, in ogni consociazione è da ricercarsi l’oggetto di questa volontà, che è quel che sembra, a ciascuno dei membri, il Bene. Qualunque cosa poi sembri buona, ci procura un certo diletto, e come tale si riferisce o al corpo o all’animo. %

  5. Ogni piacere dell’animo o consiste nella vanità, o se vogliamo, nella presunzione, oppure si può ricondurre in ultima analisi alla vanità; tutti gli altri piaceri o non escono dalla sfera dei sensi, o in qualche modo vi conducono, e come tali possono venir compresi sotto la nozione dell’utile. Dunque, ogni patto sociale si contrae o per utilità o per ambizione, cioè per amor proprio e non già per amor dei consoci. Si consideri, peraltro, che sul desiderio di gloria non si può stabilire nessuna società, nè di molti uomini, nè di molta durata; perchè la rinomanza, come pure l’onore, se è per tutti non è per nessuno, dato che sorge da un confronto con gli altri e da una ragione di superiorità sugli altri; che se poi qualcuno ha qualche buona ragione di gloriarsi, non gliene viene alcun giovamento dalla società con gli altri uomini, perchè ciascuno vale per quello che può operare senza l’aiuto degli altri. Se è vero poi che le comodità di questa vita possono essere aumentate dal reciproco aiuto, è pur vero che questo si può ottenere molto meglio dominando sugli altri che unendosi a loro su un piano di uguaglianza: onde nessuno potrà dubitare che gli uomini, per loro natura, sarebbero portati, se non vi fosse il timore, piuttosto a dominare che ad associarsi. Bisogna dunque concludere che l’origine delle grandi e durevoli società deve essere stata non già la mutua simpatia degli uomini, ma il reciproco timore.” (Hobbes, De Cive)

  6. lo stato di natura è dominato dall’egoismo e dall’individualismo alla base della società - a differenza di quanto pensavano Aristotele (uomo animale naturalmente sociale) e Grozio - non c’è la tendenza sociale dell’uomo ma il timore reciproco tra gli uomini (esistono delle società durature non perchè sono fondate sulla socievolezza degli uomini, ma per il reciproco timore) • se la socievolezza fosse alla base delle società perchè è così difficile ottenere la pace e l’ordine tra gli uomini? • osservando la natura umana siamo portati a concludere che gli uomini si associano non per una inclinazione naturale disinteressata ma per motivi contingenti (gli uomini frequentano solo coloro da cui possono ricavare qualche utilità) • se il movente di ogni patto tra gli uomini è l’utilità e l’ambizione, le associazioni non possono che essere minate da gelosie ed invidie; gli uomini per natura sanno che possono ottenere più vantaggi imponendosi sugli altri piuttosto che associandosi: se non lo fanno è solo per il reciproco timore

  7. “ Cosicché nella natura umana troviamo tre cause principali di contesa: in primo luogo, la competizione, in secondo luogo, la diffidenza, in terzo luogo la gloria. La prima fa sì che gli uomini si aggrediscano per guadagno, la seconda per sicurezza, e la terza per reputazione. Nel primo caso gli uomini usano violenza per rendersi padroni delle persone di altri uomini, delle loro donne, dei loro figli, del loro bestiame, nel secondo caso per difenderli; nel terzo caso per delle inezie, come una parola, un sorriso, un'opinione differente, e qualunque altro segno di scarsa valutazione, o direttamente nei riguardi delle loro persone, o di riflesso nei riguardi della loro parentela, dei loro amici, della loro nazione, della loro professione o del loro nome. Da ciò è manifesto che durante il tempo in cui gli uomini vivono senza un potere comune che li tenga tutti in soggezione, essi si trovano in quella condizione che è chiamata guerra e tale guerra è quella di ogni uomo contro ogni altro uomo. La GUERRA, infatti, non consiste solo nella battaglia o nell'atto del combattere, ma in un tratto di tempo, in cui è sufficientemente conosciuta la volontà di contendere in battaglia; perciò la nozione del tempo va considerata nella natura della guerra, come lo è nella natura delle condizioni atmosferiche. Infatti, come la natura delle condizioni atmosferiche cattive non sta solo in un rovescio o due di pioggia, ma in una inclinazione a ciò di parecchi giorni insieme, così la natura della guerra non consiste nel combattimento effettivo, ma nella disposizione verso di esso che sia conosciuta e in cui, durante tutto il tempo, non si dia assicurazione del contrario. (...) %

  8. In tale condizione non c'è posto per l'industria, perché il frutto di essa è incerto, e per conseguenza non v'è cultura della terra, né navigazione, né uso dei prodotti che si possono importare per mare, né comodi edifici, né macchine per muovere e trasportare cose che richiedono molta forza, né conoscenza della faccia della terra, né calcolo del tempo, né arti, né lettere, né società, e, quel che è peggio di tutto, v'è continuo timore e pericolo di morte violenta, e la vita dell'uomo è solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve. Può sembrare strano a chi non abbia bene ponderato queste cose che la natura abbia così dissociato gli uomini e li abbia resi atti ad aggredirsi e distruggersi l'un l'altro e perciò, non fidandosi di questa inferenza, tratta dalle passioni, può desiderare forse che gli sia confermata dall'esperienza. Perciò, consideri tra sé che, quando intraprende un viaggio, si arma e cerca di andare bene accompagnato; che quando va a dormire, chiude le porte; che anche quando è nella sua casa, chiude i forzieri e ciò quando sa che ci sono leggi e pubblici ufficiali armati per vendicare tutte le ingiurie che gli dovessero essere fatte; quale opinione egli ha dei suoi consudditi, quando cavalca armato; dei suoi concittadini, quando chiude le porte; dei suoi figli e dei suoi servitori, quando chiude i forzieri. Non accusa egli l'umanità con le sue azioni, come faccio io con le mie parole? Ma nessuno di noi accusa in ciò la natura dell'uomo. I desideri e le altre passioni dell'uomo, in se stessi, non sono peccato. Neppure lo sono le azioni che procedono da quelle passioni, finché non si conosce una legge che le vieta; tali leggi, finché non si sono fatte, non possono essere conosciute, e non si può fare alcuna legge, finché non ci si è accordati sulla persona che la deve fare. (...) %

  9. A questa guerra di ogni uomo contro ogni altro uomo, consegue anche questo, che niente può essere ingiusto. Le nozioni di ciò che è retto e di ciò che è torto, della giustizia e dell'ingiustizia non hanno luogo qui. Dove non c'è potere comune, non c'è legge; dove non c'è legge, non c'è ingiustizia. La forza e la frode sono, in guerra, le due virtù cardinali. La giustizia e l'ingiustizia non sono facoltà né del corpo né della mente. Se lo fossero, potrebbero essere in un uomo che fosse solo al mondo, così come i suoi sensi e le sue passioni. Esse sono qualità che sono relative agli uomini in società, non in solitudine. Consegue anche alla medesima condizione che non ci sia né proprietà né dominio, né- un mio e un tuo distinti, ma che ogni uomo abbia solo quello che può prendersi e per tutto il tempo che può tenerselo. E ciò basti per quel che riguarda la triste condizione in cui è effettivamente posto l'uomo dalla pura natura, benché egli abbia una possibilità di uscirne: essa si trova in parte nelle passioni e in parte nella sua ragione.” (Hobbes, Leviatano)

  10. ci sono situazioni quotidiane in cui si ritrovano le caratteristiche dello stato di natura: • le società primitive prestatali • l’anarchia e la guerra civile (antistatale) • le rivalità diplomatiche e politiche tra gli stati (interstatale) tutte queste situazioni sono attraversate dal bellum omnium contra omnes: gli individui non vedono oltre lo scopo della propria autoconservazione

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