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Francesco Bergamaschi Scuola di Economia, Management e Statistica

Seminario sul Sistema Statistico Europeo L'integrazione CEE/UE, il mercato unico di beni e servizi, gli effetti attesi, indicatori e fonti. Francesco Bergamaschi Scuola di Economia, Management e Statistica Università degli Studi di Bologna 23/04/2014. Scaletta. L’integrazione economica.

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Presentation Transcript


  1. SeminariosulSistemaStatisticoEuropeoL'integrazione CEE/UE, il mercato unico di beni e servizi, gli effetti attesi, indicatori e fonti Francesco Bergamaschi Scuola di Economia, Management e Statistica Università degli Studi di Bologna 23/04/2014

  2. Scaletta L’integrazione economica • Cosa dovremmo aspettarci da una (buona) integrazione economica, riguardo a: • commercio • produzione (reddito) • benessere? • Una prima difficoltà: i processi coinvolti sono complessi. Per esempio, ogni settore industriale subirà diverse ripercussioni. • Oltretutto, anche all’interno di uno stesso settore, le differenze si sentiranno al livello del singolo bene o servizio. 23/04/2014 2

  3. Scaletta L’integrazione economica • Un’altra difficoltà: non è semplice ottenere ed armonizzare i diversi costi di produzione, che non saranno «volentieri» resi noti. • Questi esempi portano un’idea minimale delle enormi difficoltà poste da quesito che abbiamo posto. • Tornando al punto, come sempre in economia, distinguiamo tra effetti attesi di: • breve • medio/lungo periodo. 23/04/2014 3

  4. Scaletta L’integrazione economica • Breve periodo: in quest’orizzonte, si verificano variazioni significative sulle tariffe e i dazi, che portano a significative variazioni dei sentieri di consumo. • Tutto ciò però NON accompagnato da una significativa variazione della struttura produttiva e del grado di specializzazione dei lavoratori. • Medio/lungo periodo: in questo orizzonte la struttura della produzione e la specializzazione della forza lavoro potranno cambiare, portando così maggiore efficienza e dunque maggiori redditi in termini reali. • Infine, in un orizzonte prettamente di lungo periodo, mutazioni «culturali» ulteriori potranno aumentare la competizione e modificare l’attitudine alla produzione, portando ulteriori benefici (benessere). 23/04/2014 4

  5. Scaletta L’integrazione economica • I primi studi su questi interrogativi risalgono agli anni 50 e 60, e riguardarono l’unione doganale Benelux e la creazione della Comunità Economica Europea (CEE). • Le previsioni del Prof. Verdoorn al riguardo («The Intra-block Trade of Benelux», 1957 e «What are the backgrounds and perspectives of economic integration in Europe», 1960) possono essere così sintetizzate: • le variazioni del commercio rilevate mostrarono una struttura molto «fine»: nello stesso settore il volume di prodotti aumentò mentre quello di molti altri diminuì • l’incremento complessivo del commercio fu molto maggiore del previsto (previsione basata sulle elasticità e le dinamiche di riduzioni di prezzo note al tempo). 23/04/2014 5

  6. Scaletta L’integrazione economica • Possibile spiegazione: gli attori economici sono stati influenzati dalla consapevolezza che i dazi ridotti non sarebbero più stati aumentati. • Insomma, un effetto «di aspettative» simile a quello dei modelli macroeconomici di Ramsey e di overlappinggenerations (OLG). • Riguardo lo studio deli effetti sul commercio della creazione della CEE, la stima era di un aumento del commercio del 20% tra i 6 Stati membri (1957, Belgio - Francia - Germania - Italia - Lussemburgo – Olanda). 23/04/2014 6

  7. Scaletta L’integrazione economica • Si fecero anche altre previsioni nell’ambiente economico/accademico. • Per esempio si stimò l’aumento di produttività che l’instaurazione del mercato unico avrebbe portato, valutandola in «qualche» punto percentuale del PIL comunitario iniziale. • Se ciò sembra «poco», si ricordi che un aumento di produttività era da aspettarsi solo nei settori che avrebbero beneficiato dell’unione in termini di un forte allargamento del proprio mercato. 23/04/2014 7

  8. Scaletta L’integrazione economica • Calcolo: i benefici riportati potevano riguardare la specializzazione e così la produzione di un numero minore di prodotti. Supponendo che questo insieme fosse il 20% del PIL e che la riduzione dei costi (efficienza) fosse del 25%, il beneficio sarebbe stato del 5% (0,25 * 0,2 = 0,05). • Dunque la sofferenza odierna delle piccole imprese italiane era forse da aspettarsi? • Ulteriori benefici ipotizzati riguardavano lo scambio di modi di produzione, nell’ipotesi che portasse maggiore qualità dei prodotti, effetto stimato, in tutto, in circa l’1% del PIL comunitario. 23/04/2014 8

  9. Scaletta L’integrazione economica • Una nota di «colore»: al tempo si ipotizzava anche (Prof. Allais) che la produzione potesse raddoppiare nel lungo periodo grazie all’unione. • Le due assunzioni alla base di questa idea erano: • 1. che la differenza di prosperità tra Europa e Stati Uniti d’America fosse • da attribuire principalmente (se non totalmente) al diverso livello di • competizione • 2. che l’instaurazione della CEE avrebbe portato il livello di competizione • europeo a quello USA. • Il Prof. Tinbergen dubitava molto di questa ipotesi (non a torto!!!). 23/04/2014 9

  10. Scaletta L’integrazione monetaria • Integrazione monetaria: supponiamo che esista un sistema di pagamenti stabile (equilibrio), sarebbe opportuno/desiderabile avere un’unica valuta (world currency)? • Non è noto a molti (giornalisti soprattutto) che una valuta unica può funzionare soltanto se esiste un pieno equilibrio tra spesa e reddito (a meno di aiuti esterni o riserve a disposizione). • Al contrario, si pensa spesso che con un’unica moneta la «disciplina» potrebbe essere abbandonata. • Per esempio, con una moneta unica mondiale, i deficit non sarebbero colmabili senza aiuti esterni. 23/04/2014 10

  11. Scaletta L’integrazione monetaria • Conditio sine qua non per il buon funzionamento dell’integrazione monetaria: dovrebbe esserci completa omogeneità tra governo e autorità fiscale centrali. • Dunque, un primo impatto della world currencysarebbe la spinta alla disciplina fiscale. • Un altro, la necessità di trovare «accordi» tra le varie economie. • In altri termini, un prerequisito sarebbe una macchina governativa e di gestione finanziaria unitaria e funzionale. • Un altro aspetto poco noto è che, alla condizioni sopra descritte, un sistema di valute nazionali funzionerebbe altrettanto bene. Rimarrebbe però il problema dei tassi di cambio. 23/04/2014 11

  12. Scaletta L’integrazione monetaria • Variazioni repentine e ampie dei tassi di cambio hanno sempre portato problemi in Europa. • Un «vantaggio» della presenza di tassi di cambio flessibili è infatti la possibilità di adattare la posizione competitiva di un’economia a quella delle altre. • Ma tra gli svantaggi esiste la deviazione sistematica e arbitraria della politica monetaria short-term. • Ciò ha portato, fin dalla fine della seconda guerra mondiale, alla ricerca di un sistema di tassi di cambio fissi, con aggiustamenti sporadici: è sulla base di questo che si è creato il Fondo Monetario Internazionale (FMI/IMF). 23/04/2014 12

  13. Scaletta L’integrazione monetaria • Esistono quindi solide fondamenta per l’affermazione che i tassi di cambio non possono essere lasciati in mano alle singole economie (svalutazioni competitive), in quanto strumenti conflittuali. • Come ottenere il necessario equilibrio tra spesa e reddito? Si può cercare di regolare tutte le transazioni? Pare non molto ideale e fattibile. • Altra idea: avere un fondo di riserve che «equalizzi» gli squilibri internazionali: IMF/FMI. • Inoltre, l’equilibrio dovrebbe posizionarsi su alti livelli occupazionali, il che porterebbe alla necessità di occuparsi anche dei salari/stipendi e del livello dei prezzi. 23/04/2014 13

  14. Scaletta L’integrazione monetaria • Senza la possibilità di intervenire sui prezzi e sui salari, e senza equilibrio tra spesa e reddito, variazioni dei tassi di cambio repentine e intense sono inevitabili (a meno della presenza di intensi flussi di capitale). • Dopo la seconda guerra mondiale, si fecero diversi passi intermedi prima di ristabilire una certa libertà nel sistema dei pagamenti. 23/04/2014 14

  15. Scaletta L’integrazione monetaria • Nel 1958, col Trattato di Roma, si creò la CEE (Benelux, Francia, Germania e Italia) e la European Free Trade Area (EFTA). • Più in dettaglio, l’EFTA fu un tentativo «anglosassone» che prevedeva molti meno vincoli rispetto all’odierna UE: si prevedeva soltanto una zona di libero scambio, priva di un’unificazione delle barriere verso paesi terzi e della libera circolazione. • La CEE al contrario prevedeva già un mercato unico, con unificazione delle barriere e libera circolazione di capitale e persone. 23/04/2014 15

  16. Scaletta L’integrazione dello sviluppo: solo un sogno? • Per molto tempo si è contato sul fenomeno della convergenza, come su un automatismo. • L’idea era che la focalizzazione dei paesi evoluti su produzioni ad alta intensità di capitale e dei paesi emergenti su produzioni ad alta intensità di lavoro, avrebbero permesso omogeneità di stipendi e tassi d’interesse. • La ricerca ha mostrato che quest’argomentazione non è valida in generale, tuttavia si può affermare con certezza che la più facile e libera circolazione del capitale e della forza lavoro è condizione necessaria (ma non sufficiente) per: • la convergenza dei redditi • la convergenza dei tassi di interesse • la piena occupazione. 23/04/2014 16

  17. Scaletta L’integrazione dello sviluppo: solo un sogno? • Domanda: non si potrebbe allora aumentare lo standard di vita nei paesi sottosviluppati imponendo «per decreto» salari reali elevati? • Risposta: NO! Si creerebbe solo maggiore disoccupazione e disuguaglianza. • Allora come fare? L’unico modo è creare le condizioni e agire affinché aumenti la produzione reale. • Allora, cosa permette la crescita della produzione reale? • Ricordate Macroeconomia: un aumento di capitale fisico, un aumento di forza lavoro e di ore lavorate, ma soprattutto un aumento di produttività. 23/04/2014 17

  18. Scaletta L’integrazione dello sviluppo: solo un sogno? • Serve cioè un piano di investimento pubblico/privato per creare le condizioni minime di sviluppo. • Perché non solo privato? Perché nella fase iniziale gli investimenti saranno tipicamente poco remunerativi, ma allo stesso tempo senza di essi non si raggiungerà il minimo livello di capitale necessario a rendere attrattivi ulteriori investimenti (privati). • Il fenomeno è dunque autoreferenziale, e serve «interrompere» il loop: bisogna «aprire» la catena di causalità circolare e «iniettare» sviluppo nell’interesse generale. • Lo scopo è dotare i paesi meno sviluppati delle minime infrastrutture necessarie ad un loro minimo «autosviluppo» successivo ed autonomo. 23/04/2014 18

  19. Scaletta L’integrazione dello sviluppo: solo un sogno? • Per concludere, la sfida futura (già menzionata da Tinbergen) è quella della divisione del lavoro tra Stati sviluppati e non. • Esiste un modo teorico per mantenere la produzione al massimo della capacità (e dunque i redditi e infine il tenore di vita globale)? • Sì, ma una conditio sine qua non per questo scopoè che la distribuzione dei nuovi investimenti rifletta la nuova domanda creata dai redditi addizionali. • Un’ulteriore condizione è che ogni Stato possa produrre i beni su cui ha un vantaggio comparato (rif. scorsa lezione). 23/04/2014 19

  20. Scaletta L’integrazione dello sviluppo: solo un sogno? • Infine, ecco i target individuati da Tinbergen per le «agenzie di interesse generale» di un’unione: • supervisione e riduzione delle restrizioni al commercio • regolamentazione dei mercati delle materie prime • supervisione dell’equilibrio di spesa e delle politiche di occupazione • fornitura di capitale per lo sviluppo • trasferimento di conoscenza e di scolarizzazione • regolamentazione dei flussi migratori. 23/04/2014 20

  21. Scaletta Indicatori e fonti • Dati ed indicatori BCE (ECB) • Dati ed indicatori Eurostat • Dati ed indicatori OCSE (OECD), (digital library) • Dati ed indicatori ISTAT 23/04/2014 21

  22. Cosa noncaletta • Dati ed indicatori BCE (ECB) Pagina principale delle statistiche: http://www.ecb.europa.eu/stats/html/index.en.html Euro Area KeyIndicators: http://www.ecb.europa.eu/stats/keyind/html/sdds.en.html Si segue l’impostazione dello SDDS del FMI (Special Data Dissemination Standard): http://dsbb.imf.org/Pages/SDDS/Overview.aspx I dati pubblicati vengono dall’Eurostat(Eurostat Data Navigation)e dalla BCE stessa, dalla suaStatistical Data Warehouse (SDW). 23/04/2014 22

  23. Dati ed indicatori BCE (ECB) 23/04/2014 23

  24. Dati ed indicatori BCE (ECB) 23/04/2014 24

  25. Dati ed indicatori BCE (ECB) 23/04/2014 25

  26. Dati ed indicatori BCE (ECB) 23/04/2014 26

  27. Dati ed indicatori BCE (ECB) 23/04/2014 27

  28. Dati ed indicatori BCE (ECB) 23/04/2014 28

  29. Dati ed indicatori BCE (ECB) PIL dell’area euro (valori concatenati, anno di riferimento 2005) 23/04/2014 29

  30. Dati ed indicatori Eurostat Pagina principale delle statistiche: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/statistics/themes Indicatori su area euro e Unione Europea (Euro indicators/PEEIs - Principal European EconomicIndicators): http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/euroindicators/peeis Indicatori «Europe 2020»: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/europe_2020_indicators/headline_indicators 23/04/2014 30

  31. Dati ed indicatori Eurostat Net international investment position in % of GDP - 2012 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=0&language=en&pcode=tipsii10&tableSelection=1 23/04/2014 31

  32. Dati ed indicatori Eurostat Real Effective Exchange Rate, 2012 (% change on previous year): http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/graph.do?tab=graph&plugin=0&pcode=tipser10&language=en 23/04/2014 32

  33. Dati ed indicatori Eurostat Nominal Unit LabourCost Index http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/graph.do?tab=graph&plugin=0&pcode=tipser10&language=en 23/04/2014 33

  34. Dati ed indicatori Eurostat Private debt in % of GDP – 2012 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/graph.do?tab=graph&plugin=0&pcode=tipspd20&language=en&toolbox=close 23/04/2014 34

  35. Dati ed indicatori Eurostat Private debt in % of GDP - annual data http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/graph.do?tab=graph&plugin=0&pcode=tipspd20&language=en&toolbox=close 23/04/2014 35

  36. Dati ed indicatori OCSE (OECD) Libreria digitale con abbonamento campus dell’Ateneo Pagina principale delle statistiche: http://www.oecd.org/statistics/ OECD FactbookIndicators: http://www.oecd-ilibrary.org/economics/oecd-factbook_18147364 Dal Factbook si accede velocemente a report e tabelle su grandezze di interesse OECD Datalab: http://www.oecd.org/statistics/datalab/ Per creare grafici personalizzati e dare input all’OECD stessa (es. grafico del tasso di disoccupazione) Per gli indicatori di benessere e progresso: Wikiprogress 23/04/2014 36

  37. Dati ed indicatori OCSE (OECD) C’è anche la possibilità di mostrare grafici per singolo Paese su diverse tematiche o su singole tematiche per vari Paesi. Es: tasso didisoccupazione: 23/04/2014 37

  38. Dati ed indicatori OCSE (OECD) Un confronto sempre utile è quello tra la media OECD e i singoli Stati: 23/04/2014 38

  39. Dati ed indicatori ISTAT Pagina principale: www.istat.it Pagina principale delle statistiche: http://dati.istat.it/ Oltre a varie utili statistiche, segnaliamo la presenza di un link al SEC 2010: http://www.istat.it/it/archivio/110424 Ne parlerete ampiamente nelle successive lezioni con il Prof. Di Cocco. 23/04/2014 39

  40. Recapiti… E grazie dell’attenzione! E-mail: bergamaschifrancesco@gmail.com Web: www.francescobergamaschi.com 23/04/2014 40

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