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Qualcosa che resta nella memoria Qualcosa che si automatizza Qualcosa che si costruisce Qualcosa che si interiorizza

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Qualcosa che resta nella memoria Qualcosa che si automatizza Qualcosa che si costruisce Qualcosa che si interiorizza

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Presentation Transcript


    1. Qualcosa che resta nella memoria Qualcosa che si automatizza Qualcosa che si costruisce Qualcosa che si interiorizza METAFORE Per me imparare qualcosa è come …

    3. Quattro metafore fondamentali Trasmissione: visione meccanicistica Mente come contenitore Conoscenza già predefinita Teoria di riferimento: il comportamentismo

    4. Quattro metafore fondamentali Costruzione Mente: Elabora e crea la conoscenza Conoscenza: costruita Teoria di riferimento: il costruttivismo

    5. Quattro metafore fondamentali Partecipazione Mente: identità costruita socialmente e culturalmente conoscenza: distribuita Riferimento teorico: modello di comunità di pratiche e psicologia culturale

    6. Quattro metafore fondamentali Transazione Mente: distribuita Conoscenza: desumibile dai cambiamenti prodotti nel mondo Teoria di riferimento: Dewey, Koschmann, comunità virtuali, intelligenze connettive (Lèvy)

    7. BREVE STORIA Anni '40-'50: "Learning theory" elaborata dal comportamentismo (Skinner, Pavlov) Teoria semplice ma riduttiva. Apprendimento come consolidamento di una risposta che già fa parte del repertorio dell'organismo e viene rinforzata (S-R) Non rientrano in questa descrizione: conoscenze disciplinari; i linguaggi e i discorsi; procedure e metodologie; interazioni sociali complesse; modalità concettuali ed epistemiche; attività professionali autonome

    8. Fine anni '50-fine anni '60: il cognitivismo Crescente considerazione del contenuto dell'apprendimento. Ruolo del contesto (percettivo e sociale) in cui "si elabora e si immagazzina l'informazione" (Neisser, 1967) Il contributo di Ausubel: "valuta ciò che uno studente già sa e agisci di conseguenza“. Coniuga due aspetti essenziali: intenzionalità educativa carattere significativo del contenuto d'apprendimento Apprendimento di sistemi di significato guidato dall'insegnante Ruolo degli organizzatori anticipati (anchoring ideas - idee di riferimento): che servono per collegare le nuove conoscenze con quelle vecchie Concetti usati dalle teorizzazioni sulle mappe concettuali (Novak, 1997; Novak e Gowin, 1989) Rivoluzione cognitivista: riportare la "mente" all'interno del dominio delle scienze umane. Esempio: dalla memoria in laboratorio agli studi sull'attività del ricordare Simulabilità dei processi umani: metafora del computer

    9. Fine anni '70 - Crisi del cognitivismo eccesso di meccanicità mancata considerazione del contesto e della cultura scarso interessamento alla costruzione dell'identità individuale Il contributo di Vygotskij: apprendimento come una funzione psichica superiore Apprendere = ciò che si manifesta durante l'interazione sociale con altri che intervengono nella zona di sviluppo prossimale (o prossimo) (ZSP). ZSP = zona di sviluppo potenziale in cui non si trovano solo le capacità attuali (quello che un soggetto sa fare da solo) ma anche quelle prossime (che sa fare con un aiuto fornito da una persona più competente) Per intervenire nella ZSP: scaffolding

    10. Fine anni '70 - Crisi del cognitivismo Definizione delle condizioni per l'interazione sociale: - per Piaget: l'interiorizzazione è innescata dall'azione del soggetto quando diventa "reversibile" e da azione diventa operazione Processo da individuale a sociale Interazione con ambiente fisico - per Vygotskij: l'interiorizzazione è innescata dalla relazione sociale che diventa espressione autonoma Processo da sociale ad individuale Interazione con ambiente sociale

    11. Anni '80 - Psicologia culturale Bruner: scopo della psicologia culturale è quello di introdurre la psiche nella cultura e la cultura nella psiche Sviluppo psicologico non può avvenire al di fuori di una cultura Apprendimento come attribuzione di significato Che cosa è "una cultura"? INSIEME DI SIGNIFICATI E SIMBOLI CONDIVISI DA UN GRUPPO UMANO (Geertz, 1973)

    12. Anni '80 - Psicologia culturale Cole: antefatti della ps. Culturale già alla nascita della psicologia Wundt -> due psicologie: a) sperimentale b) Völkerpsychologie Cole: studi cross-culturali studio sui coltivatori di riso del Kpelle: il compito non ha senso fuori dalla cultura Ruolo dell’educazione nello sviluppo culturale; effetto della scolarizzazione sul modo di ragionare e sul modo di risolvere problemi

    13. Anni '80 - Psicologia culturale Cole: Quinta Dimensione Attività per sviluppare le medesime abilità replicata in molti contesti (dopo-scuola, biblioteche, ludoteche, club, scuola). Attività di gioco e apprendimento informale. Confrontando i diversi sistemi è possibile capire il ruolo del contesto

    14. I PRINCIPI DELLA PSICOLOGIA CULTURALE Azione mediata in un contesto Metodo genetico: storico, ontogenetico, micro-genetico Analisi degli eventi quotidiani L’attività mentale emerge nell’azione congiunta e mediata: la mente è co-costruita Individui come agenti attivi del proprio sviluppo No spiegazioni causa/effetto o stimolo/risposta ma ruolo centrale dell’interpretazione Metodologie delle scienze umane, biologiche e sociali

    15. Il ruolo del contesto Interdipendenza tra organismo e ambiente (Markovà) Apprendimento sempre contestualizzato – anche in compiti apparentemente decontestualizzati (QI) Concezione dialogica del contesto: formato da molte “voci” Bachtin: ogni discorso allaccia discorsi precedenti e futuri (polifonia); il significato delle parole non viene solo dal dizionario ma dall’uso (eteroglossia); le molte voci costruiscono spazi e tempi (cronotopo) Intersoggettività collettiva (Wells)

    16. Prospettiva dialogica Significato intersoggettivo (Rommetveit, 1974) Intersoggettività collettiva Intersoggettività tra adulto e bambino: Grossen (1988) bambino che gioca il ruolo dell’adulto: interpretazione della consegna; inducono gli altri bambini a risolvere i compiti come farebbero loro (in modo conservaotre se sono conservatori) Bell (1991) costruire un “sutemi”

    17. Contratto didattico Insieme implicito ed esplicito di regole e comportamenti messi in atto da insegnanti e studenti Schubauer-Leoni (1991) Gestire contemporaneamente il senso da attribuire al sapere e la relazione con l’insegnante

    18. Psicologia della vita quotidiana a scuola Costruire significati attraverso la conversazione in classe: conoscenza condivisa, regole sociali, uso del linguaggio adeguato Mediazione simbolica, contratti didattici e apprendimento Relazione tra dentro e fuori la scuola: conoscenze apprese a scuola non utilizzate fuori e conoscenze della strada maggiori di quelle in classe Relazione triangolare: tra insegnante (come si rappresenta il pensiero del bambino; come elabora le strategie di insegnamento) oggetto del sapere alunni: contratto implicito, micro cultura

    19. La Teoria dell'Attività Vygotskij, Rubinshtein, Leont'ev - anni '20 5 principi: 1 - strutturazione gerarchica dell'attività. L'unità di analisi è l’attività orientata verso un oggetto che motiva l'attività e imprime il senso, la direzione dell'attività stessa. Un’attività è composta da una serie di azioni implementate attraverso operazioni. Questi livelli si distinguono per diversa complessità e consapevolezza che variano a seconda dei contesti storio-culturali 2 - l'orientamento sull'oggetto, sia definito dalle scienze sia definito socialmente e culturalmente 3- internalizzazione/esternalizzazione: ogni azione è prima rappresentata interiormente, la rappresentazione interna guida l’azione e il risultato dell’azione modifica la rappresentazione

    20. La Teoria dell'Attività 4 - la mediazione degli strumenti: qualsiasi attività umana è mediata, non siamo capaci di agire senza utilizzare strumenti di mediazione. Per rappresentare questa idea si usa un triangolo

    21. La Teoria dell'Attività 5- Sviluppo delle attività: metodologia di tipo etnografica per tener conto della storia delle attività e per capire il loro futuro

    22. L'Azione Situata Suchman (1987) “esplorare le relazioni tra conoscenza e azione nelle particolari circostanze in cui conoscenza ed azione avvengono" L'azione non è più l'esecuzione di un piano precostituito e complesso ma è un adattamento plastico alle particolarità delle situazioni e delle circostanze Contrasta la visione di azione data dall’Intelligenza Artificiale, ovvero traducibile in un programma computerizzato

    23. MODELLI DI AZIONI E ATTIVITÀ Esplorare e scoprire (Dewey, 1959): accento sul fare, ruolo dell’adulto poco definito: c’è il rischio di scoperte errate. Brown e Campione restituiscono un ruolo di guida all’adulto con il concetto di “scoperta guidata” Risoluzione di problemi: per l’approccio cognitivo (Newell e Simon) è costituito da una serie di fasi (definizione del problema, raccolta informazioni, ipotesi, soluzione, nuovo problema) ma è troppo lineare e sottende una visione solitaria; per Vygotskij è il test diagnostico capace di individuare nuove zone di sviluppo prossimale; recentemente riconcettualizzato come circolare e collaborativo Indagine progressiva (Hakkarainen): processo a spirale e collaborativo

    24. 4. Visualizzazione e rappresentazione dei concetti. Identificare modelli visivi, grafici, iconici- messa in discussione della supremazia del testo. Utile per le arti, scienze, matematica. 5. Apprendistato cognitivo. Si ispira alla bottega artigianale. Obiettivo: produzione di oggetti utili, c’è un committente. Il maestro prima fa vedere poi gradualmente affida parti di compito sempre più complesse all’apprendista. Esempio di scaffolding

    25. COMUNITA’: 5 tipologie Comunità di apprendisti Comunità di pratiche Le organizzazioni che apprendono Le comunità che costruiscono conoscenza Le comunità virtuali

    26. COMUNITA’ DI APPRENDISTI Brown e Campione, 1990; 1994 Comunità di scienziati e bottega insieme Centralità dell’apprendimento e usato in classe Combina e integra diverse indicazioni teoriche e metodologiche Considera gli aspetti cognitivi, sociali, culturali Da indicazioni pratiche: orchestrazione e combinazione di Jigsaw, lezione miliare, scoperta guidata, uso delle tecnologie come artefatti culturali …

    27. COMUNITA’ DI APPRENDISTI Ridefinizione dei ruoli tradizionali e inserimento di nuovi ruoli in classe (osservatore, esperto, consulente; possono farlo genitori, ricercatori, altri docenti). Ruoli interscambiabili. Obiettivo deciso collaborativamente e condiviso. Attenzione alle identità individuali. Partecipazione discorsiva: la classe come luogo di discorsi Valori condivisi

    28. COMUNITA’ DI PRATICA Wenger (1998) Modello nato in contesti sociale e professionali usato poi anche in classe Centralità della pratica Tre indicatori per definire la pratica: Mutuo impegno Impresa comune Repertorio comune e condiviso di abitudini, linguaggi, credenze, riti Apprendimento definito come: Partecipazione ad una pratica Definizione del significato della pratica Partecipazione alla comunità Ridefinizione dell’identità dei partecipanti Partecipazione periferica legittimata (ovvero legittimare la partecipazione periferica per ottenere uno spostamento verso il centro della pratica) come meccanismo rivelatore dell’apprendimento; apprendimento relativo alla pratica

    29. LE ORGANIZZAZIONE CHE APPRENDONO Senge (1990) Modello riferito alle imprese e aziende; cerca di capire i meccanismi dell’apprendimento non degli individui ma dei sistemi (attraverso gli individui) Motore dell’apprendimento organizzativo sta nella relazione circolare tra abilità, consapevolezza e credenze I sistemi apprendono sulla base di 5 principi: Padronanza personale: saper ottenere i risultati desiderati Modelli mentali: visione del mondo Visione condivisa dell’azienda Apprendimento di gruppo: pensiero collettivo Sistemi di pensiero : individuare sistemi di relazioni tra eventi

    30. LE COMUNITA’ CHE COSTRUISCONO CONOSCENZA Scardamalia e Bereiter, 1999 Applicare modelli di apprendimento organizzativi alla scuola: Rendere la scuola più simile alle imprese Pensare agli studenti e genitori come clienti Insegnati come leader di una azienda Pedagogia per la costruzione di conoscenza (anche supportata dal computer) Focus sulla spiegazione dei problemi e non tanto sulla soluzione Produzione di conoscenza piuttosto che attenzione ai media Contribuire più che dimostrare Progredire piuttosto che trovare risposte Sostenere il processo globale e non per piccoli passi Comunicazione pubblica piuttosto che privata Diversa gestione del ritmo di comunicazione (più lento e riflessivo grazie alla mediazione tecnologica)

    31. COMUNITA’ VIRTUALE Kim, 2000; Preece, 2001; Ligorio, 2002 Esistono solo negli ambienti virtuali Richiedono: interattività, varietà di comunicatori, spazio comune, livello minimo di partecipazione individuale Quattro fasi di costruzione di un ambiente virtuale educativo (esempio di Euroland): Costruire le fondamenta (soprattutto nel contesto faccia a faccia) Importare dal contesto reale al mondo virtuale Esportare dal mondo virtuale al contesto reale Utilizzare il mondo virtuale, creare circolarità tra reale e virtuale Costruendo il mondo virtuale si costruisce anche Senso di appartenenza alla comunità virtuale Appropriazione dello spazio virtuale Integrazione tra i diversi strumenti di comunicazione disponibili Capacità di esprimere emozioni Identità digitale sia individuale che di gruppo

    32. COMUNITA’ DI APPRENDISTI Brown e Campione, 1990; 1994 Centralità dell’apprendimento e usato in classe Combina e integra diverse indicazioni teoriche e metodologiche. Considera gli aspetti cognitivi, sociali, culturali. Da indicazioni pratiche: orchestrazione e combinazione di Jigsaw, lezione miliare, scoperta guidata, uso delle tecnologie come artefatti culturali …

    33. COMUNITA’ DI APPRENDISTI Ridefinizione dei ruoli tradizionali e inserimento di nuovi ruoli in classe (osservatore, esperto, consulente; possono farlo genitori, ricercatori, altri docenti). Ruoli interscambiabili. Obiettivo deciso collaborativamente e condiviso. Attenzione alle identità individuali. Partecipazione discorsiva: la classe come luogo di discorsi. Valori condivisi

    34. COMUNITA’ DI PRATICA Wenger (1998) Modello nato in contesti sociale e professionali usato poi anche in classe Centralità della pratica Tre indicatori per definire la pratica: Mutuo impegno Impresa comune Repertorio comune e condiviso di abitudini, linguaggi, credenze, riti Apprendimento definito come: Partecipazione ad una pratica Definizione del significato della pratica Partecipazione alla comunità Ridefinizione dell’identità dei partecipanti Partecipazione periferica legittimata (ovvero legittimare la partecipazione periferica per ottenere uno spostamento verso il centro della pratica) come meccanismo rivelatore dell’apprendimento; apprendimento relativo alla pratica

    35. LE ORGANIZZAZIONE CHE APPRENDONO Senge (1990) Modello riferito alle imprese e aziende; cerca di capire i meccanismi dell’apprendimento non degli individui ma dei sistemi (attraverso gli individui) Motore dell’apprendimento organizzativo sta nella relazione circolare tra abilità, consapevolezza e credenze I sistemi apprendono sulla base di 5 principi: Padronanza personale: saper ottenere i risultati desiderati Modelli mentali: visione del mondo Visione condivisa dell’azienda Apprendimento di gruppo: pensiero collettivo Sistemi di pensiero : individuare sistemi di relazioni tra eventi

    36. COMUNITA’ CHE COSTRUISCONO CONOSCENZA Scardamalia e Bereiter, 1999 Applicare modelli di apprendimento organizzativi alla scuola: Rendere la scuola più simile alle imprese Pensare agli studenti e genitori come clienti Insegnati come leader di una azienda

    37. COMUNITA’ CHE COSTRUISCONO CONOSCENZA Pedagogia per la costruzione di conoscenza (anche supportata dal computer) Focus sulla spiegazione dei problemi e non tanto sulla soluzione Produzione di conoscenza piuttosto che attenzione ai media Contribuire più che dimostrare Progredire piuttosto che trovare risposte Sostenere il processo globale e non per piccoli passi Comunicazione pubblica piuttosto che privata Diversa gestione del ritmo di comunicazione (più lento e riflessivo grazie alla mediazione tecnologica)

    40. COMUNITA’ VIRTUALE Kim, 2000; Preece, 2001; Ligorio, 2002 Esistono solo negli ambienti virtuali Richiedono: interattività, varietà di comunicatori, spazio comune, livello minimo di partecipazione individuale Quattro fasi di costruzione di un ambiente virtuale educativo (esempio di Euroland): Costruire le fondamenta (soprattutto nel contesto faccia a faccia) Importare dal contesto reale al mondo virtuale Esportare dal mondo virtuale al contesto reale Utilizzare il mondo virtuale, creare circolarità tra reale e virtuale Costruendo il mondo virtuale si costruisce anche Senso di appartenenza alla comunità virtuale Appropriazione dello spazio virtuale Integrazione tra i diversi strumenti di comunicazione disponibili Capacità di esprimere emozioni Identità digitale sia individuale che di gruppo

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