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Corso di Sistemi organizzativi complessi

Corso di Sistemi organizzativi complessi. Prof. Renato Fontana renato.fontana@uniroma1.it. Che cos’è un’organizzazione. Nella sua accezione più generale l’organizzazione è... un gruppo di persone che cooperano in vista di certi fini , una sistema cooperativo finalizzato e reiterato

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Corso di Sistemi organizzativi complessi

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Presentation Transcript


  1. Corso diSistemi organizzativi complessi Prof. Renato Fontana renato.fontana@uniroma1.it

  2. Che cos’è un’organizzazione Nella sua accezione più generale l’organizzazione è... un gruppo di persone che cooperano in vista di certi fini, una sistema cooperativo finalizzato e reiterato perché relativamente stabile nel tempo.

  3. Le parole chiave dell’organizzazione Cooperazione finalizzata Differenziazione/integrazione Organizzazione/azione organizzata (struttura/processo) Fini degli individui/fini delle organizzazioni Gerarchia dei fini Strategia/struttura Ma ogni organizzazione ha una sua individualità e per analizzarle è necessario avere delle tipologie di riferimento

  4. Filo rosso che condurrà l’analisi Amitai Etzioni  tre tipi puri di organizzazioni Talcott Parsons  4 funzioni indispensabili per ogni sistema • Principali teorie organizzative • il Taylorismo • la scuola delle Relazioni Umane • il modello giapponese e la Qualità totale

  5. Amitai Etzioni Individua tre tipi puri di organizzazioni: Organizzazioni coercitive, Organizzazioni remunerative, Organizzazioni normative. Differiscono tra loro in base alla disposizione all’obbedienza e ai mezzi di controllo, poiché ogni organizzazione deve risolvere il problema del controllo.

  6. Talcott Parsons e il modello AGIL Le funzioni indispensabili per ogni sistema sociale sono 4: Reperimento e adattamento di risorse: economia(imprese produttrici, di servizio, ecc), Determinazione e perseguimento degli scopi: istituzioni politico-statuali (governo, parlamento), Mantenimento dei modelli e stabilizzazione delle tensioni: sistemi culturali e motivazionali (chiesa, scuola, famiglia, ecc), Istituzioni integrative (partiti politici, sindacati, associazioni professionali, magistratura).

  7. Principali teorie organizzative (1)il Taylorismo Si sviluppa nei primi decenni del XX secolo Taylor non si prefiggeva solamente di rivoluzionare il modo di lavorare ma anche quello di comandare Quattro ordini di fattori ci aiutano a comprenderne le fortune…

  8. Quattro ordini di fattori ci aiutano a comprendere le fortune del taylorismo… I progressi tecnico-scientifici: alla fine dell’800 ci si trova in una fase ormai matura del macchinismo industriale, Crescita quantitativa dei complessi industriali: si sta imboccando la strada che negli anni ’20 del XX sec. Porterà a quel fenomeno noto come gigantismo industriale, Offerta di forza lavoro non qualificata e forte mobilità: l’espansione dell’industria richiede grande quantità di manodopera, si ricorre quindi al reclutamento di masse di estrazione contadina, in larga misura dequalificato, La percepita potenzialità espansiva del mercato

  9. La fabbrica prima di Taylor Potere e controllo affidato alle gerarchie intermedie, “Il cervello del manager sotto il cappello dell’operaio” Nelson: “l’impero dei capireparto”, Vita quotidiana nella fabbrica pre-taylorista: mancanza di metodi rigorosi ed uniformi per impostare il lavoro, gravemente carenti i metodi amministrativi per calcolare i costi delle singole fasi produttive.

  10. La visione di Taylor (1) Il punto debole del capitalismo non sono le macchine, tecnicamente idonee al lavoro in serie, ma il lavoro e la sua organizzazione, La sapienza della mansione lavorativa andava sottratta ai lavoratori: tutte le conoscenze andavano accentrate nella Direzione d'officina, La Direzione doveva stabilire la velocità ottimale delle macchine e degli uomini, la procedura migliore per compiere un lavoro.

  11. La visione di Taylor (2) Il tutto attraverso i quatto principi dell’Osl: Studio scientifico dei metodi di lavorazione; Selezione ed addestramento scientifico della manodopera; Intima e cordiale collaborazione tra dirigenti e manodopera; Ristrutturazione dell’apparato direttivo; La one best way

  12. Principali teorie organizzative (2): la scuola delle Relazioni Umane Elton Mayo maggior rappresentante teorico della scuola Tre ricerche presso gli stabilimenti della Western Electric tra i 1927 e il 1932 sui: Fattori che favoriscono il rendimento operaio; Motivi di lamentela e soddisfazione operaia all’interno della fabbrica; Fattori di solidarietà o di antagonismo informale tra gli operai.

  13. I temi rilevanti Il fattore umano: il complesso dei fattori psicologici latenti che condizionano il comportamento manifesto; L’anomia della società industriale e la fabbrica come istituzione reintegratrice: riferendosi al concetto durkheimiano di anomia come allentamento delle norme morali che regolano il funzionamento di una società; Gli aspetti informali: al di là delle strutture ufficiali e dei rapporti formali, esiste in azienda una fitta rete di rapporti non istituzionalizzati.

  14. Principali teorie organizzative (3):Il modello giapponese CONTESTO: nel Giappone nel dopoguerra le case automobilistiche devono riconvertire le produzioni militari in produzioni civili Alla Toyota i mezzi sono scarsi, lo spazio a disposizione è poco, i macchinari sono inadeguati La produzione di massa è quindi difficile da attuare Taichi Ohno, il direttore di produzione, sviluppa l’idea di produrre in piccole serie

  15. Il modello giapponese (2) I punti costitutivi della produzione snella sono: la centralità del Just in Time (JIT), l’eliminazione degli sprechi (in giapponese: muda), il coinvolgimento dei dipendenti al fine del miglioramento continuo dei processi (detto kaizen), il coinvolgimento dei fornitori, la ricerca della Qualità Totale.

  16. Il JIT La produzione JIT è l’opposto della produzione JIC (Just In Case) Nelle fabbriche tradizionali si ordinano grandi stock di parti e le si immettono in magazzino per poterle poi avviare alla produzione Con il JIT i magazzini scompaiono e i fornitori riforniscono direttamente la linea di produzione Ciò richiede una efficientissima organizzazione dell’azienda per coordinare i tempi

  17. Il coinvolgimento dei dipendenti Nel modello giapponese i dipendenti hanno diverse “libertà” Controllano la qualità del lavoro che svolgono e possono “fermare” la linea di produzione; Suggeriscono i miglioramenti del prodotto e del lavoro, lavorando in gruppo con gli ingegneri (il kaizen come antitesi alla One Best Way di Taylor); Il coordinamento orizzontale del lavoro riduce la necessità di una pianificazione centrale

  18. La collaborazione con i fornitori Con il taylor-fordismo i fornitori concorrono sui prezzi delle parti standardizzate da fornire e cambiano frequentemente Nel toyotismo la concorrenza è sulla qualità ed è indispensabile cooperare al fine di garantire la rapidità di fornitura delle parti Non è infrequente che i fornitori aprano stabilimenti vicino alla fabbrica che riforniscono

  19. La Qualità Totale Nelle aziende taylor-fordiste la qualità del prodotto è accertata alla fine del processo produttivo (Controllo di Qualità) Nel modello giapponese ognuno, dall’operaio al top manager, ha un suo ruolo nell’assicurare la qualità di quello che produce (Assicurazione di Qualità) La qualità Totale, introdotta in Giappone da E. Deming negli anni ’50, si estende a tutte le parti del processo (produzione, vendita, ordini, progettazione, ecc.)

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