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LE FORME DELLA TUTELA

Provincia di Pavia. LE FORME DELLA TUTELA. La tutela della persona adulta in difficoltà Pavia, 13 aprile 2012. TEORIA, PRASSI E BUONE PRATICHE. Pavia , 13 aprile 2012. La tutela della persona adulta in difficoltà. Laboratorio condotto da Elena Van Westerhout Pavia, 12 gennaio 2012.

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Presentation Transcript


  1. Provincia di Pavia LE FORME DELLA TUTELA La tutela della persona adulta in difficoltàPavia, 13 aprile 2012 TEORIA, PRASSI E BUONE PRATICHE Pavia , 13 aprile 2012

  2. La tutela della persona adulta in difficoltà Laboratorio condotto da Elena Van Westerhout Pavia, 12 gennaio 2012 Assistenti sociali partecipanti n. 50 di cui: • 13 dell’ASL della provincia di Pavia • 3 degli ospedali (AO di Pavia e Policlinico) • 13 degli Uffici dei Piani di Zona della provincia di Pavia • 15 dei Comuni della provincia di Pavia • 3 dei Comuni della regione Lombardia • 2 del Ministero di Grazia e Giustizia - UEPE Pavia • 1 della Prefettura - Milano

  3. Nei Servizi il concetto di RETE che si costituisce intorno alla persona in difficoltà viene solitamente inteso come: • rete sociale dell’utente rete sociale egoica costituita dai legami familiari e solidali • rete delle istituzioni rete di interventi attivati da Servizi pubblici e Servizi no profit

  4. Empowerment individuale si riferisce alla capacità del singolo di decidere e di esercitare un controllo sulla propria vita • Empowerment comunitario coinvolge gli individui che agiscono collettivamente per riuscire a influenzare e a controllare maggiormente i fattori determinanti della salute e la qualità di vita della loro comunità

  5. Per una persona fragile e/o in condizioni di vita emarginanti, l’empowerment è un processo che può favorire la personale consapevolezza circa la possibilità di esercitare attivamente un maggior controllo sulla propria vita e sul contesto sociale in cui è inserita • Questo sentimento può sfociare in un controllo effettivo ovvero in un sentimento di autoefficacia

  6. Gli addetti ai lavori possono indurre, accompagnare gli utenti nei processi di empowerment evitando di mettere in atto interventi che de-potenzino gli utenti Elementi che possono favorire, nelle persone a rischio, l’empowermente quindi la possibilità di accrescere la capacità di controllare attivamente la propria vita: • maggior accesso alle risorse (una di queste è l’informazione) • partecipazione alla definizione dei problemi e alla presa di decisioni • utilizzo di metodologie specifiche

  7. Un atteggiamento importante è quellonon considerare l’utenza solo come un target di interventi esterni (come un oggetto destinatario di prestazioni, professionali o anche informali; ovvero un’espressione di soli bisogni e problemi), bensì come un soggetto in grado di compiere azioni per il benessere di sé stesso e, in un’ottica comunitaria, per il benessere di altri (e in primo luogo altri con problema omologhi)

  8. L’operatore interessato ai processi di empowerment riconosce all’utente • una conoscenza che non gli appartiene • un sapere esperienziale che lo rende “esperto” rispetto ad una specifica problematica

  9. Favorire processi di empowerment significa: • sostenere la persona nella scoperta e capitalizzazione del potere che già possiede (potere inteso come possibilità di sviluppo delle proprie capacità) • credere nei diversi saperi (sapere tecnico e sapere esperienziale) • credere che l’esperienza del dolore genera conoscenza e che la conoscenza può determinare impegno personale/sociale e interrompere azioni di delega • credere che le risorse esperienziali non si esauriscono se vengono scambiate ma anzi possono ulteriormente crescere (effetto noto della mutualità)

  10. Esperienze metodologiche • Focus group composto da operatori, utenti, cittadini attivi dei gruppi AMA (auto mutuo aiuto) sul tema del dolore per la perdita di un familiare (l’esperienza del dolore è in ciascuno di noi al là del ruolo, delle funzioni, dell’appartenenza.. È un punto di incontro al di sopra della parti …) • Eventi e spettacoli organizzati nel quartiere con utenti, familiari e cittadini attivi (gli operatori inizialmente attivano familiari, pazienti psichiatrici e cittadini sino a promuovere iniziative e forme auto organizzate)

  11. Esercitazione: Gruppi di discussione rapporto utente - professionista Criticità/Difficoltà • Bisogni urgenti (es. improvvisa perdita autosufficienza, dimissioni da ospedale, ecc.) e scarse informazioni sui possibili interventi • Bisogni complessi (sanitari/socio-assistenziali) • Nuove povertà (famiglie separate, perdita del lavoro, immigrazione, ecc.) • Aspettative e delega da parte dei familiari (ricerca soluzione) Azioni di miglioramento • Migliorare i livelli di informazione sui servizi ai cittadini in genere e nei punti dove si presentano maggiormente i bisogni • Non solo rispetto dell’utente e ricerca della sua collaborazione per il buon esito dell’intervento, ma riconoscimento che il processo di aiuto si basa su un reciproco apprendimento e incrocio di saperi • Collaborazione e riconoscimento del sapere del caregiver

  12. Esercitazione: Gruppi di discussione rapporto professionista - organizzazione Criticità/Difficoltà • Frammentarietà degli interventi • Scarse informazioni su percorsi, procedure e protocolli • Accesso ai servizi con regolamenti burocratici • Riduzione risorse economiche destinate ai servizi • Precarietà dei contratti (PdZ) • Scarso coinvolgimento degli operatori nella progettazione • Scelte degli Enti non sempre coerenti e/o accompagnate da adeguati processi riorganizzativi con conseguente demotivazione degli operatori Azioni di miglioramento • Creare una rete informativa dei servizi e dei percorsi • Acquisire conoscenza dei protocolli esistenti anche attraverso maggior informazione tra professionalità diverse • Promuovere revisioni dei criteri di accesso basati sulla priorità di bisogno e percorsi facilitati per i soggetti fragili anche al fine di una gestione appropriata delle risorse • Ricercare attive collaborazioni con il terzo settore • Ricercare spazi di progettazione con amministratori e dirigenti dei servizi

  13. Verso forme di tutela partecipata Punti di forza • Presenza di operatori nei vari contesti di servizi • Presenza sul territorio del terzo settore e di servizi da loro attivati (es. sportello SAI dell’Anffas) • Presenza di percorsi facilitati per soggetti fragili (es. Rete AdS, Progetto DAMA c/o Policlinico) • Politiche basate su sussidiarietà e progettazione sociale • Indirizzi regionali che promuovono la valutazione multidimensionale del bisogno • Ordine professionale con funzione di stimolo e aggregazione

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