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NAZZARENO CRISTOFORI

NAZZARENO CRISTOFORI. Ricordo del Vignola in occasione del V centenario della sua nascita. Dedico questo lavoro a mia moglie Roberta, ai miei figli Martina ed Alessio, a mio padre, faro della mia vita, a mia madre che continua a guidarmi. Si ringrazia per la collaborazione:

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NAZZARENO CRISTOFORI

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Presentation Transcript


  1. NAZZARENO CRISTOFORI Ricordo del Vignola in occasione del V centenario della sua nascita

  2. Dedico questo lavoro a mia moglie Roberta, ai miei figli Martina ed Alessio, a mio padre, faro della mia vita, a mia madre che continua a guidarmi. Si ringrazia per la collaborazione: Eugenio Stelliferi - Assessore Comunità Montana dei Cimini Massimo Ceci Luciano Passini Enrico Petti Biagio Stefani Adele Trani Il lavoro è stato realizzato con il contributo della Comunità Montana dei Cimini e della Provincia di Viterbo In copertina: Immagine di Jacopo Barozzi da Vignola tratta da una litografia del Gaddi (1836). La cartolina fu stampata il 1 aprile 1957 dalla Pro-Loco di Vignola (Mo). In quarta di copertina: Bozzetto per un monumento a Vignola dello scultore pugliese Mario Sabatelli. Il monumento doveva essere eretto in una piazza di Caprarola, in occasione del IV centenario della nascita dell’architetto, ma, per motivi sconosciuti, non fu mai realizzato. I

  3. www.cmcimini.it COMUNITÀ MONTANA DEI CIMINI ZONA II DEL LAZIO Un impegno costante per la tutela di una storia millenaria di una natura incontaminata di antiche tradizioni Alberto Aramini Segretario Comunità Montana dei Cimini II

  4. Lamissione di studiosi e ricercatori come è noto consiste nell’accrescimento e nella divulgazione di un patrimonio di conoscenze che vanno a costituire la memoria collettiva di una comunità. È infatti solo grazie alla loro passione se i luoghi in cui siamo nati e viviamo ci appaiono non solo per quello che sono oggi, ma in quanto frutto di una lenta stratificazione che, appunto, va decifrata e compresa. Su un versante distinto ma contiguo si colloca l’attività degli amministratori, che tra i loro doveri istituzionali hanno quello di sostenere questa infaticabile attività di ricerca, spesso condotta a prezzo di considerevoli sacrifici personali. È con questa consapevolezza che, al pari degli altri enti locali, la Comunità Montana dei Cimini svolge la propria attività di promozione culturale nei confronti di eventi ed iniziative che contribuiscono a rafforzare i legami tra i diversi centri in cui essa si articola. Il V centenario della nascita dell’architetto Jacopo Barozzi da Vignola costituisce in tal senso un’occasione importante poiché invita a riscoprire le tracce di un’epoca in cui molte realtà locali si arricchirono di gioielli architettonici e di soluzioni urbanistiche che rappresentano ancora oggi il nostro vanto e la ragione del fascino che tutti ci riconoscono. Portare a conoscenza del grande pubblico questo patrimonio e indirizzarvi la curiosità delle nuove generazioni è un obiettivo che ci impegnano a raggiungere anche attraverso il presente libro su Vignola. In esso, l’autore traccia percorsi di memoria attraverso immagini fotografiche – per lo più cartoline postali – nelle quali l’architettura si fonde con costumi ed usanze che il tempo ha talvolta cancellato. Così il volto del nostro comprensorio emerge in un aspetto che rischiava di essere dimenticato, e che invece quest’opera ci aiuta a preservare. Angelo Cappelli Presidente Comunità Montana dei Cimini. III

  5. Comecoetaneo ed amico di Nazzareno, da tempo ho avuto modo di apprezzare le ricerche che conduce sul contesto storico-paesaggistico della nostra cittadina di Caprarola, tanto valorizzata dal genio artistico di Jacopo Barozzi da Vignola. Nella convinzione che una società può dirsi veramente avanzata solo se, attraverso la conoscenza delle proprie radici, riesce a proiettarsi nel futuro, Neno è divenuto un appassionato collezionista di cartoline e fotografie che riproducono scorci di vita passata. Le cartoline, come si sa, costituiscono da molto tempo un efficace mezzo di comunicazione. Anche a distanza di decenni, esse ci consentono, attraverso il linguaggio delle immagini, di rivivere emozioni, di capire come sono cambiati i luoghi, di curiosare tra le vie, le piazze, i monumenti. Dedicarsi alla raccolta di questo materiale è allora espressione di un legame molto forte nei confronti della propria terra e del suo passato. Per questo, di vero cuore, mi sono fatto portavoce presso la Comunità Montana dell’importanza del lavoro svolto da Neno e della necessità di diffonderne i preziosi risultati. Ringrazio perciò vivamente questo mio concittadino per aver accettato di divulgare parte della sua collezione nel presente libro, la cui distribuzione, soprattutto tra i giovani, sarà utile a far meglio comprendere ed apprezzare l’eredità che i nostri padri hanno lasciato nel tentativo, quasi sempre riuscito, di migliorare l’ambiente e la vivibilità del territorio. Eugenio Stelliferi Assessore Comunità Montana dei Cimini IV

  6. Sichiamava Jacopo, ma lo chiamarono e lo chiamano il Vignola, probabilmente perché era così legato al paese in provincia di Modena nel quale era nato che ne prese il nome. La famiglia lo voleva pittore, ma lui preferì l’architettura. Rimase orfano di padre da bambino e lo mandarono “a bottega” per imparare un mestiere che gli desse da vivere. Figlio di un calzolaio si trovò nella vita ad essere conteso da Re, Principi e Cardinali, in Italia e in Europa. In tante città disegnò e realizzò capolavori. Non solo, ma scrisse anche trattati di approfondimento scientifico, una sorta di testi universitari sull’architettura e la prospettiva. Mai però avrebbe immaginato che, cinquecento anni dopo aver lasciato il mondo, diventasse, grazie a questa bella e completa opera, la guida ideale per portare il lettore in giro per i Paesi della Comunità Montana dei Cimini. Un modo originale per far conoscere a noi che ci abitiamo, ma anche a quelli che una volta si chiamavano forestieri , come eravamo e come ancora siamo. Perché la Fontana Grande di Ronciglione o la Porta d’ingresso al Paese, attribuite a Jacopo Barozzi detto il Vignola, sono inserite nella mia identità di ronciglionese e rappresentano l’impalcatura sulla quale si è snodata la costruzione della mia vita. Così Porta Faul per i Viterbesi o Palazzo Farnese per i Caprolatti, la Chiesa della Madonna del Ruscello per Vallerano e tanto altro. Le fotografie si guardano, ma quelle di questo libro si leggono. Son certo che giovani e meno giovani, vedendole, troveranno certamente nelle opere del Vignola riprodotte nelle pagine che seguono il loro DNA, che è fatto di storia, di avi, di nomi e fatti avvenuti vicino a questa architettura così viva e solenne. Ma anche tanto familiare. Renzo Trappolini Assessore alla Cultura della Provincia di Viterbo V

  7. La presenza di Jacopo Barozzi da Vignola nella Tuscia ha lasciato tracce importanti e non sempre facili da individuare. Il quinto centenario della nascita dell’architetto è un’occasione per approfondire la conoscenza della sua attività e per cercare, ove possibile, di valorizzarla e conservarla nel modo adeguato. Il libro di Nazzareno Cristofori costituisce in questo senso un utile contributo. Ciò che caratterizza questo lavoro e ne accresce il valore educativo è il proposito dell’autore di non impiegare solo la scrittura come mezzo di espressione, ma di lasciare che, accanto ad essa, a parlare siano vecchie cartoline postali e riproduzioni fotografiche. Il libro, infatti, dopo un’attenta introduzione al mondo del Vignola e alle sue memorabili realizzazioni, si snoda attraverso un percorso visivo che conduce il lettore in luoghi noti, ma resi spesso irriconoscibili dalle trasformazioni che hanno subito e dalla patina del tempo. Il risultato è un insieme di forte suggestione che, pur senza escludere gli adulti, mostra di voler dialogare soprattutto con le nuove generazioni per trasmettere loro il senso e l’importanza delle radici storiche. Aldo Fabbrini Assessore alla Pubblica Istruzione Provincia di Viterbo VI

  8. Introduzione Nazzareno Cristofori Quest’anno, per i paesi della Tuscia e per Caprarola inparticolare, è un anno molto importante in quanto ricorre il quinto centenario della nascita di Jacopo Barozzi da Vignola (Vignola, 1 ottobre 1507 - Roma, 7 luglio 1573) che proprio in questi luoghi ha lasciato i segni più importanti della sua vita artistica. Caprarola, grazie alla famiglia Farnese, ha avuto la fortuna ed il privilegio di “ereditare” – proprio qui – in questa meravigliosa terra, due tra i più spettacolari tesori dell’architetto: la ristrutturazione del suo assetto urbanistico e l’edificazione del Palazzo Farnese. Per questi motivi, in tale occasione, il “Ricordo del Vignola” è quanto mai doveroso. Sulla Cittadina e sul suo Palazzo sono state scritte ormai tantissime pagine, quindi, per contribuire fattivamente ad un arricchimento culturale con un qualcosa di “inedito”, ho sentito il desiderio di realizzare un libro fotografico, di facile consultazione, da destinare ad una platea giovane e molto attenta. Per fare questo ho utilizzato antiche cartoline e vecchie fotografie. Di ciascuna ho citato l’editore, la data di spedizione - per meglio identificarne il periodo storico – ed il luogo in cui viene spedita a significare che, già in tempi passati, Caprarola era meta di turismo. Spero che questo strumento sia utile a tutti coloro che, soprattutto tra i più piccoli, desiderano “catturare” tempestivamente l’attenzione e la curiosità per la scoperta dei particolari utili alla conoscenza del proprio territorio e, conseguentemente, delle “proprie origini”. Dopo una parte introduttiva su Vignola, l’attenzione si focalizza inevitabilmente su Caprarola, il luogo della Tuscia che conserva le testimonianze più cospicue dell’attività di Vignola. Questa prima parte presenta una suddivisione interna che, oltre ad individuare i diversi ambiti in cui si articola il tessuto urbano, cerca di evidenziarne anche le trasformazioni. La seconda parte del libro, invece, vuole essere un omaggio ad ognuno dei restanti centri della Comunità Montana dei Cimini. 1

  9. Il Vignola La vita e le opere nel Viterbese Adele Trani Questo breve lavoro è stato pensato anche in relazione ai piccoli destinatari, i ragazzi delle scuole dell’obbligo. Si è cercato, dunque, di non appesantire la trattazione con termini specifici e, laddove si è ravvisata la necessità di utilizzarli, si è tentato di spiegarli. Altrettanto dicasi per gli apparati di note, limitati al minimo indispensabile. Per le necessità di approfondimento si è comunque allegata una bibliografia essenziale. Forse un po’ più tecnica è la seconda parte sul Vignola nella Tuscia, anche per i rimandi ai documenti, essenziali però per offrire attendibilità alla trattazione sfatando i luoghi comuni e, specialmente, per dare ai piccoli utenti, se ancora ce ne fosse bisogno, l’idea che la storia si ricostruisce anche e soprattutto negli archivi. Chi era Vignola Il personaggio noto come “Vignola” e del quale ricorre quest’anno il cinquecentenario della nascita si chiamava in realtà Jacopo Barozzi ed era così soprannominato perché originario della località di Vignola, oggi in provincia di Modena e all’epoca castello dominato dagli Este, potenti duchi di Ferrara. Celebrato in ogni epoca come architetto, fu – non tutti lo sanno – anche pittore, ingegnere ed importante teorico. Due suoi contemporanei, Giorgio Vasari ed Egnazio Danti[1], scrissero di lui con dovizia di particolari e ci forniscono dunque gli elementi fondamentali per ricostruire la sua biografia. Ci sono noti anche dei ritratti di Vignola, pochissimi, e ben due si trovano nel Palazzo Farnese di Caprarola, considerato a buon diritto il capolavoro del Barozzi. Una cronaca del Cinquecento così ce lo descrive: ”Mastro Jacopo è homo ben piantato, ha barba longa e ricciuta, naso adunco et occhi rubizzi, vestito di casacca nera legata alla cintola. Et ha anco sempre seco una scattola longa di metallo, indove contiene li strumenti dell’arte.[2] ” J. Bertoja, La costruzione del tempio di Ercole (particolare con il ritratto del Vignola). Caprarola - Palazzo Farnese, Sala di Ercole. [1] Giorgio Vasari (1511 - 1574), pittore e architetto, è noto soprattutto per la sua opera Vite de' più eccellenti architetti, scultori e pittori italiani, che include, ovviamente, anche la biografia del Vignola. Egnazio Danti (1536-1586), dell’Ordine dei Predicatori, fu matematico e architetto; curò la pubblicazione del trattato di Vignola sulla prospettiva, fornendo contestualmente anche le notizie circa la vita dell’autore (vedi paragrafo “Vignola trattatista”). [2] Per notizie relative a questa cronaca si veda quanto riportato in L. PASSINI, Caprarola. Il paese e la sua storia, Roma 2002, p. 69. 2

  10. Brevi cenni biografici Jacopo Barozzi nacque dunque a Vignola nel 1507, il 1° ottobre, da Bartolomeo, calzolaio milanese, e da madre di origine tedesca. Rimasto orfano di padre, venne mandato ancora bambino nella città più importante dello Stato della Chiesa dopo Roma, la vicina Bologna, per studiare pittura nella bottega di un maestro di cui ignoriamo il nome. Ma, dicono i biografi, non fece molto frutto[3]nell’arte della pittura, sia perché, probabilmente, il maestro non era all’altezza della situazione, sia perché, soprattutto, il giovane Jacopo occupava quasi tutto il tempo nel disegno delle linee, dove maggiormente si sentiva inclinato e, di conseguenza, si voltò quasi del tutto a gli studi dell’Architettura et della Prospettiva[4]. A Bologna Jacopo si sposò ed a Bologna nacquero i suoi tre figli. A poco più di trent’anni si trasferì a Roma. Lavorando in Vaticano come pittore per mantenersi, si preoccupò principalmente di approfondire le conoscenze in campo architettonico; studiò i monumenti della Roma moderna e, su commissione di un gruppo di accademici, misurò quelli della Roma antica, esperienza che per lui si rivelò fondamentale. Fu allora che entrò per la prima volta in contatto con la corte del potente cardinale Alessandro Farnese e, grazie alla competenza acquisita, ma anche alla protezione farnesiana, vide iniziare una rapida carriera che lo portò a rivestire importanti incarichi e a frequentare le corti più fastose. Ottenne le più rilevanti commissioni in campo ecclesiastico. Fu nominato dapprima architetto della basilica di San Petronio a Bologna e, dopo la morte di Michelangelo (1564), architetto della Fabbrica di San Pietro. Fu al servizio di pontefici e sovrani. Lavorò, all’inizio della sua carriera, per il re di Francia Francesco I e, poco prima della morte, fornì a Filippo II di Spagna progetti per la chiesa facente parte del complesso reale che stava sorgendo alle porte di Madrid, il famoso Escorial. Per il cardinale Marcello Cervini, futuro papa Marcello II, disegnò una villa nei pressi di Montepulciano e per Giulio III progettò la villa romana nota come Villa Giulia, con tanto di chiesa annessa, l’interessante tempietto di Sant’Andrea sulla via Flaminia. Tralasciando per il momento tutta l’opera svolta al servizio della famiglia Farnese, vanno qui ricordati almeno alcuni interventi che il Vignola attuò ancora, in tempi diversi, nella città che lo vide nascere come artista, Bologna. Si tratta del famoso Portico dei Banchi, con cui regolarizzò le facciate delle botteghe medievali che si affacciavano sulla piazza Maggiore, e di due opere di carattere ingegneristico, un ponte sul fiume Samoggia e la conduzione di un canale navigabile fin entro le mura della città. [3]Citazione da Vasari. [4]Citazione da E. Danti per “Prospettiva” qui si intende il sistema di regole, fondate sulla geometria, volte a rappresentare lo spazio tridimensionale su una superficie piana, a due dimensioni. Questo tipo di prospettiva scientifica venne messo a punto agli inizi del Quattrocento da Filippo Brunelleschi, architetto. 3

  11. Jacopo Barozzi morì a Roma il 7 luglio 1573 e fu sepolto, il massimo degli onori per un artista, nel Pantheon. Si era ammalato sette giorni prima durante un viaggio di ispezione alla fabbrica che più di ogni altra lo aveva reso famoso, il Palazzo Farnese di Caprarola. Vignola e i Farnese Per i Farnese Vignola realizzò i suoi capolavori. Rimase al loro servizio dal 1555 fino alla morte e lasciò un segno profondo in tutte le loro dimore, intervenendo su quelle già costruite e progettandone di nuove. A Roma sovrintese al completamento del palazzo di famiglia, allora residenza del cardinal Ranuccio (palazzo tra i più imponenti della città, al quale avevano lavorato architetti del calibro di Sangallo e Michelangelo), intervenne nel Palazzo della Cancelleria, dove contemporaneamente alloggiava il cardinale Alessandro, e sistemò gli splendidi giardini sul Palatino noti come Orti Farnesiani. Nelle dimore ducali emiliane fu parimenti attivo nella stessa veste. A Parma seguì la trasformazione del palazzo del duca Ottavio, fratello dei due cardinali, curando in particolare l’ideazione del grande giardino di corte, e, per Piacenza, progettò un immenso palazzo. Tale edificio, fortemente voluto dalla duchessa Margherita d’Austria, moglie di Ottavio e sorella di Filippo II di Spagna, fu realizzato solo in minima parte, ma, si è detto, sarebbe stato paragonabile per grandiosità solo ai palazzi Vaticani. La gloria del Vignola è comunque legata a due opere commissionategli da Alessandro Farnese e di cui il cardinale stesso andava fiero[5]: il Palazzo di Caprarola, di cui si dirà in seguito ampiamente, e la chiesa del Gesù a Roma, che sotto molti aspetti può essere considerata l’opera più ambiziosa ed influente del Barozzi; Vignola vi sperimentò, infatti, una pianta innovativa che ebbe larghissimo seguito negli anni a venire. Vignola trattatista Per completare il ritratto del Vignola non si può ignorare la sua attività di teorico, che gli procurò una notorietà tale da superare anche la sua stessa fama di architetto. Particolare successo riscosse il trattato che egli pubblicò nel 1562 con un corredo di tavole estremamente chiare e curate, la Regola delli cinque ordini di architettura[6]. Concepita come strumento di lavoro per gli architetti professionisti, l’opera raggiunse un pubblico molto più vasto. Già a partire dalla fine del Cinquecento fu tradotta nelle lingue più diverse - e’ del 1985 l’edizione in giapponese - e, fino al secolo scorso, fu usata come manuale in tutte le facoltà europee di architettura. Il Vignola lavorò anche ad un secondo trattato, che però non fece in tempo a pubblicare. Doveva riguardare la prospettiva, che da sempre aveva costituito uno dei suoi interessi principali. Fu il figlio Giacinto, dopo la sua morte, ad affidare le carte del padre al matematico Egnazio Danti perché le pubblicasse. L’opera uscì nel 1583 con il titolo Le due regole della prospettiva pratica e con un commento del Danti, che in quell’occasione stilò anche la Vita di M. Iacomo Barrozzi da Vignola. [5]Si tramanda che il cardinale Alessandro si vantasse di possedere “tre cose sommamente belle”: il Palazzo di Caprarola, la chiesa del Gesù e sua figlia Clelia. [6]Vignola prese in considerazione i cosiddetti “ordini”, desunti dall’architettura classica, cioè gli insiemi costituiti da colonne e cornicioni, e stabilì le regole che dovevano fissare i rapporti proporzionali tra le parti, in modo da sortire effetti particolarmente armonici. 4

  12. Il Vignola nei Cimini e nel viterbese Jacopo Barozzi approdò nella Tuscia sulla scia della famiglia Farnese, quindi le tracce del suo operato vanno ricercate prima di tutto nei territori che a vario titolo furono ad essa soggetti. Nel ducato di Castro e Ronciglione, direttamente amministrato dai Farnese, il Vignola è presente, oltre che naturalmente a Caprarola, dove lascia le tracce più evidenti, anche a Grotte di Castro, dove progetta il palazzo comunale, a Montalto di Castro, al quale sono riferibili due disegni per un forte a mare mai realizzato, e a Capodimonte e Valentano. Su altre località i Farnese esercitarono un diverso genere di giurisdizione, ma, alla bisogna, coinvolsero parimenti il Vignola. Lo troviamo così a Caprinica durante il governatorato di Ranuccio o a Vetralla durante quello di Alessandro. Alessandro ricoprì anche l’importante carica di Legato del Patrimonio di S. Pietro e, occupandosi in questa qualità della città di Viterbo, chiamò il Vignola per completare la fontana di piazza della Rocca e per erigere la Porta di Faul detta anche Farnesia. Il prestigio di cui il Barozzi godeva era tale che a lui ci si rivolgeva anche per consulenze riguardanti cantieri di pertinenza altrui o come esperto al di sopra delle parti; in quanto tale viene per esempio reclamato dalla comunità di Canapina per dirimere una questione di confine. Consulenze e consigli gli chiesero in particolare gli autorevoli personaggi che frequentavano la corte farnesiana e che in quegli anni erano alle prese con fabbriche considerevoli, come il cardinale Gambara o, con ogni probabilità, Vicino Orsini, signore di Bomarzo. L’impronta lasciata dal Vignola nella Tuscia, per lo meno quanto alla fama ed al prestigio, è stata così profonda da fargli attribuire a furor di popolo ogni fontana ed ogni architettura di un qualche decoro di cui non si conoscesse altro autore. Dappertutto ci sono vie intitolate al Vignola e non c’è paese che non vanti una sua opera; alla luce dei documenti che oggi conosciamo[7], però, il catalogo relativo ai suoi interventi nella Tuscia va drasticamente ridimensionato. Gli interventi certi e diretti si limitano a quelli sopra ricordati, ai quali si deve aggiungere, per dovere di completezza, la notizia documentata di una sua presenza a Nepi in merito ad opere di ingegneria idraulica e a progetti per edifici sacri. Si prenderanno ora in esame (in rigoroso ordine alfabetico) i dodici paesi della Comunità Montana dei Monti Cimini e, discutendo della tradizione alla luce dei documenti, si tenterà di stabilire se per ognuno di essi esiste effettivamente un legame di qualche genere con il Vignola. Bagnaia Discussa è la presenza di Vignola a Bagnaia. Il borgo di Bagnaia fu ceduto nel Medioevo ai vescovi di Viterbo, che nel tempo ne fecero un luogo di villeggiatura e di diporto. Agli inizi del Cinquecento essi vi crearono un “barco”, cioè una riserva dove poter esercitare il passatempo preferito dai prelati dell’epoca, la caccia. Fu il cardinale bresciano Giovan Francesco Gambara, vescovo di Viterbo dal 1566, che, seguendo le mutate tendenze del momento, decise di trasformare il primitivo barco in una residenza elegante e sontuosa con giardini all’italiana, fontane e due palazzine. [7]E’ doveroso ricordare in questo contesto l’attività di Fabiano T. Fagliari Zeni Buchicchio, studioso di Bolsena, che è stato definito scherzosamente, ma in modo significativo “caterpillar della ricerca d’archivio”. A lui dobbiamo la pubblicazione di una grandissima mole di documenti e di una serie di studi che sono di fondamentale importanza per chiunque si accinga a studiare la Tuscia sotto il profilo dell’arte. 5

  13. Nacque così la villa che, completata poco più tardi dal cardinal Alessandro Peretti Montalto, è divenuta nota come “Lante”, perché rimase in proprietà della famiglia Lante per un periodo lunghissimo, circa tre secoli. Poco si sa sull’architetto del complesso, che, in assenza di documenti pregnanti, è stato attribuito al Vignola, visto che il Vignola in quegli anni lavorava per il cardinal Farnese a Caprarola e visto che il cardinal Farnese era amico e protettore del Gambara e ben potrebbe avergli “prestato” il suo architetto. A suffragare questa ipotesi esistono due lettere, scambiate il 17 e il 18 settembre 1568 tra i due cardinali, da cui si evince che il Gambara, prima di prendere possesso di Bagnaia, voleva incontrare il Vignola, e lo incontrò. Non è detto, però, che il vescovo di Viterbo avesse voluto farlo per discutere della villa di Bagnaia, anche perchè l’incontro si tenne a Viterbo, dove erano in corso altri lavori per i quali il cardinale ben avrebbe potuto chiedergli una consulenza. Non solo, è probabile che a quell’epoca il Gambara non pensasse affatto alla realizzazione della villa, dato che oggi sappiamo che i terreni necessari a questo scopo furono acquistati solo dopo la morte del Vignola, nel 1574. Pare quindi molto più plausibile l’ipotesi che l’ideatore della villa sia stato il senese Tommaso Ghinucci, tra le altre cose esperto ingegnere idraulico, la cui presenza a Bagnaia è ben documentata. Canepina Con una lettera del 27 luglio 1562, la comunità di Canepina, che faceva parte dello stato farnesiano, richiese al cardinale Alessandro i servigi del Vignola circa una questione di confine con la vicina cittadina di Soriano. Almeno in quell’occasione, dunque, Jacopo Barozzi deve essersi recato da quelle parti. Capranica La presenza di Vignola a Capranica è ampiamente documentata e nuovamente legata alla famiglia Farnese; non al cardinale Alessandro, però, ma a suo fratello Ranuccio, noto come cardinal Sant’Angelo, per il quale il Barozzi stava abbellendo il Palazzo Farnese di Roma. Ranuccio si trovò ad essere governatore perpetuo di Capranica negli anni in cui si verificarono “grazie e miracoli” nella chiesetta della Madonna del Piano, ubicata fuori delle mura della città ed allora affidata alla confraternita laica dei cacciatori. Nel 1558 visitò la chiesa e la consegnò ai Padri Eremiti di Sant’Agostino, che decisero di riedificarla in forme più convenienti, rivolgendosi per il progetto all’architetto del governatore. Vignola deve aver ideato anche il convento, realizzato però più tardi secondo un altro progetto. La chiesa venne costruita a partire dal 1560 e i lavori si protrassero a lungo; l’interno costituiva una variazione sul tema della pianta ovale, che il Vignola aveva cominciato ad esplorare a Roma nella chiesa di S. Andrea sulla via Flaminia. Nel 1631 l’edificio rovinò paurosamente e fu ricostruito secondo forme diverse e ridotte. Della chiesa vignolesca resta la facciata in tufo, che all’epoca doveva essere sormontata da un attico[8], proprio come a S. Andrea. Caprarola A Caprarola Vignola lasciò il suo capolavoro. E’ noto che il cardinale Alessandro Farnese senior aveva voluto che a Caprarola l’architetto Antonio da Sangallo il Giovane costruisse per lui una fortezza. [8] Una sorta di sopraelevazione a terminazione piatta, che inglobava il timpano (l’estremità triangolare della facciata). 6

  14. La fabbrica, d’impianto pentagonale, fu pensata per resistere alle armi da fuoco, ma, edificati i bastioni angolari ed il muro lungo i cinque lati del perimetro, fu abbandonata. Il committente, infatti, divenuto papa nel 1534 con il nome di Paolo III, nell’adattare le strategie del potere alla nuova condizione, aveva perso interesse per l’opera intrapresa. E’ noto anche che il completamento della fabbrica si deve al nipote del papa, Alessandro Farnese junior, che qualche decennio più tardi decise di riprenderla in mano per trasformarla in una residenza sontuosa e magnifica, degna del gran cardinale[9] qual era. E’ a questo punto che Jacopo Barozzi entra in scena e ne diviene il protagonista assoluto. Dopo aver vagliato attentamente le sue proposte, anche con l’aiuto di consulenti esterni, il cardinale Alessandro decise di approvare il suo progetto e affidargli il cantiere. Una volta scavati nel tufo gli ambienti di servizio a livello del fossato e non prima di aver fatto celebrare una messa, il 28 aprile 1559 si diede inizio ai lavori di muratura, che andarono avanti assai “gagliardamente” (in questi termini ci si rivolse al cardinale per informarlo dei fatti). Si costruirono lo scalone elicoidale, le logge e le stanze intorno al cortile rotondo[10] e, nel 1573, alla morte del Vignola, il palazzo risultava pressoché finito, tanto che il cardinale non ritenne opportuno nominare un nuovo architetto, ma fece seguire i lavori dal capomastro degli scalpellini che aveva operato alle dipendenze del Vignola e che da questo momento assurgerà a sua volta al rango di architetto, Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù. Il palazzo di Caprarola acquistò in breve tempo grande fama tra i contemporanei, che vi riconobbero immediatamente il capolavoro del Barozzi. I due biografi del Vignola si dilungano assai nella sua descrizione; Danti afferma: questa fabbrica più di tutte l’altre opere sue l’ha fatto conoscere per quel raro ingegno, ch’egli era, havendo in essa sparsi gentilissimi capricci, et mostrando particolarmente la gratia dell’arte in una scala a lumaca molto grande. Vignola partecipò anche alla decorazione pittorica di alcuni ambienti del palazzo, disegnando, e talvolta dipingendo di sua mano, degli sfondati prospettici atti a simulare spazi reali; d’altra parte non bisogna dimenticare che il Barozzi aveva esordito come pittore e che la prospettiva aveva da sempre costituito una sua grande passione. Agli angoli della Sala del Concilio disegnò quattro colonne che ingannano lo spettatore sembrando realmente di marmo, sul soffitto tondo dell’armeria simulò uno spazio aperto sul cielo oltre la balaustra di un terrazzo e, sulle pareti della Sala di Giove, realizzò insieme a suo genero, il pittore Giovanni Battista Fiorini, un finto porticato da cui si affacciano finte statue. Dei giardini annessi al palazzo, il Vignola progettò sicuramente i due, quadrati, al livello degli appartamenti privati del cardinale, mentre il parco con la Casina del Piacere furono realizzati più di un decennio dopo la sua morte. Per uno spazio a ridosso del giardino estivo Vignola aveva anche ideato un locale per il gioco della pallacorda[11], a quanto sembra mai realizzato. [9] Era questo l’appellativo con cui i contemporanei designavano il potente e ricco cardinal Farnese, gran protettore delle arti. [10] Le fasi della costruzione possono essere ricostruite nei dettagli grazie al Libro delle Misure della Fabbrica di Palazzo Farnese, reso noto dallo studioso americano L. Partridge nel 1970. E’ una sorta di rendiconto contabile dei lavori che via via si andavano attuando. [11] Il gioco della pallacorda era molto in voga nelle corti del tempo. Consisteva nel lanciare, a mani nude o con l’aiuto di una racchetta, una palla al di là di una corda tesa. Viene considerato per questo l’antenato del tennis. Si giocava in spazi appositi, cortili o locali coperti. 7

  15. Particolarmente efficace è il sistema attuato dal Barozzi per raccordare il palazzo al paese. Egli fece in modo di legarlo al borgo, tramite un sistema costituito da un duplice ordine di scale e una grande piazza, ma nello stesso tempo volle garantirne l’isolamento; il palazzo, isolato e in posizione sopraelevata, doveva esemplificare la distanza esistente tra il suo potente inquilino e gli abitanti del borgo, letteralmente adagiati ai suoi piedi. Non solo, il Vignola sottopose tutto l’impianto urbanistico di Caprarola ad una radicale ristrutturazione, per poter realizzare uno stradone rettilineo che rendesse visibile il palazzo fin dall’ingresso al paese ed invitasse il viandante a percorrerlo per guadagnare velocemente la meta; è quella che i tecnici definiscono “strada con fondale”. Il tracciato, in salita, fungeva da percorso cerimoniale, soprattutto in occasione degli ingressi solenni degli ospiti che arrivavano dalla città pontificia, e costituiva l’ultima parte di un sistema viario più ampio teso a collegare direttamente Caprarola con il Barco grande[12] e con la via per Roma, senza passare da Ronciglione. La realizzazione di questa Via Diritta, lunga 650 m. e con degli slarghi sistemati a distanza regolare l’uno dall’altro, comportò ovviamente abbattimenti di edifici, sbancamenti ed interramenti, ma anche la costruzione di due ponti (per superare i dislivelli del terreno) e di tutta una serie di scalinate e sottopassaggi (per ricucire le ferite inferte al tessuto urbano medievale). Lungo lo stradone e nelle aree adiacenti sorsero nuove fabbriche; diversi documenti ci informano che talune furono realizzate secondo il desegno del magnifico messer Jaco Vignola Architetto: la chiesa di S. Marco, all’ingresso del paese, e la casa del reverendo Ercole Mariani, maggiordomo del cardinale Alessandro, nella piazza antistante la chiesa della Madonna della Consolazione. Per altri due edifici sono conservati i progetti di mano del Vignola, entrambi datati 1571; si tratta del progetto per la ristrutturazione dell’Ospedale di S. Giovanni Evangelista e di quello per la realizzazione della casa di Lorenzo Paziello, che nei pressi di detto ospedale doveva sorgere. Il Barozzi operò dunque a Caprarola in una molteplice veste, quella di architetto anzitutto, ma anche di pittore prospettico, come si è visto, e di ingegnere. Oltre a ponti e strade, progettò, infatti, l’acquedotto che doveva convogliare l’acqua al palazzo e il cosiddetto “sboccatore”[13], teso ad abbassare il livello delle acque del lago di Vico in modo da conquistare nuove terre da destinare all’agricoltura. La mole degli impegni era dunque tale da richiedere una presenza pressoché costante del Vignola a Caprarola. Per questo, con ogni probabilità, egli acquistò nei pressi del Palazzo Farnese una casa fornita di cantina e stalla, anche se, all’interno del palazzo stesso, gli erano state messe a disposizione alcune stanze ricavate nel torrione adiacente all’armeria[14]; è verosimile, come è stato proposto, che utilizzasse queste ultime, quindi, non a scopi abitativi, ma come ufficio per la direzione del cantiere. [12] Per il barco grande vedi paragrafo “Ronciglione”. [13] Già i romani, o forse gli etruschi, avevano costruito un canale che permetteva di regolare il livello delle acque del lago. Nel 1562, su indicazione del Vignola, il canale fu allargato e il livello del lago ulteriormente abbassato. L’acqua che fuoriusciva da questo emissario si riversava nel Rio Vicano, subaffluente del Tevere, che a Ronciglione fungeva da forza motrice per i numerosi opifici che sorgevano lungo il suo corso, soprattutto ferriere. La regolazione del deflusso delle acque diede origine ad una lunga serie di controversie tra i proprietari delle terre emerse e i titolari delle manifatture, i cui interessi non sempre coincidevano. [14] Il torrione è quello sulla destra per chi guarda la facciata. L’armeria è la sala rotonda che ospita attualmente la biglietteria. 8

  16. Circa il rapporto dell’architetto con la comunità di Caprarola, e premesso che tutte le opere pubbliche erano a carico di detta comunità, è indicativo quanto stabilito nel consiglio del 10 maggio 1562. Dopo aver ricordato che il Vignola più volte nha dati disegni tanto al sboccatoro come altrove né mai è stato remunerato de niente, si decise che se le doni deci scudi li quali se spendino in tanto vino [...] et se le facia un presente. Dal cardinale Alessandro, invece, il Barozzi percepiva regolarmente uno stipendio; fin dal 1560 compare, infatti, nella lista dei suoi “provvisionati”. Riscuoteva all’epoca un salario di sette scudi al mese, grosso modo nella norma, che nel 1567 erano però già più che raddoppiati. Carbognano Non esistono, al momento, notizie certe circa legami di qualche sorta tra Jacopo Barozzi e Carbognano, che pur faceva parte del Ducato farnesiano di Castro e Ronciglione. Ronciglione Possedimento dei Farnese fin dal 1526, eletta a seconda capitale del Ducato di Castro, Ronciglione fu oggetto in epoca farnesiana di una radicale rivoluzione urbanistica; eppure non emergono tracce evidenti lasciate dal Vignola. Tradizionalmente viene a lui riferita la Fontana degli Unicorni, nella piazza del Popolo, ma tale attribuzione, ancorché plausibile, alla luce dei documenti appare discutibile. In effetti la fontana fu realizzata al tempo in cui il Vignola era attivo nel cantiere di Caprarola, e più precisamente entro il 1566, anno in cui vengono nominati dei periti per la stima dell’opera ormai compiuta[15], ma, se da una parte i documenti restituiscono i nomi degli scalpellini, Nuccio fiorentino e Domenico da Ronciglione, dall’altra nulla o quasi dicono dell’ideatore della fontana. E l’unico cenno esplicito in questo senso non riguarda certo il Vignola, ma lo scultore Antonio Gentile da Faenza, di cui il Baglione[16] dice: fece diversi disegni in particolare di fontane assai gratiose e quella di Ronciglione per il card. Alessandro Farnese riuscì per disegno e per opera eccellente. Gli storici accennano poi ad un palazzo, distrutto dai bombardamenti durante l’ultima guerra mondiale, che sarebbe stato costruito dal Barozzi nel 1542 per il duca Pierluigi in via della Campana, ma, a parte l’assenza di altre conferme, la datazione sembra essere troppo precoce per rendere attendibile l’attribuzione. Allo stesso modo non è dimostrabile la notizia secondo cui sia la Porta Romana che la chiesa della Madonna della Pace sarebbero state costruite utilizzando dei disegni del Vignola. Ricade oggi quasi totalmente nel territorio di Ronciglione la località in cui il cardinale Alessandro Farnese aveva fatto realizzare un sontuoso luogo di delizie, adibito principalmente a riserva di caccia, noto come “Barco grande” per distinguerlo da quello più piccolo e più tardo creato a ridosso del palazzo di Caprarola. [15] Giovanni Baglione (Roma 1566-1644), pittore e storiografo, pubblicò nel 1642 Le vite de’ pittori, scultori et architetti, ricche di informazioni e giudizi critici sugli artisti presi in considerazione. [16] Tra le decorazioni della vasca compare anche lo stemma del cardinal Ranuccio, morto nel 1565, segno che la fontana deve essere stata concepita mentre egli era ancora in vita. 9

  17. Concepito a partire dal 1569, si estendeva per 88 ettari su un’area di forma pentagonale racchiusa da un muro lungo 3.700 metri, era popolato da una grande varietà di animali e dotato di un laghetto artificiale, dal quale emergeva un’isola, e di un casino di caccia. Si deve credere che il complesso, anche per le relazioni esistenti con il palazzo di Caprarola, sia stato ideato dal Vignola, sebbene il detto casino, di cui oggi rimangono soltanto ruderi, sia stato costruito dopo la sua morte da Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù. Proprio da questo casino di caccia proviene il portale murato negli anni sessanta del secolo scorso in una piazzetta del borgo medievale di Ronciglione. San Martino al Cimino Non sembrano esistere legami tra il Vignola ed il centro di S. Martino al Cimino, nemmeno per tradizione. D’altra parte all’epoca del Vignola non esisteva a S. Martino che uno sparuto gruppo di case a ridosso dell’abbazia cistercense. Va segnalato però che, proprio negli anni in cui il Vignola era al loro servizio, il cardinal Ranuccio prima e il cardinale Alessandro Farnese poi rivestirono il ruolo di commendatari (cioè una sorta di amministratori) della detta abbazia. Che si siano rivolti al Vignola in ordine a qualche problema strutturale che indubbiamente a quel tempo l’edificio doveva presentare? Al momento non ci è dato saperlo. Soriano nel Cimino Alcuni storici locali, ma non solo, attribuiscono al Vignola il progetto del Palazzo di Papacqua, voluto dal cardinale Cristoforo Madruzzo e poi abitato, nonché trasformato, dagli Albani e dai Chigi. Madruzzo, vescovo di Trento, aveva acquisito nel 1560 il feudo di Soriano e Gallese e, approfittando dell’amenità dei luoghi, aveva deciso di edificare una residenza sui monti Cimini da destinare agli “ozi”, così come stavano facendo e faranno in quegli anni il cardinale Farnese a Caprarola, il Gambara a Bagnaia e Vicino Orsini a Bomarzo. Abbiamo notizia di una stretta frequentazione tra tutti questi personaggi, che si scambiavano consigli e visite di cortesia nelle rispettive dimore. Madruzzo e Farnese, in particolare, si conoscevano da tempo e si spedivano spesso lettere e doni; sappiamo, per esempio, che nel 1573 il principe trentino mandò a Caprarola “cinque indiani”, ossia cinque tacchini, perché facessero la guardia nel barco del cardinale Alessandro. In assenza di notizie certe sull’architetto di Papacqua, dunque, si è attribuita l’ideazione del palazzo al Vignola solo sulla base di questo legame, indubbiamente attestato, tra il suo committente ed il cardinal Farnese, alle cui dipendenze il Vignola operava. Oggi, invece, grazie alla ricerca d’archivio, sono stati chiariti sia i tempi della costruzione che la sua paternità: il palazzo di Madruzzo è stato costruito tra il 1564 e il 1572 dall’architetto perugino Ottaviano Schiratti. Vallerano A Vallerano il nome del Vignola viene associato all’edificio più rappresentativo del luogo, la bella chiesa della Madonna del Ruscello, che si dice edificata su suo disegno. La chiesa fu eretta in territorio farnesiano nei primi anni del Seicento, probabilmente anche con il concorso del cardinal Farnese - questa volta Odoardo, pronipote di Alessandro -, a seguito di un miracolo verificatosi nel 1604 (o 1605). 10

  18. Narra infatti la tradizione che, nel luogo dove ora sorge la chiesa, ci fosse una cappella con un’immagine della Madonna col Bambino, molto venerata ma altrettanto deteriorata, visto che, tornando dai boschi dove ci si recava a far legna, tutti solevano appoggiarvi le fascine mentre si lavavano all’acqua del vicino ruscello. Si decise per questo di restaurare il dipinto, ma, quando il pittore si accinse a farlo, vide sgorgare sangue dal labbro della Madonna. Subito dopo il fatto miracoloso, e con le offerte dei pellegrini accorsi, si diede inizio alla costruzione del santuario. E’ chiaro che, se così andarono i fatti, il Vignola non può aver progettato più di trent’anni addietro, prima cioè della sua morte, una chiesa che a quell’epoca nessuno pensava ancora di costruire. Se un suo disegno è stato utilizzato, ipotesi non suffragata da nulla, sicuramente non era stato pensato per Vallerano. Vetralla Vetralla non faceva parte del Ducato di Castro e Ronciglione, ma nel 1540 passò ugualmente sotto la giurisdizione del cardinale Alessandro Farnese, che la amministrò per conto dello Stato della Chiesa in qualità di governatore perpetuo. La comunità si rivolse più volte all’architetto del cardinale. Si ha notizia di una fabbrica ad uso granaio o magazzino costruita su disegno del Vignola e, anche quando si decise di costruire l’acquedotto ed una nuova porta nelle mura urbiche, ci si dovette rivolgere al Barozzi; sia l’acquedotto che la porta Romana, però, vennero realizzate a partire dal 1574, subito dopo la morte del Barozzi, su disegno dell’architetto che gli succedette alle dipendenze del cardinale Alessandro, Giovanni Antonio Garzoni. Fu sempre il Garzoni a disegnare le insegne del cardinale e quelle di Vetralla, apposte sopra la porta, nonché l’iscrizione che ricordava il governatore e riportava la data 1575. La porta non esiste più, è stata distrutta durante la seconda guerra mondiale. A Vetralla la tradizione attribuisce al Vignola anche l’ideazione di alcuni palazzi, quello comunale, palazzo Franciosoni e palazzo Brugiotti, ma nessun documento conferma tale paternità. Vignanello Nel 1531 Vignanello venne concesso in feudo perpetuo da papa Clemente VII a Beatrice Farnese, nipote del futuro Paolo III. Da lei passò al genero, Sforza Marescotti, marito della figlia Ortensia. E’ a questo periodo che risale la riedificazione della rocca, costruita, sembra, dai benedettini qualche secolo prima. E’ molto probabile che Beatrice Farnese ed il conte Marescotti si siano rivolti per il progetto all’architetto che a quell’epoca era al servizio dei Farnese e stava costruendo per loro la fortezza di Caprarola, ossia Antonio da Sangallo il Giovane. Quando, nel 1569, il figlio di Sforza Marescotti, Alfonso, decise di trasformare la fortezza di Vignanello in un palazzo, era logico che anche lui guardasse al cantiere di Caprarola, dove il nuovo architetto dei Farnese, Vignola, stava compiendo per il cardinale Alessandro un’operazione analoga[17]. Un documento relativo a questa fase dei lavori cita il Vignola e sembra confermare questa ipotesi. [17] Vedi sopra paragrafo “Caprarola”. 11

  19. Dai Marescotti, bolognesi – e qui forse c’è un altro punto di contatto con il Barozzi –, scaturì la dinastia dei Marescotti Ruspoli che tenne il feudo di Vignanello fino al 1816. Ai Ruspoli appartiene tuttora il castello. A Vignanello si dice poi realizzata su disegno del Vignola la porta del paese rivolta verso Vallerano, chiamata porta del Molesino o, appunto, del Vignola. Non ha molto a che vedere con l’architetto farnesiano: è stata costruita a seguito dell’ampliamento dell’abitato più di un secolo dopo la sua morte, nel 1692, per volere del conte Alessandro Marescotti Capizucchi. Vitorchiano Non esistono, al momento, notizie certe circa legami di qualche sorta tra Jacopo Barozzi e Vitorchiano, che, si dica per la cronaca, non faceva parte del Ducato di Castro e Ronciglione. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE - Jacopo Barozzi da Vignola (a cura di R.J. TUTTLE, B. ADORNI, C.L.FROMMEL, C. THOENES), Milano 2002 - Vignola e i Farnese (a cura di C.L.FROMMEL, M. RICCI E R.J. TUTTLE), Atti del Convegno internazionale Piacenza 18-20 aprile 2002, Milano 2003 - I Vignola: Giacomo e Giacinto Barozzi (a cura di A. LUDOVISI E G. TRENTI), Vignola 2004 - F.T FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù: l’architetto dei Farnese a Caprarola dopo il Vignola, in “Biblioteca e Società”, VII-VIII, 1985-1986, pp. 3-24 - F.T FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Ottaviano Schiratti da Perugia: l’architetto di Papacqua per Cristoforo Madruzzo, in“Arte e Accademia – ricerche studi attività ‘89”, Viterbo 1990, pp. 145-193 - F.T FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Palazzo Farnese a Caprarola. Altre opere a Caprarola e nel Lazio, in Jacopo Barozzi da Vignola a cura di R.J. TUTTLE, cit., pp. 210-233, 234-243 - F.T FAGLIARI ZENI BUCHICCHIO, Il Vignola nella Tuscia, in Vignola e i Farnese a cura di C.L.FROMMEL, cit., pp. 101-108 12

  20. Caprarola -Il Vignola e il Gran Palazzo - Le sue vie - Ville e villini - Vedute panoramiche - Le chiese - Feste e processioni - Cortei e gruppi - “La Colonia” - Le scuole - Il lago di Vico 13

  21. Caprarola – Il Vignola e il Gran Palazzo “Dettaglio del Palazzo Farnese” La cartolina fu spedita a Roma il 28 luglio 1934. Editore Giuseppe Caprinozzi “Parte delle scalinate del Palazzo Farnese” La cartolina fu spedita a Roma il 26 luglio 1914. Editore Giacinto Mastrocola 14

  22. Caprarola – Il Vignola e il Gran Palazzo “Sala del Mappamondo” La cartolina fu spedita a Biot in Francia il 19 luglio 1928. Si vede la stanza abbondantemente arredata con mobili, tende ed arazzi. Editore Giacinto Mastrocola “Cortile del Palazzo Farnese, opera del Vignola” La cartolina fu spedita a Roma il 7 marzo 1914 ed è scritta in francese. 15

  23. Caprarola – Le sue vie “Palazzo del Governatorato” La cartolina fu spedita a Livorno il 20 luglio 1938. In questo periodo lo stabile veniva ancora ceduto in affitto ad uso magazzino. Editrice Margherita Martinelli ”Palazzo Farnese” La cartolina fu spedita a Roma il 25 luglio 1905. Al centro dell’inquadratura, la scolaresca accompagnata dal maestro e da un sacerdote seguiti da un somaro; inoltre, una mangiatoia e un campo coltivato oggi occupato da abitazioni. Editore Luigi Nocera 16

  24. Caprarola – Ville e villini “Villino Luigi Franceschini” La cartolina fu spedita a La Quercia il 22 settembre 1908. Situato nei pressi delle scuderie Farnese, il villino (sotto fotografato da un’angolazione diversa) è oggi difficile da identificare a causa delle numerose trasformazioni. Editore Danesi “Villa Pazielli – S. Liborio” La cartolina fu spedita a Roma il 12 luglio 1934 alla “madre superiora delle Figlie di Maria Immacolata”. La villa è situata in località S. Liborio; durante il ventennio fascista ospitò spesso importanti personaggi politici. 17

  25. Caprarola – Vedute panoramiche “Panorama generale” La cartolina fu spedita a Siracusa il 24 agosto 1937. Una delle prime vedute aeree di Caprarola. Editore Nazzareno Gasperini “Veduta aerea” L’immagine risale agli anni ’50, ma la cartolina fu spedita a Roma il 26 aprile 1971. Editore Egidio Mascagna 18

  26. Caprarola – Le Chiese “Interno Chiesa di S. Teresa” La cartolina fu spedita a Forte dei Marmi il 22 agosto 1941. Editrice Margherita Martinelli Caprarola – Feste e processioni “Processione di S. Antonio” La processione risale agli inizi del 1900. Nelle immagini si vedono la banda musicale che accompagna il Santo e la “Via diritta” addobbata con i festoni di alloro. La processione di S. Antonio a Caprarola è molto particolare in quanto vi partecipano esclusivamente gli uomini. Editore Giuseppe Gasperini. 19

  27. Caprarola – Cortei e gruppi Raduno a Caprarola Foto di gruppo del Raduno del 1931. Foto cartolina privata – Fotografo Mariano Tremoni Caprarola – “La Colonia” Colonia “A. Scambelluri”. Caprarola 1935. I bambini consumano il pranzo. Foto cartolina privata. – Fotografo Mariano Tremoni 20

  28. Caprarola – Le scuole Interno dell’aula di una classe maschile.Foto cartolina privata Caprarola – Il Lago di Vico “Veduta del Lago di Vico” La cartolina fu spedita a Roma il 18 gennaio 1929. Editore Ignazio Mascagna 21

  29. Bagnaia Canapina Capranica Carbognano Ronciglione San Martino al Cimino Soriano nel Cimino Vallerano Vetralla Vignanello Vitorchiano 22

  30. Bagnaia “Piazza XX Settembre - Saluti da Bagnaia” L’immagine risale ai primi anni del 1900. Editore Mattioli Canepina “Monastero Purissimo Sangue” Immagine databile agli anni ’50. Editore Silvio Vettraino 23

  31. Capranica “Panorama da levante” La cartolina fu spedita a Roma il 21 luglio 1915. In basso, la via Cassia, ancora stretta e sterrata, costeggia la rupe su cui è arroccato il paese. Editore Mantrici Carbognano “Piazza del Comune” Immagine della piazza ad inizio ’900. Editore Demetrio Carosi 24

  32. Ronciglione “Via della Campana (Fontana del Vignola)” La fontana, qui attribuita al Vignola, oggi si colloca in un contesto molto diverso a causa del bombardamento subito durante l’ultimo conflitto mondiale. Editore Giacomo Sillani San Martino al Cimino “Via dei Villini” La cartolina fu spedita ad Alassio il 1° settembre 1917. Editore Zafferino Mattioli. 25

  33. Soriano al Cimino “Palazzo Ghigi (Vignola)” Immagine degli anni ’20. Erroneamente attribuito al Vignola, il palazzo in realtà fu progettato da Ottaviano Schiratti. Editore Carolina Catalani Vallerano “Saluti da Vallerano” Cartolina a multivedute degli inizi del 1900. Editore A. Ragazzi 26

  34. Vetralla Cartolina Commemorativa Cartolina realizzata in occasione dei “Solenni festeggiamenti per l’incoronazione di Maria Santissima Immacolata” svolti a Vetralla nei giorni 8-9-10 settembre 1905. Vignanello “Saluti da Vignanello” Immagine degli inizi del 1900. La torre dell’immagine a sinistra è stata abbattuta e il contesto profondamente mutato. La cosiddetta “Porta del Vignola” risale in realtà al 1692. Editore Paolo Bianchi 27

  35. Vitorchiano “Monumento ai Caduti” Immagine degli anni ’30 con il monumento poi rimosso. Editori Scaramucci e Poli 28

  36. Indice Introduzione pag. 1 Il Vignola - La vita e le opere nel viterbese pag. 2 Caprarola pag. 13 Il Vignola e il Gran Palazzo pag. 14 Le sue vie pag. 16 Ville e villini pag. 17 Vedute panoramiche pag. 18 Le chiese pag. 19 Feste e processioni pag. 19 Cortei e gruppi pag. 20 “La Colonia” pag. 20 Le scuole pag. 21 Il lago di Vico pag. 21 Bagnaia pag. 23 Canapina pag. 23 Capranica pag. 24 Carbognano pag. 24 Ronciglione pag. 25 San Martino al Cimino pag. 25 Soriano nel Cimino pag. 26 Vallerano pag. 26 Vetralla pag. 27 Vignanello pag. 27 Vitorchiano pag. 28 29

  37. Finito di stampare nel mese di Dicembre Tipografia Grazini & Mecarini - Via dei Sindacati, 13 - Viterbo

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