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Angelo Diotti gennaio 2009 Cronache da Roma antica

Moribus antiquis res stat Romana virisque [Ennio, Annales 156] . Mos maiorum: la tradizione degli antenati, percepita come il fondamento della civilt

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Angelo Diotti gennaio 2009 Cronache da Roma antica

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Presentation Transcript


    1. Angelo Diotti gennaio 2009 Cronache da Roma antica Esempi di mos maiorum Vita quotidiana dei Romani

    3. Il cardine del mos maiorum Lo stato ? istituzione creata non per assicurare il benessere dei singoli cittadini, ma patrimonio ideale e materiale appartenente a tutto il popolo: la respublica (‘cosa di tutti’). L’interesse dello stato, il bene comune della società era preminente rispetto all’interesse individuale.

    4. Gli antenati come modello: maiores, boni mores, virtutes La concezione etica dello stato si fondava sulla virtus, cioè la consapevole affermazione della forza morale manifestata e incarnata attraverso i retti costumi (boni mores). Infatti i costumi degli avi (mores maiorum) erano il modello, l’esempio da seguire perché i posteri a loro volta li potessero imitare.

    5. Le virtù fondamentali del mos pietas, rispetto di obblighi e doveri che ci legano agli altri (patria, genitori, dèi, amici); era alla base dei valori della romanità – insieme con la virtus militare - e designava la subordinazione dell’uomo al mondo divino e l’amore per la patria e la famiglia (pius Aeneas); frugalitas, sobrietà di vita (? luxuria); fortitudo, incorruttibilità, forza morale, coraggio valoroso; probitas o integritas, onestà, disinteresse ? correttezza dei rapporti privati e pubblici

    6. gravitas, maestà, autorevolezza, serietà; intesa come senso dell’onore e della dignità tipico del magistrato e del civis ideale; constantia, coerenza e tenacia nel perseguimento degli obiettivi, forza d’animo; era la salda perseveranza, l’equilibrio di comportamento; fides, lealtà, rispetto della parola data: distingueva i Romani da altri popoli, talora descritti come inaffidabili (?perfidia Punica, “slealtà tipica dei Cartaginesi”; Livio XXI, 4).

    7. Il civis Romanus ideale Cincinnato: pietas (senso del dovere), umiltà e disinteresse: aranti L. Quinctio Cincinnato nuntiatum est eum dictatorem esse factum (Cic., Cato maior XVI) ? 458 a.C.: il “Riccioluto”, nominato dictator per 6 mesi, vince gli Equi, sul monte Algido, in soli 16 giorni, poi torna ai suoi 4 iugeri di terreno (100 m di lato) nel suo tugurium (Liv. III, 26) con la moglie Racilia.

    8. Manio Curio Dentato: frugalitas, probitas, fortitudo ? eroe plebeo che sconfisse i Sanniti (290 a.C.), i Sabini (290) e il re dell’Epiro Pirro (275); passò alla storia per le sue grandi doti morali: Samnitium legatis se in agresti scamno adsidentem foco et ligneo catillo cenantem spectandum praebuit: ille enim Samnitium divitias contempsit... “Mementote me nec acie vinci, nec pecunia corrumpi posse”. (Val. Mass., IV, 3,5)

    9. Attilio Regolo: fides Romana e fortitudo ? console nel 256 a.C.: sconfitto e catturato in Africa dai Cartaginesi, fu inviato a Roma sulla parola (fides) per concordare uno scambio di prigionieri e negoziare la pace. Ma egli esortò il senato a respingere la proposta, poi tornò in Africa ove subì atroci torture e fu ucciso. Regressus igitur ad Africam, omnibus suppliciis extinctus est. (Eutr., Brev.II, 25)

    10. Virtù al femminile castitas e fides, fedeltà all’amore coniugale; ? casta fuit, domum servavit, lanam fecit [epigrafe fun. II sec. a.C.] bona fama, buon nome, reputazione; dignitas o pudor, senso dell’onore, rispettabilità; decus o decorum, onorabilità, convenienza

    11. Porcia: il coraggio di fronte alla morte ? figlia di Catone Uticense (suicida nel 46 a.C.) è sposa di Giunio Bruto, che sta ordendo la congiura per uccidere Cesare. Legata indissolubilmente al marito, nella vita e nella morte, e di idee repubblicane, si ferisce col rasoio: prova di suicidio nel caso in cui il dittatore non venga ucciso. “Experiri volui, si tibi propositum ex sententia parum cessisset, quam aequo animo me ferro essem interemptura”. (Val. Mass. III, 2, 15)

    12. Arria: amore ed eroico coraggio 42 d. C. ? Cecina Peto, marito di Arria Maggiore congiurò contro l’imperatore Claudio. Fallita la congiura Peto fu costretto al suicidio. Arria, che già in occasione della malattia e della morte di un figlio aveva mostrato un coraggio eccezionale, si trafisse per prima con il pugnale per dare l’esempio al marito. Casta suo gladium cum traderet Arria Paeto, quem de visceribus strinxerat ipsa suis, «Si qua fides, vulnus quod feci non dolet – inquit - sed tu quod facies, hoc mihi, Paete, dolet». (Marz. Ep.I, 13)

    13. Paolina: l’amore fedele aprile 65 d.C. ? Seneca è coinvolto nella “congiura di Pisone”, ordita contro Nerone ma ben presto scoperta. Riceve l’ordine di uccidersi, e con coraggio affronta la morte tagliandosi le vene, imitato dalla fedele moglie Paolina. ...eodem ictu brachia ferro exsolvunt. (Tac., Ann. XV, 63) «d’un sol colpo con la spada si tagliano le vene delle braccia» Ma in extremis arriva l’ordine di Nerone, dato forse per evitare un’eccessiva impopolarità: Paolina non deve morire. E gli schiavi riescono a salvare la coraggiosa donna. [?testi antologici in Legenda, B. Mondadori 2006, pp.54-77]

    14. L’humanitas da Terenzio a Cicerone all’Umanesimo Nel II secolo a.C. le antiche virtutes non bastano più al nuovo uomo romano che, grazie all’influsso ellenistico, scopre l’humanitas, virtù “privata” che regola i rapporti interpersonali. Homo sum: humani nil a me alienum puto. (163 a.C.: Ter., Heaut. 77) “Sono un uomo: non considero estraneo a me nulla di ciò che riguarda l’uomo”. humanitas: filantropìa, solidarietà con il prossimo, raffinatezza di cultura e di costumi, saggezza, moderazione, equilibrio.

    15. La corruzione dei mores “Allora [dopo la fine di Cartagine, 146 a.C.] crebbe anzitutto la brama di denaro, poi di potere: questa fu, per così dire, alimento di tutti i mali. Infatti l'avidità (avaritia) sovvertì la fedeltà (fidem), la rettitudine (probitatem) e ogni altro buon comportamento; al posto di questi insegnò la superbia e la crudeltà, insegnò a trascurare gli dèi e a dare un prezzo a ogni cosa (omnia venalia habere) . L'ambizione spinse molti a diventare falsi, a tenere una cosa chiusa nel cuore e un'altra sulle labbra, a valutare amicizie e inimicizie non in base al merito, ma in base al proprio interesse (ex commodo), ad avere un volto buono piuttosto che un animo buono”. (Sall., De Cat. con., 10)

    16. Sempronia: colta e spregiudicata E’ tra le donne della congiura di Catilina (63 a.C.): “Esperta nelle lettere greche e latine, suonava la cetra e danzava con raffinatezza maggiore di quanto si addica ad una donna perbene, e aveva molte altre doti che sono strumenti di piacere. Ma tutto le fu sempre più caro del decoro (decus) e del pudore (pudicitia); non si comprenderebbe facilmente se tenesse in minor conto il denaro o la reputazione (fama); una libidine così ardente da cercare lei gli uomini più di quanto questi cercassero lei”. (Sall., De Cat. con., 25) Affascinante e colta, ma anche spregiudicata e avida di ricchezza, ella incarna l'esatto opposto dell'ideale della matrona Romana della tradizione.

    17. Gaio Verre: un politico corrotto ? propretore in Sicilia nel 73-71 a.C., processato nel 70: “Verre va continuamente dicendo che devono temere coloro che hanno rubato di nascosto solo ciò che basta per loro, mentre lui ha rubato apertamente tanto che può bastare a molte persone; e afferma che non c’è nulla tanto sacro che il denaro non possa violare e nessun luogo tanto fortificato che il denaro non possa espugnare... Come ha compiuto le sue ruberie alla luce del sole, così, nella speranza di corrompere i giudici, ha sbandierato a tutti i suoi piani e i suoi tentativi”. (Cic., Verr. I, 2)

    18. Vita quotidiana dei Romani La nascita con il gesto simbolico di “alzare in alto il figlio” il paterfamilias riconosceva il neonato come figlio suo e l’accoglieva nella famiglia, legittimandolo socialmente.

    19. La scuola

    20. tre cicli: scuola primaria o elementare (ludus litterarius), scuola del grammaticus e scuola del rhetor 1. scuola primaria: un ludi magister (maestro) o diversi maestri specializzati facevano lezione a un gruppo di 20-30 allievi, dai 6 agli 11 anni d’età. ?lettura, scrittura e aritmetica Il maestro sedeva sulla cathedra, gli alunni su sgabelli, tenendo sulle ginocchia tutto l’occorrente per le lezioni:

    21. foglio di papiro (charta), rotoli di papiro (volumina), tavolette cerate (pugillares o cerae) su cui si scriveva con la punta dello stilus, di legno o di metallo (con l’altra estremità, piatta, si cancellava). Se si usava il papiro o la pergamena, allora l’allievo usava una penna (calamus), che intingeva nel calamaio (atramentarium) con l’inchiostro nero (atramentum) o rosso (minium).

    22. L’anno scolastico iniziava a marzo ed erano previsti giorni di festa e di vacanza estivi, oltre a un giorno di riposo ogni otto, il giorno di mercato (nundinae). Per chi non aveva voglia di studiare: ? punizioni corporali, colpi di bacchetta sulle dita o frustate sulla schiena nuda. Ne sapeva qualcosa anche Orazio, che sperimentò i metodi punitivi del maestro, il plagosus Orbilius (il manesco Orbilio, prodigo di sferzate; Epist. II, 1)

    23. 2. scuola del grammaticus ? studio della lingua e letteratura latina e greca apprese soprattutto a partire dai poeti (Omero per il greco, Andronico ed Ennio per il latino, ma poi anche Terenzio, Sallustio, Cicerone, Virgilio) nonché la lettura e la recitazione di testi e le nozioni fondamentali di geografia, storia, astronomia.

    24. 3. scuola del rhetor, il maestro di eloquenza ? diritto, classici greci e latini, arte di parlare in pubblico (rhetorica, oratoria) e di convincere l’uditorio [? preparava i giovani allievi alla vita politica e all’attività forense (avvocati)], filosofia, matematica e medicina.

    25. I... master dell’antichità ? per i figli delle famiglie benestanti ? un perfezionamento nelle scuole filosofiche e scientifiche più rinomate del mondo antico, come quelle di Atene, Alessandria, Rodi o Pergamo

    26. L’alimentazione I Romani consumavano generalmente tre pasti al giorno: la prima colazione (ientaculum), lo spuntino di mezzogiorno (prandium) e il pasto principale (cena o epulae vespertinae): 1. ientaculum, consumato verso le 8, a base di pane condito con sale e vino, formaggio, olive, frutta secca, latte e miele. I più poveri inzuppavano il pane nel latte o nel vino.

    27. 2. il prandium di mezzogiorno: uno spuntino veloce a base di cibi leggeri (uova, pesci, legumi, frutta di stagione), spesso avanzati i giorni precedenti. Vi partecipavano pure i ragazzi rientrati a casa per la... “pausa-mensa”. Un thermopolium ?

    28. 3. la cena, il pasto principale: ? iniziava fra le ore 16 e le 18; per le famiglie povere si esauriva nella puls, un “pasticcio” di farina con verdure e legumi; per le famiglie benestanti durava ca. tre ore, si teneva nel triclinium (la sala da pranzo) e spesso continuava con giochi, recitazioni poetiche, conversazioni fra parenti e amici, ascolto di brani musicali.

    29. La cena era divisa in tre momenti: 1. la gustatio, serie di antipasti per stuzzicare l’appetito, come uova, insalata di lattuga, funghi, olive, crostacei, salsicce piccanti, cetrioli, tartufi, insalate e salse varie, il tutto innaffiato dal mulsum (vino misto a miele o acqua)

    30. 2. la prima mensa, varie portate (fercula) di pesce, uccelli, carni di manzo, agnello e maiale; 3. la secunda mensa, il nostro “dessert”: frutta fresca e secca, dolci vari a base di miele e, per finire, le mele ?Ab ovo usque ad mala La bevanda classica era il vino diluito con acqua o… acqua di mare, e addolcito con miele, talvolta con spezie o resine profumate.

    31. Le salse I Romani erano ghiotti di salse, per lo più molto piccanti, impiegate per condire le carni e il pesce. La più amata era una salsa piccante, chiamata garum o liquamen, preparata con interiora e pezzetti di pesce salato, ridotti in poltiglia e fatti fermentare al sole, dal sapore molto acido. ?Una curiosità: i Romani conoscevano già gli stuzzicadenti (dentiscalpia)!

    32. Una civiltà sui muri: i graffiti Si quis non vidit Venerem quam pinxit Apelles pupa mea aspiciat: talis et illa nitet (CIL IV 6842) Se qualcuno non ha visto la Venere che ha dipinto Apelle, guardi la mia bambola: è splendida come lei. Amantes ut apes vita mellita exigunt. Vellem (CIL IV 8408) Gli innamorati, come api, vivono la (loro) vita nel miele. Magari! Gli autori sono colti, ma dimenticano le m dell'accus. pronunciate debolmente o ignorate ? errore d’ortografia. Abiat Venere Bompeiiana iratam qui hoc laesaerit (CIL IV 538) I graffiti rivelano la pronuncia reale!

    33. Vita quotidiana: maledetti gli osti! Talia te fallant utinam mendacia, copo: tu vendes acuam et bibes ipse merum. (CIL IV, 3948) Che questi imbrogli possano ingannare te, oste: (a noi) vendi acqua, ma tu bevi il vino buono. ¦ copo sta per caupo; ¦ vendes acuam sta per vendis aquam (acuam è forma popolare, come acqua); ¦ bibes va corretto in bibis. ? sermo plebeius o rusticus : verso le lingue romanze [candelabrus, fatus, caelus, vasus, vinus; mi, bellus, orem]

    34. I ludi: uno sponsor famoso M. Casellium Marcellum aedilem bonum et munerarium magnum (CIL IV, 4999) M. Casellio Marcello, edile generoso e grande sponsor di combattimenti gladiatorii ? munus: 1. dovere, carica 2. impegno, obbligo 3. prodotto, opera 4. dono, regalo 5. tributo, offerta funebre (Catull., 101) 6. spettacolo pubblico, combattimento tra gladiatori ? munerarius: chi offre uno spettacolo di gladiatori

    35. Un ludus gladiatorius A. Suetti Certi aedilis familia gladiatoria pugnabit Pompeiis pridie Kalendas Iunias; venatio et vela erunt (CIL IV, 1189) La squadra di gladiatori dell’edìle Aulo Suettio Certo combatterà a Pompei il 31 maggio; ci saranno la lotta con le belve e i teloni.

    36. Propaganda elettorale: un candidato panettiere C. Iulium Polybium aedilem oro vos faciatis: panem bonum fert (CIL IV, 429) Vi chiedo di eleggere edile Gaio Giulio Polibio: fa il pane buono

    37. Gli orefici scendono in campo C. Cuspium Pansam aedilem aurifices universi rogant (CIL IV, 710) Tutti quanti gli orefici Propongono Gaio Cuspio Pansa come edìle

    39. I nani sulle spalle dei giganti “Noi siamo come nani che stanno sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più lontano di loro non grazie alla nostra statura o all’acutezza della nostra vista, ma perché, stando sulle loro spalle, stiamo più in alto di loro” . [Bernardo di Chartres, filosofo, 1100-1169] I classici sono i nostri giganti: “servono” a capire chi siamo e dove siamo arrivati. “Il futuro ha un cuore antico” (C. Levi)

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