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MODELLAZIONE DEGLI EDIFICI IN MURATURA

MODELLAZIONE DEGLI EDIFICI IN MURATURA. La muratura è un materiale composito ottenuto mediante la sovrapposizione di elementi resistenti , il più delle volte regolarizzando le superficie di contatto fra gli elementi con un legante - malta.

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MODELLAZIONE DEGLI EDIFICI IN MURATURA

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Presentation Transcript


  1. MODELLAZIONE DEGLI EDIFICI IN MURATURA La muratura è un materiale composito ottenuto mediante la sovrapposizione di elementi resistenti, il più delle volteregolarizzando le superficie di contatto fra gli elementi con un legante - malta. Le modalità di disposizione degli elementi sono le più varie, specialmente se consideriamo l'edilizia storica. Per il momento ci riferiamo ad un modello semplice, costituito da elementi in blocchi parallelepipedi disposti regolarmente.

  2. Le caratteristiche • che qualificano il comportamento meccanico della muratura: • disomogeneità (differenza di comportamento da punto a punto) • anisotropia (differenza di comportamento nelle diverse direzioni) • asimmetria di comportamento compressione-trazione • non linearità del legame sforzi-deformazioni • non linearità di tipo geometrico

  3. il “micromodello”, o modello “a due materiali”; il “macromodello” o modello con “materiale equivalente”. Nel modello a due materiali, la discretizzazione segue l’effettiva geometria del sistema, adottando modelli costitutivi differenti per i blocchi lapidei o mattoni e per i giunti di malta. Particolare attenzione deve essere posta nella modellazione dei giunti, dato che gli scorrimenti a livello dei giunti spesso determinano l’attivazione e la propagazione delle fessure. Quindi, in questo approccio, blocchi e malta sono rappresentati con elementi continui, mentre l’interfaccia blocco-malta è rappresentata attraverso elementi discreti. Tale approccio può sembrare molto ragionevole, tuttavia, il suo maggior svantaggio consiste nel numero estremamente elevato di elementi da generare quando la struttura si fa più importante e complicata. E’ proprio questo motivo che rende improbabile l’utilizzo dei micromodelli per l’analisi di grossi elementi strutturali, oltre al fatto che l’effettiva distribuzione dei blocchi e dei giunti può essere davvero difficile, se non impossibile, da identificare, a meno di non eseguire indagini spesso invasive e costose. Modelli che tengano conto di tutte queste caratteristiche sono detti: “micromodelli”, o “modelli a due materiali” In tali modelli, la discretizzazione segue l’effettiva geometria del sistema, adottando modelli costitutivi differenti per i blocchi lapidei o mattoni e per i giunti di malta. Particolare attenzione deve essere posta nella modellazione dei giunti, dato che gli scorrimenti a livello dei giunti spesso determinano l’attivazione e la propagazione delle fessure. Quindi, in questo approccio, blocchi e malta sono rappresentati con elementi continui, mentre l’interfaccia blocco-malta è rappresentata attraverso elementi discreti.

  4. il “micromodello”, o modello “a due materiali”; il “macromodello” o modello con “materiale equivalente”. Nel modello a due materiali, la discretizzazione segue l’effettiva geometria del sistema, adottando modelli costitutivi differenti per i blocchi lapidei o mattoni e per i giunti di malta. Particolare attenzione deve essere posta nella modellazione dei giunti, dato che gli scorrimenti a livello dei giunti spesso determinano l’attivazione e la propagazione delle fessure. Quindi, in questo approccio, blocchi e malta sono rappresentati con elementi continui, mentre l’interfaccia blocco-malta è rappresentata attraverso elementi discreti. Tale approccio può sembrare molto ragionevole, tuttavia, il suo maggior svantaggio consiste nel numero estremamente elevato di elementi da generare quando la struttura si fa più importante e complicata. E’ proprio questo motivo che rende improbabile l’utilizzo dei micromodelli per l’analisi di grossi elementi strutturali, oltre al fatto che l’effettiva distribuzione dei blocchi e dei giunti può essere davvero difficile, se non impossibile, da identificare, a meno di non eseguire indagini spesso invasive e costose. Tale approccio può sembrare molto ragionevole, tuttavia, il suo maggior svantaggio consiste nel numero estremamente elevato di elementi da generare quando la struttura si fa più importante e complicata. E’ proprio questo motivo che rende improbabile l’utilizzo dei micromodelli per l’analisi di grossi elementi strutturali, oltre al fatto che l’effettiva distribuzione dei blocchi e dei giunti può essere davvero difficile, se non impossibile, da identificare, a meno di non eseguire indagini spesso invasive e costose.

  5. Parete della navata sinistra della chiesa di S. Maria Forisportam a Lucca

  6. Il modello

  7. Andamento della tensione principale massima per carichi verticali – analisi lineare

  8. tensione principale massima per carichi verticali lungo le lesioni 1 e 2

  9. tensione principale massima: confronto risultati analisi lineare e analisi non lineare (rosso: valore massimo)

  10. Per condurre l’analisi di costruzioni complesse si deve ricorrere a modelli "semplificati", che peraltro talvolta sono tutt'altro che semplici: i "macromodelli" il cui scopo è di cogliere con sufficiente approssimazione il comportamento di macroelementi (pannelli) semplici, mediante i quali è possibile valutare la risposta globale della struttura.

  11. Nell'ambito della macromodellazione, si hanno tipologie molto diversificate di modelli. La base di tali modelli è costituita dall'osservazione sperimentale, in particolar modo degli effetti dei terremoti sulle costruzioni esistenti. L'analisi non lineare statica viene considerata il più efficace strumento per determinare la risposta sismica degli edifici in muratura. In Italia, l'introduzione a livello normativo di metodi di analisi statica non lineare risale ai primi anni '80: metodo POR – DT2 Regione Friuli (a seguito del terremoto del 1976)

  12. La risposta di una costruzione in muratura al terremoto, e quindi la crisi, può essere di due tipi: Locale: si verifica quando gli elementi che compongono la costruzione non sono efficacemente collegati fra loro. In queste condizioni ciascun elemento deve far fronte per conto proprio alle azioni di inerzia che si generano nelle masse propria e direttamente portata. In generale, gli elementi più penalizzati sono quelli investiti da azioni ortogonali al proprio piano, cioè nella direzione di minor rigidezza e resistenza. Tali elementi possono collassare per azioni anche non troppo elevate

  13. Globale quando gli elementi della costruzione sono ben collegati fra loro, si instaura il cosiddetto comportamento scatolare, in cui le pareti direttamente investite dalle azioni orizzontali, essendo ben vincolate, resistono alle azioni che competono loro, trasmettendole alle pareti di controvento, le quali sono chiamate a rispondere nel loro piano di maggior rigidezza e resistenza.

  14. Comportamento globale

  15. Comportamento locale

  16. Modellazione del comportamento globale si applica agli edifici nuovi per i quali le regole di progettazione relative alla concezione strutturale sono tali da escludere crisi di tipo locale e a edifici esistenti in cui le connessioni fra i diversi elementi sono efficaci, in combinazione con le verifiche locali

  17. Classificazione dei modelli • modelli basati sull' analisi limite: • si calcola il carico di collasso in base ad un meccanismo di collasso; ci si riconduce ad uno studio di equilibri e cinematismi di corpi rigidi, senza studiare la deformabilità in fase elastica e post-elastica • modelli che considerano le deformazioni: • modellazione bidimensionale dei pannelli murari • modellazione monodimensionale: pannelli murari come travi tozze a comportamento non lineare

  18. modelli di tipo bidimensionale considerano il comportamento monolatero (no-tension) del materiale l'elemento ha rigidezza variabile in funzione dello stato di sollecitazione: la geometria dell'elemento viene via via modificata al fine di eliminare le zone in trazione si utilizzano dei criteri di verifica della resistenza nei confronti di alcuni possibili meccanismi di rottura delle parti reagenti, e l'analisi viene interrotta se uno dei criteri viene violato PEFV (Parete ad Elementi Finiti a geometria Variabile) D'Asdia – Viskovic, 1994

  19. modelli con elementi monodimensionali metodo del puntone equivalente o delle diagonali imbrigliate (Calderoni et al, 1987) la porzione reagente del pannello murario è schematizzata come una biella la cui rigidezza e inclinazione riproduce in media il comportamento del pannello modelli a geometria variabile la crisi dei singoli pannelli è associata al raggiungimento di una configurazione limite di equilibrio oppure alla rottura per compressione del puntone

  20. modelli con elementi monodimensionali • elementi trave con deformazione a taglio: • metodi basati sul meccanismo di piano: POR e derivati • eseguono analisi non lineari taglio-spostamento piano per piano • considerano le fasce di piano infinitamente rigide e resistenti • non è possibile tener conto della variazione di sforzo normale nei maschi murari e del vincolo di questi con le fasce di piano • metodi globali • SAM Metodo di Analisi Semplificata (Magenes et al, 2000) • 3MURI (Gambarotta e Lagomarsino, 1996)

  21. 3MURI • macroelemento: • legame non lineare con danneggiamento, degrado di resistenza e rigidezza • meccanismi di rottura (presso-flessione, taglio da trazione, taglio per scorrimento) • massimo spostamento sopportabile (drift)

  22. SAM schema a telaio equivalente a plasticità concentrata elementi maschio, ad asse verticale, elementi fascia, ad asse orizzontale, ed elementi nodo

  23. SAM elementi maschio e fascia: elementi di telaio deformabili assialmente e a taglio elementi nodo: infinitamente rigidi e resistenti

  24. SAM altezza efficace (parte deformabile del maschio murario): definita secondo quanto proposto da Dolce (1989)

  25. Comportamento meccanico dei maschi murari soggetti ad azioni sismiche • carico verticale: costante e centrato • spostamento orizzontale monotono o ciclico • sommità libera di ruotare • sommità: trasla senza ruotare

  26. Possibili modalità di collasso: • per pressoflessione o ribaltamento malta non scadente: lesione orizzontale alla base, schiacciamento o ribaltamento di tutto il pannello malta molto scadente: ribaltamento di una parte del pannello

  27. rottura per taglio (a) rottura per scorrimento lungo i giunti di malta: per bassi valori di sn (b) rottura per taglio trazione negli elementi: valori intermedi di sn

  28. In entrambi i casi il comportamento è marcatamente non lineare: • per la parzializzazione delle sezioni • per le deformazioni anelastiche dovute al taglio rottura per ribaltamento: bassa dissipazione rottura per taglio con fessurazione diagonale: maggiore dissipazione dovuta all'attrito lungo le fessure

  29. STATO LIMITE ULTIMO PER PRESSOFLESSIONE condizione di rottura = schiacciamento della muratura al lembo compresso se si suppone la muratura infinitamente resistente a compressione, si ottiene la condizione di ribaltamento di un blocco rigido lc h altezza della sezione di momento nullo da qui si ricava

  30. STATO LIMITE ULTIMO PER TAGLIO • rottura per scorrimento • criterio di resistenza alla Coulomb (b) rottura con fessurazione diagonale tensione principale di trazione = resistenza a trazione dell'elemento b=1÷1,5 in funzione di h/l

  31. Deformabilità dei maschi murari • una modellazione corretta dovrebbe tener conto almeno della non linearità introdotta dalla parzializzazione della sezione • questo aspetto è tanto meno rilevante quanto maggiore è la compressione media nel pannello • i metodi tipo POR considerano un primo tratto elastico tipo "trave con deformazione a taglio"

  32. comportamento post-picco: • si può considerare un comportamento fragile: cautelativo ma forse troppo penalizzante • di fatto, la rottura per ribaltamento comporta elevati spostamenti; quella per taglio presenta un degrado di resistenza abbastanza graduale (impropriamente "duttilità") • si può adottare un diagramma ricavato da quelli sperimentali, tenendo conto del ramo softening • conviene interrompere il diagramma al raggiungimento di una deformazione angolare ultima (drift), piuttosto che per uno spostamento definito in termini di duttilità, ovvero come multiplo dello spostamento al limite elastico (l'errore nella valutazione dello spostamento al limite elastico si ripercuote sulla valutazione dello spostamento ultimo)

  33. Comportamento meccanico delle fasce murarie soggette ad azioni sismiche • il comportamento delle fasce di piano è stato meno studiato, soprattutto sperimentalmente • forniscono l'accoppiamento fra i maschi murari, perciò influenzano notevolmente la risposta di una parete, soprattutto con molti piani • il comportamento si differenzia da quello dei maschi: • l'orientamento dei letti di malta è parallelo all'asse dell'elemento • l'azione assiale è molto bassa (addirittura nulla)

  34. l'accoppiamento che può essere fornito dalle fasce è principalmente funzione della compressione a cui sono soggette in direzione orizzontale è quindi importante la presenza di elementi resistenti a trazione disposti a livello delle fasce – catene, cordoli in c.a. – che si oppongano al meccanismo di ribaltamento (b), impedendo la dilatazione globale della parete in senso orizzontale

  35. le catene o cordoli generano un incremento di compressione nelle fasce, che ne aumenta la resistenza a flessione si instaura un meccanismo a puntone inclinato che garantisce l'accoppiamento dei maschi murari • meccanismi di rottura: • eccessiva compressione nel puntone • rottura per taglio in mancanza di solide basi sperimentali, si adotta un comportamento elasto-plastico-fragile o elasto-fragile

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