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FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E DELLA COMUNICAZIONE A.A. 2011-2012

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E DELLA COMUNICAZIONE A.A. 2011-2012 GESTIONE E COMUNICAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI NON-PROFIT IL TERZO SETTORE TRA STATO E MERCATO: ORIGINI, ATTUALITA’ E PROSPETTIVE Prof. CLAUDIO CIPOLLINI. OBIETTIVO DEL CORSO.

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FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E DELLA COMUNICAZIONE A.A. 2011-2012

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  1. FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE, SOCIALI E DELLA COMUNICAZIONEA.A. 2011-2012 GESTIONE E COMUNICAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI NON-PROFIT IL TERZO SETTORE TRA STATO E MERCATO: ORIGINI, ATTUALITA’ E PROSPETTIVE Prof. CLAUDIO CIPOLLINI

  2. OBIETTIVO DEL CORSO • Quattro aree specifiche di riferimento concreto: la gestione, la comunicazione e la ricerca di fondi e le interrelazioni con il territorio; • Terzo settore e dinamiche che possono favorire il suo coinvolgimento nei processi di sviluppo socio-economico; • Caratteristiche precipue delle Organizzazioni della società civile (NO non-profit); • Ruolo e funzioni delle OSC nel futuro socio-economico CONOSCERE COME COMUNICARE E COSA SI COMUNICA

  3. OBIETTIVO DEL CORSO • LE OSC SONO PROTAGONISTI DELLO SVILUPPO COME IMPRESE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE • NON ESISTE SEPARAZIONE E RIDUZIONE DI COMPITI E FUNZIONI E RUOLI • L’AMBIENTE E’ UN SISTEMA COMPOSTO DA SISTEMI COMPLESSI ADATTIVI IN RETE • OGNI AGENTE-SCAMBIATORE HA UNA O PIU’ FUNZIONI PIU’ O MENO RILEVANTI , MA UTILI SE NON INDIPSENSABILI • L’AMBIENTE E’ COME IL CORPO UMANO: SISTEMA A RETE INTERCONNESSO

  4. OBIETTIVO DEL CORSO

  5. GLI ATTORI

  6. LA RESPONSABILITA’ DEL TERRITORIO L’impresa da centro dell’iniziativa diventa a sua volta uno stakeholder in una relazione continua e circolare con gli altri soggetti del territorio, dove ognuno è di volta in volta sia esterno che interno alla relazione. Cambia la chiave di comprensione del fenomeno che da singolo diventa collettivo, la responsabilità non è più di un solo soggetto ma condivisa tra tutti, al fine di creare un sistema che venga incontro alle necessità di tutti. Un clima di dialogo e di scambio è favorevole perché genera consenso e facilita le transazioni, andando a costituire un indubbio vantaggio competitivo.

  7. DA DOVE VENIAMO • Da NEWTON a MARX: • Analisi scientifica • Riduzionismo • Separazione degli elementi • Specializzazione • Settorializzazione • Organizzazione

  8. DOVE SIAMO • Da PICASSO a PORTER: • Tempo • Complessità • Sistemi adattivi • Integrazione • Reti • Condivisione

  9. IL NUOVO CONDIVISIONE E COLLABORAZIONE • L’INTERA SOCIETÀ ATTUALE È SUDDIVISA IN PUBBLICO E PRIVATO, AMMINISTRAZIONE DELLA COSA PUBBLICA E IMPRESE PRIVATE, IMPRESE SOCIALI. • IL PROGRESSO VA CONSIDERATO COME UNA OBIETTIVO UNITARIO E INTEGRATO. • L’IMPRESA CONDIVIDE CON IL TERRITORIO E CON LE IMPRESE (I CLUSTER) CHE LO ANIMANO LE POLITICHE DI SVILUPPO ECONOMICHE E SOCIALI. • COLLABORAZIONE, EMPATIA, ASSERTIVITÀ, • SOCIALE, QUALITÀ, RETE, SISTEMI, • INTEGRAZIONE, INDIPENDENZA. • LE CONSEGUENZE SONO QUELLE OTTIMIZZARE I RISULTATI DESIDERATI ATTIVANDO LE RETI DI RELAZIONI

  10. LE RETI Le reti, al contrario, sono assai più flessibili e adatte alla natura volatile della nuova economia globale. La cooperazione e l’approccio di squadra alla soluzione dei problemi permette ai partner di reagire più tempestivamente ai mutamenti dell’ambiente esterno. La rete impone, a chi vi partecipa, la rinuncia ad una parte della propria autonomia e della propria sovranità; d’altro canto la spontaneità e la creatività che <germogliano> in un ambiente cooperativo, offrono ai partecipanti un vantaggio competitivo della nuova economia high tech. Dato che le reti comportano canali comunicativi complessi, prospettive diverse, elaborazione parallela dell’informazione, feedback continuo, e tendono a premiare il pensiero <fuori dagli schemi>, chi vi partecipa è stimolato a creare nuove connessioni, produrre nuove idee, generare nuovi scenari e mettere in atto nuovi piani di azione in quello che si sta trasformando in un ambiente ipercommerciale”. RIFKIN – “ LA CIVILTA’ DELL’EMPATIA”

  11. LA COLLABORAZIONE “...stiamo verificando che la nuova era dell’intelligenza reticolare rende gli approcci tradizionali alla creazione di valore insufficienti, e in alcuni casi del tutto inappropriati. L’innovazione collaborativa, per esempio, sta sopprimendo la vecchia mentalità radicata del plan and push, pianifica e spingi, insegnata nelle business school. I cittadini che concreano politiche e servizi stanno dimostrando che il modello di governo “taglia unica” è anacronistico. ... Le organizzazioni possono avere successo e persino prosperare, in questo nuovo ambiente spostando i cinque principi della wikinomics: collaborazione, apertura, condivisione, integrità e interdipendenza. In effetti…non si tratta solo di principi fondamentali per il business; sono principi in vista del conseguimento di un mondo sicuro, prospero, giusto e sostenibile”. TAPSCOTT E WILLIAMS

  12. LA CONDIVISIONE “Nessuna azienda è un’entità a se stante. Il successo di tutte le imprese è influenzato dalle aziende di supporto e dall’infrastruttura che le circonda. La produttività e l’innovazione vengono pesantemente influenzate dai cluster, o concentrazioni geografiche di imprese collegate, fornitori, terzisti, e dell’infrastruttura logistica di un determinato settore – come l’IT nella Silicon Valley, i fiori recisi in Kenia e il taglio dei diamanti a Surat in India. I cluster includono non solo le imprese, ma anche istitu- zioni come enti accademici, associazioni imprenditoriali ed organismi certificatori. Sfruttano anche gli asset pubblici della comunità circostante, cole le scuole, le uni- versità, l’acqua potabile, le leggi che tutelano la concorrenza, gli standard di qualità e la trasparenza del mercato.” PORTER, KRAMER

  13. t LE ESPERIENZE PER TRASFORMARSI • EPOCA DI INCERTEZZE E OPPORTUNITA’ • PIANIFICAZIONE E REALIZZAZIONE COMPLESSA E IN RETE • IL PROCESSO E’ FONDAMENTALE COME IL PIANO

  14. PER LO SVILUPPO SVILUPPO INTEGRATO OBIETTIVI MOBILI desarrollo integrado CONDIVISIONE

  15. PRINCIPI BASE • RECIPROCITA’ • ALTRUISMO • FILANTROPIA • PLURIAPPARTENENZA:Identità quale appartenenza plurime delle persone • VOLONTARIATO: “Non una materia, ma un modo di essere della persona nell’ambito dei rapporti sociali” • BENE MATERIALE e BENE RELAZIONALE • BENI PUBBLICI – BENI PRIVATI – BENI COMUNI • BENI COMUNI: Felicità, dignità, riconoscimento: IL BENE DI ESSERE IN COMUNE • ECONOMIA CAPITALISTICA: FILANTROPIA • ECONOMIA CIVILE: Organizzazioni Movente Ideale • RESPONSABILITA’ SOCIALE: Impresa, Pubblica Ammininstrazione, OSC • RESPONSABILITA’ SOCIALE DEI TERRITORI

  16. PRINCIPI BASE • LA MATRICE ETICA: • Utilità: Jeremy Bentham (1789) • Giustizia: John Rawls (1971) • Dovere: E. Kant (1781) • Bene: Aristotele e Cristianesimo • ETICA DELLA VIRTU’ ( Zamagni) • Da Genovesi a Smith: La norma è attuabile se suffragata da una costituzione morale, da una motivazione interna • ORGANIZZAZIONE a MOVENTE IDEALE (Bruni) • Attività (profit, non profit) • Identità • Qualità ideale • GRATUITA’: • Agape: comunità, amore, convito • Orientamento intenzionale dell’azione verso il bene (Bruni) • I muri di Levi (p.50-51)

  17. PRINCIPI BASE

  18. TERZO SETTORE STATO ORGANIZZAZIONI PROFIT La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Cittadini e “istituzioni” Sono “le regole del gioco in una società, o più fomalmente (…) i vincoli umanamente inventati che modellano l’interazione umana” [North] Scelte organizzative con cui i cittadini decidono di gestire l’agire individuale e collettivo rispetto ai propri bisogni e che tendono a modificarsi nel lungo periodo per effetto dei comportamenti (meccanismo co-evolutivo).

  19. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Organizzazione non profit È una forma di associazione tra persone fisiche (in alcuni casi è possibile la presenza anche di persone giuridiche ed enti pubblici) che, tra quelle previste nella legislazione italiana …. … offre servizi utili alla collettività e/o di interesse pubblico e non ha come obiettivo la distribuzione degli utili tra i soggetti che compongono l’organizzazione. (Agenzia per il Terzo settore) Fra tutte le leggi che reggono le società umane, ve n’è una che appare più chiara e precisa di tutte le altre: perché gli uomini restino civili o lo divengano, bisogna che l’arte di associarsi si sviluppi e si perfezioni presso di loro nello stesso rapporto con cui si accresce l’eguaglianza delle condizioni Alexis de Tocqueville, 1835

  20. TERZO SETTORE STATO ORG.NI PROFIT Cittadino La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Terzo settore L’insieme delle organizzazioni non profit compongono il Terzo settore, ovvero quella galassia di soggetti che sono “portatori di una visione della società con-corrente [né supplente]rispetto a quelle del sistema politico (Stato) e del sistema economico (mercato) capitalistico” [Donati, 2004] fornendo beni relazionali alle comunità e quindi contribuendo allo sviluppo sociale ed economico del paese. Hanno una storia almeno parallela alle organizzazioni for profit (organizzazioni di questo tipo esistevano già ai tempi del Medioevo e si sono sviluppate nel periodo della rivoluzione industriale), ma molto meno conosciuta, nonostante l’importanza che rivestono per la società e per l’economia nel loro complesso.

  21. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe “storiche” del Terzo settore Identità di oggi tra globalizzazione e nuovo welfare (XXI sec.) Inizio Umanesimo (fine XIV e inizio XV sec.) Illuminismo (XVIII e XIX sec.) Dopoguerra (XX sec.) Primo Medioevo (II – VII sec.) Grandi eventi mondiali (XIX e XX sec.) Teorie economiche neoclassiche del mercato efficiente (XIX e XX sec.) Umanesimo individualista (metà XV e XVI sec.)

  22. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: le origini • Le forme odierne di organizzazioni non profit sono il frutto di un lungo processo di evoluzione di realtà create da persone, come associazioni o confraternite, che si sviluppano in tutta Europa già nel Primo Medioevo: • la riflessione sulla vita economica e sulle ricchezze dei Padri della Chiesa Cristiana (dal II all'VII secolo): beni e ricchezze non vanno condannati in sé ma solo se usati male ovvero con avarizia; sono strumenti in mano ad un utilizzatore da cui dipende il risultato • il monachesimo e i Francescani dopo il crollo dell'Impero romano d'Occidente e la sua cultura monastica creatrice del primo lessico economico e commerciale (Ora et labora dei benedettini): obbligo del monaco di assistere i poveri e di concedere prestito ai bisognosi; alla base una profonda unità tra caritas (dono-reciprocità) ed economia nella comunità • vi è concordanza nella letteratura sul fatto che in Occidente la prima tappa è nel primo Medioevo e la “prima” istituzione si ha con i Monti di Pietà (seconda metà del '400)

  23. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: lo sviluppo nel primo umanesimo • Durante la prima fase dell’umanesimo civile tra fine XIV e inizio XV sec. è in Francia, Spagna, in Toscana (Salutati, Bracciolini, Bruni, Alberti, Palmieri, Bernardino da Siena), ma anche a Napoli (Pontano), che sulla via della libertà e della Repubblica assumono rilevanza le virtù civili e l’esigenza di “filosofare che sia scuola di vita, meditazione seria e profonda dei problemi di vita”, ovvero della dimensione relazionale dell’essere umano: • famiglia • città • Stato

  24. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: la crisi durante l’umanesimo • Signorie, principati, monarchie assolute in risposta alla chiusura corporativa, conflittualità tra le città e autocompiacimento per la “bonne vie” raggiunta generarono la ripresa dell'individualismo (platonico, contemplativo, solitario, esoterico, paura, a-socialità, egoismo) tra metà XV e XVI sec: • Machiavelli: le virtù civili non sono state in grado di creare pace e coscienza nazionale, quindi devono prevalere le virtù politiche basate sul reciproco timore • Hobbes: uccidibilità generalizzata è fattore comune, lotta competizione e conflitto sono la regola, pace e concordia gli stati temporanei, per cui serve lo Stato Leviatano che interviene con la forza • Mandeville: Favola delle api La tesi dominante è che l’uomo vive di fatto in società perché spinto dalla necessità e dalla paura, non perché sia naturalmente socievole

  25. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: l’illuminismo e la scienza del bene vivere • L’illuminismo italiano tra XVIII e XIX sec. è stato il vero centro dell’economia moderna che poneva al centro la “pubblica felicità” (Ludovico Antonio Muratori di Modena, 1749) secondo cui l'interesse privato non si risolve naturalmente in pubblica felicità, essendo questa il frutto delle virtù civili. Anche in Francia l’illuminismo si sviluppa, ma sono due gradi scuole italiane ad essere le colonne portanti: • a Napoli con Genovesi: il mutuo è “contratto di pura beneficienza e di sincerissima amicizia” quando a chiedere il prestito sia un povero, che però non sia ozioso; 1. commercio come fattore civilizzante; 2. “eterogenesi dei fini”; 3. fiducia come pre-condizione dello sviluppo economico; 4. reciprocità come assistenza reciproca • a Milano con Verri: la società civile è il risultato do una “industriosa riunione di forze cospiranti” che fa sì che si raggiunga il ben-essere di ciascuno; 1. giuste leggi; 2. creatività e intelligenza delle persone; con Romagnosi: meglio crescere economicamente meno ma tutti insieme; con Cattaneo: la persona al centro della società e dell'economia, con la sua creatività e intelligenza entra in rapporto con gli altri e con le cose conferendo valore economico anche ai beni), L’influenza si estende in Scozia dove la teoria del mercato efficiente si sposa con la cultura illuministica (Smith, Hume, Hutcheson e Ferguson): l'esistenza del mercato è la condizione necessaria perché si possano sperimentare rapporti umani liberi e disinteressati e possa favorire l'amicizia.

  26. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: Teorie economiche neoclassiche del mercato efficiente • Teorie economiche dominanti creano nuova crisi nella dicotomia di pensiero tra individualismo e impersonificazione (cultura dominante) e virtù civili (cultura “serpeggiante”): • il mercato “egoistico e impersonale” nelle scuole economiche del XIX sec. di Francia e Inghilterra che hanno avuto grande seguito in Italia: Hegel: nella società civile i rapporti tra soggetti sono puramente autointeressati, poiché ognuno è fine a se stesso, ogni altra cosa per lui è nulla, quindi lo Stato deve intervenire per sedare i conflitti nel mercato; Jevons; Bentham: le persone sono ricercatrici di felicità-piacere e la felicità sociale è la somma dei piaceri individuali; l'utilità è la proprietà di un oggetto di produrre beneficio e dare piacere; Wicksteed: “teoria della socialità” e il “non-tuismo” fondamento dell'economia come luogo delle relazioni anonime e impersonali), Italia (Ferrara, Pareto: il soggetto è intertessato esclusivamente al proprio tornaconto, si disinteressa completamente dell'altro, non comunica non coopera non collude con esso; Pantaleoni, Barone, De Viti, De Marco); • il mercato e la dimensione personale però resta ancora terreno di studi e teorizzazione, seppure “minoritaria” in Inghilterra (Edgeworth: nel processo di contrattazione sono importanti la simpatia, il volto dell'altro; Malthus: è importante il come il processo di creazione della ricchezza si trasformazione in felicità, ovvero la redistribuzione alle persone; Pigou: welfare come benessere economico quale traduzione in moneta il benessere sociale) e in Italia (Einaudi, Rabbeno, Cusumano, Luzzati)

  27. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore:l’Italia unita La «Gran legge» del 1862 a ridosso dell’unificazione d’Italia intende disciplinare e dare organicità, pur rispettandone l’autonomia, alle molte e operose organizzazioni di carità esistenti sul territorio. Quasi trent’anni più tardi, la «Legge Crispi» (del 1890 e tutt’ora riferimento per la politica di assistenza) pone le Opere pie sotto diretto controllo statale, trasformandole in Istituzioni di pubblica beneficenza. Negli anni Venti e Trenta del Novecento, il Regime fascista vede come minaccia ogni forma di associazionismo (l’autonoma iniziativa sociale e i valori solidaristici) e “rimuove” le norme a loro favore. Con la Repubblica Italiana e la Carta Costituzionale del 1948 si reintroducono i valori e si prevedono le forme di libera espressione nel sociale e nella solidarietà, poi declinate per alcune forme nel Codice Civile e in successive leggi anche recenti (impresa sociale). Ciononostante è ancora lungo il cammino che il Terzo settore deve compiere, e molti gli ostacoli – soprattutto a carattere normativo – che deve affrontare per perseguire il suo compito primigenio e naturale di rispondere ai bisogni dell’uomo e della collettività.

  28. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: il periodo della rivoluzione industriale È però negli anni della piena maturità della rivoluzione industriale che si diffonde la coscienza del disagio sociale e della necessità di affiancare allo sviluppo economico e tecnologico nuove tipologie di aiuto ai ceti più disagiati: già dalla metà dell’800, intanto, il cooperativismo inizia un cammino di crescita lenta e stabile, assumendo in ciascun paese, i connotati tipici del contesto nel quale è radicato: in Italia sino alla fine dell’800 erano soprattutto di matrice ecclesiale. Nei paesi dove l’industrializzazione è rapida, come la Germania, l’Inghilterra e la Svezia, le cooperative diventano la forma associativa privilegiata dai lavoratori per la difesa contro le dure condizioni sociali della rivoluzione industriale, mentre in Francia e Italia, dove il processo di modernizzazione è più lento, i lavoratori si uniscono per dare vita a nuove modalità produttive. In entrambi i casi, le cooperative nascono con finalità mutualistiche, e promuovono e proteggono gli interessi e la qualità della vita dei propri componenti/soci, spesso appartenenti ai ceti meno privilegiati. All’inizio del ‘900, ad esempio, il movimento cattolico e il movimento operaio danno vita in Italia a numerose organizzazioni senza scopo di lucro a sostegno e difesa della persona contro “le modalità brutali dell’industrializzazione”.

  29. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: il dopoguerra In Italia, la storia dell’imprenditorialità sociale si sviluppa a partire dal secondo dopoguerra, con l’art. 45, che dando rilievo alla cooperazione ne riconosce la funzione sociale. La Carta Costituzionale promuove il benessere economico e sociale della persona, delle famiglie e della comunità attraverso l’apporto dello Stato e del mercato: tale bipolarità mostra il quadro interpretativo entro cui si muoveva la società italiana di quegli anni, e la progressiva intensificazione della presenza dell’ente pubblico nel settore delle politiche sociali. La prima esperienzadi “rottura” con l’impostazione precedente delle organizzazioni non profit è in Italia la cooperativa San Giuseppe di Roè Volciano (BS), fondata nel 1963 da Giuseppe Filippini. L’anomalia dell’esperienza risiedeva nelle modalità di fornitura dei servizi (di solidarietà), non destinati in maniera mutualistica ai soci ma a tutti i bisognosi. La cooperativa San Giuseppe rimane però per molto tempo un caso isolato, in Italia, ma torna al centro dell’attenzione con la crisi della welfare society e del ruolo dello Stato alla fine degli anni ’70.

  30. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: tra gli anni ’70 e ‘80 Sono diversi gli approcci e i percorsi di sviluppo dell’economia sociale nei paesi europei ma tutti hanno un comune denominatore “rispondere alle esigenze mutevoli della comunità”: a regioni dalla forte tradizione di welfare e di servizi pubblici di utilità sociale assai sviluppati (ad esempio in Scandinavia) se ne affiancano altri con modelli organizzativi non-profit già diffusi sul territorio (Francia, Germania e Regno Unito), ma anche aree nelle quali, più in generale, la presenza generica del terzo settore ha conosciuto una significativa crescita solo di recente (Europa meridionale). Nell’Europa del Nord le imprese sociali sono attualmente chiamate a risolvere le problematiche nate dalla degenerazione del sistema sociale nel quadro di una offerta di servizi quasi esclusivamente pubblica. In Spagna, Portogallo e Italia si occupano del rafforzamento o della ricostituzione di parte dello stato sociale per rispondere, in posizione di sussidiarietà, al sorgere di nuove esigenze di sicurezza sociale per le quali lo Stato non è più in grado di soddisfare in proprio i bisogni o proporre nuove soluzioni. Si può dire che l’elemento comune è rappresentato dall’azione generata dal libero organizzarsi dei cittadini per la soluzione di complessi problemi di utilità collettiva.

  31. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: gli anni recenti e la forte crescita Negli ultimi anni il “terzo settore” ha conosciuto in Europa un vero e proprio boom. A sottolineare — a fronte dello sviluppo dell’economia globale e della apertura dei mercati — la necessità di affiancare allo sviluppo dell’economia tradizionale, pubblica o privata, quello dei fattori sociali che ad esso partecipano e nella valorizzazione delle esigenze della società civile. Elementi innovativi come l'assenza dei fini di lucro, la non distribuzione degli utili, il ruolo di rappresentanza dei diritti e doveri sociali, l'espressione di una cittadinanza attiva che si organizza dal "basso", identificano un obiettivo nient’affatto secondario: l’affermazione di un concetto di economia che, attraverso l’insediamento e lo sviluppo di una impresa (o più in generale di un organismo), risolve le problematiche sociali attraverso la crescita, parallela e armonica, di mercato e imprenditorialità sociale. 2 milioni di imprese coinvolte nelle attività (advocacy, erogazione di servizi alla persona, interventi di solidarietà, ecc.), le quali contribuiscono a creare il 6% dei posti di lavoro

  32. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Due approcci diversi: anglosassone e europeo • approccio anglosassone: la società è plasmata dal mercato non dallo Stato, il non profit è soprattutto “Fondazioni” come strumenti di una azione “conseguente” all'accumulo di ricchezza, di tipo filantropico “unilaterale”, per ridistribuirne parte alla comunità • approccio europeo: lo Stato è presente e “benevolente” verso la società e il non profit è soprattutto “Associazioni” nate dalla società civile, auto-organizzata, reciprocante, “multidirezionale”, che si confronta con lo Stato più che col mercato

  33. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Le grandi tappe storiche del Terzo settore: raccomandazioni dell’Europarlamento Il Parlamento europeo riconosce l’importanza dell’economia sociale ed ha elaborato un rapporto [14 novembre 2008, 2008/2250(INI)] fornendo raccomandazioni per lo sviluppo del non profit: 1- il riconoscimento del concetto di economia sociale: il Parlamento UE sollecita un approccio al settore non profit capace di valorizzarne la capacità di creare posti di lavoro per soggetti svantaggiati, di rafforzare la conciliazione tra esigenze famigliari e lavoro, di migliorare il processo produttivo attraverso la partecipazione dei diversi stakeholders alla gestione democratica dell’impresa; 2- il riconoscimento di un chiaro status normativo: si sollecita l’adozione di statuti europei per le associazioni, le fondazioni e le società di mutuo soccorso, in quanto spesso le organizzazioni non profit a livello transfrontaliero sono esposte ai rischi derivanti dalla concorrenza sleale delle imprese “tradizionali”; 3- il riconoscimento statistico: si richiede l’attivazione di percorsi di monitoraggio stabili e strutturati delle imprese appartenenti all’economia sociale e della loro capacità di generare occupazione; 4- la valorizzazione dell’economia sociale quale dimensione essenziale per favorire il dialogo sociale a livello comunitario; 5- favorire lo sviluppo delle organizzazioni non profit, che sempre più sono chiamate a confrontarsi con logiche di mercato e di concorrenza, nella direzione di permettere alle stesse di perseguire l’interesse generale della comunità, così rafforzando il processo di coesione sociale; 6- scambio di esperienze: il Rapporto ritiene fondamentale favorire lo scambio di esperienze innovative a livello locale, regionale e nazionale, attraverso la previsione di finanziamenti ad hoc che permettano la diffusione a livello europeo dei risultati raggiunti a livello locale; 7- la valutazione dei risultati: si richiede la promozione di un programma di ricerca a livello UE che permetta di analizzare la vasta gamma di attività svolte dalle organizzazioni non profit che non sono realizzate da altri settori, così da cogliere l’effettiva potenzialità del settore.

  34. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Caratteristiche delle organizzazioni non profit • Rispondere a interessi comuni senza appartenere alla Pubblica Amministrazione • Svolgere attività di produzione o scambio di beni o servizi di pubblica utilità (interesse collettivo) • Operare nel principio di sussidiarietà orizzontale • Non perseguire lo scopo di lucro • Avere approccio altruistico e ispirato al principio di solidarietà Definizione si organizzazione non profit secondo la Johns Hopkins University • sono costituite formalmente (Statuto e norme interne) • hanno forma giuridica privata (non sono parte della P.A.) • sono autogovernate (non sono soggette a controllo pubblico o provato a fine di lucro) • hanno natura volontaria (adesione libera) • sono soggette a vincolo di non distribuzione del profitto

  35. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Nozioni di riferimento Beni relazionali Quelli che possono essere posseduti solo attraverso intese reciproche che vengono in essere dopo appropriate azioni congiunte intraprese da una persona e da altre non arbitrarie [Uhlamer, 1998] Welfare Insieme di processi decisionali, azioni e contesti istituzionali, variamente organizzati, attraverso cui gli Stati sviluppano politiche sociali orientate a creare situazioni di sicurezza per i cittadini e a ridurre le disuguaglianze nell’accesso alle risorse Utilità sociale Qualunque azione o organizzazione il cui obiettivo sia portare vantaggio alla società, intesa quale comunità umana nel suo complesso. Un’attività è socialmente utile quando ha finalità solidaristiche dirette a particolari tipologie di soggetti o collettività svantaggiate.

  36. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Tre principi regolativi dell'ordine sociale: • scambio di equivalenti o contratto • tutto ciò che si dà o si fa riceve un corrispettivo di pari valore (uso efficiente delle risorse) • 2. redistribuzione della ricchezza • equa ripartizione della ricchezza tra coloro che hanno contribuito a produrla, non basta la efficiente produzione del reddito • 3. reciprocità • principio che traduce in atto lo spirito di fraternità, nesso sociale, fiducia generalizzata senza la quale non possono “esistere” né la società né i mercati e libertà da-libertà di poter realizzare il proprio progetto di vita

  37. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Modo di “essere” e di “fare”: quattro modi paradigmatici di orientamento [Donati, 2004] Interessi Utilitarismo Individualismo Agire per utilità o profitto Relazioni finalizzate a ottenere un vantaggio individuale di tipo economico da relazioni basate sul do ut des Agire per comando o obbligazione Relazioni che rispondono a una prescrizione “esterna” (norma) che se non rispettata arreca un danno Agire per reciprocità Relazioni in cui vi è uno scambio che ha valore intrinseco e non estrinseco alla relazione sociale: dando qualcosa si riceverà qualcosa, in modo indiretto e dilazionato; non è utilitaristica ma può avere un’utilità (derivata) Agire per donazione Relazioni in cui non vi alcuna aspettativa, diretta o indiretta, immediata o dilazionata nel tempo, di reciprocazione: dare ad altri qualcosa di proprio per il bene altrui, fare doni gratuiti Identità Anti-Utilitarismo Anti-Individualismo

  38. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Macro tipi di organizzazione oggi • Un quadro interpretativo [Barbetta, Cima, Zamaro, 2003]: • Volontariato e non profit spontaneo • Cluster caratterizzato da gratuità e donazione: quasi 12.000 onp, 18% volontari, 1% retribuiti, 2% entrate di mercato e 53% donazioni (in media il 74% delle entrate di ogni organizzazione); prevalentemente attività di assistenza e soccorso. • Associazionismo e promozione sociale • Cluster caratterizzato da servizi per gli aderenti e finanziamento sul mercato privato: circa 132.000 onp, 58% volontari, 0,4% retibuiti, 8% entrate di mercato e 4% donazioni; prevalentemente nello sport, cultura e ricreazione e partiti politici. • Non profit dei servizi professionali • Cluster caratterizzato da servizi a valore aggiunto vendibili sul mercato: oltre 36.000 onp, 0,2% volontari, 60% retribuiti, 53% entrate di mercato e 28% donazioni; prevalentemente nella istruzione e formazione, tutela e interessi lavoratori, assistenza sociale • Non profit delle grandi istituzioni • Cluster caratterizzato orientamento al mercato: oltre 81 onp, pochi volontari, 20% retribuiti, 22% entrate di mercato di cui 51% da P.A. e 7% donazioni; prevalentemente nella sanità, università, assistenza sociale • Non profit dei servizi di welfare territoriale • Cluster caratterizzato da orientamento al mercato: oltre 25.000 onp, 19% volontari, 19% retribuiti, 12% entrate di mercato e 6% donazioni; prevalentemente nella sanità, università, assistenza sociale

  39. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale I settori di attività del non profit (Censimento 2001) Cultura, sport e ricreazione 63% del totale, oltre il 39% volontari, 11% dipendenti, 17% dei ricavi PERSONA Istruzione e ricerca 5% del totale, oltre il 6% volontari, 20% dipendenti, 13% dei ricavi Sanità 4% del totale, oltre il 9% volontari, 21% dipendenti, 19% dei ricavi Assistenza sociale 8% del totale, oltre il 18% volontari, 27% dipendenti, 19% dei ricavi Relazioni sindacali e rappresentanza interessi 7% del totale, oltre il 3% volontari, 8% dipendenti, 11% dei ricavi Ambiente 1,5% Svil. Econ. e coesione sociale 2,0% Tutela diritti e attività politica 3,1% Filantropia e promozione volontariato 0,6% Cooperazione e solidarietà internazionale 0,6% Promozione e formazione religiosa 3,1% Altre attività 0,7%

  40. La società civile si organizza: dalle prime esperienze alla situazione attuale Classificazione ICNPO (International Classification of Non Profit Organizations) Classificazione adottata dall’ONU, organizzata in 12 gruppi e 27 sottogruppi come segue 1. Attività culturali e ricreative 1.1. Attività culturali ed artistiche 1.2. Attività ricreative 1.3. Club 2. Istruzione e ricerca 2.1. Istruzione primaria e secondaria 2.2. Istruzione universitaria 2.3. Istruzione professionale e istruzione degli adulti 2.4. Ricerca 3. Sanità 3.1. Servizi ospedalieri generali e riabilitativi 3.2. Case di cura 3.3. Servizi psichiatrici ospedalieri e non ospedalieri 3.4. Altri servizi sanitari 4. Assistenza sociale 4.1. Servizi sociali 4.2. Servizi di assistenza in caso di calamità naturale, di protezione civile e di assistenza ai profughi e rifugiati 4.3. Servizi di sostegno ai redditi e alle condizioni di vita individuale e servizi di beneficenza 5. Attività ambientalista 5.1. Attività a favore dell'ambiente 5.2. Attività a favore degli animali 6. Promozione dello sviluppo economico e sociale della comunità locale; tutela degli inquilini e sviluppo del patrimonio abitativo 6.1. Promozione dello sviluppo economico e sociale della comunità locale 6.2. Tutela degli inquilini e sviluppo del patrimonio abitativo 6.3. Addestramento e avviamento professionale 7. Diritti civili, tutela legale e politica 7.1. Organizzazioni civiche e di tutela dei diritti 7.2. Servizi di tutela legale 7.3. Organizzazioni politiche 8. Intermediari filantropici e promozione del volontariato 8.1. Intermediari filantropici 9. Attività internazionali 9.1. Attività internazionali 10. Organizzazioni religiose 10.1. Congregazioni e associazioni religiose 11. Organizzazioni economiche, di titolari di impresa, professionali e sindacali 11.1. Associazioni imprenditoriali, professionali e sindacali 12. Altre attività 12.1. Attività non classificate altrove

  41. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo A prescindere dalla forma giuridica, le organizzazioni di terzo settore possono ottenere, se ne hanno i requisiti, uno o più specifiche qualificazioni a seconda delle finalità: Cooperativa Sociale Associazione non riconosciuta Fondazione Comitato Ente Morale ONLUS (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) Società di mutuo soccorso Organizzazioni non profit Impresa sociale Associazione di promozione sociale Associazione riconosciuta Organizzazione di volontariato Ente religioso ONG

  42. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo Associazioni non riconosciute (1/2) Cosa sono Soggetti di diritto con natura giuridica privata, ma prive di personalità giuridica, che perseguono obiettivi leciti di interesse comune degli associati. In quanto soggetti di diritto sono titolari dei rapporti giuridici con i terzi potendo assumere obbligazioni contrattuali, ma non avendo personalità giuridica non sono dotate della autonomia patrimoniale perfetta: per le obbligazioni verso i terzi, oltre alla responsabilità diretta dell’associazione in quanto tale, rispondono personalmente e solidalmente solo le persone che hanno agito per conto della stessa, ovvero tutte le persone che, a prescindere dalla carica ricoperta, hanno sottoscritto contratti o formalizzato obbligazioni Normativa Per questa forma giuridica non esiste una normativa specifica e gli unici riferimenti si trovano nel codice civile. Tuttavia, lo stesso codice civile rimanda agli accordi tra gli associati la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento dei rapporti tra associazione e associati, nonché dei rapporti tra questi ultimi, ad eccezione della previsione del “fondo comune” quale strumento di garanzia delle obbligazioni verso i terzi e a carattere di indivisibilità tra gli associati. Ambiti di attività La maggiore diffusione di attività sono quelle della “cultura, sport e ricreazione”, delle “relazioni sindacali e rappresentanza di interessi” e della “assistenza sociale”. Gli ambiti di minore presenza sono “Filantropia e promozione del volontariato” e “Cooperazione e solidarietà internazionale”. Questa forma giuridica è tra le preferite nei casi in cui vi sia una forte propensione al volontariato e questo spiega perché, le associazioni non riconosciute, in molti casi acquisiscono anche la qualifica di Organizzazione di Volontariato.

  43. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo Associazioni non riconosciute (2/2) Come operano L’operatività di una associazione non riconosciuta è disciplinata solo in parte dalla normativa lasciando agli accordi tra gli associati la definizione del funzionamento e dei rapporti interni, per cui si trovano nella realtà modelli e modalità diverse da associazione ad associazione. L’amministrazione è affidata alle persone scelte dal gruppo, che nominano gli amministratori, il presidente e il direttore (in alcuni casi denominato segretario generale). Le decisioni operative sono, quindi, formalizzate nei consueti atti interni quali delibere e verbali adottati da assemblee il cui funzionamento è disciplinato dal codice civile. L’ingresso di nuove persone nel gruppo, i nuovi associati, è disciplinato dagli atti interni, che normalmente prevede modalità di “accettazione” da parte degli organi di governo. L’assenza di specifiche formalità come la pubblicità dei “fatti” verso l’esterno (ad esempio attraverso il pubblico registro) interessa i rapporti con i terzi sia nei casi di rappresentanza sia nei casi delle obbligazioni. Infatti, se nel primo caso il codice civile attribuisce i “poteri” al presidente o al direttore, nel secondo caso è possibile che oltre agli amministratori (a meno di particolari limitazioni previste dagli accordi o atti interni) possono contrarre obbligazioni anche altri associati che agiscono in nome e per conto dell’associazione (in questo caso a garanzia del rispetto degli impegni dell’associazione interviene il “fondo comune”). Resta valido il principio che se ai terzi non è comunicata la assenza o il limite dei poteri del singolo - relativi alla fattispecie - le obbligazioni assunte riguardano l’associazione in quanto tale e non la singola persona che ha agito.

  44. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo Comitati (1/2) Cosa sono Organizzazioni costituite attraverso un contratto tra un gruppo ristretto di persone, che si fanno promotori della raccolta di risorse finanziare (oblazioni) da soggetti terzi (sottoscrittori) per destinarle alla organizzazione e realizzazione di specifiche iniziative di rilevanza generale o sociale. Normalmente hanno una durata limitata nel tempo perché legata agli scopi (o progetti) che ne hanno dato origine, ma oltre a non indicare una data certa di cessazione, possono mutare la loro natura giuridica in forme organizzative più formalizzate o stabili, anche di tipo istituzionale (ad esempio in Comitato Olimpico Nazionale Italiano). Normativa L’ordinamento giuridico italiano non da una definizione dei comitati e dedica solo alcuni articoli del codice civile alla loro disciplina (artt. 39-42). Per il resto si applicano le norme del caso relative alle specifiche attività, come per la conservazione dei fondi (il riferimento è al “contratto di deposito”) o quelle che possono interessare la singola fattispecie della destinazione degli stessi. Ambiti di attività Seppure presenti in tutti gli ambiti di attività del terzo settore, la attività che vedono maggiormente impegnati i comitati sono quelle della “cultura, sport e ricreazione”, della “assistenza sociale” e della “istruzione e ricerca”. Meno rilevante è, invece, la presenza nelle attività di “Filantropia e promozione del volontariato” e “relazioni sindacali e rappresentanza di interessi”.

  45. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo Comitati (2/2) • Come operano • Le modalità operative dei comitati non sono disciplinate dalla normativa, ma lasciate agli accordi tra i promotori e nonostante la realtà si presenti diversificata, vi sono aspetti comuni nella attività e nell’organizzazione interna. • Un comitato per raccogliere e gestire i fondi deve stilare un programma da presentare o rendere pubblico ai potenziali sottoscrittori che, attraverso le oblazioni, andranno a costituire una sorta di “patrimonio” o fondo, da non confondere con quello delle associazioni che sono invece previsti dalla normativa. Successivamente provvede alla erogazione delle risorse raccolte al netto di eventuali spese necessarie al raggiungimento degli scopi. • È il contratto a stabilire i poteri delle persone che operano all’interno del comitato, ma sono presenti almeno le seguenti figure: • promotori: sono una sorta di organo deliberativo e adottano le decisioni necessarie a raggiungere lo scopo prefissato (possono funzionare come un’assemblea), rispondendo personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte , nonostante non abbiano potere di controllo sull’amministrazione del comitato; • presidente: è nominato secondo gli accordi interni ed ha poteri di rappresentanza del comitato (questo può essere assegnato anche ad altri promotori), che diventa esclusivo in caso di rapporti processuali; • organizzatori: sono una sorta di organo amministrativo e hanno la responsabilità della gestione dei fondi raccolti secondo le decisioni adottate dai promotori. È possibile che alcuni di questi ultimi ricoprano anche il ruolo di organizzatori. La responsabilità dei fondi riguarda tanto la conservazione quanto la destinazione e rimane anche nel caso in cui il comitato abbia acquisito la personalità giuridica.

  46. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo Associazioni di Promozione Sociale (1/2) Cosa sono Organizzazioni in cui più individui si associano per perseguire un fine comune non di natura commerciale e senza finalità di lucro, che abbia ad oggetto attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati. Non possono essere considerati associazioni di promozione sociale partiti, sindacati, associazioni professionali e di categoria e qualunque associazione che ponga limiti e discriminazioni all'ammissione degli associati. Le associazioni di promozione sociale possono remunerare i propri soci, non soggetti, peraltro, alla valenza mutualistica dei servizi erogati. Normativa Le Associazioni di Promozione Sociale sono disciplinate dalla legge 383/2000 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale): “La Repubblica riconosce il valore sociale dell’associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; ne promuove lo sviluppo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia; favorisce il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale. […] Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati” Ambiti di attività Si distinguono per la produzione di beni relazionali e operano prevalentemente nei settori culturale, educativo, assistenziale e sanitario.

  47. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo Associazioni di Promozione Sociale (2/2) Come operano L’atto costitutivo e lo statuto - nel quale è necessario esplicitare la denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede - definiscono le norme sull’ordinamento e sull’amministrazione, ovvero le regole stabili e fondamentali dell’organizzazione stessa e la volontà contrattuale delle parti. La legge prevede la registrazione delle associazioni in un apposito registro nazionale (il D.R.E.), che consente l’accesso ad una serie di agevolazioni fiscali e la possibilità di ricevere donazioni e lasciti testamentari (con beneficio d'inventario). Al Registro Nazionale possono iscriversi le associazioni o le federazioni di associazioni che risultino operanti in almeno cinque regioni e venti province dislocate sul territorio italiano. La registrazione permette alle associazioni registrate di avvalersi delle leggi nazionali e regionali in materia di contratti pubblici, stipula di convenzioni e trattamento fiscale. Il sostentamento delle associazioni è affidato alle quote e i contributi degli associati, ad eredità, donazioni e legati, ai contributi dello Stato, regioni, enti locali, dell'Unione europea e di organismi pubblici, ai proventi derivati da prestazioni di servizi convenzionati, dalla cessione di beni e servizi finalizzati al raggiungimento di obiettivi istituzionali, da erogazioni liberali o da entrate derivanti da iniziative promozionali (feste, sottoscrizioni, ecc.) comunque compatibili con il fine sociale dell'associazionismo.

  48. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo ONG – Organizzazioni Non Governative (1/2) • Cosa sono • Sono soggetti a carattere transnazionale classificabili secondo le attività che svolgono in cinque tipologie, a volte interconnesse: • ONG di volontariato; • ONG che organizzano progetti di cooperazione a medio-breve termine o in situazioni di emergenza; • ONG orientate verso il sostegno tecnico-economico di partner dei Paesi in Via di Sviluppo; • ONG specializzate in studi, ricerche e formazione di personale; • ONG operanti soprattutto in Italia, nel campo dell'informazione e dell'educazione allo sviluppo, cooperazione e solidarietà. • Normativa • La Legge 49 del 26 febbraio 1987 (“Nuova disciplina della Cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo”) e il relativo regolamento di esecuzione, il Dpr n. 177 del 12 aprile 1988. • Ambiti di attività • Gli organismi non governativi svolgono la loro “missione” attraverso tre settori di attività: • educazione allo sviluppo e alla cooperazione sul territorio; • interventi di sviluppo, volti a sostenere gli sforzi delle comunità, delle organizzazioni e delle istituzioni locali tesi; • facilitazione dei rapporti tra paesi del primo e terzo mondo, come ponte tra comunità .

  49. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo ONG – Organizzazioni Non Governative (2/2) Come operano Le ONG sono essenzialmente associazioni di volontariato, e impiegano volontari in possesso di competenze specifiche e attivi nei paesi in via di sviluppo. La loro struttura operativa è finalizzata professionalmente a svolgere attività di cooperazione, e composta quindi da cooperanti integrati professionalmente nell’organizzazione di cui fanno parte . Le attività di cooperazione svolte dalle ONG riconosciute idonee sono da considerarsi, ai fini fiscali, attività di natura non commerciale; per la legge italiana quindi le ONG vengono considerate automaticamente ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale) in base al Decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, Sezione II, articolo 10. Chi desidera partecipare ad attività di cooperazione internazionale deve però tener conto anche dell'esistenza di quelle ONG che, pur non possedendo il riconoscimento di idoneità del Ministero Affari Esteri, svolgono un'opera che può essere altrettanto preziosa per lo sviluppo umano e la solidarietà internazionale.

  50. Tipologie di organizzazioni e inquadramento normativo Enti religiosi (1/2) Cosa sono Enti privati senza scopo di lucro per il perseguimento di fini di religione o di culto. La sede deve essere stabilita in Italia ed il riconoscimento avviene da parte della competente Autorità ecclesiastica. La nozione di ente ecclesiastico va riferita non soltanto agli enti di culto cattolico, ma anche agli istituti di culti diversi dalla religione dello Stato, chiamati enti di “culti acattolici”. Normativa Il primo riconoscimento degli Enti ecclesiastici agli effetti civili risale al Concordato 27 maggio 1929, modificato con l'Accordo del 18 febbraio 1984 (subordinata la possibilità del riconoscimento agli effetti civili degli enti ecclesiastici alla presenza anche di altri requisiti oggettivi, ovvero la sede in Italia e lo scopo di religione o di culto). Tale disciplina è stata confermata anche nella legge n. 222/1985. Per quanto riguarda invece gli Enti “acattolici” la disciplina è nella legge 11 agosto 1984 n. 449 e nella legge 22 novembre 1988 n. 516. Ambiti di attività Gli Enti ecclesiastici possono svolgere attività di religione o di culto, come quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana. Accanto ad esse, sono previste anche altre attività di utilità sociale, soprattutto negli ambiti dell’assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura.

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