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Prato, 11 Luglio 2007 Corsi Speciali per l'Abilitazione nella Scuola Primaria I INCONTRO

Prato, 11 Luglio 2007 Corsi Speciali per l'Abilitazione nella Scuola Primaria I INCONTRO. Laboratorio di Didattica della Storia nella Scuola Primaria Dott.ssa Valentina Verze Università degli Studi - Firenze. Orario del Laboratorio.

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Prato, 11 Luglio 2007 Corsi Speciali per l'Abilitazione nella Scuola Primaria I INCONTRO

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  1. Prato, 11 Luglio 2007Corsi Speciali per l'Abilitazione nella Scuola Primaria I INCONTRO Laboratorio di Didattica della Storia nella Scuola Primaria Dott.ssa Valentina Verze Università degli Studi - Firenze

  2. Orario del Laboratorio • 14.15 – 16.00 Presentazione del corso e della metodologia di lavoro. Appunti teorici • Pausa (16.00 - 16.15) • 16.15 – 17.15 Lavori individuali in piccoli gruppi su alcuni studi di casi e/o parole -chiave • 17.15 – 18.00 Riflessione in plenaria sui significati emersi

  3. Argomenti degli incontri di Laboratorio • I. Sviluppo del concetto di insegnamento e apprendimento nella didattica modulare • II. Fonti nella storiografia digitale • IlI. Laboratorio di storia + verifica finale (questionario con 15 domande)

  4. In dettaglio…Cosa vedremo nel primo incontro • Sviluppo infantile e apprendimento della Storia • Dai Programmi alle Indicazioni Nazionali • L’organizzazione didattica modulare e i nuovi strumenti di cooperative learning • L’operatività didattica: percorsi tematici per quadri di civiltà; percorsi interdisciplinari di storia locale • Case studies: Forme di vita associata; La casa contadina in Toscana. • Esercitazioni di laboratorio a gruppi (n. 3)

  5. INTRODUZIONE Alcune questioni preliminari sul concetto di Apprendimento

  6. H. GARDNEREducare a comprendere La persona che comprende è quella che può dimostrare di possedere almeno alcuni tratti delle conoscenze e delle prestazioni proprie dell'adulto che può dirsi maestro in quel settore. (H. Gardner, Educare al comprendere, Stereotipi infantili e apprendimento scolastico), Milano, Feltrinelli, 1999, p. 128.

  7. I concetti - chiave L’APPRENDIMENTO Il vero prodotto dell’apprendimento è un cambiamento mentale e uno dei prodotti dell’apprendimento è esattamente riconducibile all’acquisizione di nuove idee e nuovi concetti. L’apprendimento nasce dunque dalle informazioni che vengono elaborate e il risultato sono le modificazioni della mente che si possono o meno vedere attraverso i comportamenti che si traducono in azioni.

  8. Il processo di apprendimento è un processo creativo: si apprende qualche cosa che prima non è nella mente, ma che poi ne diventa patrimonio. • L’elaborazione mentale può essere definita dunque come un processo di costruzione di significati della nostra mente. Il concetto di “costruzione mentale di significati” può essere definito a sua volta, come “elaborazione di conoscenze e competenze”. • L’apprendimento è quindi un processo di costruzione mentale di significanti e di significati sono forme di conoscenze.

  9. CONOSCENZA E APPRENDIMENTO • Apprendere nuovi significati e nuove interpretazioni della realtà, nella ricerca contemporanea, viene definito come processo di costruzione di conoscenze. • Conoscere non vuol dire dunque imparare delle informazioni, ma costruire le interpretazioni delle informazioni. • Nel primo caso si dà maggiore importanza al prodotto, mentre nel secondo caso si dà maggiormente importanza al processo.

  10. COSTRUTTIVISMO • Lo studio non è un lavoro di memoria per fissare concetti, ma un passaggio di attribuzione di significati: solo attraverso l’attenzione al processo si fa attenzione alla costruzione progressiva di significati e conoscenze • La mente compie dei cambiamenti lenti e graduali nel proprio modo di pensare. Alcuni apprendimenti, poi, hanno bisogno di una temporalità più lunga e un esempio è dato dagli apprendimenti scolastici. • La teoria che sottende la conoscenza e l’apprendimento è il COSTRUTTIVISMO dove la conoscenza è un’attiva e personale costruzione di significati coerenti con la storia individuale. E' situato e si svolge con la collaborazione e negoziazione sociale. • INSEGNAMENTO non equivale ad apprendimento; l’apprendimento è la risposta alle intenzioni pedagogiche del setting. L’insegnante non determina l’apprendimento perché è un processo in fieri. L’insegnante e i materiali d’istruzione diventano risorse per l’apprendimento.

  11. Tempi e luoghi “reali” e “virtuali” dell’apprendere • Tempi dell’apprendere: apprendimento come lifelong learning • Luoghi reali dell’apprendere: famiglia; scuola/università/formazione formale • Luoghi virtuali dell’apprendere: mente; dimensione non formale ed informale

  12. COMPETENZE • Competere/ cum-petere ovvero dirigersi verso, chiedere, ma anche orientarsi, sapersi muovere come capacità del soggetto nei diversi campi. Un altro termine per rappresentare le competenze può essere skill o performance. • Una formazione alle competenze dovrebbe consentire un recupero delle capacità di messa in opera delle conoscenze esplicite, ma anche il recupero delle conoscenze implicite, tacite, quelle maturate dagli individui in contesti altri. • Una formazione improntata sul metodo delle competenze è una formazione che va in profondità, portando il soggetto a ragionare su se stesso, sui propri atteggiamenti, valori e sulla propria strada.

  13. DIDATTICA GENERALEE DIDATTICA DISCIPLINARE La specificità della programmazione di Storia

  14. Cos’è la Storia? • 1. Avvenimenti del passato riguardanti la vita dell’uomo • 2. Conoscenza di questi avvenimenti ottenuta mediante la ricerca storica operata dallo storico (storiografia)

  15. Sulle tracce del passato • Comunemente si crede che la storia coincida con la storiografia, ma non è così. • La storia raccontata dallo storico è la lettura di fatti che egli ritiene rilevanti per costruire un periodo. Lo storico è giudice istruttore, cacciatore primitivo; investigatore poliziesco che cerca di ricostruire un periodo basandosi su tracce (M. Bloch).

  16. Lo storico studia il passato con gli occhi del presente e cerca nel passato una risposta ai problemi attuali • Le tracce e gli indizi sono sempre scelti da chi indaga e seleziona i fatti in conformità delle sue ideologie • Quindi noi conosciamo del passato più che quello che è accaduto, quanto ci è stato raccontato dagli storiografi. • Ogni storia è contemporanea (B. Croce): i fatti cominciano ad esistere solo quando lo storico li riporta alla luce.

  17. Dove sta l’oggettività della storia? • L’oggettività è ancorata alla ricerca della verità (capacità di mettere a parte il presente per leggere il passato “con mente pura”). • Analizzare tutti i segni del passato cui viene dato il titolo di “fonte di informazione”.

  18. Lucian Fevbre • Senza dubbio la storia si fa con i documenti scritti… ma si fa anche con i segni dei campi, con le eclissi, con i collari da tiro, con l’analisi dei reperti compiute dai chimici, con le ricerche sulle pietre compiute dai geologi…” • Tutte queste fonti devono essere sottoposte ad esame critico e quindi fatte parlare solo dopo aver dichiarato teorie interpretative e modelli di spiegazione prescelti

  19. Condizioni irrinunciabili per l’educazione alla storia nella formazione del pensiero • Conoscere la storia della storiografia • Conoscere la metodologia della ricerca storica • Essere consapevoli dell’ottica secondo cui lo storico legge i documenti del passato • Essere consapevoli del fatto che la Storia non è solo cronologia bellica, ma anche tutto ciò che riguarda gli uomini nel corso del tempo (Bordino, Camera, Fare storia con i bambini)

  20. L’APPRENDIMENTO DELLA STORIA • La storia oggi è una delle materie più difficili da imparare. Ciò dipende da 3 fattori: • 1. Il soggetto che insegna (l'insegnante, quindi l'azione didattica) • 2. L'oggetto da apprendere (la storia) • 3. L'oggetto che impara (lo studente)

  21. 3. L’OGGETTO CHE IMPARA • Uno studente di fronte alla storia: • Ha una strategia di apprendimento passivo, deficitario, limitato (inadeguatezza delle strutture cognitive) • È generalmente poco motivato all’apprendimento.

  22. 2. L’OGGETTO DA APPRENDERE La storia è un complesso apparato concettuale identificabile con difficoltà a causa del/la: • 1. Linguaggio • 2. Vastità dei programmi

  23. 1. L’AZIONE DIDATTICA • Il modello di insegnamento e di valutazione più diffuso nella nostra scuola è l'approccio basato su quello che gli studenti sanno. Considera la storia come trasmissione di conoscenze consolidate attraverso lezioni frontali del docente e studio del manuale, attraverso la memorizzazione dei fatti e dei problemi, disposti in ordine diacronico. Le domande più usate da parte dell'insegnante sono del tipo: Chi era...? Cosa fece....? Perché disse....? Riassumi. Descrivi. Esponi. • Questo tipo di domande rileva solo le conoscenze di base degli studenti. Ma ciò, anche se non è errato, non basta.

  24. Porsi nell’ottica della ricerca • Per insegnare storia è necessario porsi in un’ottica di ricerca mirando a rilevare il permanere di strutture o il verificarsi di trasformazioni nel rapporto presente-passato interrogandosi sulle proprie convinzioni ma senza veicolare giudizi di valore (ma solo dove e quando richiesto).

  25. Quale modello di insegnamento? • "Non esiste un modo giusto di insegnare o di imparare che funzioni per tutti gli studenti. Bilanciando i generi di istruzione e di valutazione si raggiungono tutti gli studenti e non solamente alcuni" (R.J. Sternberg - L. Spear-Swerling "Le tre intelligenze" - Ed. Erickson - 2001 - pag. 74).

  26. Programma ministeriale scuola primaria D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104 • Le idee provengono dagli studi sociali del gruppo Braudel, Bloch, Febvre intorno alla rivista “Les Annales” (Francia, 1925) • Rivisitano i programmi del ’55. • In quei programmi, la storia era aggregata alle Scienze come strumento finalizzato alla ricerca di ambiente. • Invece ora la storia viene compresa nell’area della Geografia e dei cosiddetti “Studi Sociali”. Lo scopo è conoscitivo: studiare cioè l’interazione reciproca uomo – ambiente perché “nei fanciulli si produca il passaggio da una cultura vissuta e assorbita direttamente dall’ambiente alla cultura come ricostruzione intellettuale”.

  27. Programma del 1985Punti deboli • a) Non pone il delicato problema della costruzione della categoria “tempo storico” a partire dalla reale percezione del tempo da parte del bambino. • b) rivela una concezione arretrata di fonte e di lavoro sulle fonti; • c) è eccessivo, confuso, sconnesso nelle indicazioni circa i contenuti disciplinari.

  28. Decreto Ministeriale Berlinguer sulla storia contemporanea n. 682 del 4 Novembre 1996 • Il processo di trasformazione della didattica della storia subisce una svolta significativa con il Decreto Ministeriale n. 682 del 4 novembre 1996 che riserva lo studio della storia del '900 nelle ultime classi di ogni livello di istruzione. L’innovazione comporta l’acquisizione di una corretta metodologia di approccio alla contemporaneità e nello stesso tempo pone in discussione la ripartizione convenzionale della materia nel curricolo, evidenziando la necessità di procedere al rinnovamento didattico ed al riesame epistemologico della disciplina. • La didattica tradizionale presupponeva una unicità del tempo storico dove assumevano rilievo i grandi avvenimenti. • Ora viene data attenzione alla centralità dello sviluppo delle competenze. • La funzione meramente informativa della storia deve essere superata dalla storia come ricerca.

  29. Il nuovo curriculo verticale di storia • 1999Nuovo profondo ripensamento dell'impianto della formazione storica. • Grande dibattito attorno al rinnovamento dei programmi di storia, significative esperienze di sperimentazione e innovazione didattica. • Punti essenziali: • passare dal programma al curricolo, nel quale fondamentale importanza hanno non solo i saperi, ma anche i metodi, le modalità relazionali, gli strumenti e gli ambienti di apprendimento; • pensare ad un curricolo verticale di storia che superi la ripetitività ciclica degli attuali programmi e sia articolato su tre fasi connesse ma non necessariamente successive: la grammatica, la sistematica, la problematica (approfondimenti  di temi e questioni storiografiche); • dare il giusto spazio alla pluralità delle storie (mondiale, macroregionale, europea, nazionale, locale), per consentire lo sviluppo di un'identità culturale radicata nella storia del proprio territorio, • puntare su un approccio didattico che coniughi saperi e centralità della persona in formazione, storia e memoria individuale e collettiva, costruzione delle conoscenze e capacità di pensare criticamente, modalità costruttive, negoziali e partecipative del sapere con quelle proprie della dimensione laboratoriale e di ricerca; • valorizzare la capacità di progettazione e sperimentazione degli insegnanti e delle scuole che, nel quadro degli orientamenti e delle linee guida stabilite dal curricolo nazionale, elaborano proposte e percorsi di ricerca autonomi e originali.

  30. Indicazioni Nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola PrimariaMPI - 6 Novembre 2002 • Valorizzare l’esperienza del fanciullo • La corporeità come valore • Esplicitare le idee e i valori presenti nell’esperienza • Dal mondo delle categorie empiriche al mondo delle categorie formali • Dalle idee alla vita: il confronto interpersonale • La diversità delle persone e delle culture come ricchezza • Praticare l’impegno personale e la solidarietà sociale.

  31. Obiettivi specifici di apprendimento e Obiettivi formativi personalizzati • Da obiettivi specifici di apprendimento a obiettivi formativi personalizzati a Unità di apprendimento a Competenze

  32. Revisione delle Indicazioni MPI - Aprile 2007 • Nella revisione delle Indicazioni il MPI si propone di dare delle • indicazioni generali che delineino un: • • Curricolo • che le scuole, usando la loro, • • Autonomia • dovranno articolare nel POF e nei piani annuali, concependo i campi • del sapere come: • • Discipline, non più come materie • allo scopo di promuovere abilità e conoscenze concorrenti alla • formazione delle • • Competenze chiave della cittadinanza (doc. di Lisbona 2005) • Alla base di tutto ci deve essere l’impegno del docente a • • Insegnare a imparare e a usare conoscenze

  33. Le competenze – chiave della cittadinanza attiva • Le competenze chiave non costituiscono una proposta alternativa o separata dalle discipline; al contrario si costruiscono utilizzando i saperi previsti dai curricoli […] a partire dagli assi culturali che sono stati individuati. • [Documento della commissione Allulli, marzo 2007] (competenze chiave sono quattro per gli “assi culturali strategici” (dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico, storico-sociale) e sette relative alle “competenze trasversali”).

  34. I punti base • 1. Costruzione del sè • Imparare ad imparare • Progettare • 2. Relazioni con gli altri • Comunicare • Collaborare e partecipare • 3. Rapporto con la realtà naturale e sociale • 4. Risoluzione di problemi • Individuare collegamenti e relazioni • Acquisire ed interpretare l’informazione

  35. Il contributo del curriculo di storia al conseguimento delle competenze chiave • Il contributo del curricolo di storia e di geografia è importante e grande per il conseguimento delle competenze chiave • Possiamo formulare un profilo dell’allievo all’uscita dalla scuola primaria che dia uno standard delle abilità e delle conoscenze da formare con l’articolazione del curricolo in piani annuali di insegnamento e di apprendimento

  36. Curricolo, strutture mentali e conoscenze pregresse • Qualunque progetto curricolare di educazione alla storia invece deve tener conto delle strutture mentali e delle conoscenze pregresse dei bambini. Le esperienze del tempo sociale e del tempo psicologico, le competenze linguistiche e i frammenti informativi sul passato, formati dal curricolo parallelo costituiscono il patrimonio che deve offrire gli agganci adatti alla fondazione del curricolo. (Mattozzi, Convegno La storia tra ricerca e didattica, Treviso, 1995) • Curriculo e scuola materna • Poiché la scuola materna ha un suo progetto educativo che può favorire l'emergenza di embrionali strutture temporali e schemi cognitivi sul passato, ogni progetto curricolare elementare deve collegarsi alla formazione mentale costruita dalla scuola materna.

  37. Interazione insegnante/bambini e curricolo • L’interazione tra insegnante e bambini e una disposizione all'ascolto che hanno un ruolo strategico nella realizzazione del curricolo e sono prioritarie rispetto ad ogni tecnica didattica per promuovere lo sviluppo di obiettivi socio-affettivi. • L'interazione è una condizione ineliminabile perché si realizzi l'approfondimento della conoscenza della mente e dell'affettività dei bambini coinvolti nel processo curriculare e anche vantaggiosa ai fini della crescita di competenze pedagogiche dell'insegnante

  38. Raccordo scuola media - scuola elementare • Alla scuola elementare spetta il compito di realizzare l'educazione alla storia, cioé di formare le condizioni affinché gli scolari possano comprendere le funzioni dello studio della storia, siano in grado di comprendere i discorsi storiografici della scuola media, abbiano interessi alla conoscenza del passato. Di conseguenza le elaborazioni curricolari non possono essere subordinate alle aspettative attuali degli insegnanti di scuola media. • Piuttosto, spetta agli insegnanti di scuola media l'onere di scandagliare ciò che il curricolo elementare è riuscito a costruire nel pensiero dei bambini e fondare la propria iniziativa curricolare sulle risorse effettivamente disponibili. • La continuità deve affermarsi anche nel modello dell'interazione tra insegnanti e alunni di scuola media.

  39. Valorizzare la didattica delle storie locali • I programmi nazionali di storia non contengono indicazioni esplicite ed univoche sull'insegnamento delle storie locali. Va ribadito il diritto di cittadinanza delle storie locali all'interno del curricolo di formazione storica per consentire agli studenti  di conoscere il passato del territorio nel quale si svolge la loro vicenda biografica, capire l'intreccio tra storie locali e storie nazionali e sovranazionali, comprendere il rapporto tra il presente e il passato delle realtà locali nelle quali si inseriranno come cittadini.

  40. Cosa significa a livello pratico? Nella pratica didattica ciò significa: • mantenere un’attenzione costante  alla scala locale  durante tutto il corso degli studi; • raccordare i diversi ordini scolastici per evitare ripetizioni, omissioni, improvvisazioni; • ampliare la consapevolezza da parte dei docenti delle conoscenze e delle competenze che si possono costruire con l’insegnamento della storia a scala locale; • realizzare moduli di storia locale integrati nel curricolo di formazione storica; • cercare e studiare i collegamenti  tra  storia a scala locale e storia generale, evitando una concezione delle storie locali come insegnamento che deve ripercorrere in dimensione micro tutte le tappe della storia generale • N.B. La storia locale nell'insegnamento non è circoscritta al passato del quartiere o del paese d'origine. A seconda dei temi, delle periodizzazioni, delle competenze degli alunni possono essere individuate scale territoriali diverse: una via, il corso di un fiume, una piazza, un distretto economico, la regione amministrativa attuale, lo stato regionale preunitario, la X Regio (Venetia et Histria)…

  41. Gli obiettivi formativi dell'insegnamento delle storie locali scolastiche • Ai fini della educazione alle storie locali devono riguardare la acquisizione della consapevolezza che: • la conoscenza della storia del territorio in cui si vive è rilevante per la comprensione del presente del territorio; • la conoscenza delle storie locali di altri territori è una chiave per comprendere non solo le società di quei territori ma  anche , attraverso il confronto, acquisire maggiore consapevolezza della propria; • ogni storia generale  è più efficace se tiene conto delle differenziazioni locali e se rende comprensibile la dinamica fra centro e periferie, fra fenomeni generali e fenomeni locali; • la storia del proprio territorio va inquadrata in contesti più ampi. • Attraverso la valorizzazione cognitiva delle storie locali si possono formare interessi personali alla stima, alla conoscenza, alla conservazione e alla responsabilità verso il  patrimonio culturale del territorio e le persone che lo abitano, così come si può sviluppare l'interesse e il rispetto  per quello di altri popoli.

  42. Storie locali e storia generale • Nel sistema didattico le storie locali e la storia generale non sono in concorrenza né tanto meno sono alternative, ma adempiono  a funzioni complementari e diverse. • Il rapporto di dare e avere tra generale e locale non è unilaterale nel senso che in ogni caso è la storia generale a fondare le condizioni di comprensibilità delle storie locali. Al contrario, le storie locali possono rivelarsi una introduzione efficace alle generalizzazioni prive di referenti della storia generale manualistica. • Non basta che la dimensione locale sia assunta in rapporto con il passato del territorio dove esiste la scuola. Essa può modificare anche la trattazione di temi di storia generale  (come ad es. quelli relativi alla formazione di organismi statali o dei processi di industrializzazione)...

  43. Le storie locali nel curriculo • 1. Attualmente il rapporto tra l’insegnamento della storia e la storia locale può essere descritto nei termini seguenti: • Le esperienze didattiche diffuse nella scuola elementare non sono universali. • Diradano man mano che gli studenti avanzano nei gradi superiori d’istruzione. • Ci sono, dunque, studenti che fanno esperienze episodiche di formazione storica mediante lo studio della storia a scala locale, ma ci sono molti più studenti che non hanno tale beneficio. • L’episodicità delle esperienze non giova alla formazione di una cultura storica e di una coscienza storica nella quale la storia a scala locale sia un elemento strutturalmente insediato. • La scomparsa della storia a dimensione locale dall’orizzonte del curricolo sancisce la sua scarsa rilevanza agli occhi degli studenti che pure ne hanno fatto una qualche esperienza. • La mancanza di un curricolo rende possibile che uno stesso insieme di studenti ripeta analoghe esperienze di apprendimento in classi diverse senza incremento né di conoscenze né di competenze. • Per superare positivamente questa situazione occorre affermare una visione curricolare della  formazione storica che comprenda le storie locali.

  44. La formazione degli insegnanti • 2. Tale visione va promossa con la formazione degli insegnanti, piuttosto che affermata con programmi o con indicazioni curricolari. La formazione deve riguardare sia gli aspetti metodologici (uso laboratoriale di fonti e/o di testi) sia le conoscenze della storiografia. E' utile, pertanto combinare molte tessere tematiche e di varie esperienze di apprendimento. • Sulla base di tale formazione gli insegnanti potranno prendere le decisioni curricolari più convenienti alla loro situazione, senza il rischio di ripetere temi ed esperienze che gli allievi hanno già incontrato nel ciclo precedente.

  45. Il valore conoscitivo dei beni culturali • 3.Il filo rosso delle  storie locali arricchisce il curricolo di storia generale di esperienze centrate su fonti differenti (fonti archeologiche, museali, architettoniche, archivistiche, iconiche, musicali…). • Perciò l’insegnamento delle storie locali può favorire la genesi e l’incremento della consapevolezza del valore conoscitivo dei beni culturali e delle istituzioni deputate a studiarle e tutelarle. • Ma per questo scopo è necessario che gli studenti, nel loro percorso scolastico, facciano esperienze di molteplici tipologie di fonti e di molteplici istituti di conservazione dei beni culturali.

  46. Campi tematici possibili per un curriculo di storia locale • Il curricolo di storia che tenga conto delle storie locali può risultare dalla componibilità  di temi, di scale spaziali di osservazione, di fonti, di mappe concettuali, di esperienze di apprendimento diverse: • campi tematici possibili: territorio, ambiente, paesaggio, storia economica, storia sociale, storia della mentalità, storia politico-amministrativa; • fonti: dalle fonti archivistiche agli archivi locali (civici, ecclesiastici, scolastici, aziendali, statali…), beni culturali del territorio (archeologiche, paesaggio, architetture, sistemi urbani…), beni culturali museali e iconici; testimonianze orali; • scale spaziali: scala microareale (quartiere, villaggio…), scala urbana o comunitaria (città, comunità montana…), scala della regione storica (ad es., Polesine, Cadore, Garfagnana, Capitanata  … ), scala della regione  amministrativa… • esperienze diverse di processi di insegnamento e di apprendimento basate: sull’uso prevalente di fonti di tipo diverso, sull’uso prevalente di testi, su una combinazione di fonti e testi affrontate con modalità laboratoriali man mano più complesse.

  47. Come costruire il curriculo? • Lavorare in modo analitico, pratico, creativo • Mettersi nei panni di uno studente e capire quali sono per lui le difficoltà legate all’apprendimento della storia. Fare opera di mediazione tra disciplina accademica e strutture cognitive dello studente, tenendo conto degli obiettivi che verranno prefissati. • In base a queste formulare delle strategie di apprendimento ma anche delle ipotesi di recupero • Ridefinire via via gli obiettivi in ogni fase del processo curriculare in modo che i diversi contesti di applicazione dell'operatività didattica assicurino una crescita a spirale di concettualizzazioni e di competenze dei bambini

  48. Criteri di base per la programmazione di un curriculo di storia • Criteri tematici • Criteri spaziali • Criteri concettuali • Criteri conoscitivi • Criterio generale resta comunque l'importanza di raccordarlo con quello di storia generale per formare un unico percorso di formazione di cultura e di coscienza storica: • collegando i diversi ordini scolastici per evitare ripetizioni, omissioni, improvvisazioni; • realizzando moduli di storia locale integrati nel curricolo di formazione storica; • evitando una concezione delle storie locali come insegnamento che deve ripercorrere in dimensione micro tutte le tappe della storia generale.

  49. La progettazione curriculareCriteri • Per poter garantire il raggiungimento degli obiettivi sopra indicati, il curriculo deve essere oggetto di una specifica progettazione da parte dei docenti e delle scuole. • Ciò non significa che si debba stabilire una lista di temi e contenuti  "locali "da svolgere secondo una sequenza obbligata e vincolante. • La progettazione specifica dei moduli  di storia a scala locale spetta alle singole scuole e ai docenti, all'interno di parametri e criteri condivisi e comuni.

  50. E strumenti • Tematizzazione/conoscenze • Scala spaziale • Scala temporale • Concettualizzazioni • Problemi e questioni • Strumenti e metodologie di ricerca • Rapporto con la storia generale/generalizzazioni/contestualizzazioni • La storia a scala locale e le altre discipline • Testi di riferimento • Risorse (fonti, documenti, materiali etc.) • La matrice vuole essere uno strumento che facilita la progettazione di  moduli integrati di storia a scala locale, attraverso la esplicitazione delle scelte (dei temi, delle scale temporali e spaziali, dei contesti etc.) connesse all'operazione stessa della progettazione.

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