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PARTE 1 1) accenni al concetto di eliosfera e di eliopausa

Parte 4: alcuni strumenti di misura ed i vari aspetti di una missione spaziale. (R. Bruno). PARTE 1 1) accenni al concetto di eliosfera e di eliopausa 2) struttura interna del Sole e meccanismo di produzione dell'energia solare, plasma. 3) l’atmosfera solare: fotosfera e cromosfera

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PARTE 1 1) accenni al concetto di eliosfera e di eliopausa

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Presentation Transcript


  1. Parte 4: alcuni strumenti di misura ed i vari aspetti di una missione spaziale (R. Bruno) PARTE 1 1) accenni al concetto di eliosfera e di eliopausa 2) struttura interna del Sole e meccanismo di produzione dell'energia solare, plasma. 3) l’atmosfera solare: fotosfera e cromosfera 4) la corona e la sua evoluzione durante il ciclo solare. 5) campo magnetico superficiale del sole e sua espansione nell‘ eliosfera per mezzo del vento solare. PARTE 26) vento solare: cenni storici, origine e caratterizzazione mediante misure interplanetarie.7) dipendenze radiali e latitudinali del vento solare. PARTE 3 8) descrizione della magnetosfera terrestre ed effetti della sua interazione con il vento solare. 9) tempeste geomagnetiche ed effetti prodotti nella ionosfera terrestre (aurore) 10) si introduce il concetto di Meteorologia Spaziale (Space Weather). Parte 4 11) strumenti di misura: analizzatori elettrostatici e magnetometri 12) Le varie fasi di una missione spaziale Clicca qui per la prima parte Clicca qui per la seconda parte Clicca qui per la terza parte

  2. Misura della distribuzione della velocità del plasma Per il plasma interplanetario e magnetosferico l’energia è compresa fra alcuni eV ed alcune decine di keV. [1eV=11600 °K] Un strumento per la misurazione del plasma consiste di un filtro nello spazio delle velocità, di un ‘detector’ e di un contatore. • Il filtro in velocità seleziona l’energia e la direzione di provenienza della particella [elemento di volume nello spazio delle velocità] • Il ‘detector’ risponde all’arrivo di una particella generando un segnale elettrico • Il contatore registra i segnali elettrici e l’istante d’arrivo

  3. La legge di Gauss per il campo elettrico prodotto da una carica puntiforme (1) E E E r q S2 Q E S1 E S3 E: perpendicolare e costante su ogni superficie Il campoE , su una superficie di raggio r, è dato da:

  4. La legge di Gauss per il campo elettrico prodotto da una carica puntiforme (2) r E La variazione di energia potenziale Epotè pari al lavoro che compie il campo Eper portare la carica unitaria q da r1ad r2, esarà pari alla forza elettrica f =qE moltiplicata per lo spostamento Dr=r2-r1: q+ r q+ Q+ Il potenziale elettrico V è definito come l’energia potenziale per unità di carica, quindi:

  5. La legge di Gauss per il campo elettrico prodotto da una carica puntiforme (3) più in generale, il potenziale elettrico Vsi può esprimere come: r dato che il campo è pari al gradiente del potenziale, possiamo esprimere il campo elettrico E (r)come derivata spaziale di V(r):

  6. Principio generale di funzionamento di un deflettore elettrostatico se si applica una certa differenza di potenziale V alle due calotte sferiche concentriche di raggio R1 ed R2 , si genera un campo elettrico E(r) che risulta essere (Gauss): [Internal Report IFSI, 1980]

  7. Affinché una particella di carica q percorra l'intero tragitto fra le due armature e termini sul rivelatore (dectector) occorre che in ogni istante lungo la sua orbita Sostituendo al campo elettrico la sua espressione si ottiene la risoluzione in energia dello strumento: il filtro in energia dipende direttamente unicamente dalla geometria del sistema. il filtro deve essere in grado di individuare particelle provenienti da un ristretto elemento di angolo solido ed aventi una certa energia. la funzione di distribuzione 3-D la si costruisce campionando l’intero angolo solido 4 alla risoluzione angolare desiderata e per un appropriato set di intervalli di energia con i quali si intende coprire tutto l’intervallo di energia da studiare.

  8. L’analizzatore elettrostatico Top-Hat E(r) =V·R1R2/[(R1-R2)·r-2 Cambiando il potenziale dei due piatti si selezionano particelle con diversa energia

  9. Il campionamento di E/q Supponiamo che R1= 3.5 cm, R2=3.75 cm e che l’emisfero interno sia a –200 V mentre l’esterno sia posto a massa. Il campo elettrico E(r) diretto dalla sfera esterna a quella interna sarà dato dalla: E(R1) = 857 V/cm E(R2) = 747 V/cm Questo settaggio e` sufficiente a rivelare una particella con energia tipica del vento solare infatti, una particella animata da un’energia E giunge al piano di focalizzazione se in ogni punto della sua orbita si ha: un protone che si muove a 530km/sec possiede un’energia E=1460 keV Emax(R1) = 1500 eV Emin(R2) = 1400 eV Nel caso del vento solare Vth/Vsw~35/450~8%

  10. Il rivelatore ad MCP I rivelatori più comunemente usati sono costituiti da una coppia di Microchannel plates alle quali si applica una differenza di potenziale ed al disotto delle quali viene montato un anodo diviso in settori angolari tali da soddisfare la richiesta di risoluzione spaziale q+ V e- I0 UnaMCPè composta da una miriade di tubicini vuoti internamente disposti gli uni accanto agli altri e le cui estremità costituiscono le due facce della MCP. Una particella che entra uno di questi pori genera una valanga di elettroni che a sua volta stimola altre valanghe nell’ MCP sottostante. Il risultato è un’amplificazione > 106 volte la carica incidente. L’ANODOè sezionato in modo tale controllare la risoluzione polare, l’ampiezza dei suoi settori determina la risoluzione in  .

  11. Focalizzazione sul piano degli anodi Particelle cariche che viaggiano su traiettorie parallele, una volta entrate nel piano d’accetazione dello strumento e se possiedono l’energia giusta vengono focalizzate in un punto sul piano del rivelatore  Le particelle che arrivano da differenti direzioni vengono focalizzate in differenti settori angolari sul piano di focalizzazione. Se  è la suddivisione minima è chiaro che non sarà possibile distinguere particelle in arrivo le cui traiettorie siano separate per meno di . [Fazakerly et al., ISSI-1998]

  12. il campo di vista è360° [Fazakerly et al., ISSI-1998] la piena copertura dell’angolo solido 4 è ottenuta ruotando l’analizzatore di 180° lungo l’angolo azimutale 

  13. Asse di Spin ioni Asse di simmetria satellite Uno strumento così fatto non è in grado di coprire contemporaneamente l’intero angolo solido 4 ma può solo rilevare particelle che si muovono nella porzione di spazio illustrata in Figura 3. A questa limitazione si ovvia sfruttando il movimento di rotazione dei satelliti attorno al proprio asse.Infatti montando sul satellite il deflettore elettrostatico con l’asse di simmetria  all’asse di rotazione (asse di ‘spin’) del satellite, il Top-Hat è in grado di coprire l’intero angolo solido durante mezzo ‘periodo di spin’.

  14. Il deflettore deve essere in grado di individuare particelle provenienti da un ristretto elemento di angolo solido ed aventi una certa energia. La funzione di distribuzione 3-D la si costruisce campionando l’intero angolo solido 4alla risoluzione desiderata e per un appropriato set di intervalli di energia con i quali si intende coprire tutto l’intervallo di energia da studiare.

  15.  density  velocity  temperature

  16. L’analizzatore è montato con il suo asse  all’asse di spin del satellite per ottenere un copertura completa di 4

  17. Le reali dimensioni di una sonda

  18. Esperimento di plasma CIS a bordo delle sonde ESA-Cluster

  19. nel caso di un satellite stabilizzato sui tre assi q filtro direzionale energy filter si aggiunge una sezione polare per elevare l’angolo di vista cambiare il voltaggio fra i due tori esterni equivale a selezionare differenti direzioni spaziali

  20. Analisi di massa Nel caso di misure di plasma con diverse componenti ioniche, è importante riuscire a distinguere non solo l’energia della particella ma anche la sua massa. Un analizzatore elettrostatico del tipo E/q non è in grado di discriminare la massa delle particelle rivelate.Tuttavia, in alcuni casi ciò è possibile anche con uno strumento siffatto. Nel caso del vento solare i principali costituenti sono H+ (~94%) ed He2+ (~5%). L’energia cinetica del moto d’insieme delle due popolazioni differisce per il rapporto delle loro masse (4:1) come è stato evidenziato fin dalle prime missioni spaziali.

  21. Analisi di massa Il sistema più comune per misure di M/q è basato sul principio del Tempo di Volo (TOF=Time Of Flight). Questo sistema è usato in analizzatori in grado di effettuare misure di E/q. foglio di carbonio start detector distanza nota d stop detector Lo ione arriva sullo stop detector con un’energia Etot/q=E/q +U U è una differenza di potenziale aggiuntiva data allo ione prima del foglio di carbonio dalla conoscenza di Etot, d ed il tempo t impiegato, si risale a M/q [Fazakerly et al., ISSI-1998]

  22. Simulazioni numeriche ci aiutano a disegnare nuovi tipi di deflettori elettrostatici -150V protoni (2 KeV) +30V -200V +150V -200V elettroni (150 eV) Il metodo consiste nel risolvere l’eq. di Poisson con le differenze finite Sezione longitudinale di un deflettore per ioni ed elettroni

  23. Simulazione numerica di un deflettore elettrostatico. Calcolo del potenziale mediante la risoluzione dell’equazione di Poisson • Gli elementi necessari alla soluzione del problema sono: • posizione e forma dei conduttori • potenziale elettrico dei conduttori • conoscenza della funzione densità di carica spaziale  esistente fra i conduttori stessi.

  24. Il teorema di Gauss, valido per una qualunque superficie chiusa, deve soddisfare: (1) La (1) si riduce all’equazione di Laplace se la carica spaziale fra i conduttori è nulla.

  25. La tecnica della soluzione numerica consiste nel trasformare la (1) da equazione differenziale ad un sistema di equazioni algebriche che collegano tra di loro tutti i punti della regione spaziale in esame. problema in 2-D Consideriamo una superficie chiusa (Fig.1) entro la quale si vuole che sia verificata la (1) V (x,y) essendo V il valore del potenziale sul bordo e (x,y) la distribuzione di carica spaziale all’interno della regione.

  26. L’equazione di Poisson esprime il legame che esiste fra il potenziale di un punto e quello dei suoi vicini; con una certa approssimazione, essa può anche essere espressa sotto forma di differenze finite e la tecnica di soluzione numerica si basa proprio su questa caratteristica. La tecnica di soluzione numerica consiste allora: a) nel sovrapporre al nostro sistema un reticolo b) nello scrivere l’equazione di Poisson sotto forma di differenze finite in modo da legare il potenziale di un nodo a quello dei nodi vicini c) nell’applicare questa relazione a tutti i punti del reticolo un certo numero di volte in modo che le condizioni al contorno (potenziale sul bordo) diffondano sempre più verso l’interno

  27. L’estensione della geometria del sistema da 2D a 3D nel caso di una simmetria cilindrica basta far conservare il momento angolare della particella rispetto all’asse di simmetria durante tutto il percorso all’interno del sistema. Il calcolo del campo elettrico si effettua sempre su di un piano che viene fatto ruotare fino ad intersecare la successiva posizione della particella.

  28. Esempi di configurazioni simulate con SIMION

  29. Strumenti: Il magnetometro

  30. Misura del campo magnetico a bordo di sonde spaziali Esistono due classi di strumenti per la misura di B : magnetometri scalari che misurano solo l’intensità di B magnetometri vettoriali che forniscono indicazioni non solo sull’intensità del campo ma anche sul suo orientamento. I magnetometri scalari più comuni sono quelli a precessione nucleare e quelli a pompaggio ottico Il magnetometro vettoriale più comune è quello denominato Flux-gate

  31. Magnetometri vettoriali: Flux-gate Il flux-gate ed è basato sulla non linearità delle curve di magnetizzazione dei materiali ferromagnetici. Consiste di due elementi sensibili ad alta permeabilità magnetica attorno ai quali sono avvolte due bobine in modo tale che il campo magnetizzante H, prodotto dalla corrente generata dall’ oscillatore, sia diretta in verso opposto . L’ampiezza del campo prodotto su ciascun elemento è tale che il materiale periodicamente raggiunga la saturazione durante il suo ciclo d’isteresi. Una seconda bobina, avvolta sullo stesso elemento sensibile, rivela una f.e.m. indotta le cui caratteristiche sono influenzate dalla eventuale presenza di un campo magnetico ambiente.

  32. Metodo del picco di tensione L’intensità del campo H è tale da raggiungere ripetutamente la zona di saturazione la curva d’isteresi magnetica il segnale H che periodicamente raggiunge la zona d’isteresi il segnale B prodotto in uno dei due nuclei

  33. In assenza di un campo esterno, ed ammettendo che i 2 nuclei e le 2 bobine siano esattamente identiche, i due campi magnetici generati all’interno dei nuclei saranno esattamente uguali, opposti e simmetrici rispetto all’asse B=0

  34. ed il campo risultante B1+B2=0. Di conseguenza, nessuna tensione sarà indotta sul secondario. Se però lo strumento viene immerso in un campo ambiente H, la sua componente HA, parallela all’asse dell’elemento sensibile, fa sì che il campo indotto non sia più simmetrico rispetto alla linea di zero La componente HA si somma in modo opposto ai due campi B1 e B2, ed il risultato netto è quello mostrato in figura

  35. Le curve B1*(H) e B2*(H) non sono più simmetriche rispetto all’asse B = 0 e B1*(H)+B2*(H)) 0. Al secondario appare quindi una tensione pulsante di ampiezza proporzionale alla componente HA. Figura 10

  36. La tecnica del doppio magnetometro per le misure magnetiche a bordo di satelliti Questa tecnica (Ness, 1971) rende meno ardua la realizzazione di misure sensibili di campo magnetico ambiente in presenza di un forte campo magnetico generato dal satellite. A partire da una certa distanza dalla sonda, il campo decresce come 1/r3 , come aspettato per un semplice dipolo posto al centro del satellite. Usando due magnetometri posti su di un asse a distanza R1 ed R2 dal centro del satellite è possibile separare il campo generato dal satellite dal campo ambiente che si desidera misurare. Quindi, nelle posizioni R1 ed R2 il campo registrato dai due magnetometri sarà rispettivamente: B1=Ba + Bs/c1 e B2=Ba + Bs/c2 (1) con Bs/c1e Bs/c2 i valori incogniti del campo magnetico generato dal satellite a distanza R1 ed R2 Dato che il campo del satellite va come 1/r3 possiamo scrivere: Bs/c11/R13 Bs/c21/R23 Da cui segue Bs/c2 =(R1/R2)3Bs/c1=Bs/c1 Sostituendo opportunamente nelle (1) e risolvendo per Ba si isola il valore del campo ambiente che risulta: Ba=(B2-B1)/(1-)

  37. Le missioni spaziali (R.D’AMICIS)

  38. Nel 1957, lancio dello Sputnik, inizia l'era spaziale… … fino alla modernissima Stazione Spaziale Internazionale!

  39. La realizzazione di un progetto spaziale è caratterizzato da estrema complessità, sia di tipo tecnico sia di tipo organizzativo. Di conseguenza necessita della stesura di un programma articolato nelle diverse fasi e della pianificazione delle attività. Risulta infatti costituito da un insieme di esperimenti con obiettivi scientifici e tecnologici diversi, che a loro volta, sono il risultato di integrazioni fra sistemi, sottosistemi e unità delle più svariate tipologie. • Per la multidisciplinarietà delle competenze si rende indispensabile la presenza di diverse realtà produttive e di ricerca che concorrono, ognuna per la propria competenza e con la propria tecnologia, a sviluppare tecniche e processi tra i più affidabili e sicuri possibili. • Sempre più frequentemente infatti i progetti spaziali vedono la collaborazione di diverse nazioni in modo da ripartire i costi che spesso sarebbero insostenibili da parte di un solo paese. La collaborazione dei diversi enti ed istituti coinvolti necessita, pertanto, di un’ organizzazione interna e di interfaccia tale da consentire, con la massima efficienza, il flusso dell'informazione e la programmazione in forma di rapporti mensili sullo stato di avanzamento del progetto.

  40. Fasi di una missione spaziale Fase preliminare: vengono stabiliti gli scopi della missione e vengono eseguiti gli studi preliminari per il sistema spaziale Fase A: viene eseguito uno studio di fattibilità sulla base degli obiettivi scientifici e tecnologici della missione e viene definito il sistema in forma preliminare Fase B: vengono presentati in forma più dettagliata gli scopi della missione e viene eseguita una progettazione del sistema spaziale Fase C: si procede allo sviluppo ed alla costruzione del sistema spaziale; vengono realizzate prove di qualifica e test di accettazione Fase D:si procede alle operazioni di integrazione delle diverse unità del satellite Fase operativa:si effettua il lancio del satellite e si utilizzano gli strumenti di bordo per acquisire i dati Fase post-operativa:vengono analizzati ed elaborati i dati acquisiti durante la missione e vengono interpretati i risultati ottenuti

  41. Missione spaziale • Una missione spaziale è completamente delineata dai seguenti elementi: • obiettivi scientifici • segmento spaziale • segmento di lancio • segmento di terra • controllo della missione Principali figure coinvolte Operatori della missione: ingegneri Utilizzatori finali: fisici, meteorologi, geologi… Developer: NASA, impresa commerciale …

  42. Segmento spaziale Ci sono moltissimi satelliti che orbitano intorno alla Terra e nello spazio interplanetario. Ognuno di questi satelliti è costituito da molte parti ma può essere schematizzato come segue. satellite PAYLOAD (carico utile) BUS (struttura) • Controllo d'assetto • Propulsione • Potenza elettrica • Controllo termico • Struttura meccanica • Telemetria e controllo

  43. I sottosistemi • ilcontrollo d’assetto: garantisce, nelle diverse fasi della missione, il raggiungimento ed il mantenimento delle caratteristiche d’assetto necessarie per la funzionalità del carico utile e per l’operatività degli altri sottosistemi; • lapropulsione: serve per realizzare gli incrementi di velocità necessari a mantenere i parametri orbitali nei limiti predefiniti; talvolta è usato nel controllo d’assetto; • lapotenza elettrica: fornisce la potenza elettrica al satellite durante tutte le fasi della missione e provvede all’immagazzinamento dell’energia elettrica per alimentare gli apparati durante le eclissi; • ilcontrollo termico: mantiene le temperature delle componenti del satellite in intervalli ben definiti, utilizzando la miscela corretta di coating, isolamento termico e controllo termico attivo; è strettamente integrato, funzionalmente e tecnologicamente, con la struttura del satellite; • lastruttura: fornisce una base meccanica, solida e indeformabile, per supportare e collegare le unità del carico utile e degli altri sottosistemi; garantisce la sopravvivenza delle unità alle sollecitazioni meccaniche del lancio; • latelemetriae ilcomando: serve per gestire le comunicazione fra ilsatellite e la Terra.

  44. Un satellite è una macchina complessa. Tutti i satelliti sono costituiti da molti sottosistemi che lavorano insieme come un solo grande sistema. Questa illustrazione semplificata mostra le parti principali di un satellite per il telerilevamento. I principali sottosistemi sono raggruppati per colore. Anatomia di un satellite Il più importante sottosistema è il centro di comando (C&DH: computer and data handling) delle funzioni del satellite, cioè il computer di bordo, nel quale è presente anche un processore di input/output che dirige tutti i comandi di controllo che si muovono da e verso il computer di bordo.

  45. 1. Il sottosistema controllo d’assetto (ADCS) Il sottosistema controllo d'assetto misura e controlla l'orientamento del satellite. Questo sottosistema è fortemente legato al sottosistema propulsione in quanto quest'ultimo permette le manovre per ristabilire la giusta posizione. Il tipo di controllo del puntamento dipende dalla missione. Un satellite dedicato ad osservazioni scientifiche ha bisogno di un meccanismo di controllo più preciso di un satellite per le comunicazioni. Esistono satelliti non ruotanti stabilizzati su tre assi e satelliti ruotanti stabilizzati per spin (spin=moto rotatorio di un corpo intorno al proprio asse di simmetria). • Gli strumenti utilizzati per il controllo d'assetto sono i seguenti: • i sensori sfruttano dei punti di riferimento per determinare con sicurezza l'orientamento (sensori solari, stellari, d'orizzonte). • gli strumenti passivi sfruttano il gradiente di gravità. • gli attuatori forniscono i momenti di reazione uguali ed opposti rispetto alle coppie di disturbo (attrito atmosferico, pressione solare, gradiente di gravità, e così via).

  46. 2. Il sottosistema propulsione Un sistema di propulsione consiste è costituito da un motore di apogeo, dal propellente e dal sistema di controllo a reazione. Quest’ultimo fornisce la spinta per la correzione delle orbite e delle velocità al fine di controbilanciare le forze per il controllo d’assetto. Il sistema di propulsione deve, innanzitutto, effettuare l’eventuale trasferimento dall’orbita di parcheggio, nella quale il satellite viene lasciato dal lanciatore nel caso di lancio indiretto, all’orbita di destinazione. Anche nel caso di lancio diretto, tuttavia, occorre apportare delle correzioni a causa di errori introdotti dal vettore di lancio (vedere manovra di Hohmann).

  47. Propulsione di un razzo I due parametri principali per il design di un motore a razzo sono la spinta, F, e l'impulso specifico, Isp. La spinta, F, è la forza, derivante dall'espulsione di una certa quantità di gas, fornita al razzo: dove dm/dt è il quantità di massa espulsa per unità di tempo, Pa è la pressione ambiente, Pe è la pressione del gas espulso, Ve la sua velocità e Ae l'area di uscita. L'efficienza di un razzo è misurata dall'impulso specifico, cioè la quantità di tempo che con una dato rate di carburante si può fornire una forza pari a F. Essa è dato dal rapporto tra la forza F e il tasso di flusso pesato (dm/dt g) del propellente: Un'altra misura dell'efficienza di un sistema di propulsione è il gradiente di velocità, Dv, che può produrre, in funzione della massa di propellente e dell'impulso specifico: m0=massa iniziale mp=massa finale Un'importante relazione è fornita dalla conoscenza della massa del propellente una volta noto l'incremento di velocità:

  48. Scelta di potenza e massa • Il primo passo durante lo studio di fattibilità per una missione è identificare il veicolo di lancio. • In seguito si selezionano il sistema di stabilizzazione, la massa e la potenza richiesti dai vari sottosistemi, escludendo il sottosistema potenza elettrica. • La massa necessaria per il payload e per il sottosistema potenza elettrica è calcolata sottraendo le masse stimate in precedenza dalla massa totale del satellite (la cui stima è basata sulla capacità di massa del lanciatore). • Si analizzano allora gli elementi che possono essere modificati in termini del rapporto massa disponibile/potenza disponibile. Questo processo è iterativo. • Se il rapporto massa/potenza disponibile non è adeguato, si tende a rivalutare il veicolo di lancio, la configurazione del satellite e le masse dei sottosistemi.

  49. Stima della massa Sistema dipropulsione MA ~ 0.1 MP MRC=(0.01+0.0115 Y1/2) MSC Potenza(valori tabulati) Struttura MST= CST MSP(CST =0.087 3-axis) Controllo termico MT= CT WD(CT =0.04 3-axis) MT= CMT MSC(CMT =0.032 3-axis) Controllo d'assetto MAC=65+0.022 (MSC-700)

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