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22.00. Santa Caterina. da Siena. A monna Cattella . e monna Cecia vocata Planula. e monna Catarina Dentice di Napoli. Lettera 353. Con desiderio di vedervi gustare il cibo angelico . Al nome . d i Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

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Presentation Transcript


  1. 22.00

  2. Santa Caterina da Siena

  3. A monna Cattella e monna Cecia vocata Planula e monna Catarina Dentice di Napoli Lettera 353

  4. Con desiderio di vedervi gustare il cibo angelico

  5. Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce

  6. Carissime suore e figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi gustare il cibo angelico; però che per altro non siete fatte; e acciocché voi lo poteste gustare, Dio vi ricomprò del sangue del suo Figliuolo.

  7. Ma pensate, carissime figliuole, che questo cibo non si mangia in terra, cioè nell'affetto terreno, ma in alto. E però il Figliuolo di Dio si levò in alto in sul legno della santissima Croce, acciocché in alto, e in su la detta mensa prendessimo questo cibo.

  8. Ma voi mi direte: «Quale è questo cibo angelico?». Vi rispondo. È il desiderio, che è nell'affetto dell'anima; il quale desiderio trae a sé il desiderio di Dio; dei quali si fa una medesima cosa l'uno con l'altro.

  9. Questo è un cibo, che, mentre che siamo pellegrini in questa vita, trae a sé l'odore delle vere e reali virtù; le quali virtù sono cotte al fuoco della divina carità, e mangiate sulla mensa della santissima Croce, cioè sostenendo pene e fatiche per amore della virtù, e recalcitrando alla propria sensualità.

  10. E a questo modo con forza e violenza rapisce il reame dell'anima, la quale è chiamata cielo, perché cela Dio per Grazia dentro di sé. Questo è quel cibo che fa l'anima angelica; e però si chiama cibo angelico.

  11. E perché separata l'anima dal corpo, gusta Dio nella essenza sua, egli la sazia tanto, e per sì fatto modo, che nessun’altra cosa ella appetisce, né può desiderare, se non quello che più perfettamente le abbia a conservare e crescere questo cibo; e odia ciò che gli è contrario.

  12. Onde, come prudente, guarda col lume della santissima fede (il quale lume sta nell'occhio dell'intelletto), quello che gli è nocivo, e quello che gli è utile: e come ella ha veduto, così ama e spregia.

  13. Dispregia, dico, la propria sensualità, tenendola legata sotto ai piedi dell'affetto, e tutti i vizi che procedono da essa sensualità. Ella fugge tutte le cagioni che la possono inchinare a vizio, o impedire la sua perfezione; onde ella annega la propria volontà, che gli è cagione d'ogni male, e la sottomette al giogo della santa obbedienza dei comandamenti di Dio, alla quale obbedienza tutti i fedeli cristiani sono obbligati.

  14. E molte altre sono che corrono all’obbedienza dell'Ordine santo: questa è maggiore perfezione. Onde, quando l'anima è vera obbediente, ella si soggioga non tanto ai comandamenti di Dio, o la Religiosa all'Ordine suo, ma a ogni altra creatura per Dio.

  15. Ella fugge e taglia ogni piacere umano; e solo si gloria negli obbrobri, e pene di Cristo crocifisso; e le ingiurie, strazi, scherni e villanie gli sono un latte; e si diletta nelle ingiurie per conformarsi con lo sposo suo, Cristo.

  16. Ella rinunzia alla conversazione delle creature, perché spesse volte ci sono mezzo tra noi e il Creatore nostro, e fugge alla cella del conoscimento di sé e alla cella attuale.

  17. Ora a questo v'invito, carissime, cioè che sempre stiate in questa cella del conoscimento di voi, dove noi troviamo il cibo angelico dell'affetto del desiderio di Dio verso di noi; e nella cella attuale con la vigilia, e con l'umile continua e fedele orazione, spogliando il cuore e l'affetto nostro d'ogni creatura, e d'ogni cosa creata, d'amore fuori di Dio, e vestirvi di Cristo crocifisso.

  18. Perché in altro modo mangereste questo cibo in terra; e già vi dissi che in terra non si doveva mangiare.

  19. Pensate che lo sposo dolce Gesù non vuole mezzo tra l'anima, che è sua Sposa, e sé; ed è molto geloso: perché, subito ch'egli vedesse che noi amassimo cosa fuori di lui, egli si partirebbe da noi, e saremmo fatte degne di mangiare il cibo delle bestie.

  20. E non saremmo noi ben bestiali? Perciocché il cibo degli animali sarebbe, se lasciassimo il Creatore per le creature e per le cose create; e il bene infinito per le cose finite e transitorie, che passano come il vento; la luce per la tenebra; la vita per la morte; quello che ci veste di sole di giustizia col fibbiale della obbedienza, e con le margherite della fede, speranza e perfetta carità, per quello che ce ne spoglia.

  21. E non saremmo noi ben stolte a partirci da Quello che ci dà perfetta purità (in tanto che, quanto ci accostiamo più a lui, tanto più diventiamo pure), per quelli che gettano puzza d’immundizia, contaminatori del cuore e delle menti nostre? Dio lo cessi da noi per la sua infinita misericordia.

  22. E acciò che questo non possa mai intervenire, guardiamoci dalle perverse conversazioni di quelle persone che scelleratamente menano la vita loro; e stiamo tutte sode e mature in noi medesime; sovvenendo caritativamente alla necessità dei nostri prossimi con grande diligenza; e così mostreremo di portare nel cuore Cristo crocifisso.

  23. Dico dunque, che l'anima, che ha assaggiato il cibo angelico, ha veduto col lume, che l'amore e la conversazione delle creature fuori del Creatore è un mezzo che impedisce il cibo suo; e però le fugge con grandissima sollecitudine, e ama e cerca quello che l'accresca e conservi nella virtù.

  24. E perché ha veduto che meglio gusta questo cibo col mezzo dell'orazione fatta nel conoscimento di sé; però vi si esercita continuamente, e in tutti quei modi che si possa accostare a Dio.

  25. In tre modi si fa l'orazione. L'una è continua, cioè il continuo e santo desiderio, il quale desiderio òra nel cospetto di Dio, in ciò che fa la creatura; perché questo desiderio drizza nel suo onore tutte le nostre operazioni spirituali e temporali: e però si chiama continua. Di questa pare che parli il glorioso san Paolo, quando dice: «Orate senza intermissione».

  26. L'altro modo è orazione vocale, cioè che parlando con la lingua, si dice ufficio o altre orazioni vocali; e questa è ordinata per giungere alla terza, cioè alla mentale; e così vi giunge l'anima, quando con prudenza e umiltà esercita la mente nell'orazione vocale, cioè che parlando con la lingua, il cuore suo non sia dilunga da Dio; ma si deve ingegnare di fermare e stabilire il cuore nell'affetto della divina carità.

  27. E quando sentisse la mente sua esser visitata da Dio, cioè che fosse tratta in alcun modo a pensare del suo Creatore, deve abbandonare la vocale, e fermare la mente sua con affetto d'amore in quello che sente che Dio la visita; e poi, se, cessato quello, ella ha tempo, deve ripigliare la vocale, acciò che la mente stia piena e non vota.

  28. E perché nell'orazioni abbondassero le molte battaglie in diversi modi e tenebre di mente, con molta confusione, facendoci il dimonio vedere che la nostra orazione non fosse piacevole a Dio per le molte battaglie e tenebre che avessimo;

  29. non dobbiamo lasciare però, ma stare ferme, con fortezza e lunga perseveranza; guardando che il dimonio lo fa perché noi ci partiamo dalla madre dell'orazione, e Dio lo permette per provare in noi la fortezza e costanza nostra, e acciò che nelle battaglie e tenebre conosciamo, noi non essere, e nella buona volontà conosciamo la bontà di Dio: perché esso è datore e conservatore delle buone e sante volontà, e non è negata a chiunque la vuole.

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