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Tra il “vedere” e il “credere”

Tra il “vedere” e il “credere”. Paolo Veronese, San Giovanni evangelista. Il Vangelo secondo Giovanni.

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Tra il “vedere” e il “credere”

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Presentation Transcript


  1. Tra il “vedere” e il “credere”

  2. Paolo Veronese, San Giovanni evangelista

  3. Il Vangelo secondo Giovanni • Sul quarto Vangelo sono stati scritti volumi e volumi senza che questi potessero esaurirne il contenuto. Il Vangelo di Giovanni ha la forza inesauribile della fede della prima comunità dei credenti in Cristo. Una comunità che non solo annuncia il Cristo e crede in lui, ma che conosce Cristo attraverso lo sguardo amoroso e penetrante della mistica.

  4. Il Vangelo secondo Giovanni • L’autore di questo Vangelo, o potremmo più correttamente dire il redattore, si presenta come il credente che ha visto e ne dà testimonianza. E la sua testimonianza è vera perché si basa, non su vedute e impressioni personali, ma sullo Spirito divino che lo abita, quello Spirito che è sgorgato dalla croce come fonte perenne di grazia e chiaroveggenza, nel senso ebraico di naibis, cioè di profezia, del parlare nel nome di un altro.

  5. Il Vangelo secondo Giovanni • Non a caso quello di Giovanni è stato definito il Vangelo del cristiano maturo: esso infatti suppone un’esperienza spirituale elevata che non vuole spiegare una via ma la vuole indicare. Le tendenze gnostiche di cui fu spesso accusato si infrangono di fronte al tipo di sapienza nascosta che il Vangelo suppone, quella stessa di cui parla Paolo nella sua lettera ai Corinzi (1 Cor 2,6-16). Giovanni non parla mai di conoscenza (gnosi) ma declina più volte il verbo conoscere quale verbo che indica la fedeltà a Cristo, la comunione con lui e la comunione fra quei fratelli che in Cristo - e solo grazie a lui - si riconoscono tali.

  6. Il Vangelo secondo Giovanni • Per Giovanni il radicamento nella storia del cristiano è riflesso della radicalità dell’Incarnazione. Dio si è fatto carne. Non un semi-Dio, non una carne virtuale, ma la nostra carne di peccato. Qui il Dio nascosto si è rivelato, qui è il nascondimento del rivelarsi del Verbo. Tra le innumerevoli proposte di lettura del quarto Vangelo ce n’è una su cui tutti sono concordi: Giovanni si spiega con Giovanni. Più marcatamente rispetto agli altri evangelisti Giovanni offre una ermeneutica intratestuale densa e serrata. Eppure nessuno come questo evangelista chiede al suo lettore la conoscenza dell’Antico Testamento e degli altri Sinottici, soprattutto Marco e Luca.

  7. Simbolo dell’evangelista Giovanni Chiesa di San Giovanni in Villa - Bolzano

  8. Chi è l’autore? • L'ipotesi tradizionale, che identificava l'anonimo autore del vangelo - il discepolo che Gesù amava -, con l'apostolo Giovanni inizia a partire dalla fine del II secolo. • Ireneo, vescovo di Lione, fu il primo ad attribuire quel quarto vangelo che circolava nelle comunità dei nazareni a un Giovanni discepolo.

  9. Chi è l’autore? • Eusebio di Cesarea, che riporta questa notizia, ritiene che Ireneo si basasse sulle testimonianze di Policarpo vescovo di Smirne (morto martire a Roma nel 155), il quale avrebbe conosciuto personalmente Giovanni (stavolta l'apostolo) essendone stato discepolo.

  10. Chi è l’autore? • Questo è anche confermato da Ireneo medesimo, che nella sua lettera a Florino ricorda il suo incontro con Policarpo di Smirne, ed il fatto che Policarpo «raccontava della sua dimestichezza con Giovanni e con le altre persone che avevano visto il Signore» (Storia ecclesiastica V, 20, 4). Ireneo ricorda anche che Policarpo fu eletto vescovo di Smirne dagli apostoli, e Tertulliano asserisce che egli fu fatto vescovo proprio da Giovanni.

  11. Chi è l’autore? • Anche il Canone muratoriano, documento risalente al 200 circa, riporta che il quarto vangelo sarebbe opera di Giovanni, discepolo di Gesù. • Già dal XIX secolo gli studiosi hanno evidenziato che la struttura letteraria del vangelo manifesta una lenta formazione progressiva, che partendo da un substrato giovanneo attraverso rimaneggiamenti successivi sarebbe approdata alla fisionomia attuale.

  12. Chi è l’autore? • I discorsi presenti nel Vangelo di Giovanni, sono il frutto di teologia, di letteratura e di meditazione; il testo ha un valore anche letterario, pieno come è di richiami, di riprese e di approfondimenti al proprio interno. È un grande tessuto dove diversi fili si incrociano e si intrecciano.

  13. Chi è l’autore? • Il quarto Vangelo rispecchia la vita dell'autore e della sua comunità. Un discepolo o un apostolo prima di tutto ha predicato. Dalla predicazione iniziale nasce qualche scritto che a sua volta si evolve, viene riletto, riscritto, ritoccato, finché si arriva alla stesura definita.

  14. Chi è l’autore? • Il Vangelo non è un'opera autonoma, perché fa parte di un gruppo di scritti: è infatti strettamente legato alle tre lettere e, secondo la tradizione, all'Apocalisse. Le lettere giovannee, in particolare, ci permettono di parlare di un ambiente vitale d'origine che è una comunità con un proprio linguaggio e una particolare mentalità. • Alla luce di questa situazione, la storia del quarto Vangelo può essere schematizzata in cinque stadi:

  15. Chi è l’autore? • nella fase della predicazione si costituiscono lentamente le tradizioni evangeliche; • il materiale tradizionale assume una forma particolare e viene strutturato in raccolte letterarie; • tutto questo molteplice materiale subisce un coordinamento organico, che equivale a una prima edizione: • in seguito il testo viene aggiornato tenendo conto delle difficoltà e dei problemi insorti nel frattempo, e si può parlare di una seconda edizione; • l'edizione definitiva è curata da un redattore diverso dall'autore, forse dopo la morte dell'apostolo.

  16. Chi è l’autore? • Gli studiosi hanno scorto nel Vangelo almeno due voci o, forse sarebbe meglio dire, due sguardi: quello dell’Autore del Vangelo e quello dello Scrittore. Autore del Vangelo è l’apostolo Giovanni, il figlio di Zebedeo, pescatore di Galilea con il fratello Giacomo, che fu discepolo prima del Battista e poi del Signore, nominato in terza persona dal Redattore ultimo del Vangelo come ”il discepolo che Gesù amava”.

  17. Chi è l’autore? • Lo Scrittore o Redattore ultimo è una persona indubbiamente colta, identificata con un discepolo anziano - Giovanni il presbitero appunto - che sull’isola di Patmos, rapito in estasi, stenderà le suggestive pagine dell’Apocalisse.

  18. Chi è l’autore? • Tutto questo avviene nella comunità di Efeso (capitale della provincia romana d'Asia, sulla costa occidentale dell'odierna Turchia). Giovanni visse ad Efeso probabilmente gli ultimi 20-30 anni della sua vita, nella seconda metà del I secolo. È appunto tra il 60 ed il 100 che viene collocata la stesura definitiva dell'ultimo Vangelo.

  19. Chi è l’autore? • Il manoscritto più antico contenente un brano del Vangelo secondo Giovanni è il Papiro P52, che è stato datato intorno all'anno 125. Questo frammento di cm 9 x 6 è chiamato anche Papiro Rylands 457 ed è uno dei più vecchi frammenti di papiro del Nuovo Testamento. È stato ritrovato in Egitto ed è in forma di codice, scritto da ambo i lati e contiene Giovanni 18,31-33 e 18,37-38, ovvero un brano della Passione del vangelo giovanneo. Attualmente è conservato presso la John Rylands Library di Manchester, Inghilterra.

  20. Chi è l’autore? • Il Vangelo è presente anche nel Papiro 66 o papiro Bodmer II, risalente all'anno 200 circa, nei papiri P45 e P75 del 250, nel Codex Vaticanus del 300 e infine nel Codex Sinaiticus del 350.

  21. Rylands Library Papyrus P52 The recto of Rylands Library Papyrus P52 from the Gospel of John. Papyrologist Bernard Grenfell (1920), as preserved at the John Rylands Library. Photo: courtesy of JRUL.

  22. Contenuto • Il vangelo di Giovanni ha diversi punti di contatto con i Sinottici: si riconoscono però in esso fonti e tradizioni proprie risalenti alle chiese giovannee come, ad esempio, nei lunghi discorsi di addio (Gvcap 15-17); in alcuni miracoli – che nella tradizione giovannea sono sempre definiti segni – come quello delle nozze di Cana o di Lazzaro (Gv 2,1-12 e Gv 11,1-54); nel discorso sul Pane della Vita a Cafarnao (Gv 6); in alcune figure come Natanaele (Gv 1,45-51), la Samaritana (Gv 4,1-42) e Nicodemo (Gv 3,1-21).

  23. Contenuto • Il quarto Vangelo differisce dagli altri sinottici anche nella forma: è scritto - per così dire - a cerchi concentrici e gli elementi, i temi sono concatenati. Da qui derivano diverse proposte di lettura. È possibile leggere il Vangelo guardando alla scansione delle feste giudaiche. A differenza dei Sinottici, infatti, Giovanni distribuisce il ministero di Gesù nell’arco di tre Pasque, variando anche l’ambientazione geografica del suo Vangelo.

  24. Contenuto • È possibile ancora ripercorrere l’intero Vangelo inseguendo alcuni temi fondamentali, come quello dell’«ora» connesso al tema della gloria, oppure quelli della luce e dell’acqua connessi al tema della vita e della morte. Si può guardare al Vangelo anche attraverso i segni o i miracoli, che hanno il compito risuscitare la fede in Gesù.

  25. Contenuto • A differenza dei Sinottici, che ci testimoniano fino a trenta miracoli, Giovanni ne racconta solo sette. Numero certo non causale che ha il compito di condurre all’ottavo e ultimo grande segno, quello della Pasqua di Gesù, della sua risurrezione. In questa prospettiva alcuni dividono il Vangelo in due grandi parti definendo la prima - quella che interessa la vita pubblica di Gesù - il libro dei segni e la seconda parte - quella degli ultimi eventi della vita di Gesù - il libro della gloria.

  26. Contenuto • L’arco dei sette segni è così composto: • Le nozze di Cana • La guarigione del figlio del funzionario di Cana • La guarigione del paralitico alla piscina di Betzaetà • La moltiplicazione dei pani • Gesù che cammina sulle acque • La guarigione del cieco nato • La resurrezione di Lazzaro

  27. Contenuto • Noi vogliamo leggere il quarto vangelo cercando di entrare nello sguardo del suo Autore, attraverso lo sguardo di grandi artisti. Il verbo «vedere» ha un’importanza particolare in Giovanni. Il biblista Ignace de la Potterie rileva quattro diversi verbi per dire una particolare maniera di vedere. • Il primo verbo, il più neutro èβλέπειν (blèpein - blepo) cioè scorgere. Lo troviamo nelle prime pagine del Vangelo quando il Battista scorge Gesù (Gv 1,29).

  28. Contenuto • Il secondo verbo, usato più spesso nel Vangelo, è Θεωρειν(theorein - theoreo da cui teoria). Il verbo descrive lo sguardo attento, osservatore e viene usato da Giovanni nei riguardi di chi vede i segni che Gesù fa (Gv 2,23; Gv 6,29). È già lo sguardo della fede, anche se non una fede piena, bensì quella di un cuore che è potenzialmente aperto al Mistero.

  29. Contenuto • Il terzo verbo è Θεασθαι (theasthai - da cui deriva il termine teatro). È il verbo che indica il contemplare, è lo sguardo stupito da ciò che si vede e, in qualche modo, già si è conquistato. Quando è applicato al modo con cui i discepoli guardavano Gesù, indica il loro vedere oltre la sua umanità per considerarne già la gloria della divinità. Esempio tipico lo troviamo nel Prologo di Giovanni: “Abbiamo contemplato la sua gloria, la gloria dell’unigenito, venuto da presso il Padre” (Gv 1,14).

  30. Contenuto • Il quarto verbo è il più comune dal punto di vista lessicale, ma è anche il più denso di significato, la forma verbale più completa: si tratta del verbo comune orao - vedere usato però al perfetto: έώρακα(èorakada cui eureka). È il verbo appunto di chi ha visto e ne dà testimonianza perché ne conserva memoria. L’espressione implica l’aver visto e compreso, indica il vedere simbolico che di fronte a una fatto è capace di rievocare, mediante la memoria, molti altri fatti e giungere alla comprensione che trasforma la vita (es. Gv 14,9).

  31. San Giovanni a Patmos, recto Hieronymus Bosch

  32. Sullo sfondo azzurrino di un panorama sereno e dal sapore giorgionesco si staglia la figura dell’Apostolo. Un san Giovanni giovane come quando seguì il Signore lungo le strade della Palestina e, nello stesso tempo, collocato a Patmos dove, secondo la tradizione, egli ormai anziano, subì l’esilio e scrisse l’Apocalisse. Bosch, dunque, condensa in un’unica immagine Apostolo ed Evangelista. Giovanni è colto nell’atto di scrivere il suo testo, quasi assistito dalla Vergine che, come la Donna dell’Apocalisse, tiene la luna sotto i suoi piedi e ostende il Figlio maschio che ha partorito. Lo sguardo dell’Apostolo è fisso sul Mistero del Verbo Incarnato; così, del resto, incomincia il suo Vangelo: il Verbo si è fatto carne. Colui che era presso Dio, che era Dio, il Logos, ha preso una carne mortale nel grembo di una donna. Questa Donna e il mistero che la riguarda, è collocata all’inizio e alla fine del suo vangelo.

  33. Con Cristo la storia viene ricapitolata e comincia un nuovo principio, una nuova creazione. Lo testimonia proprio il paesaggio in cui Bosch pone l’Evangelista: un monte sopra il quale compare un Angelo il cui colore azzurrino invita a volgere lo sguardo all’orizzonte retrostante. Tutto il cosmo viene qui rappresentato nei suoi elementi fondamentali: acqua, aria, terra, fuoco, il regno vegetale (che ritroviamo non solo nella natura rigogliosa del paesaggio, ma anche nelle ali dell’angelo) e il regno animale simbolicamente rappresentato da un volatile - forse un’aquila, attributo dello stesso Giovanni, e da un curioso grillo, in basso a destra della tavola. Il monte rimanda simbolicamente al monte della creazione e l’angelo, oltre ad essere un rimando all’apocalisse, fa pensare all’essere divino che custodì le porte del paradiso terrestre dopo la caduta. Da tutto il paesaggio sprigiona comunque una grande armonia e una grande bellezza.

  34. Non manca il tocco del male in questo nuovo ordine. Lo vediamo infatti significato sia nella nave in fiamme, simbolo delle guerre e degli odi che devastano la terra che, sia nell’animaletto che sta alle spalle di San Giovanni, chiaro simbolo del demoniaco. L’animaletto, un grillo, ha un volto umano, occhialuto, reca ali di farfalla (come l’angelo, ma rivolte verso il basso) e coda da scorpione. Il male dunque rimane nel nuovo ordine di cose instaurate da Cristo, ma regna tuttavia in esso una grande armonia perché ogni cosa rimane sotto la sapienza provvidente del Logos. Il piccolo grillo diabolico tiene fra le mani un rastrello con il quale cerca di sottrarre all’Evangelista il calamaio. Giovanni però pare non lasciarsi minimamente turbare né dalla presenza di quel demonio né dal suo tentativo di furto. Un volatile, alla sinistra della tavola, sorveglia minaccioso i movimenti del grillo. Si tratta di un’aquila, che veglia sul suo protetto.

  35. San Giovanni a Patmos, verso Hieronymus Bosch

  36. Se nel recto della tavola traspare dal panorama la pace e l’armonia della creazione così come è scaturita dall’opera del Logos Creatore, una pace tale che anche la presenza del male non può turbare, nella parte retrostante la tavola il male esplode e rivela tutta la sua oscurità. Il recto rappresenta ciò che Dio vede nel mondo nonostante il male. Egli vede la sua grazia e l’instancabile opera della sua bontà provvidente che sempre sostiene la sua creazione.

  37. Il verso della tavola, in cui Bosch ha dipinto un cerchio in grisaglia con alcune scene della passione, vuole invece descrivere come l’uomo vede il mondo. Se ci allontaniamo solo un poco dalla riproduzione del verso, possiamo notare che non si tratta semplicemente del gioco cromatico di due cerchi concentrici, ma di una cornea con la sua pupilla.

  38. Quest’occhio potrebbe essere una sorta di gigantesco ingrandimento di quanto, sul recto della tavola, l’apostolo Giovanni contempla nel cerchio di Luce in cui appare la Donna con il Figlio. Egli vede cioè il destino a cui il Verbo di Dio va incontro, accogliendo l’Incarnazione. All’interno di quella che dovrebbe essere l’iride dell’occhio vediamo, infatti, il susseguirsi delle scene della passione.

  39. Teatro di questo male è, sullo sfondo, la città di Gerusalemme, disegnata qui con il medesimo profilo della città del recto dell’opera. Il parallelismo tra le due scene è esplicito ma, mentre nella prima il male pur presente è controllato e innocuo, qui il demoniaco pare serpeggiare ovunque nelle forme fluttuanti e luminose degli uomini che si muovono agilmente anche dentro la più grande oscurità.

  40. È una chiara rappresentazione dell’ora a cui Giovanni fa continuo riferimento nel suo Vangelo. Quest’ora, verso cui egli riporta instancabilmente l’attenzione del credente, è l’ora delle tenebre per l’occhio miope dell’uomo, ma è l’ora della Gloria per lo sguardo penetrante del Creatore. Nella pupilla dell’occhio troviamo ripreso il simbolo dell’aquila che appare però piuttosto come un pellicano che ciba i suoi piccoli della sua stessa carne.

  41. I temi fondamentali del prologo che si ritrovano poi in tutto il Vangelo, e specialmente il tema del contrasto fra luce e tenebre, fra l’ora del male e l’ora del trionfo del bene, si trovano degnamente descritti in questa mirabile opera di Bosch. Lo sguardo divino che tutto abbraccia sa scorgere anche nelle trame del male il suo progetto di Bene che avanza inesorabile. Infatti nell’occhio è la pupilla che "vede“.

  42. Le nozze di Cana Il vedere di Maria Giotto

  43. La prima settimana • Giovanni non a caso inizia il suo Vangelo con le stesse parole del libro della Genesi: in principio - en archè. Giovanni presenta infatti Gesù come il Verbo creatore che inaugura una nuova creazione. Dopo il prologo, il Vangelo continua con la narrazione di una settimana in cui si celebra il passaggio dall‘antica alla nuova economia, una settimana dove Giovanni il Battista compie la sua missione e Gesù la incomincia. Ricalcando i ritmi del primi sette giorni della creazione l‘evangelista colloca nel primo giorno la testimonianza del Battista, cioè il diradarsi delle tenebre attorno al Messia grazie allo sguardo capace di verità del Battista.

  44. La prima settimana • Nel secondo giorno ecco che le acque benedette del Giordano vedono arrivare il Benedetto, Colui che solo è in grado di santificare e purificare: Gesù il Cristo, additato dallo stesso Battista. Terzo giorno: germogliano i primi virgulti attorno al Germoglio per eccellenza, quello della radice di Jesse, il Cristo. Gesù chiama a dimorare con lui (cioè a mettere radici): Andrea - che in quello stesso giorno porterà a Gesù il fratello Simon Pietro - e un discepolo ignoto, tradizionalmente identificato con lo stesso apostolo Giovanni.

  45. La prima settimana • Nel quarto giorno, che nella Genesi vede nascere la scansione del tempo in giorno e notte per mezzo dei luminari grandi e piccoli, ecco che Cristo si reca in Galilea e chiama altri suoi discepoli. Isaia aveva predetto che la Galilea, terra di Zabulon e di Neftali, terra tenebrosa, avrebbe visto sorgere la vera Luce e qui Gesù si manifesta come colui che ha adempiuto la legge e i profeti (le luci minori della storia della salvezza che indicano la Grande Luce della Presenza di Dio nel mondo) e chiama altri due discepoli i quali a loro volta risplenderanno come fiaccole di verità.

  46. Le nozze di Cana Il vedere di Maria Giotto

  47. Tre giorni dopo • Si giunge così all‘episodio delle nozze di Cana che inizia con un‘annotazione temporale: tre giorni dopo. Calcolando i precedenti quattro giorni siamo, pertanto, al settimo giorno. Siamo nel giorno del compimento, siamo nel giorno del riposo, siamo nel giorno della comunione fra Dio e l‘uomo. Siamo però anche nel giorno delle nozze. L‘episodio delle nozze di Cana si apre dunque all‘insegna di un giorno benedetto, il giorno delle nozze eterne fra Dio e l‘umanità.

  48. Tre giorni dopo • La menzione del terzo giorno, tuttavia, getta su questa festa anche l‘ombra del dramma. Tutta la Scrittura è costellata da accenni a questa scansione temporale: tre giorni durò il cammino di Abramo verso il monte Moria; tre giorni Giona rimase nel ventre del pesce; per tre giorni Gesù restò chiuso nel sepolcro. Tre giorni segnano lo scoccare di un‘ora, quella per cui Cristo è nato. Sul numero tre gioca anche Giotto che, nella celebre Cappella degli Scrovegni, ci permette di entrare nella sala del banchetto di nozze e vedere con Maria, il primo dei sette grandi segni narrati da Giovanni nel suo Vangelo.

  49. Tre giorni dopo • Tre, infatti, sono gli invitati per ogni lato del tavolo, tre hanno l‘aureola e tre sono senza aureola, tre sono le giare in primo piano, tre i testimoni del miracolo. Tre sono anche i lati della sala che ci è consentito vedere, opportunamente sottolineati da un elegante cornicione di legno intarsiato. La sala, dunque, si apre generosa allo sguardo dell‘osservatore: vediamo tuttavia solo tre dei suoi quattro lati. Il quarto lato è quello in cui noi siamo immersi ed è anche quello in cui è chiamato in causa il nostro vedere. Fedele agli intenti dell‘Evangelista, Giotto ci avverte che a questo banchetto tutti siamo invitati perché si tratta del banchetto ultimo, quello messianico promesso dai profeti.

  50. Le nozze di Cana Il vedere di Maria Giotto

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