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La teoria economica dei rapporti di fornitura

Dalla produzione di massa alla produzione flessibile. Fino agli anni 70:Grande impresa di massaObiettivi di efficienza con economie di scala, diversificazione e integrazione verticaleAlti volumi e saturazione degli impiantiIl fornitore non un partner ma un avversarioDopo gli anni 70:Cambiano

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Presentation Transcript


    1. La teoria economica dei rapporti di fornitura

    2. Dalla produzione di massa alla produzione flessibile Fino agli anni 70: Grande impresa di massa Obiettivi di efficienza con economie di scala, diversificazione e integrazione verticale Alti volumi e saturazione degli impianti Il fornitore non è un partner ma un avversario Dopo gli anni 70: Cambiano le condizioni di mercato (complessità) Domanda non più in forte crescita, ma differenziata e imprevedibile Maggior progresso tecnologico difficilmente monitorabile Concentrazione sulle attività di filiera ad alto valore aggiunto Cessione in outsourcing delle attività non strategiche Passaggio dal concetto di filiera (tecnologico e tipico degli anni ‘50) a quello di catena del valore (economico e tipico degli anni ‘80) Cresce la cooperazione coi fornitori (anni 80) fondata sulla valorizzazione delle loro specifiche competenze

    3. Il passaggio a questa nuova maniera di gestire i rapporti coi fornitori all’interno della catena del valore lo si deve ai giapponesi (e, in particolare, al settore auto)

    4. La lezione giapponese La lezione ci insegna come la competitività sia figlia di una corretta gestione dei rapporti interni alla catena del valore Nascono i keiretsu: imprese e fornitori sono integrate tra loro in gruppi industriali a partecipazione incrociata (settore auto) Il kyoryokukai (parco fornitori): l’impresa committente supporta i fornitori permettendogli lo sviluppo tecnologico ed economico dietro un impegno del fornitore a migliorare in efficienza ed abbassare i prezzi* Gerarchia tra fornitori di primo (sviluppo comune di R&S ed innovazioni, e condivisione di rischi e profitti) e secondo livello (definizione di programmi di produzione tramite JIT e TQC) * Da Volpato pag. 36. * Da Volpato pag. 36.

    5. I rapporti di fornitura secondo la teoria neoclassica* Nel mercato neoclassico gli attori sono sempre efficienti e razionali. I 3 elementi cardine dei neoclassici: Istantaneità: domanda e offerta si equilibrano simultaneamente Perfetta informazione: accesso omogeneo alle informazioni da parte di tutti gli operatori (le negoziazioni avvengono solo sulla base del prezzo). Quindi, assenza di asimmetria informativa Le transazioni passate non influenzano in alcun modo quelle future e ogni operatore può sempre sostituire la controparte senza costi aggiuntivi * E’ più una teoria mercantile che industriale poiché privilegia lo scambio alla competitività e capacità innovativa. * E’ più una teoria mercantile che industriale poiché privilegia lo scambio alla competitività e capacità innovativa.

    6. Secondo Coase: Impresa e mercato sono due forme alternative di coordinamento economico: l’impresa si differenzia dal mercato perché rinuncia al sistema dei prezzi (neoclassico, detto anche mano invisibile) per ricorrere ad una forma di coordinamento interno, la gerarchia (potere dell’imprenditore). L’accesso al mercato, la ricerca d’informazioni e la contrattazione con altri operatori genera dei costi che, se troppo elevati, orientano verso l’uso della gerarchia

    7. I rapporti di fornitura secondo le teorie della Nuova Economia Industriale Secondo Williamson (Coase), l’accesso al mercato costa (diversamente dal pensiero neoclassico). A seconda dei costi, si deciderà se accedere al mercato attraverso contratti o gerarchie Per i neoclassici, le scelte di integrazione sono giustificate da ragioni di inseparabilità tecnologiche tra diverse fasi Per Williamson, l’integrazione regolata dalla gerarchia evita forme di opportunismo (accesso proprietario alle informazioni) Quindi: Tra mercato (buy) e gerarchia (make) prevale la scelta che minimizza la somma tra costi di produzione e di transazione

    8. Gli elementi che influenzano la transazione La specificità delle risorse L’incertezza La frequenza del rapporto

    9. 1. La specificità delle risorse Investimento specifico (in macchine, conoscenza o personale) che non può essere convertito in un altro Dipendenza reciproca tra le parti (anche l’acquirente è dipendente dal rapporto) Necessità di un lungo orizzonte temporale sufficiente al recupero dell’investimento Comportamenti opportunistici a danno della controparte più debole del rapporto (necessità di controllare il comportamento della controparte) Al crescere della specificità degli investimenti, si va verso soluzioni di tipo make (integrazione verticale) perché i contratti non sembrano in grado di regolare la transazione (troppo rischio)

    10. 2. Incertezza Il termine indica l’incertezza sugli esiti dei comportamenti strategici. Incertezza e opportunismo sono in stretta correlazione. Quando fornitore e cliente si impegnano nel lungo termine, nessuno dei due conosce in anticipo cosa potrà succedere (ad es. il cambiamento degli obiettivi che obbliga la controparte a limitare i danni che ne conseguono)

    11. 3. Frequenza delle interazioni tra imprese Può essere alta o limitata. Una transazione unica è paragonabile ad un rapporto sporadico. Importanza della reputazione e concetto di trust (fiducia).

    12. Essenza della teoria dei costi di transazione A partire da una certa soglia di specificità delle risorse, i costi che l’impresa sostiene per acquistare un prodotto sul mercato sono superiori all’onere del produrlo internamente (quindi è meglio l’integrazione verticale) Al tempo stesso, la gerarchia non ha la stessa forza del mercato nell’incentivare l’efficienza (la divisione dipendente troverà meno incentivi di quelli che avrebbe se operasse autonomamente sul mercato)

    13. Il rapporto cliente fornitore secondo la teoria dell’agenzia Il rapporto è visto come una relazione tra principale ed agente. L’agenzia evidenzia le difficoltà di cooperazione tra due imprese con obiettivi differenti (fornitore e committente). Se il contratto non prevede la condivisione dei rischi, esso difficilmente saprà regolare eventuali sopravvenienze a carico del fornitore (es. aumento del prezzo delle materie prime dopo la stipula del contratto). In questi casi, il fornitore potrebbe recuperare i costi aggiuntivi risparmiando su altri componenti, e tutto a discapito della qualità. Per questo esistono contratti con formule di risk-sharing.

    14. Il rapporto cliente fornitore secondo la teoria dei network Il rapporto è visto come una relazione basata su fiducia e comunicazione reciproca. Questi elementi positivi guidano all’interazione e cooperazione. E’ una teoria che si basa sulle competenze distintive in grado di portare al vantaggio competitivo. Quindi, di fronte alla scelta tra make or buy, il manager della teoria dei network qui si preoccuperebbe di vedere se il business in questione è coerente con le competenze distintive possedute dal patrimonio d’impresa, mentre il manager di scuola neo-istituzionalista valuterebbe la specificità delle risorse in campo (se elevata, l’opzione make andrebbe preferita)

    15. La gestione dei rapporti di fornitura

    16. La politica degli approvvigionamenti Le due variabili che incidono sul rapporto di fornitura nella costruzione della matrice di Kraljic: La reperibilità del componente La sua strategicità rispetto al processo produttivo L’incrocio di queste due variabili permette di costruire una matrice che individua 4 tipologie di rapporto cliente-fornitore…

    17. La matrice di Kraljic

    18. Risultati della matrice di Kraljic 4 tipologie di acquisto da considerare nella gestione degli approvvigionamenti: Acquisti non critici: rep alta/strat bassa (la funzione approvv. deve garantire logiche che esaltino la concorrenza tra fornitori). Obiettivi: massimizzare l’efficienza negli acquisti (che avvengono su base locale). Acquisti di leva: rep alta/strat alta (data l’elevata strategicità, l’impresa deve costruirsi un potere contrattuale forte mettendo in forte concorrenza i vari fornitori al fine, tra l’altro, di ridurre le giacenze e di crearsi un forte potere contrattuale). Acquisti colli di bottiglia: rep bassa/strat bassa (enfasi sull’affidabilità dei fornitori e contratti di lungo termine per assicurare un flusso costante, poiché dalla regolarità e puntualità delle consegne dipende la continuità del flusso produttivo). Acquisti strategici: rep bassa/strat alta (i componenti incidono molto sul valore finale del bene ed occorre contenerne i costi). Obiettivi: ricerca della stabilità ed integrazione col componentista onde evitare la perdita di forti investimenti.

    19. Ma quanti dovrebbero essere i fornitori?

    20. Differenza tra sole-sourcing e multiple-sourcing A seguire, vedremo le caratteristiche del modello giapponese di fornitore unico per ogni componente

    21. Secondo Deming, quella del fornitore unico è la politica più efficace nella gestione della qualità per via degli elevati costi di progettazione e monitoraggio, improponibili in caso di multiple-sourcing Per essa occorrono: - forte integrazione - rapporti di lungo periodo - stretta cooperazione - coinvolgimento strutturale del fornitore fin dal design del prodotto

    22. Rischi di cliente e fornitore nel caso di fornitore unico Barriere all’uscita: investimenti specifici fatti dal fornitore in quella relazione che ne indeboliscono il potere contrattuale Eccessiva dipendenza del cliente dalla capacità innovativa del fornitore e quindi effetto lock-in: il vincolo di lungo termine che lega le imprese potrebbe impedire al cliente di sviluppare le nuove soluzioni offerte dal mercato

    23. Il modello giapponese di Parallel Sourcing Combina i vantaggi del fornitore unico (impegno nel lungo termine) con quelli del multiple sourcing (concorrenza come incentivazione) I fornitori sono simili tra loro in capacità, competenze e tecnologie utilizzate: se non arrivano alla performance promessa verranno a sostituirsi a vicenda (incentivo) Riduce i costi che incidono sulla competitività del rapporto cliente/fornitore stimolando maggior efficienza ……segue…….

    24. I 3 tipi di costo che influenzano il rapporto di fornitura Costi di avvio e sostituzione (setup e switching costs): sono i costi che vanno perduti come sunk cost a fine rapporto, e da sostenere per crearne uno nuovo quanto più forte era la relazione che legava l’impresa al precedente fornitore - fissi Costi di coordinamento o negoziazione (ad es. monitoraggio qualità, di modificazione del contratto, etc.) - variabili Costi di competitività (dovuti all’incapacità del fornitore di fornire una performance adeguata; ad es. costi d’immagine) - variabili Sono tutti componenti fissi o variabili dei costi di transazione

    25. Come va organizzata, dunque, la politica di gestione complessiva dei fornitori (anche detta razionalizzazione dei fornitori)?

    26. Gerarchizzazione dei fornitori secondo il modello Toyota Creazione di fornitori di primo e secondo livello I fornitori di secondo livello non hanno contatti con l’impresa. Essi sono solo i fornitori dei fornitori di primo livello Aumento di flessibilità del modello piramidale* Riduzione del numero di fornitori primari con cui si incrociano le partecipazioni azionarie onde ottenere rapporti duraturi e di cooperazione (keyretsu) Ai fornitori al di sotto del secondo livello si assegnano compiti operativi * Il testo a pag. 628-629 offre il modello piramidale evoluto della Nike. * Il testo a pag. 628-629 offre il modello piramidale evoluto della Nike.

    27. Gerarchizzazione dei fornitori secondo il modello Toyota (cont.) Toyota produce modelli ad alta tecnologia, mentre i fornitori si sono specializzati in prodotti di nicchia (es. fuoristrada). Toyota ha anche assegnato a componentisti specializzati la produzione di parti ad alto contenuto tecnologico (es. freni, ruote). Toyota assembla i prodotti finiti presso i suoi stabilimenti e presso quelli di altri otto contract assembler

    28. Modello giapponese tradizionale

    29. Modello giapponese evoluto

    30. Valutazione (vendor rating) e selezione dei fornitori Modello tradizionale (asta): il cliente definiva tutte le specifiche ed i materiali da utilizzare per un componente, e i fornitori formulavano l’offerta. E’ un modello che considera il fornitore irrilevante dal punto di vista progettuale (rischio di opportunismo del fornitore che si propone sottocosto, ma il committente non lo sa per via delle asimmetrie informative). Il prezzo non basta nella valutazione, perché occorrerebbe considerare la capacità di crescita ed innovazione futura del fornitore. Modello evoluto: tutto dipende dalla strategicità del fornitore. 3 tipi: a) f. normale valutato in base all’output; f. integrato valutato in base alle prestazioni globali; c) f. strategico, valutato sul potenziale strategico (VEDI TAB P. 633)

    31. Tipologie di contratto Che succede se cambia il prezzo di un componente a contratto già firmato? Contratti fixed price (risk shifting sul fornitore): più adatti alla fornitura di beni standardizzati Contratti cost plus (risk absorption sull’impresa cliente): più adatti per beni complessi in cui il cliente riconosce l’alea a cui è sottoposto il fornitore (ad es. produzione di armamenti per la Difesa) Forme contrattuali intermedie: P = B + a (C - B); dove a è il parametro di ripartizione del rischio e cioè la porzione di costo imprevisto assorbita dal cliente compreso tra 0 e 1, P è il prezzo effettivo, C è il costo sopravvenuto, B è il prezzo originario. Tanto più a è vicino al valore 1, tanto più P = C ed il contratto somiglierà alla tipologia cost plus*. * Interessante notare come i giapponesi riducano il valore del coefficiente “a” al crescere delle dimensioni dei fornitori. Questo perché i giapponesi preferiscono proteggere i fornitori più piccoli consentendo loro di crescere e rafforzarsi nel tempo. * Interessante notare come i giapponesi riducano il valore del coefficiente “a” al crescere delle dimensioni dei fornitori. Questo perché i giapponesi preferiscono proteggere i fornitori più piccoli consentendo loro di crescere e rafforzarsi nel tempo.

    32. Il supply chain management

    34. Che differenza c’è tra SCM e Value Chain Management? Il primo si incentra sull’efficienza (produttività e riduzione dei costi), mentre il secondo guarda all’efficacia (e, cioè, a localizzare i punti della catena di creazione del massimo valore)

    35. Molte imprese fondano il proprio successo sull’organizzazione della propria SC Il caso Dell Computer (eliminazione della distribuzione al dettaglio, prezzi competitivi, modelli +aggiornati, consegne rapide in 5-6 gg) Il caso Campbell Soup: potrebbe applicare la stessa soluzione?

    37. Rotazione del magazzino Il valore delle merci vendute (o costo del venduto) è uguale al costo annuo sostenuto dall’impresa per produrre i beni forniti ai clienti finali. Il valore medio delle scorte in magazzino è il valore totale di tutti gli articoli mantenuti in magazzino, valorizzato al costo (comprende materie prime, scorte WIP e prodotti finiti)

    40. Calcoliamo adesso, con gli stessi dati, l’indice di copertura

    41. Disfunzioni della SC a causa dell’antagonismo tra vari attori della catena, come nel caso di acquisto speculativo nel comparto alimentare (es. riduzioni di prezzo a inizio anno con accumulo di scorte): Questo genera costi incrementali lungo tutta la SC (es. il produttore dovrà operare con gli impianti in straordinario sin da ottobre, i fornitori che riforniscono gli impianti dovranno fare lo stesso etc.)

    43. In tema di incertezza della domanda, Fisher classifica tra: Prodotti funzionali: rispondono ai bisogni di base, dunque non mutano nel tempo, la domanda è stabile e prevedibile, e i CDV sono prolungati. Bassi margini Prodotti innovativi: per evitare bassi margini (nel campo della moda e tecnologia) si introducono innovazioni, ma la domanda è imprevedibile e i CDV sono piuttosto brevi

    44. In tema di incertezza dell’offerta, Hau Lee individua: Egli definisce supply chain process stabili quelli in cui il processo produttivo e la tecnologia sono maturi, quindi l’offerta è delineata. In un processo d’offerta stabile la complessità della produzione è ridotta, i processi manifatturieri sono automatizzati ed i contratti a lungo termine. Mentre definisce supply process in evoluzione la situazione diametralmente opposta. Qui le operations richiedono frequenti interventi di fine-tuning. Anche il sistema di offerta potrebbe non essere affidabile, e ciò poiché connotato da fornitori ancora spesso impegnati in innovazione di processo

    45. Prima di formulare una strategia di SC occorre conoscere le fonti di incertezza e riuscire a ridurle. Gli elementi a destra e in basso della matrice indicano una gestione più complessa

    47. Progettazione della supply chain Tipologie: La SC efficiente mira a eliminare le attività non a v.a. e ottenere economie di scala dall’utilizzo max della capacità produttiva (efficienza di costo) La SC orientata alla copertura del rischio si preoccupa di evitare un’interruzione nella fornitura, che si evita se vi sono +fonti di approvv. o se vi sono prodotti alternativi. Si possono quindi aumentare le scorte di sicurezza dei componenti chiave proprio per evitare interruzioni Le SC reattive hanno strategie basate su reattività e flessibilità per reagire a variazioni nei bisogni del mercato (esse utilizzano approcci build to order o di personalizzazione dell’offerta) Le SC agili fondono i vantaggi delle “reattive” e di “quelle orientate alla copertura del rischio”, manifestandosi agili nella risposta al mercato e, nel frattempo, minimizzando i rischi di interruzione dell’offerta grazie alla condivisione di magazzini e scorte

    50. 1. Motivazioni aziendali generali Incrementa l’efficacia focalizzando un’impresa su ciò che sa fare meglio Trasforma l’organizzazione aziendale Aumenta il valore di prodotti e servizi, la customer satisfaction ed il valore per gli azionisti

    51. 2. Motivazioni legate ai processi di miglioramento Migliora le prestazioni operative (aumenta qualità e produttività, accorcia i tempi di ciclo, etc.) Garantisce competenze, abilità e tecnologie altrimenti irreperibili Migliora le gestione ed il controllo interno Migliora la gestione del rischio Permette di acquisire idee innovative Migliora l’immagine dell’impresa grazie alla partnership con fornitori di elevata reputazione

    52. 3. Motivazioni finanziarie Riduce gli investimenti in assets e permette di destinare altrove i capitali smobilizzati Genera liquidità trasferendo assets al fornitore

    53. 4. Motivazioni legate all’incremento dei ricavi Incrementa il potenziale accesso a nuovi mercati attraverso la rete del fornitore Accelera l’espansione grazie all’utilizzo della capacità, processi e sistemi sviluppati dal fornitore Aumenta le vendite e la capacità produttiva nei periodi in cui non si possono effettuare investimenti di ampliamento Sfrutta le competenze esistenti in chiave commerciale

    54. 5. Motivazioni legate ai costi Riduce i costi grazie alle superiori prestazioni ed ai minori costi del fornitore Converte i costi fissi in costi variabili

    56. Vulnerabilità dell’outsourcing Un esempio: Per aumentare le linee di prodotto offerte ai suoi rivenditori, Blaupunkt si rivolse a Panasonic (all’epoca una piccola impresa) affidandogli la produzione di videoregistratori. In seguito, quando la sua reputazione divenne strettamente dipendente dai videoregistratori, Panasonic si rivolse direttamente ai rivenditori. In fondo Blaupunkt gli aveva dato libero accesso ai propri rivenditori e non poteva più arrestare il processo.

    60. Definizione di Global Sourcing Capacità dell’impresa di approvvigionarsi da diverse aree del mondo (caso Nike)

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