1 / 42

Università di Genova Dipartimento di Diritto dell’Economia e dell’Impresa (DI.D.E.I)

Università di Genova Dipartimento di Diritto dell’Economia e dell’Impresa (DI.D.E.I). Introduzione al trust e ai suoi impieghi nella pratica professionale – Aiga Sezione Udine Udine, 1 ottobre 2010 Il trattamento fiscale del Trust: imposte indirette di Giorgio Semino

pules
Download Presentation

Università di Genova Dipartimento di Diritto dell’Economia e dell’Impresa (DI.D.E.I)

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Università di Genova Dipartimento di Diritto dell’Economia e dell’Impresa (DI.D.E.I) Introduzione al trust e ai suoi impieghi nella pratica professionale – Aiga Sezione Udine Udine, 1 ottobre 2010 Il trattamento fiscale del Trust: imposte indirette di Giorgio Semino Professore Aggregato di Diritto Commerciale presso l’Università di Genova Componente commissione Trust CNDCEC

  2. La fiscalità dei trust. Profili introduttivi • Il trust sia una strumento poliedrico e proteiforme. • Non esiste il trust, ma un arcipelago trust. Abbiamo, solo per ricordare alcune fra le fattispecie più conosciute, i trust revocabili e quelli irrevocabili, i trust liberali e i trust commerciali, i trust con beneficiari, e i trust di scopo senza quindi beneficiari, i trust discrezionali e i trust nudi. • Non può quindi esistere un unico regime di imponibilità del trust, ma più regimi differenziati in ragione delle peculiarità concretamente assunte dal singolo trust.

  3. La fiscalità dei trust. Profili introduttivi • La bontà di quest’impostazione trova conferma nell’esperienza comparatistica dei Paesi anglosassoni, che, avendo ben presente la poliedricità dell’istituto, applicano regimi differenziati secondo le caratteristiche concretamente assunte dal trust (Per tutti vedi sul punto l’orientamento della amministrazione finanziaria inglese, in Inland revenue, Trusts. An introduction. Personal Taxpayer Series IR152, p. 11, allegato 8). • Questo risultato, del tutto pacifico nei Paesi che da più tempo conoscono il trust, può dirsi, ormai acquisito anche nel nostro ordinamento.

  4. La fiscalità dei trust. Profili introduttivi • Chiara sotto questo profilo è stata la Risposta a Interpello della D.R.E. Liguria del 24 luglio 2003. Questa pronuncia parte dal presupposto che esistono “svariati rapporti giuridici che sono ricompresi nella nozione di trust e che sono caratterizzati da varianti o peculiarità che prendono le mosse dallo schema base”, per concludere che il “regime fiscale del trust non potrà che discendere dall’analisi delle regolamentazioni che caratterizzano il singolo trust, stante la difficoltà a predisporre regole generali valide per tutte le tipologie di trust”. • Questa poliedricità di regimi imponibili è ora confermata dalla stesso legislatore nella novella di cui all’art. 73 del TUIR. ove, vengono applicati moduli impositivi diversi a seconda di come il trust è stato strutturato.

  5. La fiscalità indiretta dei trust Profili introduttivi • Nel campo dell’imposizione indiretta, oggetto di questo intervento, non mi pare dubbio che debba trovare applicazione lo stesso principio, non solo per le caratteristiche di poliedricità dell’istituto, ma anche in ossequio ad una precisa norma interna rappresentata dall’art. 20 del Testo Unico dell’imposta di registro, che la nostra Cassazione pacificamente interpreta affermando il rilievo preminente che deve essere attribuito, nell’imposizione di un negozio, alla sua causa reale e alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguiti dalle parti.

  6. La fiscalità indiretta dei trust Profili introduttivi • La stessa Agenzia delle Entrate ha più volte ribadito che il principio dettato dall’articolo 20 Testo Unico dell’imposta di registro “sebbene enunciato in materia di imposta di registro, deve considerarsi applicabile in linea di principio anche per le altre imposte indirette” (Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008, par. 5.1; Risoluzione n. 126/E del 1 agosto 2000; Risoluzione n. 310088 del 26 aprile 1988 ) • La prassi amministrativa ha poi precisato che il principio si applica anche rispetto alla costituzione di vincoli di destinazione dovendosi distinguere tra quelli con effetti traslativi (soggetti ad imposta di donazione) e quelli privi di tali effetti (che risultano al di fuori del perimetro applicativo del tributo) (ancora Circolare n. 3/E del 22 gennaio 2008, par. 5 ).

  7. La fiscalità indiretta dei trust Profili introduttivi Il non poter ricondurre tutti i trust ad un unico modulo impositivo non impedisce tuttavia all’interprete di tracciare i tratti distintivi delle varie tipologie, al fine di ricavarne regole di tassazione comuni. Sotto il profilo dell’imposizione indiretta la prassi ha principalmente tracciato la distinzione tra trust “liberali” o “di famiglia”, caratterizzati da uno spirito di liberalità del disponente verso i beneficiari e “trust commerciali”, privi di questo di animus donandi.I trust interni e esteri che hanno contatti con l’Italia nella stragrande maggioranza dei casi sono dei trust di famiglia, per cui pare opportuno che l’analisi si focalizzi da tale fattispecie. Proviamo a tracciarne un ideale ciclo di vita

  8. La fiscalità indiretta dei trust La creazione del Trust. • L’uso che si è affermato in Italia è quello di dividere il negozio istitutivo del trust, dai successivi negozi dispositivi, tramite i quali lo stesso viene dotato dei fondi necessari. • Ai fini delle imposte indirette, ove sia soggetto a registrazione, l’atto istitutivo, staccato dagli atti di dotazione, risulta un atto meramente programmatico e sconta un’imposizione in misura fissa di euro 168, in quanto atto “non avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” (ai sensi dell’art 11, parte prima della Tariffa allegata al T.U.). Il punto del tutto pacifico anche nella prassi amministrativa e confermato dalla Circolare n. 48/E del 6 agosto 2007. • La vera partita si gioca quindi sul regime fiscale dei singoli atti i dotazione dei beni al trust.

  9. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • Nel trust liberale un soggetto destina già ora dei beni ai discendenti, ma lo fa per il tramite di un trustee. • Per capirne il regime impositivo e ancor più la prassi applicativa che si è sviluppata in Italia è necessario dedicare qualche cenno alla recente evoluzione del tributo successorio.

  10. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • I ricordi ancora vicini di questa imposta sono legati all’idea di un prelievo invasivo e estremamente pesante in vigore pressoché invariato fino al 2000. • C’era infatti l’imposta sul valore globale dell’asse ereditario netto (la c.d. “imposta sul morto”), introdotta nel 1942, per venire incontro alle pesanti esigenze finanziarie legate allo sforzo bellico, che si sovrapponeva all’imposizione sulle singole quote dei beneficiari. • Le aliquote di fatto applicate rasentavano quindi in molti casi una espropriazione

  11. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • Il tributo peraltro di fatto non funzionava, finendo per colpire solo i piccoli patrimoni, specie se di carattere immobiliare. • I grandi patrimoni riuscivano spesso a sfuggire all’imposizione sfruttando alcune smagliature del sistema. • L’imposta di successione e donazione pur avendo caratteristiche proprie aveva un modulo applicativo che si appiattiva sull’imposta di registro che è una tipica imposta d’atto. Per aversi tassazione deve esserci un atto tassabile in Italia (rectius un atto per cui è prescritto l’obbligo di registrazione in Italia).

  12. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • Di qui le tecniche atte ad aggirare il tributo, che si erano sviluppate su due filoni. • Da una parte si erano moltiplicate le donazioni all’estero di beni mobili che nella maggior parte dei casi sfuggivano al tributo a causa del mancato coordinamento fra le regole di territorialità del tributo di registro, fondate in linea di principio sul luogo di formazione dell’atto (tranne l’ipotesi di immobili e aziende site in Italia) e quelle relative al tributo successorio caratterizzato dalla residenza del donante e dalla ubicazione dei beni.

  13. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • Un secondo filone riguardava le cosiddette liberalità indirette, che si concretizzavano in comportamenti non formalizzati che producevano un trasferimento di ricchezza (a titolo di liberalità) che sfuggiva alle rigide regole impositive proprie dell’imposta di registro. • Si pensi all’intestazione di beni acquistati con denaro altrui, al pagamento di crediti altrui con rinuncia al diritto di regresso, magari in maniera non formale facendo scadere i termini di prescrizione, alle liberalità effettuate tramite la cointestazione di conti correnti o libretti bancari. Ai conferimenti atipici (e oggi disproporzionali) nelle società.

  14. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • Il legislatore fiscale aveva forse contato in un primo tempo sulla nullità delle donazioni non formalizzate per atto pubblico, ma quando anche questa barriera era caduta, sulla spinta di una interpretazione evolutiva compiuta dalla giurisprudenza civilistica si è trovato senza difese. Di qui lo svuotamento per decenni della base imponibile del tributo successorio

  15. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • L’art 69 della l. 21 novembre 2000, n. 342 (c.d. riforma Marongiu ora ripresa dalla novellata imposta sulle successioni), con una forte inversione di tendenza rispetto al passato aveva: • da una parte “dimagrito il tributo” eliminando la c.d. tassa sul morto e riducendo le aliquote; • ma dall’altra parte aveva posto in essere “antidoti” contro l’erosione della sua base imponibile introducendo nuovi criteri di territorialità del tributo (e in particolare il criterio del beneficiario) e criteri di imposizione per le cosiddette liberalità indirette (art. 56-bis del D.Lgs. 346/1990).

  16. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità dei trust liberali nell’ambito dell’evoluzione del tributo successorio • A breve distanza è però intervenuta la l. 18 ottobre 2001, n. 383 che aveva soppresso l’imposta sulle successioni e donazioni. • La nuova maggioranza di governo tramite l’art. 6 del Decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262 ha surrettiziamente reintrodotto una imposizione sulle successioni e sulle donazioni, ma nell’ambito dell’imposta di registro, creando così un icocervo dai profili giuridici non ben delineati unanimemente criticato, che è stato espunto in sede di conversione.

  17. La fiscalità indiretta dei trust • La legge di conversione del 24 novembre 2006, n. 286 ha invece reintrodotto il tributo successorio come codificato dalla riforma Marongiu, ma con nuove aliquote e franchigie ed alcune altre novità che interessano proprio la materia in esame. • L’art. 2, commi dal 47 al 49 del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 (“Decreto”) nel reintrodurre la nuova imposta sulle successioni e donazioni ne hanno allargato l’ambito applicativo anche ai trasferimenti a titolo gratuito e alla costituzione di vincoli di destinazione di beni.

  18. La fiscalità indiretta dei trust • Si è già discusso molto su quale debba essere il raggio applicativo di queste due fattispecie ed in particolare se esse, come a me è parso subito preferibile, devono essere connotate da uno spirito di liberalità al fine di poter essere ricomprese nell’ambito del tributo successorio. • Per quanto qui interessa, qualunque sia la latitudine che si voglia dare agli atti gratuiti o ai vincoli di destinazione, è pacifico tra i primi commentatori che l’ambito applicativo della norma debba essere circoscritto comunque ai soli trasferimenti che comportino un effettivo arricchimento da parte del beneficiario dell’atto. • Il presupposto materiale del tributo già negli anni 70 era stato individuato nell’arricchimento del beneficiario e non dal trasferimento dei beni, questa opinione è diventata del tutto maggioritaria con l’abrogazione dell’imposta sul morto che pareva invece colpire il patrimonio lasciato dal de cuius.

  19. La fiscalità indiretta dei trust La segregazione di beni in un trust liberale, risultando un atto a titolo gratuito, comportante la costituzione di un vincolo di destinazione, pare quindi sicuramente ricadere nell’ambito del novellato tributo successorio. Risulta invece più complesso stabilire quale sia, nel concreto, il modulo applicativo del tributo.

  20. La fiscalità indiretta dei trust • Nel corso della vita di un trust liberale vi sono essenzialmente due momenti potenzialmente rilevanti sotto il profilo fiscale: • il passaggio dei beni dal disponente al trustee e, al temine del trust; • il passaggio dei beni dal trustee ai beneficiari. • In un primo tempo la prassi amministrativa ha ritenuto di considerare in maniera autonoma ciascun momento e di sottoporre entrambi a tassazione (al tributo successorio secondo il la delibera del Secit n. 37/98, all’imposta di registro al 3%, ai sensi dell’ di cui all’art. 9, parte prima della Tariffa allegata al t.u. di registro, per la successiva prassi amministrativa Risposte a interpello del 26 novembre 2003, 28 settembre 2004 e 2 novembre 2005 ).

  21. La fiscalità indiretta dei trust • Già prima della riforma L’Agenzia delle Entrate aveva chiarito che trattandosi di atti senza corrispettivo agli stessi non si può applicare l’imposizione sugli atti onerosi di cui all’art. 1 del t.u. di registro. • Ci si era poi chiesti se l’atto segregativo, in ragione della gratuità, questo poteva entrare nel perimetro applicativo delle donazione. • Il secit nel 1998 aveva dato risposta positiva prospettando una generale applicabilità dell’imposta sulle donazioni a qualsiasi tipologia di trust, e ciò in quanto aveva ritenuto che il passaggio dei beni dal disponente al trustee comportasse una decurtazione del patrimonio del disponente e fosse connotato dal carattere di liberalità.

  22. La fiscalità indiretta dei trust • Questa impostazione era stata tuttavia successivamente superata dalla stessa Amministrazione finanziaria. I maligni dicono anche perché nel mentre era stata abrogata l’imposta sulle successioni. • Nel previgente regime la prevalente dottrina e la prassi ministeriale (Risposta a Interpello del 26 novembre 2003; Risposta a Interpello del 28 settembre 2004; Risposta a Interpello del 2 novembre 2005) era pacifica nell’affermare che il trasferimento dei beni al trustee non rientrasse nell’ambito degli atti di donazione, mancando: • sia lo spirito di liberalità (animus donandi), in quanto è certo che non è nella volontà del disponente arricchire il trustee, • sia alcun arricchimento da parte di quest’ultimo, stante la segregazione dei beni in trust, che non entrano nel suo patrimonio personale e devono essere utilizzati unicamente per perseguire le finalità presenti nell’atto di trust.

  23. La fiscalità indiretta dei trust • Come noto al contrario la dottrina assolutamente prevalente, il notariato (Studio n. 80/2003/T del Consiglio Nazionale del Notariato del 21 novembre 2003), la giurisprudenza tributaria più recente (Commissione Regionale di Venezia del 23 gennaio 2003 n. 104/19/02; Commissione Regionale di Milano sez. Brescia 22 maggio 2007, n. 130/63/07) e la prassi di molti uffici finanziari (Studio realizzato dal Gruppo di lavoro presso la Direzione delle Entrate dell’Emilia Romagna) hanno ricostruito il fenomeno in modo unitario. • Nel trust di famiglia c’è effettivamente uno spirito liberale del disponente che però non è verso il trustee, ma verso i beneficiari. A ben vedere il trustee è solo un tramite per mezzo del quale i beneficiari ricevono una liberalità dal disponente.

  24. La fiscalità indiretta dei trust Con la Circolare 6 agosto 2007, n. 48/E, al punto 5.2, l’A.F., a coronamento di un dibattito che ha impegnato gli operatori per più di un lustro, è finalmente anch’essa approdata alla c.d. “teoria unitaria” e quindi di considerare il trust liberale “quale espressione di un unico disegno volto a consentire la realizzazione dell’attribuzione liberale” con la conseguenza che ai fini dell’attribuzione delle aliquote “occorre guardare al rapporto intercorrente tra il disponente e il beneficiario (e non a quello tra disponente e trustee)”. Ne deriva che l’atto di trasferimento in un trust liberale di beni dal disponente al trustee è soggetto al novellato tributo successorio con l’applicazione delle aliquote e delle eventuali franchigie stabilite in ragione del rapporto di parentela tra disponente e beneficiario. Il trasferimento va quindi trattato come una donazione tra disponente e i beneficiari del fondo in trust

  25. La fiscalità indiretta dei trust

  26. La fiscalità indiretta dei trust

  27. La fiscalità indiretta dei trust La tassazione al termine del trust • La circolare 48/E ha chiaramente evidenziato che: “La devoluzione ai beneficiari dei beni vincolati in trust non realizza, ai fini dell'imposta sulle donazioni, un presupposto impositivo ulteriore; i beni, infatti, hanno già scontato l'imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione al momento della segregazione in trust. Inoltre, poiché la tassazione, che ha come presupposto il trasferimento di ricchezza ai beneficiari finali, avviene al momento della costituzione del vincolo, l'eventuale incremento del patrimonio del trust non sconterà l'imposta sulle successioni e donazioni al momento della devoluzione”.

  28. La fiscalità indiretta dei trust Si discute vivacemente sui tempi del prelievo • Secondo l’A.F. l’imposta sulle successioni e donazioni deve essere corrisposta sempre e comunque al momento della segregazione dei beni in trust. Il beneficiario del trust deve quindi poter essere da subito individuato, in mancanza, sempre per l’Agenzia, non potrà che trovare applicazione l’aliquota più alta prevista dal novellato tributo successorio, pari all’8% (Circolare 6 agosto 2007, n. 48/E; Circolare 22 gennaio 2008, n. 3/E) • Secondo la dottrina assolutamente prevalente e la giurisprudenza tributaria il prelievo deve avvenire solo quando il beneficiario sia definitivamente individuato (e quindi generalmente solo al termine del trust) in applicazione della normativa sui negozi condizionali: art. 58, commi 2 e 5 del D.lgs 346/90; art. 27, commi 1 e 2 T.U. di registro. Vedi C.T.P. di Firenze, sez. VIII, 12 febbraio 2009, n. 30; C.T.P. di Treviso, sez. I, 30 aprile 2009, nn. 47/1/09 e 48/1/09; C.T.P. di Caserta, sez. XV, 11 giungo 2009, nn. 481/15/09, 482/15/09, 483/15/09 e 484/15/09; C.T.P. di Bologna, sez. II, 30 ottobre 2009, n. 120-02-09.

  29. La fiscalità indiretta dei trust I tempi del prelievo • La scelta di un’immediata tassazione non pare tuttavia sempre fondata su ineccepibili motivazioni tecnico giuridiche e dalla lettura delle Circolari sorge fondato il dubbio che l’impostazione seguita sia principalmente il frutto di una scelta politica. • Si è probabilmente voluto trovare il medio tra due contrapposte esigenze: • da un lato non si è voluto mortificare lo sviluppo dell’istituto, con una ormai insostenibile riattestazione sulle posizioni del Secit di doppia tassazione della stessa ricchezza in entrata e in uscita dal trust. • dall’altro lato pur imboccando la strada della teoria untitaria, non si è avuto il coraggio di percorrerla fino in fondo, andando a tassare solo gli effettivi arricchimenti dei beneficiari. • La paura che il trasferimento della ricchezza (e quindi la sua tassazione) potesse essere, anche solo idealmente, bloccata per decenni, tramite il trust, ha portato a preferire la logica dei “pochi maledetti e subito”, preoccupandosi solo di tassare il momento genetico del trust, ma disinteressandosi delle sue successive vicende.

  30. La fiscalità indiretta dei trust I tempi del prelievo • Pare per contro corretto ritenere che, nell’ambito dei trust liberali, assuma rilevanza centrale ai fini impositivi la poliedricità delle posizioni beneficiarie ed il loro divenire. • La posizione ministeriale è pienamente condivisibile ove lo strumento istitutivo preveda dei beneficiari con posizioni quesite (o “vested interest”) e cioè comportanti la titolarità di diritti sul fondo in trust. • Si può pensare, a titolo esemplificativo ad uno strumento istitutivo che reciti “Beneficiario del trust è mio figlio Gianni”. • La posizione beneficiaria quesita entra subito nel patrimonio del beneficiario e comporta un suo effettivo arricchimento. Egli può disporne anche per testamento e, se esercitabile immediatamente, pretendere in ogni momento dal trustee quanto gli spetta

  31. La fiscalità indiretta dei trust I tempi del prelievo • Ci si è però resi subito conto che i trust interni di famiglia con posizioni quesite si contano al più sulle dita di una mano. • Nella normalità dei trust l’investitura è condizionata al verificarsi di una circostanza futura, in mancanza della quale la posizione beneficiaria si estingue (posizioni condizionate o “contingent interest”) • Sempre a titolo esemplificativo pensiamo ad uno strumento istitutivo che reciti: “Beneficiario del trust è mio figlio Gianni, se vivente al termine del trust”. • Qui non si verifica alcun attuale arricchimento del beneficiario, se Gianni premuore non avrà mai diritto a nulla!

  32. La fiscalità indiretta dei trust I tempi del prelievo • Il 2° comma dell’art. 58 del D.lgs 346/90 afferma che “Per le donazioni sottoposte a condizione si applicano le disposizioni relative all' imposta di registro” ed il 5° comma che “Le disposizioni di questo titolo si applicano, in quanto compatibili, anche per gli atti di liberalità tra vivi diversi dalla donazione” e quindi anche ai trust. • A sua volta il 1° e 2° comma dell’art. 27 del t.u. di registro affermano rispettivamente che: “Gli atti sottoposti a condizione sospensiva sono registrati con il pagamento dell'imposta in misura fissa”; e “Quando la condizione si verifica…, si riscuote la differenza tra l'imposta, dovuta secondo le norme vigenti al momento della formazione dell'atto, e quella pagata in sede di registrazione”.

  33. La fiscalità indiretta dei trust I tempi del prelievo • Va precisato che, nel caso che qui interessa, la condizione non riguarda il trasferimento dei beni al trustee, che è a titolo definitivo, ma l’individuazione, e quindi l’attribuzione della ricchezza, ai beneficiari. • Questa lettura è nondimeno perfettamente conforme alla visione unitaria del trust, che, come ci insegna la stessa Agenzia, non guarda al mero trasferimento dei beni al trustee ma al soggetto effettivamente destinatario della liberalità e cioè il beneficiario definitivamente individuato. • Questa ricostruzione trova ora autorevole conferma nelle pronunce dei Giudici di Firenze, Treviso, Caserta e Bologna prima ricordate

  34. La fiscalità indiretta dei trust La fiscalità indiretta dei trust con riferimento alle singole tipologie di beni segregati

  35. La fiscalità indiretta dei trust La segregazione di immobili in Trust. • Come detto l’atto di segregazione in un trust liberale di immobili è assoggettato ad imposizione con aliquota variale tra il 4% e l’8%, salvo franchigie, in ragione del grado di parentela tra disponente e beneficiari. • La base imponibile è rappresentata dal valore venale del bene, tuttavia ai sensi dell’art. 34, comma 5 del D.lgs. N. 346/90 sono inibiti i poteri di accertamento dell’A.F. ove vengano utilizzati i c.d. criteri di “valutazione automatica” basati sulla rendita catastale (che generalmente sono sensibilmente inferiori rispetto al valore di mercato). • Un ulteriore vantaggio può essere conseguito segregando in trust solo la nuda proprietà del bene risultando il successivo ricongiungimento fra nuda proprietà ed usufrutto esente da imposizione. • In presenza di beni immobili è poi necessario aggiungere una tassazione del 3% a titolo di imposte ipotecarie e catastali sia in “entrata” sia in “uscita” dal trust (Circolare 6 agosto 2007, n. 48/E, al punto 5.3)

  36. La fiscalità indiretta dei trust La segregazione in Trust di beni con atti non formalizzati. • Il rinvio operato dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 fa si che anche la novellata imposta di successione e donazione, pur avendo caratteristiche proprie, ha tuttora un modulo applicativo che si appiattisce sull’imposta di registro. • Il profilo è confermato dall’art. 55 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 ai sensi del quale “Gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del testo unico sull' imposta di registro”. • Salvo alcune deroghe specifiche trovano quindi applicazione anche per le donazioni le restrizioni applicative proprie delle imposte d’atto.

  37. La fiscalità indiretta dei trust La segregazione in Trust di beni con atti non formalizzati. • Ne deriva che le liberalità che si concretizzano in modalità non formali sfuggono al tributo (perlomeno in prima battuta) e quindi sfuggirà al tributo l’eventuale bonifico che doti il trust delle risorse liquide necessarie. • Va tuttavia attentamente valutata nel caso di specie l’applicabilità dell’art. 56-bis del D.lgs 346/90. • Il modulo impositivo risulta quasi sempre comunque vantaggioso perché porta un differimento nel momento del prelievo impositivo.

  38. La fiscalità indiretta dei trust La segregazione di partecipazioni in Trust. • Anche l’atto di segregazione in un trust liberale di partecipazioni societarie è assoggettato ad imposizione con aliquota variale tra il 4% e l’8%, salvo franchigie, in ragione del grado di parentela tra disponente e beneficiari. • Per le società non quotate in borsa la base imponibile è rappresentata dal “… valore proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto [contabile] dell'ente o della società risultante dall' ultimo bilancio pubblicato …” (art. 16, comma 1, lettera b) del d.lgs 346/1990) [non devono essere quindi conteggiati l’avviamento o altre plusvalenze latenti, né il P.N. consolidato del gruppo].

  39. La fiscalità indiretta dei trust I trust commerciali • Il punto nodale è capire se i trust commerciali rientrano o meno nel nuovo perimetro applicativo del tributo successorio. • Si può ragionevolmente sostenere una risposta negativa sulla base dei seguenti presupposti: • considerare la nuova ipotesi di costituzione di vincoli di destinazione di beni (così come quella di atti di trasferimento a titolo gratuito) non come abrogativa e sostitutiva del primo comma dell’art. 1 del D. Lgsl. 31 ottobre 1990, n. 346 (“D. Lgsl. 346/1990”), ma aggiuntiva delle fattispecie previste dal secondo comma dello stesso articolo;

  40. La fiscalità indiretta dei trust I trust commerciali • limitare il presupposto impositivo del novellato tributo successorio ai vincoli di destinazionestipulatiper spirito liberale, ma non a quelli completamenteprivi di animus donandi in cui il disponente ha un interesse patrimoniale all’attribuzione; • la necessità di un effettivo arricchimento da parte del beneficiario dell’atto quale presuppostomateriale dell’imposta; • la circostanza che l’art. 5 D. Lgsl. 346/1990 individui fra i soggetti passivi del tributo unicamente gli eredi, i donatari o i beneficiarî di liberalità tra vivi (ipotesi che non ricomprende quindi i beneficiarî di atti gratuiti o vincoli di destinazione non liberali tout court); • l’opportunità di ridurre (o meglio di eliminare) le eventuali aree di sovrapposizione tra la novellata imposta di donazione e l’imposta di registro

  41. La fiscalità indiretta dei trust I trust commerciali • Ove si ritenga che i trust commerciali rientrano unicamente nel perimetro dell’imposta di registro resta aperto il problema della quantificazione del prelievo: • in misura fissa secondo la prevalente dottrina confermata dalla recente pronuncia di Lodi; • in misura proporzionale del 3% secondo la ricordata prassi ministeriale (Risposta a Interpello del 26 novembre 2003; Risposta a Interpello del 28 settembre 2004; Risposta a Interpello del 2 novembre 2005)

  42. Università di Genova Dipartimento di Diritto dell’Economia e dell’Impresa (DI.D.E.I) Giorgio Semino Professore Aggregato di Diritto Commerciale Componente commissione Trust CNDCEC DI.D.E.I Dipartimento di Diritto dell’Economia e dell’Impresa Via Vivaldi, 5 16126 Genova tel. +390102095465 tel. (dir.) +390102095449 fax +390102095466 gsemino@economia.unige.it giorgio.semino@sbcassociati.it

More Related