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“Leggi” e generalizzazioni in psicologia clinica: LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

“Leggi” e generalizzazioni in psicologia clinica: LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO Marco CASTIGLIONI Università di Milano - Bicocca. Corsi di Psicologia Clinica e di Logica e Filosofia della Scienza A.A. 2012-2013 – Ciclo di lezioni comuni maggio 2013.

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“Leggi” e generalizzazioni in psicologia clinica: LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

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  1. “Leggi” e generalizzazioni in psicologia clinica:LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO Marco CASTIGLIONIUniversità di Milano - Bicocca Corsi di Psicologia Clinica e di Logica e Filosofia della Scienza A.A. 2012-2013 – Ciclo di lezioni comuni maggio 2013

  2. Perché il problema delle “leggi/ generalizzazioni” è importante? • Leggi e previsione • Leggi e spiegazione • Leggi e intervento Questo è vero anche in Psicologia Clinica

  3. Carattere non accidentale delle leggi  “rete di leggi” • Una generalizzazione può svolgere in una certa teoria scientifica il ruolo di “legge” sefa parte integrante di una rete di generalizzazioniattraverso le quali gli scienziati esercitano con successo le loro attività di previsione, spiegazione e controllo della realtà, ad es. se è coerente con le leggi della fisica e della chimica (e della psicologia) odierne. • La caratteristica che distingue le “leggi scientifiche” (generalizzazioni nonaccidentali) e altri tipi di generalizzazioni accidentali consisterebbe proprio nella coerenza con una rete di generalizzazioni scientifiche ( rif. a corpus teorico-empirico di conoscenze)

  4. Scopo della lezione • Mostrare come le “spiegazioni” tipiche della psicologia clinica – in particolare della Teoria dell’Attaccamento – sono basate in modo sostanziale su: • generalizzazioni (di tipo particolare) • riguardanti lo sviluppo della “personalità” e l’origine di possibili psicopatologie( fattori di rischio e fattori di protezione)

  5. Motivazioni • Insoddisfazione verso gli approcci psicologici basati su • generalizzazioni definite in termini iper-semplificati (es. comportamentismo), verificabili solo in contesti sperimentali; • generalizzazioni che non tengono adeguatamente conto dei fattori soggettivi e relazionali per spiegare il comportamento (normale e patologico) (Compas & Gotlib, 2002). • Al tempo stesso insoddisfazione verso- le posizioni che negano qualsiasi possibilità di formulare proposizionigenerali a partire dai dati “clinici”, derivanti dalla natura idiosincratica e “complessa” del soggetto umano (Gergen, 2006; von Glaserfeld, 1995).

  6. Motivazioni Il soggettivismo e il relativismo, che in nome di due verità – a) l’unicità / irripetibilità della persona e b) l’auto-referenzialità della conoscenza - hanno imprigionato la maggior parte degli psicoterapeuti “umanisti” entro la gabbia del caso singolo, impedendo qualsiasi forma di generalizzabilità (perfino le generalizzazioni più “basiche”, seppur formulate in forma provvisoria), sono oggi messi in questione dai loro stessi propugnatori (Ugazio, 2012, p. 33)

  7. METODO SPERIMENTALE Psicologia come scienza naturale in terza persona rigore, oggettività, esattezza, controllabilità, ripetibilità Approccio quantitativo,misurazione Neutralizzazione del rapporto tra osservatore e osservato Soggettività è elemento “spurio”, fonte di disturbo METODO CLINICO Psicologia come scienza umana in prima persona pregnanza semantica e “sensatezza”… Approccio olistico- qualitativo Coinvolgimento e insieme distanziamento dell’osservatore nella relazione con l’osservato  Soggettività è insieme oggetto e fonte di conoscenza Confronto dialettico tra metodi in psicologia(Battacchi, 1987)

  8. METODO SPERIMENTALE Assunto antropologico: “Uomo-macchina” neutralizzazione degli aspetti soggettiviin una prospettiva a-contestuale (laboratorio) Probl: validità ecologica ? Carattere “nomotetico” Riferimento a leggi o a forme di regolarità generale Alto valore previsionale Si oppone al senso comune METODO CLINICO Assunto antropologico: Uomo costruttore di significato (sé/ mondo) e comunicatore Componenti epistemiche, intenzionali, emotive dell’agire umano in riferimento a un contesto Carattere “idiografico” (rif. a individui e condizioni specifiche) Comprensione storico-clinica  “Doppia interpretazione” Modelli narrativi e “teleologici” (spiegazioni miste o “quasi causali”) Basso valore previsionale (spiegazioni retrospettive) Estensione del senso comune Confronto dialettico tra metodi in psicologia(Battacchi, 1987)

  9. Rischi di assolutizzazione di un solo metodo(Ugazio, 1998) Ricerca sperimentale ed elaborazione clinica costituiscono due livelli che debbano interagire, ma l’uno non può sostituire l’altro, né proporsi gli stessi obiettivi. Due opposti rischi di “ripiegamento” nella ricerca in psicologia clinica: metodologico e autoriflessivo “La preoccupazione metodologica, se diventa esclusiva, specialmente in un campo come la psicologia clinica e la psicoterapia, annienta il proprio oggetto. Ma anche le nuove consapevolezze sul ruolo dell’osservatore possono dilatare la coscienza autoriflessiva dei terapeuti fino a far perdere loro il proprio oggetto” (Ugazio, 1998, p.14).

  10. Teoria dell’Attaccamento: Perché? • Teoria “ponte” tra diversi approcci clinici un tempo divisi da fratture insanabili (psicoanalisi, approccio sistemico - familiare, cognitivismo clinico) • Molto consona agli sviluppi delle attuali scienze cognitive e alle acquisizioni recenti della psicologia dello sviluppo • Alto grado di generalizzabilità, sia sul piano teorico sia nelle ricadute di ricerca e intervento clinico

  11. LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO(Bolwby, 1969, 1988 ) Definizione “operativa” di Attaccamento = richiesta di cura Bowlby, “psicoanalista-etologo”, postula la tendenza innata da parte del bambino a ricercare la vicinanza protettiva di una figura ben conosciuta, ogni volta che vi siano situazioni di pericolo, dolore, fatica, solitudine. Stretto legame tra attaccamento ed emozioni: L’espressioni di emozioni (paura, collera, tristezza, gioia ecc.) è il modo principale di modulare le richieste di vicinanza (Liotti, 1996, p. 65)

  12. LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO(Bolwby, 1969, 1988 ) • CONCETTI BASE (fonte: Liotti, 1996, Cassibba, 2003) • 3 diverse accezioni di “attaccamento”. • Comportamento di attaccamento, che garantisce la vicinanza fisica alla figura di attaccamento • “Sistema comportamentale d’attaccamento”, ovvero organizzazione internadi tali comportamenti interattivi da parte dell’individuo • Legame affettivoverso la figura che si prende cura del bambino (Cassidy, 1999)

  13. L’attaccamento, pur avendo base innata, non è totalmente determinato da variabili innate  importanza dei fattori ambientali (imprinting) e dell’interazione con il caregiver: contatto con una figura specifica, in particolare la madre) La relazione madre-bambino diventa il prototipo delle relazioni di attaccamento che il soggetto potrà instaurare nel corso del ciclo di vita MODELLI OPERATIVI INTERNI (MOI) : Insieme di memorie e aspettative riguardanti tanto il sé del bambino, quanto gli atteggiamenti dei genitori nei suoi confronti  schemi cognitivi interpersonali riguardanti la conoscenza di sé-con-l’altro, “interiorizzazione” delle relazioni di attaccamento “costrutti interpersonali” (Liotti, 1996).

  14. Grazie al concetto di MOI, la teoria dell’attaccamento spiega l’origine e lo sviluppo all’interno di precisi contesti interpersonali delle complesse rappresentazioni di sé, che costituiscono il nucleo dell’organizzazione cognitiva personale ( “personalità”; Guidano, 1987, 1991). • Riferimento a : conoscenza procedurale (tacita) e conoscenza dichiarativa (esplicita); memoria episodica (relativa a episodi autobiografici specifici) e memoria semantica (astrazione, generalizzazione di significati a partire da tali episodi) • Le conoscenze dapprima procedurali (innate, es. pianto per richiamare la madre; apprese, es. bambino impara a non disturbare piangendo la madre rifiutante), si trasformano in una conoscenza semantico-dichiarativa di sé generale e astratta (es. io non chiedo aiuto agli altri anche in caso di bisogno perché li disturbo)

  15. RICERCHE SULL’ATTACCAMENTO • La ricerca sull’attaccamento, attraverso la strange situation (Ainsworth, 1982) ha evidenziato 4 tipi attaccamento • sicuro (B) • Insicuro evitante (A) • Insicuro ambivalente o resistente (C) • Disorientato/disorganizzato (D) • Essi si riferiscono al comportamento del bambino nella strange situation

  16. RICERCHE SULL’ATTACCAMENTOCorrelazione sistematica tra stile di attaccamento del bambino e atteggiamento del caregiver • Mediante l’Adult Attachment Interview (AAI, Main, 1990) si studia l’atteggiamento dell’adulto nei confronti dell’attaccamento. Si sono trovate 4 tipologie che correlano con gli stili di attaccamento infantili: • Free (o responsivo)  attaccamento sicuro • Dismissing (svalutazione dl bisogno di cura)  stile evitante • Entangled (preoccupato)  stile ansioso-ambivalente • Unresolved (caratterizzato da “lutti irrisolti”)  stile disorientato/disorganizzato

  17. RICERCHE SULL’ATTACCAMENTO I diversi stili attaccamento, correlati ai diversi atteggiamenti dell’adulto nei confronti del bambino, danno luogo all’emergere di MOI (rappresentazioni di Sé–con–l’altro) differenti e coerenti con essi. Es. Bambino con stile evitante e genitore “dismissing” ha un modello operativo interno di sé come non amabile non degno di cure e dell’altro come rifiutante; impara perciò a reprimere (ma non a eliminare) le proprie richieste di attaccamento a fronte di aspettative di rifiuto. I MOI, pur non essendo immodificabili in assoluto, tendono alla stabilità e alla coerenza nel tempo, nelle diverse fasi del ciclo di vita  tendenza a riprodurre in età adulta relazioni simili a quelle esperite nel’infanzia (Carli, 1995). Ciò spiega la trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento.

  18. I pattern di attaccamento non sono “cause” che determinano necessariamente la psicopatologia o il benessere personale : si configurano piuttosto come fattori di rischio o di protezione Tuttavia la riflessione sui MOI e la loro stabilità conduce a comprendere gli itinerari di sviluppo delle diverse sindromi psicopatologiche, in relazione alle esperienze di attaccamento (Cfr. Guidano, 1987, 1991). Liotti (1996) – riprendendo Bowlby (1969) - accenna alla molteplicità di MOI nella stessa persona dovuta all’avere sperimentato diversi legami di attaccamento il bambino costruisce rappresentazioni di sé-con-l’altro diverse a seconda della relazione con le diverse figure di attaccamento Ci si chiede SE e COME vengano organizzate in strutture cognitive più o meno coese queste diverse rappresentazioni di sé : ATTACCAMENTI MULTIPLI E COSTRUZIONE DEL SÉ

  19. ATTACCAMENTI MULTIPLI • Guidano (1987, 1991), non diversamente dalla psicoanalisi e dalla teoria “classica” dell’attaccamento (Bowlby, 1969), sostiene l’importanza che le figure di attaccamento siano gerarchizzate in modo tale che unasola fornisca il frame per lo sviluppo di un sé coeso e armonico. • Si pone dunque il problema degli “attaccamenti multipli” • presenza di diverse figure di attaccamento interne ed esterne alla famiglia, che riflettono al bambino immagini di sé diverse e potenzialmente contraddittorie. • Modello di socializzazione “poliadica” (Shaffer, 1984) sempre più diffuso nella società contemporanea anche durante le prime fasi di sviluppo del bambino.

  20. ATTACCAMENTI MULTIPLI Problema Le diverse rappresentazioni del Sé e delle figure di attaccamento sono integrate in una rappresentazione unitaria oppure Nell’individuo coesiste una molteplicità di relazioni, non necessariamente integrate tra loro, ciascuna delle quali riferita a una specifica relazione?  rischio di minare l’integrità e la coesione del Sé (N.B.: è la soluzione avanzata dal costruzionismo “radicale”, ad es. Gergen, 1979, 1987, 1991)  Cfr. Cassibba 2003

  21. ATTACCAMENTI MULTIPLI • 4 possibili modelli di spiegazione(Cfr. Van Ijzendoorn, Sagi, Lamb, 1992; Cassibba, 2003) • Monotropia : una sola figura di attaccamento (la madre) svolge un ruolo importante nello sviluppo del bambino; le altre hanno ruolo marginale. Qualora si rilevi una forma di attaccamento verso altre figure, deve considerarsi un “riflesso” dell’attaccamento alla madre.Ricerche sulla continuità tra esperienze di attaccamento con la madre relazione significative successive (Main, Kaplan, Cassidy, 1985; Fonagy, Steele e Steele, 1991) sembrano fornire supporato empirico alla tesi della monotropia.Il legame con il padre esercita un ruolo solo indiretto sulle successive relazioni del bambino, ad es. proteggendo la relazione madre-bambino o sostenendo la madre.N.B.: Spiegazioni alternative di questi risultati.

  22. 4 possibili modelli di spiegazione(Cfr. Van Ijzendoorn, Sagi, Lamb, 1992; Cassibba, 2003) • Gerarchia: madre come figura di attaccamento principale, ma altre figure possono fornire una “base sicura” nel caso in cui la figura materna non sia accessibile. gerarchia di modelli operativi interniN..B.: Anche in questo caso ricerche empiriche a sostegno(es. Lamb, 1977, 1978) • Indipendenza: è possibile stabilire legami di attaccamento di qualità diversa con caregiver differenti. Ciascuna relazione è funzionale a contesti specifici (bambino “socialmente promiscuo” di Kaye, 1982)Ricerche sull’asilo nido (Howes, Matheson, Hamilton, 1994, 1997)

  23. 4 possibili modelli di spiegazione(Cfr. Van Ijzendoorn, Sagi, Lamb, 1992; Cassibba, 2003) • Integrazione: nessuno dei caregiver ha priorità; èla qualità dell’attaccamento di rete è il miglior predittore dello sviluppo infantile. L’avere stabilito un attaccamento sicuro con diversi caregiver assicura uno sviluppo socio-emotivo più avanzato rispetto a quello di un bambino con un attaccamento sicuro verso una o due figure soltanto.Ricadute cliniche : eventuali attaccamenti insicuri con la madre o con entrambi i genitori possono essere compensati dagli effetti positivi di una relazione stabilita con caregiver diversi (Grossen, van Ijzendroorn, 1990; van Ijzendroorn et al. 1992) Conclusione: non sembra essere al momento disponibile un modello universalmente accettato sul problema degli attaccamenti multipli (Cassibba, 2003, p. 171)

  24. Bretherton (1985, 1987) propone un modello che tenta di spiegare come le rappresentazioni delle diverse relazioni di attaccamento si organizzino fra loro permettendo all’individuo di sviluppare un sé unitario e coeso. La rappresentazione unitaria delle relazioni di attaccamento è ricondotta ad un insieme di copioni (script), a diversi livelli di astrazione, interconnessi da tra loro da una rete più o meno fitta di relazioni  N.B. : ciò richiede la capacità di costruire copioni, che il bambino acquisisce a partire dai 3 anni.  Ruolo cruciale del l’età per spiegare l’integrazione delle diverse relazioni: il modello della monotropia sarebbe adeguato a spiegare l’esperienza del bambino molto piccolo e gli altri modelli quella delle successive esperienze nel ciclo di vita (Cassibba, 2003).

  25. Una posizione analoga è espressa dai sostenitori della teoria dl Sé come testo e dei modelli “narrativi” (Cfr. Smorti, 1997, Polkinghorne, 1988, 2004) Autobiografia come modalità, basata sulla memoria autobiografica (episodica e semantica) di dare senso a sé costruendo una storia su di sé e sulle proprie relazioni significative (familiari ecc.) Ciò per rispondere all’esigenza di coordinare stabilità e mutamento del sé, unicità e molteplicità del sé (le “voci interiori “ di Boscolo e Bertrando, 1996) in una storia coerente e significativa, i cui criteri di costruzione sono analoghi a quelli del romanzo “polifonico” (Dostoevskj).

  26. CRITERI PER DISTINGUERE RELAZIONI DI ATTACCAMENTO DA ALTRI LEGAMI • Non tutti i caregiver del bambino possono essere definiti “figure di attaccamento”, anche se il bambino mostra verso di loro una qualche forma di legame (ad es. con gli “educatori professionali” gioco, affiliazione ecc.) • Howes, Hamilton e Althusen (2003) propongono i seguenti criteri (rifacendosi ad Ainsworth, 1967 e Bowlby, 1969) per stabilire se un caregiver assume lo status di figura di attaccamento: • Prendersi cura dei bisogni fisici ed emotivi del bambino • Presenza costante e continuativa nella vita del bambino • Investimento emotivo sul bambino da parte del caregiver. • N.B.: Problemi metodologici di rilevazione.

  27. Attaccamenti Multipli: STUDI CROSS-CULTURALI(Cfr. Arace, 2006) Problema Ruolo della famiglia, pratiche di cura, obiettivi di crescita non sono omogenei nelle diverse culture, né all’interno di diverse aree della medesima cultura (Collins et al. 2003, Crittenden e Hartl, 2000, Flanagan, 1999; Waters, 1998) Es. Tra i Gusii del Kenia la cura dei bambini è distribuita in ampia rete di caregiver (madre solo cura fisica; altri caregiver socializzazione); oppure Kibbutz israeliani.

  28. Attaccamenti Multipli: STUDI CROSS-CULTURALI(Cfr. Arace, 2006) • Van Ijzendoorn e Sagi (1999) individuano 4 aree tematiche per classificare i contributi sulle ricerche cross-culturali e i loro risultati. • Universalità dei legami di attaccamento • Normatività dell’attaccamento sicuro • Correlazione dell’attaccamento sicuro con la sensibilità e responsività della figura di attaccamento • Correlazione dell’attaccamento sicuro con la competenza emotiva e sociale

  29. Attaccamenti Multipli: STUDI CROSS-CULTURALI(Cfr. Arace, 2006) Risultati Dalla revisione della letteratura si evince che: L’Ipotesi dell’universalità dell’attaccamento risulta confermata, anche laddove via è un’ampia molteplicità di caregiver, pur con differenze al ruolo svolto dalle diverse relazioni circa lo sviluppo del bambino. Sembrerebbe inoltre emergere una preferenza per l’attaccamento alla figura materna. Anche l’ipotesi della normatività risulta confermata per quanto concerne la prevalenza dell’attaccamento sicuro

  30. Attaccamenti Multipli: STUDI CROSS-CULTURALI(Cfr. Arace, 2006) • Risultati • Normatività: prevalenza dell’attaccamento sicuro (con % variabili da 46,1 a 93,9) • Differenze significative riguardano invece la frequenza degli stili di attaccamento insicuro: prevalenza di pattern insicuro ansioso-resistente in Giappone e in Israele e di insicuro evitante in Europa Occidentale.

  31. Es. Stile Evitante: del tutto assente in Giappone (cultura che promuove la dipendenza e la relazione a scapito dell’individuazione) e sovrappresentato in Occidente.Es. Italia (Ammaniti et al. 1994; Fava Vizziello et al. 2001): l’attaccamento evitante può essere interpretata non tanto come indice di rischio, ma come espressione di un’organizzazione relazionale culturalmente adattiva rispetto alle mutate esigenze sociali del contesto italiano (madri che lavorano ecc.).

  32. Per quanto riguarda l’ipotesi della sensibilità quale predittore per lo sviluppo di un attaccamento sicuro, (così come quelli sulla correlazione tra attaccamento alla madre e competenza sociale ed emotiva) i risultati appaiono più incerti • La sensibilità è un fattore importante ma non esclusivo, i cui effetti andrebbero esplorati ad altre variabili contestuali, quali famiglia, rete sociale di riferimento ecc. (Hutch-Bocks ey al., 2004; Scher e Mayseless, 2000) • Insufficienza degli studio cross-culturali (ma non solo) sull’attaccamento al padre (diverse interpretazioni della concordanza tra modelli di attaccamento al padre e alla madre, Cassibba, 2003  Approccio sistemico -familiare)

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