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LEZIONE 3: LETTURA DELLE NOTE E SOLFEGGIO

LEZIONE 3: LETTURA DELLE NOTE E SOLFEGGIO. notazione neumatica in campo aperto (cioè senza linee di riferimento che indicassero la posizione assoluta delle note). IL PENTAGRAMMA. PERCHE’ DOBBIAMO USARE LE NOTE?. LE CHIAVI: Corrispondenza tra frequenza del suono e posizione sul pentagramma.

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LEZIONE 3: LETTURA DELLE NOTE E SOLFEGGIO

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Presentation Transcript


  1. LEZIONE 3: LETTURA DELLE NOTE E SOLFEGGIO

  2. notazione neumatica in campo aperto (cioè senza linee di riferimento che indicassero la posizione assoluta delle note) IL PENTAGRAMMA PERCHE’ DOBBIAMO USARE LE NOTE?

  3. LE CHIAVI:Corrispondenza tra frequenza del suono e posizione sul pentagramma Ci sono molti tipi di chiavi, ma le due su cui ci focalizzeremo sono le due più comuni: La chiave di violino o la chiave di Sol: indica la posizione del sol dell'ottava centrale La chiave di basso o la chiave di Fa: indica la posizione del fa dell'ottava appena più bassa di quella centrale.

  4. CIAO, COME TI CHIAMI?

  5. 5 1 2 3 4 1 2 3 4 5 6 7 1’ SUONO = COLORE allora NOTA = COLORE DI RIFERIMENTO QUANTE NOTE? 12 NOTE (SEMITONI) : 7 TASTI BIANCHI E 5 TASTI NERI SUL PIANOFORTE

  6. 5 1 2 3 4 DO RE MI FA SOL LA SI DO’ • Perché se chiedi ad un bambino "Quali sono le note?" lui ti risponde "DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI", mentre abbiamo detto che le note sono 12? • Perché effettivamente le altre 5 note non hanno un nome. • 2) Perché l'intervallo dopo il quale le note si ripetono si chiama ottava

  7. LE CINQUE NOTE SENZA NOME Alle note prive di nome ci si riferisce considerandole alterazioni di quelle a loro vicine. Prendiamo ad esempio la nota tra il RE ed il MI, ad essa ci si può riferire come: Semitono a destra del RE, ed in questo caso viene chiamata re diesis (RE#) Semitono a sinistra del MI, ed in questo caso viene chiamata mi bemolle (MIb) Notiamo quindi, che dire cose come MI diesis o DO bemolle equivale ad indicare delle note specifiche della scala e non alterazioni, in quanto alla distanza di un semitono verso destra dal MI c'è il FA ed analogamente alla distanza di un semitono verso sinistra del DO c'è il SI.

  8. ALTERAZIONI Alterazione sistematica

  9. SCRIVIAMO E LEGGIAMO INSIEME

  10. OK, Adesso sappiamo leggere i segni, Impariamo a far di conto, cioè: solfeggiamo! 1 INTERO = 2 MEZZI 1 MEZZO = 2 QUARTI 1 QUARTO = 2 OTTAVI 1 OTTAVO = 2 SEDICESIMI QUINDI … 1 INTERO (semibreve) = 2 MEZZI (minime)= 4 QUARTI (semiminime) 1 QUARTO = 2 OTTAVI (crome): Quanti quarti per 8 ottavi? 4 3 2 1

  11. ESERCIZIO DI SOLFEGGIO! LA LA SI SOL

  12. LEGGIAMO, SOLFEGGIAMO, SCRIVIAMO! Oh che bel castello! MI MI DO RE MI MI MI MI DO RE MI FA SOL SOL FA MI RE MI DO MI MI DO RE MI MI MI MI SOL FA MI RE DO

  13. KUMBAJA

  14. DO RE MI FA SOL

  15. DO SI LA SOL FA MI RE SOL FA MI DO

  16. UN PO’ DI RIPOSO … QUANTO? Una pausa che vale un intero Una pausa che vale un mezzo Una pausa che vale un quarto Una pausa che vale un ottavo Una pausa che vale un sedicesimo

  17. N M N M IMPARIAMO A LEGGERE I SEGNI DEI TEMPI … Cos’è una battuta? Quante e che tipo di note per battuta? N = IL NUMERO SOPRA = NUMERO DI NOTE PER BATTUTA M = IL NUMERO SOTTO = TIPO DI NOTA ESEMPIO: IL TEMPO PIU’ POPOLARE: 4/4.N = 4 (SOPRA) = 4 “qualcosa” per battuta M = 4 (SOTTO) = la nota che vale un quarto ALTRI ESEMPI: 3/4 = 3 quarti per battuta5/2 = 5 mezzi per battuta6/8 = 6 ottavi per battuta

  18. DIMMI QUANTO VALI l'unità di misura fondamentale per esprimere la durata musicale è l'intero, di cui esistono diversi sottomultipli. La figura è chiamata semibreve la minima esprime una durata della metà rispetto all'intero la semiminima esprime una durata di metà rispetto alla minima, quindi di un quarto dell'intero la croma esprime la metà della durata della semiminima, quindi di un ottavo dell'intero la semicroma esprime una durata di un sedicesimo dell'intero

  19. SOTTOMULTIPLI BISCROMA

  20. RE DO DO SI LA SOL FA MI RE DO SI LA SOL FA MI MI RE DO SI LA SOL FA MI RE DO SI LA SOL FA MI LA DISTANZA TRA LE NOTE

  21. GIROTONDO

  22. MA A NOI COSA SERVE VERAMENTE? Proviamo a schiacciare un tasto a caso del pianoforte e, basandosi su quella nota, a canticchiare le prime quattro note (o anche tutta, se ci fa piacere) di "Fra' Martino" (Fra-Mar-ti-no). Poi ripetiamo l'operazione cambiando nota di riferimento. Facciamolo finché non ci convinciamo che, qualsiasi sia la nota da cui si parte, è sempre possibile cantare "Fra' Martino", e questo non avviene perché la filastrocca in questione abbia una struttura particolarmente studiata, anzi, è possibile fare la stessa cosa con qualsiasi altra canzone, e più in generale, con qualsiasi altro insieme di note (provare per credere...), e naturalmente anche con le scale. A questo punto ci si potrebbe chiedere: "Ma se cambia la nota iniziale, e con lei quindi anche tutte le altre, cos'è quella cosa che resta uguale, per cui la "musica", la melodia, non cambia?". Ebbene, quella cosa che resta uguale, e che permette quindi al nostro cervello di identificare le canzoni, è la distanza tra le note: se ognuna di esse mantiene lo spazio che la separa dalla precedente, il cosiddetto intervallo, la melodia rimane la medesima.

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