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Fisica Terrestre Parte II Sforzi e deformazioni

Fisica Terrestre Parte II Sforzi e deformazioni. A. Caporali Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica Università di Padova. Sforzo e deformazione. Sforzo = forza per unità di superficie [Nw/m 2 = Pascal (Pa)] Sforzo normale alla superficie = pressione (‘normal stress’)

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Fisica Terrestre Parte II Sforzi e deformazioni

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  1. Fisica Terrestre Parte IISforzi e deformazioni A. Caporali Dipartimento di Geologia, Paleontologia e Geofisica Università di Padova

  2. Sforzo e deformazione • Sforzo = forza per unità di superficie [Nw/m2 = Pascal (Pa)] • Sforzo normale alla superficie = pressione (‘normal stress’) • Sforzo tangenziale alla superficie = sforzo di taglio (‘shear stress’) • Deformazione = variazione frazionaria di una dimensione spaziale[-] (ad es. m/m)

  3. Deformazioni associate a uno sforzo Esempio: lamina di acciaio di spessore 1 mm, lunghezza 4 m e larghezza 0.4 m fissa sul lato sinistro e soggetta a una trazione di 0.5 MNw/m2 sul lato destro nella direzione x. A sinistra la variazione in lunghezza ‘u’ in direzione x; a destra la variazione in larghezza ‘v’, in direzione y ( assottigliamento -> v è negativa per y>0 e positiva per y<0). Nota Bene: la deformazione v è circa 1/100 della deformazione u.

  4. Campo vettoriale del vettore (u,v) di spostamento (caso bi-dimensionale) La deformazione aumenta man mano che ci si allontana dal lato vincolato. Le componenti (u,v) del vettore spostamento dipendono entrambe da (x,y)

  5. Definizione del tensore (= matrice) degli sforzi s e del tensore (= matrice) delle deformazioni e • Tensore degli sforzi s: individua la totalità delle sollecitazioni normali e di taglio sulle facce di un cubo elementare. Per ogni faccia in generale esiste uno sforzo normale e due sforzi di taglio indipendenti. Considerate tre facce, le componenti del tensore degli sforzi sono nove. • Tensore delle deformazioni e: individua la toralità degli spostamenti percentuali derivanti dagli sforzi applicati

  6. Rappresentazione del tensore degli sforzi in sistemi di riferimento ruotati (2D) (1/2) Equilibrio delle forze, per componenti: Componente Y Componente X Sistema degli assi principali:

  7. Rappresentazione del tensore degli sforzi in sistemi di riferimento ruotati (2D) (2/2) syy OC Analogamente si procede per sy’y’ : sxy OC O C Componente Y Componente X sx’y’ BC -sxx OB - sxy OB 90-q B sy’y’ BC

  8. Calcolo delle componenti dello sforzo nel sistema degli assi principali Analogamente per sy’y’: se per sx’x’ si sceglie il segno +, per sy’y’si sceglie il segno -

  9. Relazioni inverse: sforzi nel sistema generico (x’y’)in funzione degli sforzi principali (xy)

  10. Sistema degli assi principali (1/2) • La matrice degli sforzi/deformazioni ha 9 elementi: tre normali e sei di taglio. Tuttavia è possibile trovare un sistema di riferimento nel quale le componenti di taglio sono nulle. • Tale sistema è detto sistema degli assi principali.

  11. Sistema degli assi principali (2/2) • Relazione tra un generico sistema di riferimento e il sistema degli assi principali (in 2 dimensioni): il tensore ad es. degli stress nel sistema principale differisce da quello nel generico sistema per una matrice di rotazione di un angolo q, inteso come angolo tra s1 e x: 2 q Esplicitando il sistema di tre equazioni nelle tre incognite s1,s2 e q si ottiene: 1 Le relazioni inverse sono: Nota: l’aspettativa che lo sforzo di taglio sia massimo lungo assi (superfici) a 45° rispetto alle direzioni degli sforzi principali è confermata dalle equazioni qui a fianco.

  12. Esempio Un blocco quadrato di granito è confinato sui due lati ed è soggetto a una compressione verso l’interno di 0.5 MPa su entrambi i lati orizzontali. Lo sforzo di taglio è massimo, in valore assoluto, lungo le diagonali del quadrato. In caso di frattura, avremo una faglia trascorrente destra (shear stress positivo) lungo la diagonale principale, e una trascorrente sinistra (shear stress negativo) lungo la diagonale secondaria.

  13. Elasticità lineare: legge di Hooke in un sistema di assi principali di stress l e m sono le costanti di Lamè; m viene talvolta indicato con G ed è anche noto come modulo di shear • s1=(l+2m)e1+le2+le3 • s2=le1+(l+2m)e2+le3 • s3=le1+le2+(l+2m)e3 • Ee1=+s1-ns2-ns3 • Ee2=-ns1+s2-ns3 • Ee3=-ns1-ns2 +s3 E e n sono rispettivamente il modulo di Young e il rapporto di Poisson n=l/2(l+m); E=m(3l+2m)/(l+m) m=E/2(1+n); l=En/[(1+n)(1-2n)]

  14. Elasticità lineare: Legge di Hooke in un sistema qualsiasi Ove D=exx+eyy+ezz è il tasso di espansione isotropa, cioè la media delle dilatazioni nelle tre direzioni indipendenti

  15. Elasticità uniassiale: quando sforzo e deformazione sono direttamente proporzionali Ad esempio, per uno sforzo uniassiale si ha: E è il modulo di Young. Si misura in Pa. n è il rapporto di Poisson. E’ adimensionale.

  16. Esempio Per la sbarra di acciaio (l = 4 m, t= 0.4 m) in trazione lungo x (sxx=0.5MPa) verifichiamo: Deformazione longitudinale exx=Dx/l ~ 10-5/4 ~2.5 10-6, Deformazione trasversale eyy=Dy/t ~ 3 10-7/0.4 ~ 7.5 10-7, in media. Per l’acciaio inoltre si ha E=196 GPa. Pertanto verifichiamo che • sxx=Eexx • nsxx=Eeyy purchè n=0.294, che è un valore tipico per il rapporto di Poisson di materiali ‘normali’

  17. Carico litostatico come esempio di sforzo uniassiale Carico litostatico (‘overburden’): s1=rgy Consideriamo un blocco di roccia 1.5 m x 1 m con E=70 Gpa, n=0.3, r=2700 kg/m3 appoggiato sulla sua base inferiore e con le pareti laterali libere di deformarsi in risposta al peso proprio della roccia. La figura mostra la deformazione laterale ‘u’ lungo x, e quella verticale ‘v’ lungo y. Detta h la altezza del blocco abbiamo che l’accorciamento si calcola facilmente: Per calcolare la deformazione orizzontale occorre rispettare il vincolo di indeformabilità della base. Altrimenti si ottiene una forma triangolare.

  18. Sforzo piano Per applicazioni ad es. alla litosfera, esiste un s3 indotto dall’ispessimento verticale. Ad es. assumendo s1= s2, posto hL=spessore nominale della litosfera ~100 km, si ha (n=0.25, E=1011Pa,r=3000 kg/m3) che il carico litostatico indotto è circa 1% di hL. Se s1=100MPa, che è un tipico sforzo tettonico, l’ispessimento è di ~ 50 m.

  19. Curvatura di una lamina prodotta da coppie e/o carichi verticali Curvatura di una lamina di spessore finito h sotto l’azione di un momento torcente (bending moment) M: lo stress sxx è compressivo per y>0 e distensivo per y<0. La ‘fibra nulla’ (null fiber) è quella a y=0.

  20. Equilibrio delle forze e delle coppie

  21. Rappresentazione di M nel caso elastico Assumiamo che la lamina sia infinitamente estesa lungo z ->ezz=0, e che non vi sia carico verticale (syy=0): Pertanto sxx=Eexx/(1-n2)

  22. q(x) P h x w(x) D= rigidità flessurale;E=modulo di Young, n = rapporto di Poisson R= raggio di curvatura R Equazione di equilibrio flessurale di una lamina elastica NB: y è la coordinata verticale, e x è la coordinata orizzontale. w(x) è il profilo della deformata

  23. Lamina di granito soggetta al suo peso:sforzo normale (figura in alto) e di taglio (figura in basso) 2 m x 0.4 m A sinistra: semplicemente appoggiata A destra: Infissa da un lato, libera dall’altro

  24. Soluzione dell’equazione dell’equilibrio flessurale (1/2)

  25. Soluzione dell’equazione dell’equilibrio flessurale (2/2)

  26. Deformazione di strati sovrapposti a una intrusione ignea (laccolite) L=3km h=50 m w0=600m E=70GPa n=0.25 r=2900kg/m3 p=384Dw0/L4+rgh=3.6MPa Simmetria rispetto a x=0 -> c3=c1=0; determiniamo c2 e c0 imponendo le condizioni al contorno: Modello della forza verticale: q(x)= -p+ rgh, ove p è la pressione del magma e rgh è il peso della colonna di lastra (overburden); condizioni al contorno: w=dw/dx=0 a x=+/- L/2. Soluzione della ED:

  27. Nota la deformata w(x) possono essere calcolati la shear force V(x) e lo stress sxx(x,y) Lo sforzo e la deformazione sono massimi al centro (L=0) e sulla superficie della lamina (y=+/- h/2) Se indichiamo con smax lo sforzo limite al quale il materiale cede, la struttura non presenta ‘crepe’ a x=0 finchè è soddisfatta la condizione sxx< smax , ovvero

  28. Deformazione di un diaframma soggetto alla pressione dell’acqua (1/2) h • Un diaframma di granito (E=70 Gpa, n=0.25) di spessore h = 3 cm sopporta la pressione dell’acqua profonda L=1.2 m. Il carico sul diaframma aumenta pertanto linearmente q=rwgy • Vincoli: il diaframma sia imperniato nelle estremità superiore e inferiore. • Calcolare la deformata e lo sforzo massimo tensionale y L

  29. Deformazione di un diaframma soggetto alla pressione dell’acqua (2/2) Integrale generale Condizioni al contorno

  30. Deformazione della litosfera oceanica e continentale per un carico verticale (1/2) Idea di fondo: quando la lamina litosferica viene caricata con q0, si crea una deformazione w, che sposta del fluido nel mantello sottostante. Dobbiamo pertanto aspettarci una spinta isostatica verso l’alto, proporzionale alla deformazione, proprio come se la litosfera fosse adagiata su un ‘letto di molle’.

  31. Deformazione della litosfera oceanica e continentale per un carico verticale (2/2) • Calcolo della forza agente sulla lamina: è in entrambi i casi la risultante della forza peso e dalla reazione idrostatica. • Litosfera oceanica • Litosfera continentale: Pertanto conviene rappresentare il carico verticale q(x) come la somma del carico effettivo più la risposta isostatica: q(x)=qa(x)-(rm-rc/w)gw

  32. Risposta della litosfera (1/2) Di particolare interesse è la risposta a un carico topografico variabile sinusoidalmente (il motivo dell’interesse è che qualsiasi forma topografica –ad es. catena montuosa- può essere decomposta in una somma di armoniche entro un certo intervallo di lunghezze d’onda) Se assumiamo che non vi sia uno sforzo orizzontale, P=0 e l’equazione si riduce a:

  33. l l Risposta della litosfera (2/2) • Cerchiamo una risposta della litosfera alla stessa lunghezza d’onda della sollecitazione topografica: • Otteniamo che la eq. differenziale della flessura si riduce a un vincolo sull’ampiezza w0 della risposta • La risposta è inoltre anticorrelata con la fase del carico in superficie: quanto questo è positivo (monte) la risposta è negativa (radice), e viceversa.

  34. Risposta di una lamina elastica su un letto di molle a un carico sinusoidale: la deformazione aumenta con la lunghezza d’onda del carico

  35. Lunghezza d’onda caratteristica • La grandezza ha le dimensioni di una lunghezza caratteristica della ‘lamina’ litosferica. • Supponiamo che il carico topografico abbia una l>>l0 (ad es. un plateau). In tale situazione Ovvero la lastra appare infinitamente duttile e il carico topografico è interamente sostenuto dalla spinta idrostatica ed è esattamente compensato da una radice (o ispessimento crostale) di profondità circa 4.2 km per ogni km di altezza topografica. Le proprietà elastiche della lamina litosferica non svolgono alcun ruolo nel supporto della topografia • Supponiamo invece che il carico topografico abbia una l<<l0 (ad es. un blocco di dimensioni piccole rispetto allo spessore della lamina). In tale situazione w00; l’effetto idrostatico non svolge alcun ruolo nel supporto del carico topografico, il cui peso è interamente assorbito dalla rigidità della lamina litosferica. Questa non si deforma. • Definiamo il coefficiente di compensazione • Quando C~1, la compensazione è al 100%, cioè avviene per mezzo di radici. Quando C~.5, la compensazione avviene in parte con radici, e per il resto per mezzo della rigidità interna della lamina litosferica. Quando C~0, la topografia è sostenuta interamente dalla rigidità della lamina.

  36. Esempio di Compensazione Parziale In questo esempio E=70 Gpa,n=0.25, rm=3300 kg/m3, rc=2700 kg/m3. Pertanto Topografia a questa lunghezza d’onda è supportata isostaticamente al 50%. Lunghezze d’onda inferiori sono supportate dalla rigidità della lamina; quelle superiori dal meccanismo isostatico.

  37. l P P w (rm—rw)gw Buckling di una lamina elastica su supporto isostatico e soggetta a una compressione orizzontale (1/2) Litosfera oceanica. Zero topografia. P=cost Se cerchiamo una risposta del tipo La lunghezza d’onda deve soddisfare l’equazione

  38. Buckling di una lamina elastica su supporto isostatico e soggetta a una compressione orizzontale (2/2) Soluzione: L’argomento della radice deve essere non negativo => una soluzione sinusoidale (buckling) esiste solo per sforzi orizzontali P tali che Lo sforzo critico associato è definito come sc=Pc/h, ove h è lo spessore della lamina (cioè della litosfera). Quando P= Pc, la lunghezza d’onda è Prendendo h=50 km, rw=1000 kg/m3, si ottiene sc=6.4 Gpa, che è uno sforzo al quale nessuna roccia può reggere. La lunghezza d’onda critica è 526 km. Segue che se la litosfera è elastica, sinclinali e antisinclinali non possono crearsi per buckling. Perché questo avvenga, bisogna che h<1 km. In tal caso sc <0.9 Gpa, sopportabile dalle rocce. La lunghezza d’onda critica associata è < 28 km. Quindi solo strati molto sottili di litosfera sono soggetti a buckling, cosa che suggerisce che la litosfera non è un continuo elastico bensì è stratificata.

  39. Flessura presso un trench oceanico • Equazione flessurale (P=qa=0) • Soluzione generale dipendente da quattro costanti arbitrarie (vedi anche la tabella delle derivate di w): Ove, qualsisasi siano le costanti di integrazione, si è definita la lunghezza d’onda o parametro flessurale a come segue: Nel seguito considereremo alcuni casi particolari della soluzione generale, che rappresentano situazioni ad es. di lamina caricata al centro, oppure a una estremità, ovvero una coppia applicata a una estremità. In ogni caso w=w’=0 per x infinito. Pertanto c1=c2=0. I valori di c3 e c4 verranno determinati imponendo carichi o coppie ad es. a x=x0, e ricordando che:

  40. 1. Caso: litosfera continua caricata al centro • Vedi la tabella delle derivate di w • Continuità a x=0 ->w’(0)=0 ->c3=c4 • Carico V0 applicato a x=0 -> V0/2=Dw’’’(0)=4Dc3/a3 Nota: la figura riporta solo la metà di destra del profilo. La metà di sinistra è speculare.

  41. 2. Caso: litosfera discontinua caricata a un estremo • Vedi la tabella delle derivate di w • Discontinuità a x=0 ->M(0)=0->w’’(0)=0 ->c4=0 • Carico V0 applicato a x=0 -> V0/2=Dw’’’(0)=2Dc3/a3 • Nota: Si sarebbe potuto anche considerare il caso più generale di un momento non nullo a x=0, in aggiunta alla shear force V Bulge ‘b’

  42. Si noti che il modello non è completamente soddisfacente: nel modello la curvatura è troppo grande e sia il bulge che l’intercetta dell’asse x sono troppo arretrati il . Un modello più accurato prevede non solo V0 ma anche un momento torcente M0 a x=0. Modello del profilo del Trench delle Marianne

  43. Limite elastico - plastico d c b a Per valori del momento torcente M che eccedono una soglia M0, la flessura di una lamina diventa maggiore della flessura in regime elastico. Siamo entrati nel regime plastico, e la deformazione plastica – al contrario di quella elastica- è in generale irreversibile.

  44. Fase Transiente Lamina infissa lateralmente viene rilasciata: il profilo della deformata riflette i vincoli, la forza peso esterna e le forze elastiche interne Lamina infissa a entrambe le estremità viene lasciata libera sotto il proprio peso: la deformazione dapprima si concentra presso i vincoli per poi convergere verso il centro, formando un bulge positivo che poi si smorza.

  45. Stato di stress nelle rocce adiacenti a una faglia • Lo stress in una roccia a profondità y è innanzitutto dovuto al carico litostatico syy=rgy. Questo carico produce in generale una pressione isotropica nelle tre direzioni, esattamente come un fluido in un recipiente con stantuffo esercita una pressione uguale sulle rimanenti tre pareti del contenitore. • Quando la roccia è nei pressi di una faglia, allo stress litostatico si somma algebricamente un secondo contributo di origine tipicamente tettonica. Tale contributo viene detto deviatorico, per sottolineare che esso trae origine dalla contrapposizione di forze. • Assumiamo che • lo stress deviatorico Dsxx sia uno stress principale diretto lungo x (orizzontale), • siamo in regime di strain piano, cioè lo sforzo tettonico è tale che le rocce sono confinate lateralmente: e3=0 -> Ds3=n(Ds1+Ds2) -> Ds3=nDs1 • Avremo pertanto che per un blocco elastico: • Poiché 0<n<1, abbiamo che: • Faglia inversa: Dsxx>0 => sxx> szz >syy • Faglia diretta: Dsxx<0 => syy>szz> sxx • Faglia trascorrente: lo stress verticale è sempre intermedio • Dsxx>0 e Dszz<0 => sxx> syy >szz • Dsxx<0 e Dszz>0 => szz > syy > sxx

  46. Dsxx =mg sinq/A sn=mg cosq/A mg q Il coefficiente di attrito statico fs • L’esperienza dimostra che un corpo appoggiato su una superficie oppone una resistenza alla trazione proporzionale alla massa del corpo • Ciò significa che lo sforzo di taglio relativo all’attrito statico tfs= sxy,è proporzionale allo sforzo normale esercitato sulla superficie di appoggio; la trazione è invece proporzionale allo sforzo deviatorico Dsxx • Indichiamo pertanto con fs la costante di proporzionalità tra lo sforzo di taglio per attrito statico tfs e lo sforzo normale al piano di appoggio sn. Vale la legge di Amonton: tfs=fs sn Esempio: stabilità di un versante Il versante è stabile finchè la trazione si mantiene inferiore alla resistenza di attrito per scivolamento: Dsxx< tfs= fs sn ovvero tan q < fs

  47. Angolo di immersione con minimo sforzo deviatorico (1/2) Si consideri una faglia normale o inversa. Si vuole determinare l’angolo di immersione b che corrisponde a un minimo sforzo deviatorico Dsxx, noto il coefficiente di attrito statico fstra i due blocchi (Problema di Anderson) Sostituendo nella legge di Amonton le espressioni per lo sforzo normale e di taglio, e notando che il segno + corrisponde a una faglia inversa (Dsxx>0) e il segno – a una faglia normale (Dsxx<0), si ottiene:

  48. Angolo di immersione con minimo sforzo deviatorico (2/2) Il valore minimo dello stress deviatorico si ottiene di conseguenza: consideriamo ad es. una faglia inversa: Si nota che a parità di coefficiente di attrito statico, la faglia normale richiede minore sforzo deviatorico per attivarsi, rispetto alla faglia inversa. Per faglie normali sono inoltre favoriti angoli di immersione maggiori che per fagli inverse.

  49. Semplice modello meccanico di un terremoto (1/2) • Un blocco di massa m, area si base S e altezza h è appoggiato su un nastro in moto a velocità costante, e vincolato a una parete per mezzo di una molla di costante k. • Per t<0, il blocco si allontana dalla parete trascinato dal nastro. • A t=0 la forza elastica di richiamo diventa eguale alla resistenza di attrito statico t, e il blocco comincia a scivolare rapidamente verso sinistra. • Quando la velocità di richiamo si annulla, il blocco si ‘ri-aggancia’ al nastro e il ciclo riprende.

  50. Semplice modello meccanico di un terremoto (2/2) La caduta di sforzo di taglio (stress drop) corrispondente allo scivolamento è pari allo stress totale disponibile fsmg/S volte lo spostamento frazionario (x*-xr)/x*: Dt=(fsFn/S)*[2(fs-fd) Fn/k]/(fsFn/k)= 2(fs-fd) Fn/S= 2(fs-fd) rgh Per un terremoto con h=5 km, r=2500 kg/m3,g=9.8 m/s2, fs=0.050, fd=0.045, lo sforzo normale è 124 Mpa Mentre lo sforzo di taglio disponibile all’innesco dello scivolamento è di 6.2 Mpa, per la legge di Amonton. Si noti che il coefficiente di attrito statico misurato in laboratorio è circa 0.8, molto maggiore di quello assunto. In pratica con un coefficiente di attrito statico così basso teniamo conto della pressione dei fluidi nei pori, che di fatto diminuisce l’attrito. Se S=10 x 10 km e m=30 Gpa, allora lo slip x*-xr=0.83 m e lo stress drop è 1.23 Mpa. Pertanto le rocce hanno uno stress residuo di 5 Mpa. Notiamo che x*=4.1 m. Pertanto il blocco si riaggancia quando la molla ha una lunghezza di 4.1-0.83 m= 3.3 m circa e non 0 m. La durata dello slip è tr=9 sec e la velocità media della rottura è circa 0.1 m/sec, oltre 10000 volte inferiore alla velocità dei crack sismici. Il tempo di ritorno dipende dalla velocità di avanzamento del nastro: se è 1 cm/anno, sono necessari 80-100 anni per dilatare la molla fino all’innesco dello slip. I tempi di ritorno di un evento sismico reale che comporta uno slip di circa 80 cm sono dell’ordine di alcune centinaia d’anni.

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