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Eugenio Montale

Eugenio Montale. Poesie. Forse un mattino andando in un'aria di vetro. Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco. 

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Eugenio Montale

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Presentation Transcript


  1. Eugenio Montale Poesie

  2. Forse un mattino andando in un'aria di vetro Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco.  Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto alberi case colli per l'inganno consueto. Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

  3. Antico, sono ubriacato dalla voce Antico, sono ubriacato dalla vocech'esce dalle tue bocche quando si schiudonocome verdi campane e si ributtanoindietro e si disciolgono.La casa delle mie estati lontane,t'era accanto, lo sai,là nel paese dove il sole cuocee annuvolano l'aria le zanzare.Come allora oggi in tua presenza impietro,mare, ma non più degnomi credo del solenne ammonimentodel tuo respiro. Tu m'hai detto primoche il piccino fermentodel mio cuore non era che un momentodel tuo; che mi era in fondola tua legge rischiosa: esser vasto e diversoe insieme fisso:e svuotarmi cosí d'ogni lorduracome tu fai che sbatti sulle spondetra sugheri alghe asteriele inutili macerie del tuo abisso.

  4. Che mastice tiene insieme Che mastice tiene insieme questi quattro sassi. Penso agli angeli  sparsi qua e là  Inosservati non pennuti non formati  neppure occhiuti anzi ignari  della loro parvenza  e della nostra anche se sono un contrappeso più forte del punto di Archimede e se nessuno li vede è perché occorrono altri occhi che non ho e non desidero. La verità è sulla terra e questa non può saperla non può volerla a patto di distruggersi. Così bisogna fingere che qualcosa sia qui tra i piedi tra le mani non atto né passato né futuro e meno ancora un muro da varcare bisogna fingere che movimento e stasi abbiano il senso del nonsenso per comprendere che il punto fermo è un tutto nientificato.

  5. Casa sul mare Il viaggio finisce qui: nelle cure meschine che dividono l’anima che non sa più dare un grido. Ora I minuti sono eguali e fissi come I giri di ruota della pompa. Un giro: un salir d’acqua che rimbomba. Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.  Il viaggio finisce a questa spiaggia che tentano gli assidui e lenti flussi. Nulla disvela se non pigri fumi la marina che tramano di conche I soffi leni: ed è raro che appaia nella bonaccia muta tra l’isole dell’aria migrabonde la Corsica dorsuta o la Capraia. Tu chiedi se così tutto vaniscein questa poca nebbia di memorie; se nell’ora che torpe o nel sospiro del frangente si compie ogni destino. Vorrei dirti che no, che ti s’appressa l’ora che passerai di là dal tempo; forse solo chi vuole s’infinita, e questo tu potrai, chissà, non io. Penso che per i più non sia salvezza, ma taluno sovverta ogni disegno, passi il varco, qual volle si ritrovi. Vorrei prima di cedere segnarti codesta via di fuga labile come nei sommossi campi del mare spuma o ruga. Ti dono anche l’avara mia speranza. A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla: l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.  Il cammino finisce a queste prode che rode la marea col moto alterno. Il tuo cuore vicino che non m’ode salpa già forse per l’eterno.

  6. Corno inglese ll vento che stasera suona attento - ricorda un forte scotere di lame - gli strumenti dei fitti alberi e spazza l'orizzonte di rame dove strisce di luce si protendono come aquiloni al cielo che rimbomba (Nuvole in viaggio, chiari reami di lassù! D'alti Eldoradi malchiuse porte!) e il mare che scaglia a scaglia, livido, muta colore lancia a terra una tromba di schiume intorte; il vento che nasce e muore nell'ora che lenta s'annera suonasse te pure stasera scordato strumento, cuore.

  7. Delta La vita che si rompe nei travasi secreti a te ho legata:quella che si dibatte in sé e par quasi non ti sappia, presenza soffocata. Quando il tempo s'ingorga alle sue dighe la tua vicenda accordi alla sua immensa,ed affiori, memoria, più palesedall'oscura regione ove scendevi, come ora, al dopopioggia, si riaddensail verde ai rami, ai muri il cinabrese. Tutto ignoro di te fuor del messaggio muto che mi sostenta sulla via: se forma esisti o ubbia nella fumead'un sogno t'alimenta la riviera che infebbra, torba, e scroscia incontro alla marea. Nulla di te nel vacillar dell'ore bige o squarciate da un vampo di solfo fuori che il fischio del rimorchiatore che dalle brume approda al golfo.

  8. Fu dove il ponte di legno Fu dove il ponte di legnomette a porto Corsini sul mare altoe rari uomini, quasi immoti, affondanoo salpano le reti. Con un segno della mano additavi all'altra spondainvisibile la tua patria vera.Poi seguimmo il canale fino alla darsenadella città, lucida di fuliggine,nella bassura dove s'affondavauna primavera inerte, senza memoria. E qui dove un'antica vitasi screzia in una dolceansietà d'Oriente, le tue parole iridavano come le scagliedella triglia moribonda.La tua irrequietudine mi fa pensareagli uccelli di passo che urtano ai farinelle sere tempestose:è una tempesta anche la tua dolcezza,turbina e non appare,e i suoi riposi sono anche più rari.Non so come stremata tu resistiin questo lagod'indifferenza ch'è il tuo cuore; forseti salva un amuleto che tu tienivicino alla matita delle labbra, al piumino, alla lima: un topo bianco, d'avorio; e così esisti!

  9. Ex voto Accadeche le affinità d'anima non giunganoai gesti e alle parole ma rimanganoeffuse come un magnetismo. É raroma accade. Può darsiche sia vera soltanto la lontananza,vero l'oblio, vera la foglia seccapiù del fresco germoglio. Tanto e altropuò darsi o dirsi. Comprendola tua caparbia volontà di essere sempre assenteperché solo così si manifestala tua magia. Innumeri le astuzieche intendo. Insistonel ricercarti nel fuscello e mainell'albero spiegato, mai nel pieno, semprenel vuoto: in quello che anche al trapanoresiste. Era o non erala volontà dei numi che presidianoil tuo lontano focolare, stranimultiformi multanimi animali domestici;fors'era così come mi parevao non era. Ignorose la mia inesistenza appaga il tuo destino,se la tua colma il mio che ne trabocca,se l'innocenza è una colpa oppuresi coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,di te tutto conosco, tuttoignoro.

  10. Ecco il segno; s'innerva Ecco il segno; s'innerva sul muro che s'indora:un frastaglio di palmabruciato dai barbagli dell'aurora. Il passo che proviene dalla serra sì lieve, non è felpato dalla neve, è ancora tua vita, sangue tuo nelle mie vene.

  11. Hai dato il mio nome ad un albero? Non è poco Hai dato il mio nome ad un albero? Non è pocopure non mi rassegno a restar ombra, o troncodi un abbandono nel suburbio. Io il tuol'ho dato a un fiume, a un lungo incendio, al crudogioco della mia sorte, alla fiduciasovrumana con cui parlasti al rospouscito dalla fogna, senza orrore o pietào tripudio, al respiro di quel fortee morbido tuo labbro che riesce,nominando, a creare; rospo fiore erba scoglio -quercia pronta a spiegarsi su di noiquando la pioggia spollina i carnosipetali del trifoglio e il fuoco cresce.

  12. Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scalee ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.Il mio dura tuttora, né più mi occorronole coincidenze, le prenotazioni,le trappole, gli scorni di chi credeche la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccionon già perché con quattr'occhi forse si vede di più.Con te le ho scese perché sapevo che di noi duele sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,erano le tue.

  13. Ho tanta fede in te  Ho tanta fede in teche durerà(è la sciocchezza che ti dissi un giorno)finché un lampo d'oltremondo distruggaquell'immenso cascame in cui viviamo.Ci troveremo allora in non so che puntose ha un senso dire punto dove non è spazioa discutere qualche verso controversodel divino poema. So che oltre il visibile e il tangibilenon è vita possibile ma l'oltrevitaè forse l'altra faccia della morteche portammo rinchiusa in noi per anni e anni. Ho tanta fede in mee l'hai riaccesa tu senza volerlosenza saperlo perché in ogni rottamedella vita di qui è un trabocchettodi cui nulla sappiamo ed era forsein attesa di noi spersi e incapacidi dargli un senso. Ho tanta fede che mi brucia; certochi mi vedrà dirà è un uomo di ceneresenz'accorgersi ch'era una rinascita.

  14. I limoni Ascoltami, i poeti laureatisi muovono soltanto fra le piantedai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosifossi dove in pozzangheremezzo seccate agguantano i ragazziqualche sparuta anguilla:le viuzze che seguono i ciglioni,discendono tra i ciuffi delle cannee mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.Meglio se le gazzarre degli uccellisi spengono inghiottite dall'azzurro:più chiaro si ascolta il susurrodei rami amici nell'aria che quasi non si muove,e i sensi di quest'odoreche non sa staccarsi da terrae piove in petto una dolcezza inquieta.Qui delle divertite passioniper miracolo tace la guerra,qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezzaed è l'odore dei limoni.Vedi, in questi silenzi in cui le coses'abbandonano e sembrano vicinea tradire il loro ultimo segreto,talora ci si aspettadi scoprire uno sbaglio di Natura,il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,il filo da disbrogliare che finalmente ci mettanel mezzo di una veritàLo sguardo fruga d' intorno,la mente indaga accorda disuniscenel profumo che dilagaquando il giorno più languisce.Sono i silenzi in cui si vedein ogni ombra umana che si allontanaqualche disturbata DivinitàMa l'illusione manca e ci riporta il temponelle città rumorose dove l'azzurro si mostrasoltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.La pioggia stanca la terra, di poi; s'affoltail tedio dell'inverno sulle case,la luce si fa avara - amara l'anima.Quando un giorno da un malchiuso portonetra gli alberi di una corteci si mostrano i gialli dei limoni;e il gelo del cuore si sfa,e in petto ci scroscianole loro canzonile trombe d' oro della solarità.

  15. Il sogno del prigioniero Alba e notti qui variano per pochi segni.Il zigzag degli storni sui battifredinei giorni di battaglia, mie sole ali,un filo d'aria polare,l'occhio del capoguardia dallo spioncino,crac di noci schiacciate, un oleososfrigolìo dalle cave, girarrostiveri o supposti - ma la paglia è oro,la lanterna vinosa è focolarese dormendo mi credo ai tuoi piedi.La purga dura da sempre, senza un perché.Dicono che chi abiura e sottoscrivepuò salvarsi da questo sterminio d'oche;che chi obiurga se stesso, ma tradiscee vende carne d'altri, afferra il mestoloanzi che terminare nel pâtédestinato agl'Iddii pestilenziali.Tardo di mente, piagato dal pungente giaciglio mi sono fusocol volo della tarma che la mia suolasfarina sull'impiantito,coi kimoni cangianti delle lucisciorinate all'aurora dei torrioni,ho annusato nel vento il bruciaticciodei buccellati dai forni,mi son guardato attorno, ho suscitatoiridi su orizzonti di ragnatelie petali sui tralicci delle inferriate,mi sono alzato, sono ricadutonel fondo dove il secolo è il minuto -e i colpi si ripetono ed i passi,e ancora ignoro se sarò al festinofarcitore o farcito. L'attesa è lunga,il mio sogno di te non è finito. 

  16. L'anima che dispensa L'anima che dispensafurlana e rigodone ad ogni nuovastagione della strada, s'alimentadella chiusa passione, la ritrovaa ogni angolo più intensa.La tua voce è quest'anima diffusa.Su fili, su ali, al vento, a caso, colfavore della musa o d'un ordegnoritorna lieta o triste. Parlo d'altro,ad altri che t'ignora e il suo disegnoè là che insiste do re la sol sol...

  17. Lo sai: debbo riperderti e non posso Lo sai: debbo riperderti e non posso.Come un tiro aggiustato mi sommuoveogni opera, ogni grido e anche lo spirosalino che straripadai moli e fa l'oscura primaveradi Sottoripa. Paese di ferrame e alberaturea selva nella polvere del vespro.Un ronzio lungo viene dall'aperto,strazia com'unghia i vetri. Cerco il segnosmarrito, il pegno solo ch'ebbi in graziada te.E l'inferno è certo. 

  18. Portami il girasole ch'io lo trapianti Portami il girasole ch'io lo trapiantinel mio terreno bruciato dal salino,e mostri tutto il giorno agli azzurri specchiantidel cielo l'ansietà del suo volto giallino. Tendono alla chiarità le cose oscure,si esauriscono i corpi in un fluiredi tinte: queste in musiche. Svanireè dunque la ventura delle venture. Portami tu la pianta che conducedove sorgono bionde trasparenzee vapora la vita quale essenza;portami il girasole impazzito di luce.

  19. Piove Piove. È uno stillicidio senza tonfi di motorette o strilli di bambini. Piove da un ciclo che non ha nuvole. Piove sul nulla che si fa in queste ore di sciopero generale. Piove sulla tua tomba a San Felice a Emae la terra non trema perché non c'è terremoto né guerra. Piove non sulla favola bella di lontane stagioni, ma sulla cartella esattoriale, piove sugli ossi di seppia, e sulla greppia nazionale. Piove sulla Gazzetta Ufficiale qui dal balcone aperto, piove sul Parlamento, piove su via Solferino, piove senza che il vento smuova le carte. Piove in assenza di Ermionese Dio vuole, piove perché l'assenza è universale e se la terra non trema è perché Arcetri a lei non l'ha ordinato. Piove sui nuovi epistèmidel primate a due piedi, sull'uomo indiato, sul cielo, ottimizzato, sul ceffo dei teologi in tuta o paludati, piove sul progresso della contestazione, piove sui works in regress, piove sui cipressi malati del cimitero, sgocciola sulla pubblica opinione. Piove, ma dove appari non è acqua né atmosfera, piove perché se non sei è solo la mancanza e può affogare.

  20. Mia vita, a te non chiedo Mia vita, a te non chiedo lineamentifissi, volti plausibili o possessi.Nel tuo giro inquieto ormai lo stessosapore han miele e assenzio. Il cuore che ogni moto tiene a vileraro è squassato da trasalimenti.Così suona talvolta nel silenziodella campagna un colpo di fucile.

  21. Non ho molta fiducia d’incontrarti Non ho molta fiducia d’incontrartinella vita eterna.Era già problematico parlartinella terrena.La colpa è nel sistemadelle comunicazioni.Se ne scoprono molte ma non quellache farebbe ridicole nonché inutilile altre.

  22. . La speranza di pure rivedertim’abbandonava; emi chiesi se questo che mi chiudeogni senso di te, schermo d’immagini,ha i segni della morte o dal passatoè in esso, ma distorto e fatto labile,un tuo barbaglio

  23. . In giorni come questi, spesso la tetraggine m’assale e il vivere d'ora in ora mi tortura. Ma arrivi tu che sconfiggi la noia coi tuoi discorsi variopinti. Anche oggi cercheremo una breccia. Una parola che ci possa salvare e che ci tenga in bilico sul confine ideale tra realtà e fantasia potrà, anche se per poco, cangiare l'esistenza.

  24. . Per mel’ago della bilanciasei sempre tu.M’hanno chiesto chi sei. Se lo sapessilo direi a gran voce. E sarei chiusotra quelle sbarre donde non s’esce più

  25. Ai tuoi piedi Mi sono inginocchiato ai tuoi piedio forse è un'illusione perché non si vedenulla di teed ho chiesto perdono per i miei peccatiattendendo il verdetto con scarsa fiduciae debole speranza non sapendoche senso hanno quassù il prima e il poiil presente il passato l'avveniree il fatto che io sia venuto al mondosenza essere consultato.Poi penserò alla vita di quaggiùnon sub specie aeternitatis,non risalendo all'infanziae agli ingloriosi fatti che l'hanno illustrataper poi ascendere a un dopodi cui sarò all'anteporta.Attendendo il verdettoche sarà lungo o breve grato o ingratoma sempre temporale e qui comincial'imbroglio perché nulla di buono è mai pensabilenel tempo,ricorderò gli oggetti che ho lasciatial loro posto, un posto tanto studiato,agli uccelli impagliati, a qualche ritagliodi giornale, alle tre o quattro medagliedi cui sarò derubato e forse anchealle fotografie di qualche mia Musache mai seppe di esserlo,rifarò il censimento di quel nullache fu vivente perché fu tangibilee mi dirò se non fosseroqueste solo e non altro la mia consistenzae non questo corpo ormai incorporeoche sta in attesa e quasi si addormenta.

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