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La perizia psichiatrica in tema di imputabilità e pericolosità sociale: problematiche e metodo

La perizia psichiatrica in tema di imputabilità e pericolosità sociale: problematiche e metodo. Luca Cimino. Lamberto di Saint-Omer, Liber Floridus , 1121 ca. “ La discussione sul metodo è la più essenziale e la più profonda ”. A. Murri (1841-1932). La perizia psichiatrica /1.

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La perizia psichiatrica in tema di imputabilità e pericolosità sociale: problematiche e metodo

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Presentation Transcript


  1. La perizia psichiatrica in tema di imputabilità e pericolosità sociale: problematiche e metodo Luca Cimino

  2. Lamberto di Saint-Omer, Liber Floridus, 1121 ca.

  3. “La discussione sul metodo è la più essenziale e la più profonda” A. Murri (1841-1932)

  4. La perizia psichiatrica /1 • Uno dei temi centrali della psichiatria forense è rappresentato dalla perizia psichiatrica che costituisce anche la sua principale attività pratica. • La perizia consiste in un parere tecnico motivato che l’esperto fornisce a specifici quesiti aventi rilevanza giuridica. • Il termine “parere” esprime il fisiologico ed inevitabile grado di soggettività che qualsiasi risposta professionale, per quanto possa essere obiettivamente ancorata al rispetto dello “stato dell’arte” della disciplina, non può non esprimere. • La qualificazione di “tecnico” attiene alla specifica competenza scientifico-professionale che deve essere versata nell’elaborazione del parere, sulla base di quelle regole scientifiche e procedurali che fondano e qualificano l’elaborato peritale come tale. • Il termine “motivato” sottende il dovere del perito ad esplicitare chiaramente il percorso logico che ha portato a quelle specifiche conclusioni, in modo da renderle verificabili in ogni parte dai vari fruitori dell’elaborato peritale.

  5. La perizia psichiatrica /2 • La perizia psichiatrica non serve mai a provare che un fatto sussiste o non sussiste, ma serve ad accertare quale sia lo stato di mente di un individuo nel momento in cui è avvenuto il fatto (reato) per cui egli è imputato. • La perizia psichiatrica non è utilizzata a provare se un soggetto ha commesso un fatto previsto come reato, ma serve ad accertare attraverso quale dinamismo mentale un soggetto ha commesso il fatto al quale si conferisce la qualifica di reato. • L’oggetto di indagine della perizia psichiatrica è un individuo che deve essere esaminato in rapporto alle sue condizioni fisico-psichiche e nell’ambito dell’evento criminoso ascrittogli, in quanto il proprio comportamento/stile di condotta ha suscitato l’ipotesi o la congettura della presenza di una condizione psicopatologica.

  6. La perizia psichiatrica /3 • Nel nostro ordinamento giuridico la perizia è ricompresa fra i mezzi di prova. • Le norme distinguono quattro diverse categorie: • le prove: ovvero gli elementi raccolti dinanzi al giudice, in contraddittorio fra le parti, e posti a base delle decisioni (es. dichiarazione rese dal teste in dibattimento); • i mezzi di prova: ovvero gli strumenti attraverso i quali le prove sono portate alla conoscenza del giudice (es. la perizia; la testimonianza ammessa al dibattito); • i mezzi di ricerca della prova: ovvero gli atti investigativi consentiti alle parti nel corso delle indagini preliminari per acquisire le fonti di prova (es. le indagini svolte dalla polizia giudiziaria); • le fonti di prova: ovvero gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari che consentono alle parti di richiedere l’ammissione delle prove che si formano poi dinnanzi al giudice, attraverso i mezzi di prova (es. i verbali di sommarie informazioni rese dalla persona alla polizia giudiziaria, al p.m. o al difensore).

  7. La perizia psichiatrica /4 • La materia è regolata dagli artt. 220 e ss. del c.p.p., che ammettono o escludono l’affidamento peritale. • Art. 220 c.p.p. (Oggetto della perizia) “La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. Salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche”.

  8. La perizia psichiatrica /5 • La perizia consiste, dunque, nell’acquisizione di un parere tecnico da parte di un esperto che, nominato dal giudice tra soggetti qualificati dalle particolari conoscenze richieste nel caso di specie, risponde ai quesiti che gli vengono posti, previo esame dei fatti. • Sebbene il legislatore faccia riferimento a dati tecnici, va sottolineato che la perizia non è una prova vincolante, nel senso che il valore delle risposte fornite dal perito non è sottratto alla libera valutazione del giudice. E‘ possibile infatti discostarsi, motivando sul punto, dalle conclusioni del perito, in quanto il giudice è peritus peritorum. • Le parti sono chiamate ad interloquire nel corso della perizia, nominando propri consulenti che possono contestare le risposte del perito.

  9. La perizia psichiatrica /6 • La perizia può essere disposta: 1. Nella fase di cognizione, dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) o dal pubblico ministero (PM); 2. Nella fase dibattimentale, dal Giudice per l’udienza preliminare (Gup) o dal Giudice del dibattimento; 3. Nella fase di esecuzione della pena, dal Magistrato di sorveglianza.

  10. La perizia psichiatrica /7 Pertanto: • La perizia è un mezzo di prova che deve essere disposto dal giudice, mentre la consulenza è rimessa alla libera valutazione di ciascunaparte che ha facoltà di porre quesiti ad un tecnico di propria fiducia, al fine di ricostruire i fatti oggetto dell’indagine. • La consulenza è dunque uno strumento riconosciuto alle parti per acquisire un parere tecnico che può entrare negli atti del processo attraverso una memoria depositata dalla medesima parte ovvero attraverso la testimonianza del consulente. • Va sottolineato che se il giudice ha nominato un solo perito ciascuna parte può nominare un solo consulente, per cui se ne ha già nominati due dovrà poi indicare il consulente che parteciperà allo svolgimento della perizia. • La legge sulle indagini difensive (L. 07/12/2000, n. 397) ha espressamente previsto e disciplinato la facoltà del consulente nominato da una parte privata, il quale può essere autorizzato dal magistrato procedente ad esaminare beni in sequestro ed effettuare ispezioni.

  11. La perizia psichiatrica /8 • Il secondo comma dell’art. 220 c.p.p. rimarca il divieto di effettuare perizie sul carattere, sulla personalità e sulle qualità psichiche, indipendenti da cause patologiche dell’imputato (cd. “perizia psicologica e/o criminologica”). • Confermando la scelta già attuata dall’ art. 314 c.p.p. del 1930 il legislatore ha disposto che solo le condizioni psichiche patologiche dell’imputato possono riguardare profili concernenti il merito della punibilità e della determinazione della pena. • Pienamente ammissibile è pertanto solo la perizia di natura psichiatrica e/o medico-legale, intesa come accertamento tendente a stabilire la presenza o meno di un’infermità mentale in un soggetto maggiorenne.

  12. La perizia psichiatrica /9 • In ossequio al divieto di perizia psicologica/criminologica ex art. 220 c.p.p. non sono ammesse indagini relative alle caratteristiche psicologiche attinenti alla personalità, al carattere, alla probabilità di recidiva, salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza; tale elemento, nuovo rispetto al codice abrogato, fa salvi i contributi della psicologia, della criminologia o delle scienze affini in sede esecutiva, laddove, intervenuto ormai l’accertamento del fatto, si determina il trattamento più adeguato ai particolari bisogni del condannato o dell’internato sulla base dell’osservazione scientifica della personalità (artt. 1 e 13 L. 354/75). • Pertanto la previsione di indagini peritali sulle qualità psichiche dell’autore di reato indipendentemente da cause patologiche è stata esclusa in fase istruttoria e processuale, ed ammessa soltanto ai fini dell’ esecuzione della pena o della misura di sicurezza, riservando lo studio psicologico della personalità dell’autore di reato solamente per il momento successivo alla sua colpevolezza ed alla definizione della sanzione penale da irrorare.

  13. La perizia psichiatrica /10 • La perizia psicologica/criminologica, oltre ad essere consentita nell’ambito delle attività del Tribunale e del Giudice di Sorveglianza in materia di esecuzione della pena o della misura di sicurezza (art. 678 c.p.p.), può essere richiesta dal PM e dal Giudice nel processo penale minorile (art. 9 dpr 488/88), i quali possono infatti incaricare degli esperti a condurre indagini sulla personalità del minore (ex art. 98 c.p.). • Per quanto attiene alla scelta dei periti ed all’espletamento della perizia: “Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina (…). Il giudice affida l’espletamento della perizia a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differite discipline (…)” (art. 221, c. 1, 2, c.p.p.).

  14. La perizia psichiatrica /11 • Il perito ha l’obbligo di prestare il suo ufficio (art. 221, c. 3, c.p.p.), a meno che non sussistano motivi di incapacità, di incompatibilità, astensione o ricusazione (artt. 222 e 223 c.p.p.), ad es. chi sia stato interdetto o inabilitato, anche temporaneamente, sospeso dall’albo professionale, sottoposto a misura di sicurezza, nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso, etc. • Il Giudice conferisce l’incarico peritale secondo le formalità di legge, avvisando il perito degli obblighi e delle responsabilità morali e giuridiche connesse allo svolgimento della sua attività. Il perito è invitato a dichiarare che adempirà al suo ufficio “senz’altro scopo che quello di far conoscere la verità” e “di mantenere il segreto su tutte le operazioni peritali”; a questo punto il Giudice formula i quesiti (art. 226 c.p.p). • Sia il PM che le parti private hanno facoltà di nominare propri periti che sono chiamati “consulenti tecnici” (art. 225 c.p.p.).

  15. La perizia psichiatrica /12 • Il termine concesso per lo svolgimento delle operazioni peritali, quando non è possibile dare immediata risposta ai quesiti, o sia indispensabile presentare una relazione scritta, è di non oltre 90 giorni dal conferimento dell’incarico. Questo termine può essere prorogato per periodi non superiori a 30 gg, fino ad un massimo di sei mesi “quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità” (art. 227 c.p.p.). • Il perito è tenuto a fissare il giorno, l’ora e il luogo in cui darà inizio alle operazioni peritali e a darne comunicazione alle parti presenti (art. 229 c.p.p.). • Per quanto attiene all’esame dei periti e dei consulenti tecnici (CT) nella fase dibattimentale “si osservano le disposizioni sull’esame dei testimoni, in quanto applicabili“ (art. 501 c. 1, c.p.p.) e quindi devono prestare giuramento, fornire le proprie generalità ed essere sottoposti all’esame incrociato (cross examination) delle parti, secondo l’ordine fissato dall’art. 498 c.p.p.. • Il perito ed il consulente, tuttavia, a differenza dei testimoni, per rispondere alle domande “hanno in ogni caso facoltà di consultare documenti, note scritte e pubblicazioni, che possono essere acquisite anche d’ufficio” (art. 501, c. 2, c.p.p.).

  16. Perizia psichiatrica: ambito penale /1 • Imputabilità e pericolosità di un soggetto (artt. 88, 89 e 203 c.p.) • “Accerti il perito (o il CT) se il Sig … si trovasse, all’epoca dei fatti, in stato di infermità di misura tale da escludere totalmente o scemare grandemente le sue capacità di intendere o di volere”. • “Accerti se lo stesso si trovi attualmente in stato di infermità e in quale misura”. • “Accerti se il Sig …, se infermo di mente, sia persona socialmente pericolosa”. • Capacità di partecipare coscientemente al processo (artt. 70, 71, 72 e 73 c.p.p.) • “Accerti il perito (o il CT) se il Sig … sia affetto da infermità mentale e se la stessa gli impedisca di partecipare coscientemente al processo”.

  17. Perizia psichiatrica: ambito penale /2 • Accertamento sulle vittime di reato • Circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.) • “Accerti il perito (o il CT) se il Sig … sia affetto da infermità o deficienza psichica attualmente ed in riferimento al periodo … (periodo in cui si sono verificati i fatti di rilevanza giuridica)”. • Vittime di abusi sessuali (art. 609 bis c.p.) • “Accerti il perito (o CT) se la persona … fosse capace di intendere o di volere ovvero non fosse in grado di resistere a causa d’infermità o delle proprie condizioni d’inferiorità psichica”. (In tal caso l’indagine peritale tende ad accertare se un eventuale consenso ad un rapporto sessuale fosse valido oppure viziato da infermità di mente).

  18. Perizia psichiatrica: ambito penale /3 • Accertamento sulla capacità di testimoniare • “Accerti il perito (o CT) se la persona … in riferimento alle dichiarazioni rese nei riguardi del fatto per cui si procede, abbia o meno l’idoneità mentale a rendere testimonianza, ovvero se quanto da lui riferito possa essere considerato attendibile”. In questo caso l’indagine peritale tende ad accertare se quanto riferito dal testimone non derivi da un qualunque disturbo psicopatologico che possa inficiare la testimonianza resa.

  19. Perizia psichiatrica: ambito civile • Anche in ambito civilistico il Giudice può farsi assistere, se lo ritiene necessario, da uno o più consulenti in possesso di particolari competenze tecniche. • La perizia in tale ambito è denominata “consulenza tecnica d’ufficio” (C.T.U.) ed è regolata dagli articoli 61, 63, 64, 191, 192, 193, 195, 196, 197 e 201 del C.p.c. • Analogamente a quanto previsto in materia penale il CT ha l’obbligo di prestare il suo ufficio e di comunicare alle parti il giorno, l’ora e il luogo d’inizio delle operazioni peritali. • I quesiti classici in tale ambito sono quelli inerenti l’ interdizionee l’inabilitazione(artt. 414 e 415 c.c.). • Il giudice può richiedere una CT d’ufficio in tutti i casi nei quali debba essere accertata l’esistenza o meno di una infermità mentale tale da inficiare la capacità di agire di un soggetto (es. capacità di testare, di disporre per donazione, di stipulare contratti, etc.).

  20. Imputabilità: cenni storici /1 Il principio secondo il quale il “malato di mente” debba essere considerato meno o per nulla responsabile dei propri atti è principio di antica data e quasi di universale accettazione: • Nel Diritto romano, in aderenza alla dottrina ippocratica, i "furiosi" e i "fatui“ che si fossero resi responsabili di reati andavano esenti da punizioni. La fatuitas era pressoché assimilabile al difetto di intelligenza; nel furor si ricomprendevano tutte le forme di follia. • Nella legislazione Giustinianea vediamo arricchirsi il vocabolario "nosografico“ con le categorie di "dementia", "insania", "fatuitas", "mania", "amentia": tutte situazioni che comportano impunità per l'eventuale delitto. Pure gli intensi gradi delle passioni erano considerati atti a escludere la responsabilità. L'ubriachezza "derubricava" il reato da doloso a colposo.

  21. Imputabilità: cenni storici /2 • Il dirittopenale germanico è l'unico che fa eccezione alla regola universale: tale diritto, infatti, avendo riguardo esclusivo all'elemento oggettivo del danno, non si cura dell'elemento soggettivo e considera responsabili anche i malati di mente. • Il diritto penale canonicoescludeva l'imputabilità per coloro a cui facessero difetto il discernimento e la volontà libera, cioè i dementi e i furiosi, comprendendosi anche le situazioni di furore improvviso e transitorio; ma si assimilavano alle malattie mentali anche la febbre violenta, il sonno, il sonnambulismo, l'ira subitanea, il dolore intenso, in quanto appunto suscettibili di incidere sulla consapevolezza e sulla libertà dell'azione. Stesso dicasi per l'ubriachezza. Tutto ciò non riguardò l'epoca del potere dell'Inquisizione, in cui considerazioni di politica criminale prevalsero, e poco importò che i folli fossero o meno responsabili perchè tanto la malattia mentale era considerata effetto di stregoneria o di influenza diabolica.

  22. Imputabilità: cenni storici /3 • Intanto si erano cominciati a consultare i medici: Johann Weyer, nel XVI secolo, è considerato il primo psichiatra medico-legale; Paolo Zacchia, medico pontificio, è reputato il fondatore della psicopatologia forense italiana (allora "psicologia forense") con le sue Questiones medico-legales della prima metà del XVII secolo. Costui descrive i malati con delirio parziale, e distingue tra forme di origine organica, di origine psichica, di natura reattiva. • Il Codice napoleonico del 1810, articolo 64: "Non esiste né crimine né delitto allorché l'imputato trovavasi in stato di demenza al momento dell'azione, ovvero vi fu costretto da una forza alla quale non poté resistere". Si chiarisce nei lavori preparatori che l'azione è imputabile con il concorso simultaneo di cognizione, volontà e libertà, e che: "E' demente colui che soffre una privazione di ragione; che non conosce la verità; che ignora se ciò che fa sia bene o male; e che non può affatto adempiere i doveri più ordinari della vita civile. Un uomo posto in questo stato è un corpo che ha soltanto figura e ombra di uomo; il suo reato è tutto fisico, poichè moralmente non esiste nulla". • Si chiarisce altresì da parte della Dottrina francese dell'epoca che la demenza comprende la follia furiosa, l'idiozia o l'imbecillità, la monomania o l'allucinazione: sono evidenti gli influssi della psichiatria dell'epoca in particolare nel concetto di monomania di Esquirol e Georget.

  23. Imputabilità: cenni storici /4 • In Italia nei c.d. Codici Pre-Unitari rimase non solo il principio generale, ma anche le espressioni usate dal codice napoleonico, in quanto essi rispecchiavano lo stato dell’arte della psichiatria dell’epoca. - Regno Lombardo-Veneto (esclusa la responsabilità quando “l’autore è totalmente privo della ragione”) - Regno Lombardo Veneto, Regno delle Due Sicilie, Stati di Parma e di Piacenza, Stati del Re di Sardegna, Stato Estense (vi si trova il riferimento alla “forza irresistibile” che esclude responsabilità); - Regno delle due Sicilie (esclusione responsabilità in caso di “demenza” e “furore”); etc. • Con l'Unità venne esteso all'Italia il Codice penale per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna del 1859 che, a proposito dell'imputabilità, così stabiliva: "Art. 94 - Non vi è reato se l'imputato trovavasi in istato di assoluta imbecillità, di pazzia, o di morboso furore quando commise l'azione, ovvero se vi fu tratto da una forza alla quale non poté resistere"; "Art. 95 - Allorchè la pazzia, l'imbecillità, il furore o la forza non si riconoscessero a tal grado da rendere non imputabile affatto l'azione, i Giudici applicheranno all'imputato, secondo le circostanze dei casi, la pena del carcere estensibile anche ad anni dieci, o quella della custodia, estensibile anche ad anni venti".

  24. Imputabilità: cenni storici /5 • Dal Codice Zanardelli del 1889: "Art. 46 - Non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di infermità di mente da togliergli la coscienza o la libertà dei propri atti "; "Art. 47 - Quando lo stato di mente indicato nell'articolo precedente era tale da scemare grandemente l'imputabilità senza escluderla, la pena stabilita per il reato commesso è diminuita"; "Art. 51 - Colui che ha commesso il fatto nell'impeto d'ira o d'intenso dolore, determinato da intensa provocazione, è punito con la reclusione non inferiore ai venti anni, se la pena stabilita per il reato commesso sia l'ergastolo, e negli altri casi con la pena stabilita per il reato commesso diminuita di un terzo. Se la provocazione sia grave, all'ergastolo è sostituita la detenzione da dieci a venti anni, e le altre pene sono diminuite dalla metà ai due terzi, sostituita alla reclusione la detenzione". Scompare la previsione dell'appartenenza al sesso femminile come causa minorante l'imputabilità. • Un primo progetto di nuovo Codice Penale, redatto da una commissione di cui faceva parte tra gli altri il Ferri e ispirato ai principi positivistici non ebbe buona sorte; invece la fortuna arrise all'attuale Codice Penale (1930) che prende il nome dal Guardasigilli dell'epoca, Arturo Rocco, esponente della Scuola Tecnico-Giuridica, i cui principi traspose nelle nuove norme, pur con qualche concessione alla Scuola Positiva.

  25. Imputabilità e malattia mentale /1 • Nel XIX secolo con la redazione dei primi codici penali si è andato ovunque generalizzando il principio giuridico della non imputabilità dei folli e/o quello della ridotta imputabilità per i casi meno gravi di malattia mentale. • I codici moderni affrontano tale questione secondo tre indirizzi principali: • Metodo puramente psicopatologico(o biologico puro): non sono punibili malati che abbiano commesso un reato se sono affetti da determinate malattie mentali specificate dai codici (es. psicosi, ritardo mentale, demenza). Criterio esclusivamente nosografico. • Metodo esclusivamente normativo(o puramente psicologico): per non aversi imputabilità è sufficiente che, al momento del fatto, il soggetto sia stato giudicato incapace di intendere e di volere, prescindendo dall’identificazione di una precisa malattia di mente. • Metodo psicopatologico-normativo(o biologico-psicologico misto): Richiede il ricorso di una infermità di mente e poi la valutazione della sua incidenza sulla capacità di intendere e di volere al momento del delitto. E’ il metodo seguito dalla maggior parte dei paesi compreso il nostro.

  26. Imputabilità e malattia mentale /2 • Le M’Naughten Rules inglesi del 1843, tutt’ora utilizzate in parte degli Stati Uniti, non considerano né l’elemento volitivo né quello affettivo ai fini dell’imputabilità, ma il solo elemento cognitivo. Esse sottolineano che se il soggetto ha agito per effetto di una convinzione delirante (delusion), ma non è affetto da altro disturbo, dev’essere considerato responsabile come se il fatto oggetto della convinzione delirante fossero reali (cd. “guilty but mentally ill”) • Tale sistema restrittivo fa sì che la irresponsabilità venga riconosciuta in un numero limitato di casi, comportando però la presenza in carcere di soggetti infermi di mente anche gravi. • Il sistema attualmente più diffuso negli USA è quello dell’ American Law Institute (ALI) che afferma che “una persona non è responsabile per la sua condotta criminale se al momento di tale condotta questa era il risultato di una malattia o di un deficit mentale, o se la persona mancava di sostanziale capacità di apprezzare la criminalità della sua condotta o di conformare il proprio comportamento alle richieste di legge”.

  27. Art. 42 c.p. (Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva) (Titolo III - Del Reato; Capo I – Del reato consumato e tentato) “Nessuno può essere punito per un’azione od omissione prevista dalla legge come reato, se non l’ha commesso con coscienza e volontà (…)”

  28. Art. 85 c.p.(Capacità di intendere e di volere)(Titolo IV - Del reo e della persona offesa dal reato; Capo I – Della imputabilità) “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.”

  29. Imputabilità (o capacità di diritto penale): condizione psichica nella quale si deve trovare un soggetto per essere sottoposto alla sanzione penale; essa è requisito individuale legato al possesso della capacità di intendere e di volere. Capacità di intendere e di volere è il requisito necessario per essere imputabili ed entrambe le facoltà devono essere presenti. • Intendere: discernere rettamente il significato ed il valore, nonché le conseguenze morali e giuridiche di atti e fatti. Rappresenta la capacità di apprezzamento e di previsione della portata delle proprie azioni od omissioni, sia sul piano giuridico che su quello morale. • Volere: libero autodeterminismo in vista di uno scopo, ovvero esercitare in modo autonomo le proprie scelte secondo motivi coscienti. La prospettazione di un atto è un processo decisionale che implica elementi intellettivi (motore logico) e componenti affettive (motore timico) La capacità di volere richiede tanto l’integrità dell’intelletto, quanto l’assenza di turbamenti morbosi dell’affettività.

  30. Caratteristica del metodo psicopatologico-normativo è una sorta di compromesso fra la rigidità medico-nosografica del metodo puramente psicopatologico e la criteriologia solo legale del metodo esclusivamente normativo. • Il poter conciliare queste due visioni ha comportato, nella nostra giurisprudenza alternanza di indirizzi, prevalendo talvolta il principio di più rigida osservazione delle categorie diagnostiche della psichiatria e talaltra, interpretazioni più duttili ed estensibili del concetto di infermità. • Allo stato attuale prevale il principio dell’individualizzazione: esistono singoli malati, con variabili gradi di compromissione, e non malattie come entità ontologicamente date, secondo cui ad una data diagnosi debba obbligatoriamente corrispondere un giudizio di incapacità di intendere e di volere. Si tratta in concreto di apprezzare se la malattia sia intervenuta nella genesi del fatto delittuoso, privando il malato di ogni grado di libertà di scelta, se abbia influito solo parzialmente o se non abbia giocato alcun ruolo.

  31. Pertanto: In tema di imputabilità non possono mai valere indicazioni a carattere generale, mentre si deve indagare caso per caso, con criterio clinico, sulla personalità e sui meccanismi psichici e psicopatologici messi in atto al momento del commesso reato Diagnosi psicopatologica forense = analisi clinica e dinamico-funzionale.

  32. Vizio totale e parziale di mente • Art. 88 c.p. (Vizio totale di mente): “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere”. • Art. 89 c.p. (Vizio parziale di mente): “Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita”. Per aversi vizio di mente totale o parziale secondario ad infermità è sufficiente, rispettivamente, l’ abolizione o la grande riduzioneanche solo di una delle due funzioni.

  33. Infermità /1 • Il concetto di infermità è più ampio di quello di malattia, nel senso che non si limita esclusivamente alle vere e proprie malattie mentali esattamente inquadrabili nella nosologia psichiatrica, ma comprende più estensivamente, qualsiasi condizione patologica che sia stata in grado di interferire sulla capacità di intendere o di volere anche solo transitoriamente, ovvero quei disturbi che abbiano “significato e valore di malattia”. • Configura uno stato di infermità non solo un disturbo psichico nosograficamente definibile, ma qualsiasi altra condizione che produca effetti psichici paragonabili a quelli conseguenti ad uno stato morboso idoneo ad interferire sulla capacità di intendere e di volere. “Malattia” e “Valore di malattia” sono due nozioni non necessariamente intercambiabili e non reciprocamente identificabili.

  34. Infermità /2 • L’esistenza di una infermità al momento del fatto delittuoso non comporta necessariamente un giudizio di non imputabilità venendo richiesta dal codice penale anche una valutazione di carattere quantitativo 1. Se l’infermità è tale da comportare la completa perdita della capacità di intendere o di volere, si realizza il vizio totale di mente e il reo non è imputabile (art. 88 c.p.). 2. Se l’infermità è di grado minore e la capacità di intendere o di volere è grandemente scemata ma non abolita, si realizza il vizio parziale di mente (c.d. seminfermità) e il reo è imputabile, ma la pena è ridotta (art. 89 c.p.). 3. Se il grado di interferenza dell’infermità sulla capacità di intendere e di volere è trascurabile, l’imputabilità rimane piena.

  35. Diagnosi sull’imputabilità 1. Il giudizio sull’imputabilità va riferito al momento della commissione del fatto delittuoso (criterio cronologico). 2. Deve essere presente un rapporto di causalità fra il disturbo mentale e il delitto (criterio di causalità): i motivi del delinquere devono ricondursi ai meccanismi psichici morbosi. Non basta la presenza di una qualsivoglia ancorché grave infermità, ma essa deve presentare caratteristiche tali da aver partecipato alla genesi e alla dinamica di quel particolare reato - valore di malattia del fatto-reato (valutazione psichiatrica/criminologica). La malattia mentale non sempre e non necessariamente investe tutta la personalità

  36. Significato di malattia /1 • “Nell’ambito ristretto della psichiatria forense, costituiscono vizio parziale o totale di mente solo quei disturbi che importano alterazioni patologiche delle funzioni dell’Io, a loro volta esprimentesi sintomaticamente nell’atto criminale, che in tal modo assume “significato e valore di malattia”. In assenza di ciò (…) anche un malato di mente può essere ritenuto imputabile ” (Fornari, 1987/a). • Le alterazioni patologiche delle funzioni dell’Io “sono tali solo quando iscrivibili nella nosografia psichiatrica a tutti nota” (Fornari, 1987/a). • Possono dunque avere rilevanza ai fini dell’imputabilità, costituendo “significato di malattia”: • le insufficienze mentali gravi e medie; • le psicosi; • i gravi disturbi di personalità; • le c.d. “reazioni abnormi” (disturbi mentali transitori, discontrollo episodico, raptus, etc.) qualora si caratterizzino per frattura evidente rispetto allo stile di vita del soggetto, sproporzione fra avvenimento e intensità e tipologia risposta, compromissione dello stato di coscienza, amnesia o dismesia dello stesso, disturbi dispercettivi e/o deliranti, ricca partecipazione affettiva, durata relativamente breve della reazione in riferimento al fatto delittuoso.

  37. Significato di malattia /2 • Secondo Fornari (2004) il vizio totale di mente può essere attribuito solo: “(…) a quei rari casi il cui reato è sintomatico di un grave scompenso psicopatologico acuto o di una consistente compromissione della personalità da deterioramento o da destrutturazione psicotica cronica … pena la possibilità per quasi tutti i soggetti affetti, ad es. da disturbi d personalità, di essere inclusi nella categoria delle persone affette da “vizi di mente” essendo il comportamento abnorme parte integrante della nozione stessa di personalità abnorme”.

  38. Cass. Pen. sez. Unite, sentenza n. 9163/2005 “Anche i “disturbi di personalità”, come quelli da nevrosi e psicopatie, possono costituire causa idonea a escludere o grandemente scemare, in via autonoma e specifica, la capacità di intendere e di volere del soggetto agente ai fini degli articoli 88 e 89 c.p., sempre che siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla stessa; per converso, non assumono rilievo ai fini dell’imputabilità le altre “anomalie caratteriali” o gli “stati emotivi e passionali”, che non rivestano i suddetti connotati di incisività sulla capacità di autodeterminazione del soggetto agente; è inoltre necessario che tra il disturbo mentale e il fatto di reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo”.

  39. Analisi funzionale dell’Io /1 Io: Infrastruttura psichica che si definisce attraverso le sue funzioni (Fornari, 2005) • Funzioni percettivo-memorizzative: percezione delle situazioni per quelle che sono (interne o esterne al soggetto: percezione formale); attenzione; memoria. • Funzioni organizzative: analisi, comprensione e conferimento di significato alle stesse (attribuzione di senso). • Funzioni previsionali: progettazione, previsione e valutazione delle possibili conseguenze delle risposte che possono essere emesse (analisi, critica e giudizio). • Funzioni decisionali: scelta tra adeguatamento, evitamento o rifiuto (attivo o passivo) nei confronti della situazione stimolo (la decisione di agire o di non agire). • Funzioni esecutive: emissione della risposta scelta in vista dell’obiettivo che si vuole e si può raggiungere in quel particolare contesto relazionale (comportamento organizzato o disorganizzato; condotta logica o emotiva).

  40. Analisi funzionale dell’Io /2 • L’autonomia funzionale dell’Io consiste nella possibilità attiva che l’Io ha di emettere attraverso il Sé risposte adeguate ed adattate, ovvero di rispondere in maniera adeguata e funzionale alle sollecitazioni molteplici e variate che provengono dall’ambiente. • Essa è garantita dall’integrità di tutte le funzioni sopra elencate e tra loro intimamente e dinamicamente connesse. • Di conseguenza valore di malattia può essere riconosciuto solo a quei delitti sintomatici di disturbi psicopatologici che rientrano in una nosografia con caratteristiche evolutive e di acuzie, incompatibili con un funzionamento dell’Io unitario e stabile nel tempo (c.d. “quid novi”, “quid pluris”). • Ecco allora che il criterio nosografico-psicopatologico (individuazione del o dei disturbi psichici in atto) e quello dinamico-strutturale (loro incidenza sul funzionamento dell’Io) trovano una reciproca ed armonica possibilità di integrarsi fra loro.

  41. In conclusione: • Il giudizio sulla responsabilità non può effettuarsi alla luce della sola etichettatura diagnostico-nosografica. • Ogni caso deve essere valutato singolarmente tenendo conto della natura del disturbo mentale, delle caratteristiche cliniche-psicopatologiche del singolo caso, della specificità del delitto e del suo collegamento dinamico con l’affezione morbosa. • Al criterio medico-psichiatrico (il classificare) dovrà essere integrato quello psicopatologico-comportamentale (il comprendere), onde valutare se l’atto criminale è un sintomo del funzionamento patologico psichico, proprio di quel preciso e codificato disturbo mentale grave. • Per l’accertamento dell’esistenza del vizio di mente occorrono quindi non solo competenze cliniche, ma anche una dimensione “criminologica” e “medico-legale” dell’indagine che “supera di gran lunga la dimensione psichiatrica propriamente detta” (De Fazio, 1981). Nessun automatismo dunque fra vizio di mente ed incapacità

  42. Inquadramento diagnostico nosografico (criterio 1: il classificare) Conferimento di “valore di malattia” (infermità) all’azione commessa (criterio 2: il valore di malattia dell’atto) Traduzione della valutazione psicopatologica-clinica in giudizio quanti-qualitativo (criterio 3: il valutare)

  43. Da quanto finora evidenziato appare chiaro come: L’accertamento della capacità di intendere e/o di volere di un soggetto maggiorenne al momento di un fatto reato è sicuramente una delle valutazioni tecniche più complesse che si possano compiere in ambito legale.

  44. Cause di esclusione e diminuzione imputabilità

  45. Imputabilità conservata • Art 90 c.p.: stati emotivi e passionali. • Art 92 c.p.: ubriachezza volontaria o colposa. • Art 93 c.p.: fatto commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti.

  46. Pericolosità sociale /1 “Quando uno psichiatra si accinge a formulare un giudizio di pericolosità ha le stesse probabilità di successo di una persona che si affidi al lancio di una moneta per prendere una decisione”. Ennis e Litwack (1974)

  47. Pericolosità sociale /2 • E’ necessario definire lo stato di mente dell’imputato nel momento in cui si eseguono le indagini attinenti la perizia psichiatrica in quanto la presenza di disturbi psichici che configurano un’infermità tale da influire sulla capacità di intendere o di volere, può essere l’elemento su cui si fonda un giudizio sul comportamento futuro e quindi sulla eventuale pericolosità sociale. • Il concetto di pericolosità si sostanzia nella probabilità che un autore di reati commetta altri reati e nel caso dell’indagine psichiatrica/criminologica, che essi siano in rapporto con un’infermità, ovvero dipendenti da cause patologiche.

  48. Pericolosità sociale del malato di mente/1 • Nei primi decenni di questo secolo la nozione di pericolosità sociale, propria del diritto penale, ed il concetto di “pericolosità”, proprio delle scienze psichiatriche, risultavano sostanzialmente sovrapponibili (visione deterministica). • Con la legge 180/78 ripresa ad ampliata dalla 833/78 è stato introdotto il concetto che gli interventi in favore del sofferente psichico devono essere unicamente determinati da necessità terapeutiche e non da istanze di controllo e di esclusione sociale basate sul parametro della ”pericolosità”. • In tal modo si è concretizzata una disparità fra percezione e trattamento del malato di mente non autore di reato e quello autore di reato che è stato continuato ad essere valutato secondo il principio della “pericolosità” ed internato in istituzioni manicomiali giudiziarie (OPG) con prevalente funzione custodialistica. • Tale situazione attualmente è stata attenuata dalla sentenza 253/2003 della Corte Costituzionale, che ha parzialmente giudicato come anticostituzionale l’art. 222 c.p. (Ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario).

  49. Pericolosità sociale dei malati di mente /2 • Art. 203 c.p. (Pericolosità sociale): “Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanza indicate nell’articolo 133”. • La pericolosità sociale si può quindi definire come la probabilità (e non la mera possibilità) che un soggetto che ha già commesso un reato realizzi in futuro altri comportamenti preveduti dalla legge come reati.

  50. Pericolosità sociale dei malati di mente /3 • La pericolosità del reo deve essere accertata dal giudicecaso per caso, sulla base di un giudizio prognostico, cioè in virtù di una valutazione concreta della pericolosità dell’autore del reato e, a tal fine hanno rilievo i criteri elencati all’art. 133 c.p. • Art. 133 c.p. (Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena): “Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente il giudice deve tener conto della gravità del reo, desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità d’azione; 2) dalla gravità del danno o dal pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto altresì della capacità a deliquere del colpevole desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”.

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