1 / 40

Il problema dell’essere

Il problema dell’essere. Fino ai Milesi i filosofi si ponevano il problema di cercare un principio fisico e materiale della natura.

halden
Download Presentation

Il problema dell’essere

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Il problema dell’essere • Fino ai Milesi i filosofi si ponevano il problema di cercare un principio fisico e materiale della natura. • Dal Vi secolo, invece, la realtà materiale comincia ad essere descritta come mera apparenza dietro la quale occorre cercare qualcosa di più vero, un essere unico, eterno e immutabile. • Si va alla ricerca dell’autentico essere delle cose, che sta oltre la superficie sensibile e materiale delle cose stesse.

  2. Che cosa vuol dire essere • L’essere è un termine filosofico fondamentale e designa tutto ciò che è, tutto ciò che si può pensare come qualcosa che è. • Di tutte le cose che possiamo pensare o vedere e di cui possiamo fare esperienza, dobbiamo lasciar perdere le caratteristiche secondarie, (le qualità particolari, la conformazione, il fatto che siano o meno materiali o spirituali o mentali, passate, future o presenti, vicine o lontane) dobbiamo vedere l’elemento fondante. • La qualità fondamentale che viene prima di tutte le altre è il fatto che quelle “cose” “sono”: le chiameremo dunque non “cose” ma “enti”, parola che vuole dire “cose che sono”(essenti).

  3. L’Essere in generale • Quando noi parliamo di enti ci vogliamo concentrare sul loro ESSERE e, sostantivando il verbo corrispondente, diciamo che parliamo dell’ESSERE. • L’Essere è quindi la caratteristica assolutamente primaria di tutte le “cose che sono”, cioè di tutti gli enti. • La disciplina filosofica che studia l’Essere in generale è l’ontologia (= discorso sull’Essere)

  4. TRE TESI SULL’ESSERE • L’ESSERE DIVIENE, MUTA IN CONTINUAZIONE (Eraclito) • L’ESSERE E’ UNICO, IMMOBILE E IMMUTABILE (Scuola di Elea) • LE COSE SENSIBILI MUTANO E DIVENGONO, MA I FONDAMENTI DELLA NATURA SONO IMMUTABILI (Pluralisti).

  5. I- TESI ERACLITO • Eraclito = l’essere è panta rei e il logos, la legge di questo pantarei, è il polemos tra contrari, che costituiscono, nel loro scontro, la unitaria armonia del cosmo e che ne determinano -secondo un andamento ciclico- distruzione e formazione.

  6. II TESI PARMENIDE E LA SCUOLA DI ELEA La ben rotonda verità

  7. Scuola eleatica • Parmenide è il fondatore della scuola eleatica e vive nella cittadina campana di Elea tra il 550 e il 450 a.C. Di famiglia agiata, conosce il pensiero di Senofane di Colofone, conosce Anassimandro e il pitagorico Aminia. Scrive un’opera in esametri intitolata Sulla natura di cui ci rimangono solo 154 versi in 20 frammenti.

  8. Sulla natura • Parmenide immagina di essere portato su un carro trainato da fanciulle semidivine al cospetto della VERITÀ, una dea che lo accoglie benevola e lo invita a conoscere “tanto l’immobile cuore della verità perfettamente rotonda, quanto le opinioni dei mortali, cui non si può concedere alcuna fiducia” (fr.1). • la verita’ dunque può essere conosciuta solo se ci si mette in viaggio, se si fatica, se ci si allontana dalle opinioni comuni.

  9. Le due vie Dunque per Parmenide all’uomo nella sua vita si prospettano due vie: • a)Quella della verità – alétheia • b)Quella dell’opinione comune – doxa Il filosofo deve imboccare la prima, ma conoscere anche la seconda, perché egli deve “fare esperienza di tutte le cose”, vagliando anche le pure apparenze (cfr. fr. 1).

  10. LE VIE • La via della verità: Occorre pensare che l’essere è; esiste infatti l’essere; ma il nulla non esiste (fr.6); . La via comune della doxa: I comuni mortali considerano L’essere e il non essere la stessa cosa e non la stessa (fr. 6).

  11. a)La via della verità Parmenide dice anzitutto che “l’essere è e non può non essere” (cfr. fr.2). Ciò significa dire che l’essere è se stesso è non è il suo contrario (ovvero non è un “non essere” o un “nulla”). In questo modo egli utilizza un principio fondamentale che Aristotele, avrebbe chiamato principio di identità-non contraddizione.

  12. Identità-non contraddizione Il principio di identità dice “ogni cosa è uguale a se stessa” (A=A). Ma, se ogni cosa è uguale a se stessa (A=A), non si può dire al contempo che è uguale al suo contrario (A=non A è falso). Quindi dal principio di identità deriva il principio di non -contraddizione:“Di ciò di cui si sta parlando non si può dire, al tempo stesso e sotto lo stesso punto di vista, una cosa (A) e il suo contrario (non A)”. per Parmenide: se l’essere è (A=A) allora non può non essere (non è vero che A=nonA)

  13. Com’ è l’essere nella via della verità? 1) è ingenerato e imperituro • Dall’assunto fondamentale che l’essere è e non può non essere, Parmenide deduce una serie di caratteristiche dell’essere: • È ingenerato (non nasce) e imperituro (non muore),perché se nascesse dovrebbe provenire dal non-essere, che non è e da cui quindi non può provenire nulla, e se morisse dovrebbe dissolversi nel non essere, che non è e in cui nulla può dissolversi.

  14. 2) È eterno • Se l’essere avesse un passato,l’essere passato non sarebbe più l’essere presente, dunque si finirebbe col dire che l’essere non è. • Se l’essere avesse un futuro si dovrebbe dire che adesso non è quello che sarà in futuro e si finirebbe col dire che l’essere non è. • Quindi l’essere è sempre in un presente eterno fuori dal tempo.

  15. 3) È immutabile e immobile • Se fosse mutabile nel tempo, ora non sarebbe più quello che è stato e dopo non sarebbe più quello che sarà. • Se fosse mobile nello spazio dovrebbe andare in qualche spazio vuoto di essere che lo accolga, ma allora da qualche parte vi sarebbe il non essere, che invece non c’è (Horror Vacui).

  16. 4) È unico e omogeneo • Se vi fossero due esseri l’essere 1 non sarebbe l’essere 2 e viceversa, ma non è possibile che l’essere non sia. • Se non fosse omogeneo, vi sarebbero dentro l’essere parti differenti, cioè parti di non-essere, ma il non essere non è, quindi l’essere è omogeneo.

  17. 5) È finito • Finitezza significa nella mentalità greca, perfezione che non manca di nulla. Infatti come potrebbe mancare di qualcosa se mancare significa non essere? L’immagine usata da Parmenide per l’essere è quella di una sfera: “(l’essere) è dovunque compiuto, pari ad una sfera perfettamente rotonda” (fr. 7-8) che tutto riempie di sé e in cui non è possibile trovare né mancanza, né diversità, né pluralità, né movimento, né morte.

  18. L’essere ASSOLUTO • L’essere che è e non può non essere possiamo dire che sia l’Assoluto, ovvero una realtà sciolta-da (ab-soluta) tutto il resto, non condizionata da nulla che non sia se stesso, non alterabile dalla mescolanza con altro perché non vi è nulla che sia altro dall’essere (l’altro dall’essere sarebbe il non-essere che non c’è). • Tale realtà assoluta è dunque necessaria, intendendo per “necessario” qualcosa che non può essere diverso da come è (il contrario di necessario è “contingente”, cioè qualcosa che può essere ora in un modo ora in un altro).

  19. b)La via dell’opinione • Parmenide ha appreso quanto abbiamo detto seguendo la via della verità che la Dea gli ha indicato. Ma accanto a tale via, vi è quella dell’opinione dei mortali, della doxa ingannevole. • Essa dice che le cose che sono mutano, cambiano, nascono, muoiono etc. perché si affida alla testimonianza dei sensi. • Questi ultimi però sono inaffidabili perché si limitano alla superficie delle cose

  20. I sensi e la ragione “ma in nessun caso questo principio può essere imposto, che esistono cose che non sono. Ma tu da questa via di ricerca allontana il pensiero, né l’abitudine delle molte esperienze ti costringa, su questa via, a muovere l’occhio che non vede e l’orecchio che rimbomba, e la lingua; giudica invece con il ragionamento la molto pugnace confutazione che io proferisco. Non rimane che il solo discorso della strada che esiste” (fr. 7-8)

  21. I sensi e la ragione 2 • Nel passo qui citato Parmenide parla di come siano fallaci l’occhio fisico (che non vede), l’orecchio fisico (che rimbomba), e la lingua (che dice falsità). Così esprime il concetto che non bisogna fidarsi della conoscenza delle cose basata sui nostri sensi, bensì solo al ragionamento che non sbaglia. • Se i sensi colgono solo un’apparenza illusoria, il ragionamento coglie la vera realtà.

  22. Essere-ragione-linguaggio • La lingua che dice falsità è una lingua sconnessa dal pensiero: le sue sono parole che non dicono nulla. • L’unico linguaggio che ha un senso è quello indissolubilmente legato all’essere e al pensiero. Infatti, se voglio dire qualche cosa, questa cosa deve essere pensata, ma per essere pensata questa deve essere. • Non si può né dire, né pensare al nulla: se dici nulla, non dici, quindi stai zitto, se pensi nulla, non pensi. • Di qui l’ affermazione parmenidea “E’ infatti la stessa cosa pensare ed essere” (fr.3) e “Occorre dire e pensare che l’essere è” (fr.6) • E la chiusura al fr. 7-8: “Dal non essere io non permetterò che tu lo dica né che lo pensi: non dicibile infatti e non pensabile è che non sia”

  23. Vane parole (con qualche giustificazione: la terza via) • Le parole che pronunciano coloro che si affidano ai sensi sono perciò parole di un linguaggio finto. • Esse costituiscono la via della verisimiglianza secondo cui, come per gli ionici, il mondo è un contrasto di opposti (in Parmenide fuoco volatile e notte fredda e densa). • Tale via ha un carattere di sembianza e non di realtà: noi parliamo “come se” le cose fossero l’una diversa e contraria all’altra, MENTRE IN REALTÀ o sono essere o non lo sono (e dunque non se ne può parlare come di enti distinti e divenienti).

  24. III- I PLURALISTI I filosofi successivi all’Eleatismo tornarono ad interessarsi del problema della physis. La loro filosofia rappresenta un tentativo di sintesi tra il pensiero d’Eraclito e di Parmenide. Essi finiscono per giungere al principio secondo cui, in natura, “nulla si crea e nulla si distrugge”, ma tutto si trasforma soltanto.

  25. Elementi plurali • Trovano un compromesso tra il “ divenire ” di Eraclio e l’essere “vero” ricercando l’ archè nella natura e identificandola in molti “elementi” (da cui il termine pluralisti) dalla cui interazione si genera tutta la realtà (composta).

  26. Empedocle di Agrigento 484-481 • Empedocle ritiene che tutto abbia origine per composizione e scomposizione di quattro radici originarie: ACQUA,ARIA, TERRA E FUOCO. • Queste radici si compongono e scompongono per l’azione di due principi: l’amore e l’odio.

  27. CICLO COSMICO • All’origine del tutto ci sono le 4 radici, che esistono da sempre immutabili, ma che ciclicamente riproducono il mondo. • Quando esse sono sotto l’intervento contemporaneo di amore ed odio esse danno orgine al cosmo, che è vita; • quando prevale l’amore si ha lo sfero, che è l’unione compatta di tutto. • Qaundo prevale l’odio il caos e la morte.

  28. La gnoseologia • La conoscenza avviene mediante un meccanismo di riconoscimento: siccome ciascuno di noi è composto da tute e quattro le radici allora quando riconosciamo il simile in un oggetto esterno possiamo conoscere l’oggetto stesso, secondo il meccanismo per cui “Il simile conosce il simile”.

  29. ANASSAGORA di CLAZOMENE (500-496) • Tutte le sostanze erano insieme, infinite per numero e per piccolezza: sì, anche la loro piccolezza era illimitata. [...] (Fr. 1) • Nella scala delle piccolezze non c’è il minimo, ma sempre un più piccolo, in base al principio per cui è impossibile che ciò che è non sia. [...] (Fr. 3) • Una volta avvenuta la divisione, bisogna riconoscere che le cose prese nel loro complesso non sono né di meno né di più – non essendo possibile che siano più di tutte – ma sono, tutte insieme, sempre eguali. (Fr. 4) • Tutta la realtà è composta da Semi invisibili ma qualitativamente diversi (semi di oro, di pietra...) • Ogni seme è presente in tute le cose, seppur in proporzioni diverse. • I semi sono infinitamente divisibili: non vi è una grandezza minima e non vi è una grandezza massima.

  30. Nous • Tutte le altre cose partecipano di tutto: la mente, invece, è infinita e autonoma, e non si mescola a nulla, ma è sola e chiusa in se stessa. [...] fu la mente ad avviare il processo iniziale: [...]. Tutte le cose che si mescolano, si separano e si dividono, la mente le ha conosciute; [...], tutto la mente ha ordinato: [...], la mente è tutta uguale. (Fr. 12) • Al di sopra del tutto vi è un’intelligenza ordinatrice che determina la strutta del mondo, il nous • l’intelligenza produce un turbine primordiale da cui poi si staccano per opposizione il caldo e il freddo, la luce e l’oscurità. Poi dalla terra si staccano masse infiammate che formano il sole. • I Greci non hanno una giusta concezione del nascere e del perire: in realtà una cosa non nasce e non perisce mai, ma si compone e si separa da cose già esistenti. Propriamente, dunque, il nascere lo dovrebbero chiamare mescolarsi, e ilperire separarsi. (Fr. 17) • NASCITA=COMPOSIZIONE; MORTE=SCOMPOSIZIONE

  31. GNOSEOLOGIA DI ANASSAGORA Agli animali siamo superiori perché sappiamo servirci] di esperienza, di memoria, di sapienza e di tecnica. (Fr. 21 b) L’uomo è il più intelligente degli animali in virtù del possesso delle mani. (Aristotele, De partibus animalium, III 10, 687 a 8-9 -L’uomo conosce a partire dalla sensazione e la sensazione è prodotta dalle cose dissimili ( sentiamo il caldo con il freddo e viceversa) -Inoltre, le qualità mentali e le conoscenze dell’uomo si sviluppano grazie all’esperienza e al lavoro delle mani, senza il quale resterebbero solo ad un livello basso.

  32. Gli atomisti: Democrito • Tutto è materia e la materia è corpo; • la materia quindi può essere sì divisa in parti ma non all’infinito, altrimenti si arriverebbe al nulla, cioè a qualcosa di non reale (eleaticamente inaccettabile); • Democrito (Abdera 460 a.c.), distingue il suddividere matematico e fisico e confuta la divisibilità all’infinito teorizzata da Anassagora sulla scia della provocazione argomentativa di Zenone. Perviene, pertanto, al concetto di un qualcosa di «indivisibile», costituente ultimo e fondamentale di tutti i corpi, l’«atomo».

  33. Gli atomi presentano molte delle caratteristiche dell’essere parmenideo: ingenerati e imperituri (eterni), compatti, indivisibili, immutabili, tutti uguali dal punto di vista qualitativo, non percepibili dai sensi ma dalla ragione; • Differiscono dall’essere di Parmenide perché sono differenziati quantitativamente, infiniti di numeroe mobilissimi: una sorta di frantumazione dell’Essere-Uno in infiniti esseri-uni. • Democrito ritiene che essi si distinguano per le note quantitative di figura, ordine, posizione e, per spiegare la sua tesi, utilizza una eccellente analogia tratta dal linguaggio, riferendosi alle lettere dell’alfabeto (stoicheîa), che nelle loro innumerevoli combinazioni possono dar luogo a innumerevoli parole.

  34. Ilvuoto, non meno reale del pieno, non è il mero nulla, ma è lo spazio indispensabile DEDOTTO dall’esistenza del movimento atomico, è in certo modo la «causa prima» del moto, perch non oppone resistenza agli atomi, i quali possono così muoversi incessantemente, per forza cinetica propria, di moto rettilineo in tutte le direzioni (intuizione del principio d’inerzia), intrecciandosi, urtandosi e rimbalzando, e determinare la generazione e distruzione con la loro aggregazione e separazione e il mutamento con l’ordine e la posizione.

  35. LA COSMOLOGIA • Dal movimento atomico originario (moto precosmico), da intendersi come un volteggiare caotico nel vuoto infinito, (simile al pulviscolo atmosferico), sono derivati dei vortici atomici, in cui gli atomi si dispongono al centro o alla periferia in base alla massa e da cui si originano nello spazio infinito dell’universo gli infiniti mondi (moto cosmogonico) che nascono e muoiono continuamente; all’interno di essi gli atomi si muovono (moto intracosmico) per determinare il fenomeno della vita (nascita e morte) e della conoscenza.

  36. ATOMISMO • L’atomismo democriteo è una forma radicale di materialismo, meccanicismo e determinismo: tutta la realtà è riducibile a materia (MATERIALISMO) a movimento e a rapporti di causa-effetto, come in un meccanismo perfetto (MECCANICISMO). Si può parlare di causalismo e non di casualismo: nulla è dato al caso, ma ogni evento ha una sua precisa ragione necessaria (DETERMINISMO). Non c’è spazio in questa visione per alcun finalismo o Provvidenza che con la sua intelligenza divina regga e ordini il modo.

  37. ANIMA • Anche l’anima umana, intesa come principio di vita e movimento, è composta di atomi, benché speciali (ignei, sferici, lisci), diffusi in tutto il corpo per presiedere alle diverse funzioni biologiche, e di conseguenza con il dissolversi del corpo anch’essa muore. La parte che opera nel cervello è una sorta di centro coordinatore, cioè un’anima razionale o principale, che s’identifica con la mente ed è, secondo qualche interpretazione filologico- testuale, immortale: se è costituita, infatti, di un solo atomo, indistruttibileper definizione, essa non è corruttibile.

  38. La conoscenza per Democrito è di due tipi: genuina (gnesíe) e oscura (skotíe). La prima va oltre le apparenze («la verità è nel profondo», Fr. 117) e coglie, utilizzando un organo più fine, l’intelletto, ciò che i sensi non possono percepire, e cioè che la verità consiste solo negli atomi e nel vuoto. La seconda deriva dagli effluvi atomici (éidōla), provenienti dagli oggetti, e si accontenta di registrare attraverso i sensi le cose che appaiono; perciò essa, pur avendo una base oggettiva (gli atomi costitutivi delle cose) è essenzialmente soggettiva, relativa cioè al soggetto senziente, tanto che Democrito afferma che «opinione è il colore, opinione il dolce, opinione l’amaro» e ritiene che «in natura non esistano affatto bianco, nero, giallo, rosso, dolce, amaro» distinguendo per la prima volta tra proprietà sensibili soggettive (gli aspetti qualitativi) e proprietà oggettive (gli aspetti quantitativi propri degli atomi), anticipando una famosissima distinzione della filosofia moderna tra «qualità secondarie» e «qualità primarie».

  39. ETICA • Democrito separa il settore della necessità fisica e del determinismo meccanicistico dalla dimensione della libertà.Il bene più alto per l’uomo è la felicità ed essa risiede nell’interiorità dell’anima. Per questo, Dal punto di vista etico, Democrito propugna un bìos theōrētikós (vita contemplativa), che non s’identifica con un’esistenza ascetica di macerazione, ma potenzia la possibilità stessa di godere in modo autentico della vita, perché parte dal rispetto di se stessiNon solo nel privato ma anche nel pubblico il saggio deve avere come regola di vita la moderazione, per esempio essere pronto a saper rinunciare e a non accingersi a cose superiori alle sue possibilità.

  40. POLITICA • Egli preferisce vivere povero in un regime democratico piuttosto che nel benessere ma con un governo tirannico; proprio perché sa quanto vale la libertà, l’uomo virtuoso rispetta le leggi dello Stato, benché imperfette, poiché chi non opera secondo giustizia è insoddisfatto, vive nel timore e nel turbamento.

More Related