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L’impresa sociale: la sfida del non profit nei prossimi anni

L’impresa sociale: la sfida del non profit nei prossimi anni Cerignola , 24 giugno 2013 . 2007. 2009.

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L’impresa sociale: la sfida del non profit nei prossimi anni

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Presentation Transcript


  1. L’impresa sociale: la sfida del non profit nei prossimi anni Cerignola, 24 giugno 2013

  2. 2007

  3. 2009

  4. Le famiglie deprivate (a) in Italia passano dal 15,2% del 2009 al 15,7% del 2010, quelle gravemente deprivate (b) dal 6,8% al 7,1% (Fonte: ISTAT 2011, Rapporto annuale) Dal 2004 al 2008 la percentuale di famiglie che non sarebbero in grado di affrontare una spesa inaspettata (c) è passata da 27,4 a 32 % (Fonte: ISTAT 2010, Rapporto sulla coesione sociale) In Italia il tasso di disoccupazione è del 9,7%, il tasso di disoccupazione 32,6%. I neet sono 1,5 milioni di persone 2011/2012

  5. Profit Profit Profit

  6. Ma possono esistere altri paradigmi?

  7. APPROCCIO ISTITUZIONALISTA E APPROCCIO FUNZIONALISTA ALL’INTERESSE PUBBLICO • Approccio istituzionalista: la soddisfazione di un interesse pubblico è compito delle amministrazioni pubbliche o di agenzie, aziende e imprese a controllo pubblico. • Approccio funzionalista: l’interesse pubblico non è necessariamente perseguito solamente ed esclusivamente dalle amministrazioni pubbliche, ma può diventare finalità prevalente di istituzioni private (è il caso delle organizzazioni non profit) o può diventare una componente essenziale o prevalente di imprese private (ad esempio quelle gestite secondo i principi e il modello della “responsabilità sociale dell’impresa” o CSR - Corporate Social Responsibility), soprattutto in un momento in cui i tre attori devono mettersi a sistema sinergicamente.

  8. L’IMPRESA SOCIALMENTE RESPONSABILE (CSR) Secondo la prospettiva della Corporate Social Responsibilityl’impresa: • è promossa, formata e gestita da persone, ma ha un’identità e obiettivi propri che non possono essere fatti coincidere con gli obiettivi di nessuna categoria di soggetti • è di proprietà di qualcuno, ma è patrimonio dell’intera società • offre un contributo che non può essere ridotto all’ottenimento di singoli risultati economici e misurato da singoli indicatori (es.: profitto, valore aggiunto, etc..), ma si estende a vari aspetti della vita sociale di una comunità e di un territorio (e quindi deve essere misurato da una pluralità di indicatori) che integrano la performance sociale, ambientale ed economica. Nelle diverse epoche storiche e nelle diverse nazioni il livello di consapevolezza del ruolo economico e sociale delle imprese è cambiato considerevolmente.

  9. CSR (SEGUE) • Il dibattito sulla CSR è stato molto intenso negli anni ’50 e ’60 anche in seguito all’azione di uno dei principali imprenditori italiani, Adriano Olivetti, che ha sviluppato durante la propria vita imprenditoriale alcuni dei principi sottesi alla responsabilità sociale di impresa. • In seguito, soprattutto negli anni ’90 in cui è prevalsa la competizione globale, questa attenzione si è molto ridotta sul piano teorico e dei comportamenti di impresa. La storia di Adriano Olivetti: http://www.provincia.torino.it/archeologia_cm/filmati/cultura/ecomuseo.htm

  10. CSR (SEGUE) L’approccio di responsabilità sociale dell’impresa implica una particolare attenzione verso i seguenti temi: • la concezione dell’impresa • Il rapporto con azionisti o proprietà • il rapporto con il personale • il rapporto con altri stakeholder - portatori di interesse (finanziatori, fornitori, etc…) • il rapporto impresa e pubblica amministrazione • il rapporto con l’ambiente • l’attenzione ai problemi generali della società L’impresa sviluppa un approccio di attenzione a tutti gli stakeholders

  11. GLI ESEMPI DI CSR NELLE AZIENDE Philips ha organizzato un progetto di coinvolgimento della cittadinanza per mostrare quali sono le zone più buie di Milano. Tramite i social network è stato possibile per Philips andare a creare punti di luce nei punti segnalati per aiutare i cittadini e supportare la città. Luxottica fornisce diversi servizi ai propri lavoratori al fine di conciliare l’equilibrio tra vita e lavoro; oltre l’asilo aziendale, fornisce buoni spesa, la possibilità di sviluppare progetti di volontariato coinvolgendo i lavoratori

  12. Ma possono esistere altri paradigmi?

  13. DALLA POSSIBILITA’ CHE ESISTANO ALTRI PARADIGMI è NATA L’IMPRESA SOCIALE Social enterprises are entailers of innovation designed to deal with complex social problems, housed with entrepreneurial organizations which initiate, guide or contribute for changes in the society. Dees J. L’IMPRESA SOCIALE HA UNA PROPRIA FORMULA IMPRENDITORIALE CHE UTILIZZA LA SOSTENIBILITA’ ECONOMICA PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI SOCIALI

  14. Video: che cosa è l’Impresa Socialehttp://www.youtube.com/watch?v=9AoXeZSZeDM

  15. LE AZIENDE NON PROFIT - I Le aziende non profit si caratterizzano per: • Natura privata • Perseguimento in via prioritaria un interesse pubblico o generale- l’obiettivo ultimo è la risoluzione di un bisogno sociale • Rispetto del vincolo di non distribuzione (non redistribution constraint) degli eventuali utili o dei risultati positivi della gestione fra i membri dell’organizzazione stessa- tutti gli utili devono essere reinvestiti per migliorare il servizio o aumentare il numero di risposte al bisogno Criteri minimi di identificazione delle organizzazioni non profit A tali criteri spesso si associano ulteriori requisiti come l’impiego di volontari oppure la presenza di un certo grado di strutturazione delle attività dell’organizzazione (es.: presenza di uno statuto, regolamenti, bilancio, etc..).

  16. LE AZIENDE NON PROFIT - II A. Dimensione economico-imprenditoriale per la quale sono previsti quattro requisiti: • produzione di beni e/o servizi in forma continuativa e professionale; • autonomia sia nella costituzione che nella gestione; • rischio economico assunto dai fondatori e dai proprietari; • integrazione organizzativa e funzionale fra lavoratori retribuiti, volontari e utenti; B. Dimensione sociale ove si prevedono cinque requisiti: • perseguire l’obiettivo di produrre servizi a beneficio della comunità nel suo insieme o di gruppi di persone svantaggiate; • rappresentare un’iniziativa collettiva, promossa da un gruppo di cittadini; • gestire una governance affidata in modo prevalente a stakeholder che siano diversi dai proprietari del capitale; • coinvolgere nei processi decisionali tutti i gruppi interessati all’attività; • prevedere la non distribuibilità o la distribuibilità limitata dell’utile.

  17. LE AZIENDE NON PROFIT- III • Le tre caratteristiche delle aziende non profit sono: • Mutualità: principio cardine nello sviluppo delle aziende non profit, il fine ultimo non è fare profitto ma il raggiungimento degli obiettivi sociali sottostanti alla mission dell’impresa sociale • Democraticità: i sistemi di governance sviluppati dalle aziende non profit sono sistemi di governance democratici basati sull’inclusione e sulla condivisione decisionale • Inclusione: le aziende non profit prevedono criteri di inclusione dei propri lavoratori basati su un alto livello di motivazione e appartenenza

  18. LE AZIENDE NON PROFIT- III • Le organizzazioni non profit si differenziano per imprese sociali di sistema e imprese sociali ex lege: • IMPRESE SOCIALI DI SISTEMA • associazioni (riconosciute e non riconosciute) ,associazioni di promozione sociale(riconosciute e non riconosciute), cooperative, cooperative sociali di tipo A e B, fondazioni, comitati, patronati, fondazioni ex-ipab, organizzazioni non governative(ong), pro-loco • trust onlus • IMPRESE SOCIALI EX LEGE • intese come aziende di “produzione” non profit,che si definiscono come soggetti giuridici del libro I e V del Codice civile nonché cooperative sociali e loro consorzi,enti ecclesiastici. Esse sono intese come “ organizzazioni private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un'attivita' economica di produzione o di scambio di beni o di servizi di utilita' sociale, atta a realizzare finalita' di interesse generale”

  19. Video Cicillahttp://www.youtube.com/watch?v=RJ1KPgT4W98&list=PL7B95AEE911472F1F

  20. LE AZIENDE NON PROFIT- III Numeri sulle aziende non profit in Italia: • 235.232 istituzioni non profit • 488.000 lavoratori dipendenti e indipendenti • 4 milioni di volontari • 38 miliardi di entrate (3,3% del pil), 35 miliardi di uscite con un surplus di 3 miliardi da reinvestire (Fonti Unicredit Foundation 2012)

  21. COOPERATIVE SOCIALI • Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini. • Si dividono in cooperative sociali di tipo A e B (articolo 1, Legge 8/11/1991 n. 381) • Le 13.398 cooperative sociali generano oggi in Italia circa 317.000 posti di lavoro, di cui 211mila dipendenti e 33mila tra collaboratori e interinali (dati Istat 2005).

  22. COOPERATIVE SOCIALI TIPO A • Le cooperative sociali di tipo A erogano servizi sociali, sanitari ed educativi a persone in stato di bisogno. • Esse vendono generalmente i propri servizi alla pubblica amministrazione • Esempi: asili nido, cooperative di matching assistenti familiari e anziani, case di riposo

  23. COOPERATIVE SOCIALI TIPO B • Le cooperative sociali di tipo B si occupano di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (tossicodipendenti, portatori di handicap, ex-carcerati, disoccupati, ecc…). • Esse si comportano come vere e proprie imprese: assumono individui che non sono stati in grado di entrare nel mercato del lavoro, producono beni e servizi e li vendono sul mercato. • Esempi: • Cooperativa Sociale Gruppo Fraternità-servizi tributari per la pubblica amministrazione • Cooperativa Sociale Cauto: raccolta e lavorazione dei rifiuti

  24. FONDAZIONE BANCARIE E D’IMPRESA • Le fondazioni sono organizzazioni senza fine di lucro, dotate di un proprio patrimonio, impegnate in molteplici settori: assistenza, istruzione, ricerca scientifica, erogazioni premi e riconoscimenti, formazione, ecc. • La loro esistenza è prevista dal codice civile e la loro struttura giuridica può variare a seconda del tipo di fondazione che viene costituita. • Esempi: Fondazione J&J, Fondazione Vodafone

  25. FONDAZIONE OPERATIVE • Le fondazioni operative sono organizzazioni che svolgono direttamente un’attività culturale, di assistenza, educazione • Esempi: università, ospedali, musei, case di riposo

  26. FONDAZIONI GRANT MAKING • Le fondazioni grant-making sono organismi il cui solo scopo è quello di erogare contributi, generalmente sotto forma di finanziamenti per specifici progetti meritevoli socialmente, borse di studio o assegni di ricerca, ad altre organizzazioni che perseguono cause meritevoli. • Esempi: Bill and Melinda Gates Foundation, Acumen Fund, Schwab Foundation

  27. FONDAZIONE DI ORIGINE BANCARIA • Le fondazioni di origine bancaria sono il risultato del processo di privatizzazione di molte banche pubbliche • Lo scopo è di finanziare attività di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell'arte, della sanità, dell'assistenza alle categorie sociali deboli, ecc • Le fondazioni bancarie non possono esercitare direttamente l'impresa bancaria o possedere partecipazioni di controllo nel capitale di imprese bancarie o finanziarie • ESEMPI: Fondazione Cariplo e Unicredit Foundation

  28. IMPRESE SOCIALI Le imprese sociali si caratterizzano per uno stretto collegamento tra economia e società (modello dell’economia sociale o economia sociale di mercato) e sono contraddistinte da alcune peculiarità: Scelgono settori di mercato ritenuti di elevata utilità sociale e che abbiano un impatto positivo Promuovono modelli di consumo e produzione responsabile Stabiliscono rapporti con tutti gli statekholders cercando di avere un impatto positivo Promuovono e sostengono lo sviluppo di determinati territori Attuano politiche del personale che coniugano professionalità e stabilità nel tempo dell’occupazione Utilizzano il lavoro come forma di recupero di persone con disagi di diversa natura Perseguono buoni livelli di produttività, compatibili però con una buona qualità del lavoro

  29. IL VOLONTARIATO • L’attività di volontariato è correlata positivamente alla percezione di una • maggiore salute • maggiore felicità NB: Il livello di reddito invece no! • La correlazione tra volontariato e percezione di stato di benessere psicofisico individuale, in termini di salute e soddisfazione personale, dimostrata da numerosi studi, è dovuta principalmente a tre ordini di fattori: - il riconoscimento sociale del ruolo di tale attività; - il valore intrinseco attribuito ad un’attività non remunerata; Il volontariato permette di sviluppare relazioni ed empatia.

  30. IL VOLONTARIATO Il valore economico generato dal volontariato equivale in Italia a: 7 miliardi 780 milioni di euro ogni anno (0,49% del PIL) , in Lombardia equivale a 1 miliardo 251 milioni di euro ogni anno, Il valore economico generato dal volontariato nella città di Milano e provincia equivale a 5.048 persone full time ogni anno per un valore economico di 100 milioni e 757 mila euro Elaborazione CERGAS Fonte CNEL- La valorizzazione economica del lavoro volontario e CIESSEVI Il volontariato a Milano e Provincia 2010

  31. CHE COSA STA FACENDO L’EUROPA The Commission is pursuing two aims: 1- To introduce a short-term action plan to support the development of social enterprises, key stakeholders in the social economy 2- To open a debate on the avenues to be explored in the medium/long term. CHE COSA STA FACENDO L’EUROPA 1- IMPROVING ACCESS TO FUND 1.1 Facilitatingaccessto private funding (investmentvehicles, EuropeanInvestmentfunds, improvingmicrocredit) 1.2 Mobilisationof EU Funds (90 million euro for start-up) 2-INCREASING VISIBILITY OF SOCIAL ENTREPRENEURSHIP 2.1 Developingtoolstogain a betterunderstandingof the sector and increasevisibility ((best practices, certification,mutuallearning and capacity building) 2.2 Reinforcing the managerialcapacities, professionalism and networkingof social businesses 3- IMPROVING THE LEGAL ENVIRONMENT 3.1 Developing appropriate EuropeanLegalFormswhichcouldbeused in European Social Entrepreneurship 3.2 Public Procurement(quality in awardingcontracts) 3.3 State Aid (simplify the implementationofrulesconcerning state aid)

  32. ALCUNI PARADOSSI NELLE NON PROFIT http://www.ted.com/talks/dan_pallotta_the_way_we_think_about_charity_is_dead_wrong.html Dan Pallotta is best known for creating the multi-day charitable event industry, and a new generation of citizen philanthropists with the AIDS Rides and Breast Cancer 3-Day events, which raised $582 million in nine years. He is president of Advertising for Humanity which helps foundations and philanthropists transform the growth potential of their favorite grantees.

  33. Quale è il mondo che il non profit si trova ad affrontare?

  34. Le donne milanesi: lavoratrici e madri A Milano, nel 2011, risultano residenti 383.221 donne di età compresa tra i 25 e i 65 anni Tasso di occupazione femminile a Milano: 62,70% (in Italia è 46,40%) • Il ruolo della donna cambia: sono sempre di più le donne lavoratrici, sposate, conviventi, single o divorziate che, allo stesso tempo sono anche madri. • Quali servizi sono a loro disposizione? • Come conciliare i tempi di lavoro e quelli dei figli, dal momento che le scuole sono chiuse durante tutto il periodo estivo (giugno-agosto)? Donne milanesi (25+) divorziate: 29.748 Nel 2010, alla clinica Mangiagalli, il 25% delle donne partorienti era single (per la maggior parte italiane sui 35 anni)

  35. Donne e carichi di cura • Le donne del 1970, possono condividere il carico di cura da dedicare ai figli e ai familiari più anziani con altre cinque persone, tra marito, fratelli/sorelle e cognati/e, un numero molto più basso di quello delle donne nate nel 1940 che invece potevano fare affidamento su altri nove individui. Donne del 1940 Donne del 1970 Donne del 1990 • Le donne che oggi hanno 40 anni possono aspettarsi di condividere circa 22 anni della loro vita con almeno un genitore anziano, quattro anni in più rispetto a quelle nate nel 1960 e dieci anni in più rispetto alle donne del 1940.

  36. I milanesi dopo i 60 anni: anziani e giovani anziani Gli ultra 60enni residenti a Milano al 1 gennaio 2011 sono 394.673, in maggioranza donne (233.863). Gli anziani oltre 80 anni sono 94.330, la maggior parte dei quali sono donne (63.828). Si tratta della fascia che più esprime bisogni di cure e si appoggia sulla rete verticale (figli) e sui servizi socio sanitari. In linea con l’evoluzione nazionale, anche la popolazione milanese sarà sempre più vecchia: l’indice di vecchiaia è oggi 185,6 e si stima che nel 2030 sarà 212,9 Gli ultra 60enni milanesi sono per un terzo rappresentati da persone senza più il coniuge, ossia da 15.055 vedovi e da 84.673 vedove

  37. La Milano dei giovani universitari • Per l’anno accademico 2008/2009 gli studenti universitari iscritti erano 159.486 • Gran parte degli studenti universitari di Milano proviene da fuori città o da fuori regione e non ha la residenza a Milano • Solo il 45,8% degli studenti universitari abita nella metropoli o nei comuni limitrofi della provincia di Milano. • Ogni giorno circa 47 mila (29,4%) studenti si spostano nella città dalle altre province lombarde, mentre circa 33 mila studenti provengono da altre regioni italiane; il 3,8% proviene invece dall’estero

  38. Young professional: giovani lavoratori e precari • C’è una fetta consistente di “youngprofessional” che lavora a Milano, parte dei quali non ha la residenza a Milano e vive nell’hinterland. • I dati (relativi al 2002) stimavano che i pendolari che vivono fuori Milano e che quotidianamente entrano in città per lavoro sono circa 700 mila

  39. I neet lombardi e milanesi I neet lombardi sono oltre 200 mila, circa l’11% del totale nazionale La maggioranza è rappresentata da donne, circa il 60% del totale Di questi, 76 mila neet, di cui 42 mila donne, sono residente nella città di Milano, un fenomento che riguarda il 13% dei giovani under 30 Il 61% dei neet lombardi è scoraggiato e non cerca più lavoro Fonte: Il sole 24 ore, 1/09/2011/Italia Lavoro, 2011

  40. I nuovi milanesi Gli stranieri residenti a Milano al 1 gennaio 2011 sono 217.324, pressoché egualmente ripartiti tra maschi (108.155) e femmine (109.169). L’incidenza della popolazione straniera è in aumento (+3,3% tra 2006 e 2010) Le donne straniere danno un contributo sostanziale alle nascite con un tasso di fecondità 1,91 (contro un tasso di fecondità delle donne italiane di 1,20) Secondo l’Osservatorio della Provincia di Milano (2007) gli irregolari nella sola città di Milano sono 29.400 (16,7% rispetto agli stranieri regolari)

  41. I risparmi delle famiglie Nel 2011 la propensione al risparmio delle famiglie si è attestata al 12%, il valore più basso dal 1995, registrando una diminuzione di 0,7 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Nella media del 2011 la riduzione del tasso di risparmio è il risultato di una crescita del reddito disponibile (+2,1%) più contenuta rispetto alla dinamica della spesa per consumi finali (+2,9%) espressa in valori correnti Nel 2011 il potere di acquisto delle famiglie (cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali) è diminuito dello 0,5% rispetto al 2010. Fonte: ISTAT, 5 aprile 2012

  42. I redditi delle famiglie Consumi delle famiglie: da -1,8% nel 2009 a +2,5 nominali nel 2010 ma i consumi aumentano più del reddito quindi si attinge ai risparmi che si riducono (-12.1% nel 2009 rispetto al 2008 e -12.6% rispetto al 2009 nel 2010) (Fonte: ISTAT 2011, Rapporto annuale) Le famiglie deprivate (a) in Italia passano dal 15,2% del 2009 al 15,7% del 2010, quelle gravemente deprivate (b) dal 6,8% al 7,1% (Fonte: ISTAT 2011, Rapporto annuale) Dal 2004 al 2008 la percentuale di famiglie che non sarebbero in grado di affrontare una spesa inaspettata (c) è passata da 27,4 a 32 % (Fonte: ISTAT 2010, Rapporto sulla coesione sociale) • Almeno tre indicatori tra i seguenti: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) non potersi permettere una settimana di ferie in un anno lontano da casa, 3) avere arretrati (mutuo o affitto o bollette o altri debiti diversi dal mutuo), 4) non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni, 5) non potersi permettere di riscaldare adeguatamente l'abitazione, non potersi permettere: 6) lavatrice, 7) tv a colori, 8) telefono 9) automobile. • Almeno quattro indicatori tra quelli indicati in precedenza. • L'ammontare è fissato a 600 euro per gli anni 2004, 2005 e 2006, 700 euro nel 2007 e 750 euro nel 2008

  43. Le famiglie lombarde Esistono più famiglie lombarde con almeno un anziano che famiglie lombarde con almeno un minore (ISTAT, 2010, Famiglia in cifre). Si stimano circa 126.182 badanti sul territorio lombardo (D. Mesini, S. Pasquinelli e G. Rusmini, 2006, Qualificare il lavoro privato di cura, IRS)

  44. Come può affrontare questo mondo?

  45. Cosasignificacreare un piano di business Come sicompone business plan- Il nostropercorso a. Mission Vision e Obiettivi- dove voleteandare b. Qual è ilvostro target finale/mercato c. Come sianalizzano I vostri “competitor” d. Qualisono I vostriservizi/prodottie come li create e. Qualisono I conti e le previsionidientrata e uscita,investimento e necessità? f. Qualeimpattosocialesipuòcreare ?

  46. Che cosa è un business plan Il Business Plan è uno strumento utile a chi lo scrive per chiarire, prima di tutto a se stesso, che cosa intende fare, perché, in quale ambiente competitivo, con quali risorse, con quali risultati. Il business plan è legge e non cambia mai? Perché è così utile farlo? Come possiamo utilizzarlo per ottenere finanziamenti?

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